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Quello della Vergine è il sesto segno dello zodiaco ed è un segno di terra, mobile, femminile e negativo, governato da Mercurio. Il suo avvento coincide con l'inizio della curva discendente dell'energia solare, quando, dopo l'esplosione della natura vissuta tra la primavera e l'estate, s'incomincia a pensare all'inverno e per questo si cerca di ovviare con la logica al calo energetico. É il tempo in cui si stipa il grano e in cui l'uomo, emulando la laboriosa formica che rappresenta il segno, fa provviste per la gelata in arrivo. L'elemento speculativo è quello che trionfa in questo stadio. Mercurio, signore del segno, presenzia qualificando tale segno zodiacale con tutta la sua cerebralità. Mercurio ha nella Vergine il suo domicilio 'notturno', mentre nei Gemelli ha quello 'diurno'. Si tratta di due stati, ciascuno coinvolgente una moltitudine di valori, assai diversi tra loro. In entrambi prevale l'elemento cerebrale, ma mentre nei Gemelli questo è svincolato da ogni circuito direttivo e si esprime per lo più come desiderio aspecifico di conoscenza, nella Vergine è sostenuto, guidato e condizionato da un'esigenza speculativa, ovvero è asservito sempre all'utilità. Passando ora all'etimologia del nome del segno, ricordiamo che esso deriva dal latino 'VIRGO', termine che può essere scisso in: VIR - GO; nella prima parte, VIR, troviamo, sempre in lingua latina, un significato di 'uomo particolare', di eroe; nella seconda parte, GO, si è visto da taluni un addentellato alla radice sanscrita GE o GEN, in cui è presente il valore di generazione, unione fecondante. Talché si ha il significato finale e completo di: 'vergini' che generano uomini molto al di sopra della normalità. Ricordiamo, inoltre, una figura enigmatica dalla maschera di puma, che impugna scettri 'condor', è KON TIKI VIRACOCHA, il dio creatore del mondo andino, la cui immagine è stata rilevata dal fregio centra le dell'architrave della porta del Sole. Nelle più comuni iconografie, il segno della Vergine è rappresentato nello zodiaco da una giovane fanciulla alata, in piedi, in atto di incedere; nella mano destra ha un tralcio vegetale e una spiga che simboleggiano la continuità del ciclo naturale vegetale e nella sinistra il caduceo di Mercurio. Il geroglifico della Vergine è la lettera 'M' tracciata in una grafia goticheggiante: dall'ultima 'gamba' parte un tratto diagonale che volge indietro verso il basso. Si tratta di una stilizzazione dell'ideogramma della Vergine Alata. Molti sono i significati della lettera 'M' di questo simbolo zodiacale. Senard cita la lettera runica MADR come corrispondente alla 'M' latina col significato intrinseco di origine divina, conoscenza superiore. Basta fare l'associazione: M = MATER = MADRE = MATERIA ( prima e intatta) = VERGINE = MARIA = MADONNA, per giungere all'immagine religiosa trascendente il simbolo umano. Ritroviamo agganci validi anche con la parola MARE ( appellativo della Vergine Maria è, non a caso, anche Stella Maris), nonchè con il termine sanscrito MAYA; infatti quest'ultima parola, divisa in MA, con significato di 'ciò che genera', e YA come 'compimento futuro’, assume significato finale di realizzazione di un futuro concepimento (togliere il velo e quindi conoscere). L'immagine di tale segnacolo (il celeste amore della Vergine) e la vittoria (la Sapienza) che tramite esso si consegue, possono infatti perseguirsi quando si sappia ricordare che già i Greci, da un lato vi scorgevano il metaforico senso che li legava alle mitiche vicende della figlia di re, Erigone, appiccatasi ad un albero, perché il padre Icario era stato ucciso da contadini che avevano creduto tossico il vino ad essi offerto), e dall'altro vi distinguevano e v'individuavano la misterica presenza di Demetra, la signora dell'alternanza di vita e morte, come a Eleusi si conosceva, e simbolo della terra coltivata e quindi del nutrimento spirituale che consente di procedere lungo il sentiero prescelto. Ma sino a qui la nostra figura ancora si vela e lascia intendere ché anch'essa richiede, pur tuttavia, estremi patimenti e un doloroso lavoro, in fase preliminare: Erigone che ondeggia impiccata all'albero, a somiglianza dell'Artemide arcadica e in connessione ad ancestrali liturgie agrarie; Demetra che deve scendere agli Inferi per ritrovare la figlia Persefone (iconica rappresentazione del Sé dell'Iniziando, calatosi a confrontarsi con la morte per nascere a nuova vita), così come l'autentico artefice d'arte si sacrifica al cielo e discende nelle tenebre dell'inconscio pur di trovare una forma che consenta di racchiudere la Verità nella Bellezza.
Una più spiccata funzione soccorritrice della Vergine si può, peraltro, ottenere rivivificando l'aspetto tipicamente sincretista della dea lunare Iside, così come s'era codificato in età ellenistica, quando la religione isiaca riuscì appunto ad assorbire le più approfondite simbologie espresse dalle principali deità femminili del mondo greco-romano: Bellona ed Era, Cibele e la Venere di Pafo, e, naturalmente, Artemide e Demetra. Fu così che Iside assunse il titolo di 'Regina Coeli', avendo per astrali segnacoli sia la 'Vergine' sia la 'Luna', a scorno, oltre tutto, delle fuorvianti assimilazioni astrologiche. Ricordiamo che Iside, divinità lunare, addolorata per la morte del lo sposo Osiride, anch'egli divinità lunare con in più il compito di accompagnare i morti nell'aldilà, avvenuta per mano del fratello di questi Seth o Tifone, ne andava cercando il cadavere. Seth trovò per primo il corpo di Osiride e lo smembrò in tredici pezzi gettandoli in tutte le direzioni. A causa di ciò Iside dovette non poco faticare per ricomporre il corpo, aiutata in questo soprattutto da azioni magiche; dopo di ché, una volta riuniti i pezzi, Iside regnò felice insieme ad Osiride ed al figlio Horus, divinità solare. Ritroviamo spesso l'immagine di Iside raffigurata con una corona di dodici stelle intorno al capo e con il figlioletto Horus tra le braccia mentre lo allatta e con la luna posta sotto ai piedi. Inoltre Iside è spesso raffigurata in corrispondenza di corsi d'acqua e di sorgenti; altre volte la ritroviamo come divinità protettrice dei naviganti e dei marinai. Tornando per un momento all'appellativo della Vergine Maria già ricordato e cioè Stella Maris, ed accostandolo a quanto or ora detto a proposito di Iside e delle acque, alle quali essa era preposta, portiamo una ulteriore conferma della identificazione tra Iside e la Vergine Maria e della loro influenza benefica sulle acque. Qualcuno afferma che il nome della città di Parigi derivi dall'antico nome latino Lutetia Parisiorum, mentre altri asseriscono che l'etimologia va ricercata nel termine celtico BAR (barca, vascello) e ISIS (di Iside), con cui si designava una località dove si trovava un pozzo la cui acqua era miracolosa e guariva le malattie (proprio come l'acqua miracolosa di Lourdes). Attualmente, sopra questo antico pozzo, si erge la cattedrale di Saint Germain de Prêt (e non Notre Dame, come taluni affermano). É superfluo aggiungere che siffatta iconografia e l'appellativo di Vergine già detto erano destinati a perpetuarsi nell'Occidente cristiano. É difatti nell'età medioevale che la 'Vergine Maria' principia con l'essere raffigurata o ritta sulla falce di Luna crescente, a significare la sua signoria sul mondo manifestato, o trionfante sul serpe-dragone, l'insidia di ghiaccio e di fuoco che manifesta l'equazione Tenebre-Male. Un ulteriore approfondimento è offerto in chiave manichea e nell'ambito del sufismo iranico, laddove si riconosce che l'archetipo celeste dell'Uomo può apparire come 'Vergine di Luce': figura non ignota al filone che si diparte dai 'Fedeli d'Amore' sino all'autentica Rosacroce rinascimentale. Quest'ultima rappresenta a un tempo 'Sophia' o la 'Madonna Intelligenza' e il 'Celeste Ritratto' di ogni Risvegliato, sua futura guida dopo l'abbandono delle spoglie carnali. E ciò risulterà più che comprensibile, qualora si consideri che tale 'Scintilla di luce' è stata anche evocata come: 'Sole del cuore', Natura Perfetta', 'Angelo della Persona', 'Testimone in cielo' e Bilancia sovrasensibile'. Definizioni che sottolineano la sua duplice condizione: l'essere crocefissa in noi, eppure dimorante laddove solo l'Eletto potrà pervenire. É essa la 'Niké' (Vittoria) di Samotracia, la 'Primavera' di Botticelli, la 'Beatrice' dantesca, la 'Polia' del 'Sogno della battaglia d'amore di Polifilo' e "l'eterno femminino che ci attira verso l'alto", come canta il Chorus Mysticus in chiusa del Faust di Goethe. Occorre aggiungere che nelle plurime vie indicate dalla Vergine possono distinguersi volti di realizzazioni molto diversi?
Demetra e Persefone si staccano come varianti adatte anche ad un'iniziazione solo muliebre, Iside e Maria sembrano convenire a chi sia condizionato da un'impronta baktica, cioè propensa al sentimento di devozione, e 'Madonna Intelligenza' a chi faccia dell'esperienza artistica una rivelazione dell'Assoluto come 'Fondamento' (Urgrund), 'Principio' (Ursprung) e 'Abisso' (Abgrun), secondo quanto riconosce il filosofo germanico contemporaneo Wilhelm Weischedel, in svariati studi d'estetica. Secondo quanto afferma Fulcanelli, nel suo libro 'Il Mistero delle Cattedrali', sui luoghi di culto di Iside furono costruite delle Cattedrali dedicate a Maria Vergine e in molte cripte di queste chiese c'é ancora la vecchia statua nera di Iside, alquanto modificata, (nera come può esserlo la materia prima da cui tutto ebbe origine) con sotto incisa la dicitura 'Virgo paritura' (cioè Vergine che dovrà partorire).
Un tempo, l'8 dicembre, nel giorno dell'Immacolata Concezione (cioè la Vergine intatta e senza macchia), si leggeva come epistola durante la Messa, un passo dal Libro della Sapienza che suonava così: "Dall'inizio delle sue vie Iddio mi ha posseduta; dal principio dei tempi, prima di ogni opera sua, fin dall'eternità io sono stata formata, dai tempi remoti prima che la terra fosse; ancora non c'era l'abisso ma io ero già stata concepita e ancora non erano scaturite le sorgenti delle acque, ancora i morti non si ergevano nella loro mole possente; prima delle colline io ero stata partorita, ancora Egli non aveva fatto la terra e i fiumi né i primi elementi dell'orbe terrestre; quando disponeva i cieli io ero presente, quando tracciava con legge inviolabile un cerchio sull'abisso, quando in alto dava consistenza alle nubi, quando regolava le fonti delle acque, quando Egli assegnava al mare il suo confine e dava legge alle acque perché non ne superassero le sponde, quando fissava le fondamenta della terra io ero con Lui come artefice di, ogni cosa ed ogni giorno vi trovavo la mia delizia… “ ( PROVERBI, 8, 22-35) Ecco qui un nettissimo accostamento tra la Vergine Maria, la Materia Prima, la Sapienza e l'Intelligenza; quell'Intelligenza che genera il Logos o Verbum, così come Maria genera il Figlio. Peraltro l'intelligenza è il filo che rende logico ( da Logos) il discorso, così come il filo unisce insieme i grani di quel Rosario presente in molte tradizioni, con il quale si contemplano alcuni misteri, facendo, cioè, su di essi un'attenta meditazione e non cercando di interpretarli razionalmente. É bene notare che il termine 'contemplare' é formato dalle parole latine 'cum' e 'templum', dove templum non significa, peraltro, 'tempio', ma, derivando da tempulum ,(cioé piccolo tempo), assume dunque valore di spazio-tempo sacro (il punto in cui si manifesta il sacro, come direbbe Mircea Eliade). Del resto, tutto è sacro in quanto creato o emanato da Entità Superiori; il solo punto di vista soggettivo è profano. Nel suo libro 'Garland of letters' (La ghirlanda delle lettere), Arthur Avalon (pseudonimo di Sir John Woodroffe) ci fa notare che il mondo Indù possiede un alfabeto di 51 lettere formanti una specie di rosario, con le quali vengono composti sia i mantran, che le parole magiche, confermando quanto altri hanno intravisto e cioè che le parole, o meglio il pensiero dal quale esse provengono, é l'espressione della Grazia Divina. Del resto, nello Shivaismo Cachemirita del 13° secolo, si afferma che l'uomo, attraverso il pensiero, può superare se stesso: cioè il pensiero viene identificato con la Grazia Divina. Talché abbiamo che il pensiero (cioè la Grazia Divina), esprimendosi con parole composte di lettere, conferisce all'alfabeto un qualcosa di sacro e lo rende un mezzo per l'avvicinamento ed il ritorno alla Divinità. In lingua sanscrita il segno della Vergine è detto KANYA o KAUNI, nome con cui, peraltro, è chiamata la madre di Krishna, il dio poeta che crea.
Il segno della VERGINE nell'ambito del mito Ricordiamo la figura di Astrea o Diche, una delle Ore, figlia di Zeus e di Temi, dea della Giustizia e dell'Equilibrio. Si narra che Diche, terminata la famosa Età dell'oro, rimase talmente disgustata dai nuovi tempi, che dapprima si isolò in montagna e poi si rifugiò nel cielo come costellazione della Vergine. Tuttavia, la figura mitica più vicina alla Vergine è senza dubbio Demetra, dea delle messi dorate, che ha il suo omonimo nella stella Spica. La leggenda narra che Ade, dio degli Inferi, aveva scelto come sposa Persefone, figlia di Demetra. La rapisce portandola via su un carro trainato da quattro cavalli neri. Ignara del fatto, Demetra va alla ricerca della figlia, chiamandola per nome presso tutti quelli che incontra. Ma ogni volta le torna soltanto l'eco del grido e lei si perde invano ad accorrere laddove le sembra partita una voce, che invece é solo la propria. Questo errore produce in Demetra sterilità ed essa perde ogni contatto con la natura, sino a trovarsi in mezzo alle rocce di Eleusi. Allora la vegetazione si dissecca, le messi si inaridiscono. Qui si palesa il significato del mito: la madre deve accettare che la figlia si distacchi. La Vergine deve tollerare il sacrificio per la iniziazione alla vita differenziata; se Demetra si dispera per mantenere integro il cordone che la lega a Persefone, tradisce il rapporto con la natura, le messi, la vegetazione, così che il calore verginale passa allora nel senso negativo di sterilità distruttiva, anziché di conservazione. Il pianto disperato di Demetra muove a compassione Ecate, la quale si rivolge al dio Helios -il Sole - per rintracciare Persefone con l'aiuto di Hermes-Mercurio, messaggero degli Déi. Ma Mercurio si imbatte in un ostacolo: non la decisione di Ade, bensì la stessa Persefone, che oramai ha scelto il mondo nuovo dopo aver conosciuto i frutti di melograno offerti dallo sposo. La leggenda dice allora che la questione fu portata dinanzi a Zeus, padre degli Déi. Egli emette un giudizio molto equilibrato: Persefone non deve separarsi da Demetra né lasciare Ade e stabilisce che ella trascorra il periodo invernale - in cui la terra dorme - presso Ade negli inferni e il periodo della infiorescenza e maturazione con la madre Demetra, nell'Olimpo. Demetra é, dunque, il genio tutelare della Vergine, ma non nel senso della madre egoista e tormentata come la vediamo nel mito, bensì la Dea operosa del grano e dei ritmi stagionali, divinità eleusina dell'iniziazione salvatrice, che presiede al mistero semplice e pacifico della spiga di grano. Del resto nel segno astrologico troviamo concentrato il pessimismo e talvolta il senso del catastrofico ossessivo: c'é Demetra come analogia simbolica, con la sua disperazione delirante e la fuga dal rapporto oggettivo col reale naturale. L'aridità della Vergine rispecchia il rapporto della Dea con la terra, la quale diviene arida e sterile a causa della follia materna di Demetra, che perde la propria funzione archetipica divina per isolarsi e identificarsi con un tema materno ossessivo. Ma abbiamo detto che la Vergine é anche feconda e creativa: infatti Demetra, nel suo errare nella vana ricerca di Persefone, giunge ad Eleusi nelle, sembianze di una vecchia e si presenta alla reggia del re Celeo. Costui le affida il figlio Trittolemo perché lo allevi. La dea nutre il bambino con ambrosia e nottetempo, di nascosto, lo purifica col fuoco per renderlo immortale. Ma una volta scoperta dai genitori, essa deve interrompere tali pratiche, rivela la propria divinità, ordina a Celeo di erigere un tempio in suo onore ad Eleusi e dopo aver iniziato Trittolemo ai misteri eleusini, gli offre, appunto, la spiga di grano, gli insegna il modo di coltivare e gli comanda di percorrere le vie del mondo per insegnare l'agricoltura agli uomini e la civile convivenza. Paracelso, nel 'Paramirum', ci guida nella galleria delle semplici metafore immemoriali intorno allo stato seminale dell'uomo. Egli osserva che l'uomo é nella matrice (e nel mondo) come un pesce nel mare; che il pesce non è mare, ma vive nel mare. L'uomo é un pesce che esce dall'acqua (dal mondo, morendo) perché non solo ha un'anima che non é mondo benché viva nel mondo, ma anche uno spirito, che è l'opposto del mondo. Il cosmo é la matrice dell'uomo-donna il quale fu partorito dal cosmo. All'uomo-donna fu quindi estratta la matrice, la donna. Dall'uomo viene la donna, ma altresì l'uomo proviene dalla donna: ci fu dunque all'inizio un uomo-donna, che però dovette avere una matrice (il mondo) e un seme (il Verbo di Dio). Il mondo dei quattro elementi dovette avere una matrice (la Sapienza che lo misurò), 'con' cui Dio lo creò. Eraclito chiamò questa Sapienza conoscenza del pensiero (gnæmh) da cui ogni cosa è governata e condotta (cubern©tai) attraverso tutte le cose. La si può chiamare il sistema delle forme formanti. Sapienza è la prima matrice. La Vergine la impersonò e si astenne perciò dall'impersonare, come fanno le donne comuni, la terza matrice, Eva. La donna comunemente esce dalla terza matrice, da una donna, per essere a sua volta, restare, terza matrice. Ma la Vergine, essendo benedetta 'fra' le donne, uscì dalla terza matrice per diventare la prima matrice, superiore al cosmo. Impersonò la prima materia, o matrice metafisica. Le icone della Vergine conducono a meditare questa simbologia. Specie nella pittura umbro-marchigiana del '300, ella spesso figura entro un tabernacolo o baldacchino, o col suo manto fa da tabernacolo-matrice al suo popolo devoto, proteggendolo dai dardi del Padre o dai demoni dell'aria o del cosmo. Nel capolavoro di questa proliferazione iconologica, la 'Vergine del Parto' di Piero della Francesca a Monterchi, ella sta come una matrice sotto il baldacchino rosso vinoso e posa la mano sul ventre come a indicare la sua matrice colma del frutto. Amleto esclama: "Questo baldacchino mirabile, l'aria...." S'é visto: l'aria é Laura, é Maria. La matrice è un albero che porta, quale suo frutto, l'uomo. Questo albero della vita cresce sul terriccio-donna, e l'uomo é l'aria caldo-umida onde l'albero è pervaso e che si coagula in frutto, e come tale egli é destinato a distaccarsi dall'albero della vita, ma ne é la causa: l'albero é formato dal frutto. Paracelso dirà: guardate un frutto, la polpa é il bambino, il nocciolo la bambina, la polpa si stacca, il nocciolo restituisce l'albero per rifare la polpa. Ci dovette essere in principio un albero tutto-frutto (infatti il Genesi dice che Dio creò alberi tutti-frutti), e così nel Regno messianico ci saranno solo alberi tutti-frutti. Il tutto-frutto é l'origine e la destinazione dell'albero. Come il seme e il frutto stanno all'albero, così l'uomo sta alla donna, l'aria illuminata al mondo. Come il seme-uomo feconda la matrice-donna e ne nasce il frutto-uomo, così il sole-aria feconda il mondo, le acque terrestri, e ne é esalato. In origine, in verità, c'é un uomo-donna, seme-matrice, frutto-albero, cielo-covante-le-acque, 'spiritus super aquas', c'è uno spirito aleggiante sul sangue, fra i vapori del sangue. La matrice-donna rinvia alla matrice-cosmo, che rinvia alla matrice-tempo o 'unus mundus' o Sapienza. L'uomo feconda la donna, il sole il mondo, l'eterno il tempo: il tempo come unità, cioè come ciclo. Il Genesi perciò dice che il Verbo o Eterno Seme o Seme d'eternità incuba le acque o prima matrice (matrice e mare sono analoghi: fedeli alla Luna, mossi da mestrui - maree, fecondi di feti - di pesci): il fluire del tempo che tutto produce, quand'è fecondato da idee eterne. Questo é il Regno di Dio in cui la Donna (il Divenire) é racchiusa dall'Eterno o Verbo. Donna vestita di sole. Il Verbo separa la luce o seme celeste dalle tenebre o seconda matrice o cosmo. In questa seconda matrice il Verbo crea l'uomo maschio-femmina, gli alberi tutti-frutti. La serie delle matrici é una successiva lotta alla solitudine: Dio genera il Verbo e 'col' Verbo la prima matrice, la quale 'col' Verbo genera il cosmo o seconda matrice. Nel cosmo Dio crea l'uomo-matrice e quindi lo separa in uomo-seme e donna-matrice, affinché l'uomo si comporti come Dio che penetrò nel cosmo e ne vivificò la materia argillosa. L'uomo ha in sé un principio opposto alla matrice, che é seme e luce, ed è analogo al principio della vita, al Verbo. Egli è nel cosmo come fu nella matrice, può uscirne come uscì dalla matrice, con una morte-nascita. Morte è il ritorno alla matrice-cosmo di ciò che ne provenne, il ritorno al Regno di Dio o Sapienza fecondata e fecondante. Il Cristo insegna a non essere più servi del seme di Adamo o serve della matrice di Eva, ma a impersonare (senza nozze, perché non ci sono nozze nel Regno dei Cieli) il seme di luce che suscita forme formanti di qua dal mondo, in cui possiamo identificarci diluendo o tritando la nostra materia fino a consumarla. Così spiega il passo (Mt. XIII, 35): "Aprirò la bocca per dire parabole e svelerò i misteri che esistevano prima della fondazione del mondo." É il verso di un Salmo che Matteo cita per spiegare le parabole del Cristo sui semi e sui seminatori. E ancora Matteo (XXV, 34) esorta a "possedere il Regno che é stato preparato per noi prima della creazione del mondo" (E. Zolla: Le meraviglie della natura)
MERCURIO: il pianeta maestro del segno della Vergine Nel Caduceo mercuriale tutte le forze contrarie si stabilizzano integrandosi, così come avviene nel processo evolutivo psicologico dell'uomo. Per i Romani stessi la sacra verga di Hermes esprimeva la lotta interiore delle forze e dei princìpi opposti, sia sul piano biologico, sia su quello morale, del pensiero o dell'eros. Naturalmente Hermes rispetta la polarità, il dualismo e questo rifonda la morale autentica, individuale, 'al di là del bene e del male' a dirla con Nietzsche: la verga rappresenta il potere, i due serpenti la prudenza, le ali rappresentano l'ordine e il dominio, il casco alato di Hermes simbolizza l'elevazione del pensiero. Per completare la rassegna sul simbolismo del caduceo che definisce il comportamento del Mercurio in Vergine, ricordiamo che nell'esoterismo buddistico, nel tantrismo, la verga mercuriale corrisponde all'asse del mondo e i due serpenti corrispondono a Kundalini, l'energia vitale possente e temibile che dorme - sotto forma di serpe - al fondo della colonna vertebrale e si libera attraverso di essa e i 'chakra' o 'punti di senso' fino a manifestarsi uscendo dalla testa. Ma chiaramente il caduceo, che Mercurio agita per addormentare o svegliare i comuni mortali, simbolizza tutta la complessità umana e le infinite possibilità evolutive che sono consentite all'uomo. Nel segno dei Gemelli, ripetiamo, Hermes-Mercurio domina con il bastone del pastore ed è sì un potere, ma ancora parziale e limitato all'agricoltura, alla conoscenza, lo scambio e l'arricchimento. Il caduceo invece, del Mercurio in Vergine, é il completo manifestarsi di tutte le capacità umane. Mentre l'Hermes-Mercurio nei Gemelli rimane un 'puer aeternus', come descrive Hillman nel suo libro Senex et puer, che tenta di fondere gli opposti e ordinare l'esperire, il Mercurio in Vergine é già l'intelligenza che ha superato la trasformazione e approda al livello aureo dell'alchimia. Questo, il Mercurio dell'intelligenza logica che trapassa nell'intelligenza del Logos. É così aperta la via alla metafisica. "Modulo di trapasso é il caduceo, che fu ramo d'olivo o d'alloro con due nastri di lana attaccati: la verga spiccata di primavera e di buon augurio, che nei millenni si ripropone in figure di colonne o alberi o serpenti a riscontro, simboli di crescita e declino, di Sole e Luna, di fotosintesi e respirazione, di giorno e notte. Sta dicendo: soltanto ponendovi al di sopra dell'alternarsi di forma formata e forma formante sarete al riparo dall'ignoranza e dal lo sgomento. Il geroglifico egizio della Vita, , che annoda la vita vissuta alla vita vivificante e invisibile, che sta di qua dalla morte, reca il medesimo annuncio dei caducei. Soltanto chi sta al di sopra del chiaro scuro, della scacchiera ripartita fra bianco e nero, discerne i due movimenti della salute e della morte intrecciati dalla Vita. Come si conducono le pecore nei prati, così si pastura il gregge invisibile dei morti, dei non ancora (ri)viventi e quello dei sognanti, la cui vita è vissuta ma non vivificata. Il caduceo è un vincastro e serve anche a muovere le pedine sulle scacchiere oracolari. Lo stringe in pugno ancor oggi il pastore-vescovo bizantino. Nell'inno acàstico bizantino si parla del gregge delle parole-idee (logicÒj) che vanno pasturate con cura; sono infatti i germi delle realtà concrete. Se le spire degli opposti serpenti sono sei (talvolta tre per brevità), formeranno cinque cerchi. Se i serpenti stessi sono il SOLE e la LUNA, i cinque cerchi saranno gli altri pianeti e la spira o semicerchio sinistro ne sarà la fase di declino, quello destro la fase crescente: rispettivamente, i segni zodiacali dello sconforto o dell'esaltazione dei pianeti, secondo quanto scoprì Julius Schwabe." (E. Zolla: Le meraviglie della natura) Cosa è l'Astrologia Ariete Toro Gemelli Cancro Leone Vergine Bilancia Scorpione Sagittario Capricorno Acquario Pesci
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