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Il Leone è il secondo segno zodiacale del ternario di Fuoco, nel quale culmina l'estate e si dispiega il trionfo della natura che porta alla completa maturazione il ciclo vegetale. Il simbolo grafico rappresenta, più che la criniera, la stilizzazione vera e propria della coda dell'animale. Tale simbolo fu già nello zodiaco egiziano del secondo Hermes, come ce lo riporta il gesuita tedesco Athanasius Kircher nella sua opera "Oedipus Aegyptiacus". L'andamento sinuoso e serpentino della 'coda' del Leone ci permette di accostare la solarità di questo segno (il Sole è il pianeta Maestro del Leone) alle analoghe caratteristiche di solarità di alcuni famosi 'serpenti', fra i quali primeggia il Serpente Piumato Azteco QUETZALCOATL. "Il Leone o cuore caldo e secco, è sede del Sole, protetta da Giove. A Schifanoia è il mese del trionfo di Giove e Cibéle. In Inghilterra, il primo d'agosto è 'Lammas' o messa del celtico dio della luce LUG. Nell'Italia romana, il 13 agosto cadeva la festa di Diana, celebrata con fiaccolate, e si dedicavano lampade a Vesta.”(Elèmire Zolla da: Le meraviglie della natura). Il termine Leone è espresso in lingua sanscrita dalla parola SIMHAM, con la quale vengono indicate, altresì, diverse figure mitiche sia nei Veda che nelle Upanishad; ricordiamo, nei Veda, NARAYANA - l'uomo-leone, accostabile in qualche maniera al dio solare Vishnu, i cui capelli al vento sono paragonabili ai raggi solari. L'etimologia del segno è di chiara provenienza latina (Leo - leonis); per quanto riguarda la derivazione dalla lingua greca abbiamo diversi termini in cui è possibile rintracciare dei radicali da riferire al segno del Leone: leimèn (leimòn) = prateria, deriva da una radice indo-europea SLEI (latino limus); la prateria ricorda la savana, il regno del leone. leƒbw (leìbo) = spandere, radice indo-europea (S)LEIB (latino libo); il Sole, simbolizzato a volte dalla criniera del Leone, 'spande' i suoi raggi. leaƒnw (leaìno) = stritolare, strappare, masticare. Il Leone sbrana, stritola, le sue prede.
Nell'antico dialetto Jonico, troviamo la parola LINA che significa volontà, da cui possiamo risalire alla centralità e all'aggressività tipica del segno del Leone. Altra radice del nome di questo segno, si è voluta scoprire nel verbo cretese LEIO, che ha valore di: io 'vedo'.
Il Leone nell'ambito del Mito In tutte le mitologie il Leone è simbolo di potenza soggettiva, affermazione in prima persona dell'uomo in senso individuale, con la sua origine divina. É il Logos, cioè il principio maschile, il Verbo, il Senso spirituale. Infatti il segno del Leone contiene, come astro attribuito, il Sole, 'principium vitae'. Nel Leone ritroviamo quel principio di vita psichica che Jung chiama Animus, il quale conduce ad 'agire', a fare, creare mediante l'esperienza, la definizione; dando la parola, il verbo a qualche cosa, si differenzia questa cosa da ciò che la circonda, le si prepara un'esistenza indipendente sul piano psichico e si rende possibile e reale una relazione logica tra ciò che si ha differenziato e ciò che è al di fuori. Il Leone-Logos solare, dunque, innalza l'uomo verso i livelli della integrazione superiore della personalità. É utile accennare all'importanza che riveste il simbolo del Leone nelle religioni: nella liturgia induista, Krishna-Gita è il Leone, animale sacro. Buddha è il Leone dei Sakya ( Buddha Sakyamuni) e infine Gesù Cristo stesso è il Leone di Giuda; Leone di Allah, è Ali, il genero di Maometto. Poiché nel Leone, come già abbiamo detto c'è il dominio del Sole, astrologicamente principio vitale assoluto e primo astro, dobbiamo ampliare la realtà simbolica dell'Io riconducendola alla sua origine divina. Pertanto, il Leone è principio di Legge, di giustizia, di forza e di regalità. Il Leone è, infatti, il 're' degli animali; qui la Senard considera la parola Anima come significante di "soffio di vita", spirito. Animale è un aggettivo neutro che esprime” ciò che ha vita” e quindi, in questo senso, l'uomo è il primo 'animale', il vero re in quanto ha una vita tripla: corpo, anima e spirito. Si citano a esempio le raffigurazioni di leoni in opere d'arte: i leoni sul trono di Budda, nel trono di Salomone e - più vicino a noi ‑ in tutte le iconografie araldiche delle monarchie europee, dal Rinascimento a oggi. Anche S. Marco evangelista ha un Leone per emblema negli stendardi dei Dogi di Venezia. Nel 'Genesi' c'è il Sole come principio e il Leone come forza solare portata nella natura terrestre. Anche l'Apocalisse cita il Leone nel passo quinto - Il Libro e l'Agnello - dove vengono aperti i sette sigilli: "Non seguitate a piangere. Ecco: ha vinto il Leone della tribù di Giuda, la radice di Davide, e può aprire il libro e i suoi sette sigilli". Grison osserva che nell'iconografia medioevale, la testa e la parte anteriore del Leone corrispondono alla natura divina del Cristo, mentre la parte posteriore è relativa alla natura umana. Quindi una immagine teriomorfa, anche se in particolare qui c'è l'in contro tra l'umano e il divino, fra l'immanente e il metafisico. Tuttavia, dall'astrologia noi sappiamo che la simbolica del Leone-Sole può esprimere anche un valore negativo, l'ombra, diciamo così, della sovranità solare: si tratta dell'inflazione dell'Io in senso aggressivo; nel Leone, la individuazione - cioè coscienza della propria soggettività perfettibile - può diventare individualismo egocentrico, dove l'Io viene proposto come centro di riferimento rituale addirittura. Tale aspetto negativo dell'Io lo ritroviamo espresso chiaramente da S. Giovanni della Croce a proposito della natura irascibile e impetuosa dell'uomo. Si è detto che il Leone è un simbolo del Cristo, ma può essere anche il simbolo dell'Anticristo. Nella psicologia analitica del profondo spesso il Leone viene considèrato come simbolo analogico del drago e il segno può essere demonizzato come 'ibrido'. In Babilonia o presso i Semiti, i leoni erano simboli dei tiranni dei despoti, perchè trainavano il carro della Grande Madre o sbarravano il passo delle città, come alla Porta dei Leoni di Micene. In Egitto, i leoni erano raffigurati a coppie, uno rivolto ad oriente ed uno ad occidente; avevano dunque chiari caratteri di solarità. Infatti si diceva che il Sole, nel suo perenne avvicendarsi nel Cielo, passava attraverso le gole dei due leoni. La prima fatica che Euristeo impose ad Eracle, quando egli si stabili a Tirinto, fu di uccidere e scuoiare il leone Nemeo o Cleoneo, una belva enorme invulnerabile da ferro, bronzo o pietra. Alcuni sostengono che Selene con un terrificante sobbalzo generò questo leone e lo lasciò cadere sulla terra, precisamente sul monte Treto presso Nemea, dinanzi ad una grotta a due uscite. E che per punire il mancato adempimento di un sacrificio, là lo lasciò, affinché divorasse la sua gente. Chi ne soffrì di più furono i Bambinei. Orbene, giunto a Cleone, tra Corinto ed Argo, Eracle alloggiò nella casa di un contadino o pastore chiamato Molorco, il cui figlio era stato ucciso dal leone. Molorco già si preparava ad offrire un capro ad Era come sacrificio propiziatorio, ma Eracle lo trattenne:"Aspetta 30 giorni", disse, "Se ritornerò sano e salvo sacrificherai a Zeus Salvatore; altrimenti sacrificherai a me come eroe!". Eracle raggiunse Nemea a mezzogiorno, ma poiché il leone aveva fatto stragi nel vicinato, non trovò nessuno che potesse dargli indicazioni, né si vedevano tracce da seguire. Dopo avere battuto le pendici del monte Apesante, così chiamato da Apesante, un pastore divorato dal leone, benché altri dicono che Apesante era il figlio di Acrisio che morì per un morso di serpente al tallone, Eracle si recò sul monte Treto e finalmente vide da lontano il leone che ritornava alla sua tana, il mantello chiazzato dal sangue della sua quotidiana strage. Eracle scagliò frecce in rapida successione, ma tutte rimbalzarono sulla fitta pelliccia, e il leone si leccò le labbra sbadigliando. Eracle allora, diede di piglio alla spada; che si piegò quasi fosse di stagno. Infine agguantò la sua clava e vibrò un tale colpo sul muso del leone che la belva entrò nella sua tana scrollando il capo: non per il dolore, però, ma perchè gli ronzavano le orecchie. Eracle, fissando con rammarico la sua Clava infranta, decise allora di bloccare uno degli ingressi della caverna ed entrò dall'altro.. Certo ormai che il mostro fosse invulnerabile alle armi, iniziò con lui una lotta terribile. Il leone gli amputò un dito con un morso; ma, immobilizzatagli la testa, Eracle gli premette il braccio contro la gola e le ginocchia contro il plesso solare finché Io soffocò. Con la carcassa del leone sulle spalle, Eracle ritornò a Cleone; vi giunse al trentesimo giorno e trovò Molorco sul punto di sacrificargli una vittima scome ad eroe; invece offrirono un sacrificio assieme in onore di Zeus Salvatore. Compiuto il sacrificio, Eracle si fabbricò una nuova clava e, dopo aver in parte modificato i Giochi Nemei, fino a quel giorno celebrati in onore di Ofelte, li dedicò a Zeus. Poi portò la carcassa del leone fino a Micene. Euristeo, stupito e terrorizzato, gli ordinò di non mettere mai più piede in città. In futuro avrebbe dovuto deporre i frutti delle sue Fatiche dinanzi alle porte. Eracle si adoperò inutilmente per scuoiare il leone, finché, per divina ispirazione, pensò di servirsi degli artigli della belva, affilati come rasoi, e ben presto poté indossare la pelle invulnerabile a guisa di armatura, mentre il cranio del leone gli copriva il capo come elmo.
A proposito di regalità del leone, ricordiamo qui l'accostamento tra la parola 're' (dal latino rex,derivante dal verbo 'rego', che è colui che regge; e quindi regalità della giustizia, del diritto) e il termine sanscrito 'raja' (potere regale); il tedesco 'recht' (di ritto); l'inglese 'right' (diritto). Tutte queste terminologie racchiudono l'idea della 'rettificazione' alchemica; il 'diritto', cioè, è visto in antitesi al 'torto'. La padronanza vitale esige che le forze tendenti al male vengano commutate in energie salutari. Ciò che è vile non deve essere distrutto, ma nobilitato attraverso la trasformazione, come il piombo che bisogna sapere elevare alla dignità di oro (Sole). Questa regola è applicabile in tutti i campi. É inutile esigere da tutti gli uomini la virtù, il disinteresse, l'austero compimento del dovere. L'egoismo, in tutte le sue forme, rimane il principe di questo basso mondo; il Saggio ne trae partito, e tiene conto del Diavolo, per costringerlo a collaborare controvoglia alla Grande Opera. Questo è l'insegnamento dell'Arcano XI dei Tarocchi. "L'energia suprema, alla quale nessuna brutalità può resistere, si presenta nei Tarocchi sotto l'aspetto d'una regina bionda e graziosa la quale, senza sforzo apparente, doma un leone infuriato e gli tiene aperte le mascelle. Questa concezione della 'Forza' quale virtù cardinale si discosta dalle raffigurazioni banali di un Ercole appoggiato alla clava e rivestito delle spoglie del leone nemeo”. “L'arcano XI non glorifica il vigore fisico dei muscoli, ma l'esercizio d'una potenza femminile, ben più irresistibile nella sua dolcezza e nella sua sottigliezza di tutte le esplosioni della collera e della forza brutale. La belva, incarnazione di foga indisciplinata e di veemenza passionale, è il 'Leone' divoratore dello zodiaco, il cui ritorno annuale segna l'epoca in cui il Sole, divenuto bruciante, inaridisce e uccide la vegetazione”. “Il Leone è vinto dalla Vergine (Imperatrice, Arcano III), della qua le ha fatto maturare le messi. Nonostante la sua ferocia, non è un animale malefico. Lasciato a se stesso accaparra, divora e distrugge con rabbia egoistica: ma tutto cambia quando viene domato perchè, come la Sfinge nera del Carro (Arcano VII), rende servizi immensi a chi lo sa dominare. Non è quindi il caso di uccidere l'animale, anche nella nostra personalità, come fanno gli asceti. Il Saggio rispetta tutte le energie, anche pericolose, poiché pensa che esse esistono per essere captate e quindi utilizzate giudiziosamente”. “Analoga a quella del Bagatto (Arcano I), l'acconciatura della Forza ha la forma di un'otto coricato, segno che esprime un continuo movimento, adottato dai matematici come simbolo dell'infinito...”( Oswald Wirth: I Tarocchi)
SOLE: il pianeta Maestro del segno del Leone Il geroglifico del Sole è un cerchio con un punto centrale. Circonferenza e centro; cioè fonte ed espansione. Il grafico è analogo al cerchio zodiacale, quindi il concetto racchiuso è estremamente dinamico. Il Sole è stato paragonato ad una ruota fiammeggiante e il cerchio può essere veduto anche come la traccia ottica della rotazione incandescente della Croce Uncinata. Nei 'Veda'., il Sole è concepito come ruota o cerchio, ossia ancora l'idea del movimento e della rotazione; è implicita la realtà della circolarità del disco solare e l’'arco di cerchio che esso percorre in cielo ogni giorno. In sanscrito il Sole è detto SURYA ed con il quale si identifica, essendo questi un dio solare a funzione soterica. Peraltro nel termine Surya viene posto l'accento sul suo valore di 'luminosità', che ritroviamo nella parola SURAJNARAYAN (Uomo-Sole-Leone) in cui viene completata la figura di uomo-leone già vista, introducendo come ulteriore attributo di questo 'uomo particolare' (cioè eroe: figlio di Era) quella luminosità che ci consente di vedere ancora una volta strettamente correlati il Sole ed il Leone. In altre aree di civiltà, il disco d'oro era trainato da cavalli e cigni. Il concetto geometrico del cerchio racchiude anch'esso un principio energetico, dove i raggi emergenti dal centro si allontanano verso la circonferenza con identica energia. É facile associare il geroglifico del Sole alla simbolica di Dio che emana nella sfera o nel cerchio che l'avvolge. Talvolta vediamo il Sole disegnato con raggi o linee ondulate: sono gli equivalenti simbolici della luce e del calore. Da sempre, il Sole è stato considerato il 'principio maschile', in coppia con la Luna che rappresenta il 'principio femminile'. Innumerevoli sono le fonti etimologiche e i nomi attribuiti al Sole; questo sta a dimostrare la sua importanza, e presso i Babilonesi, Fenici ed Egiziani, il Sole divenne presto una entità sacra in opposizione con le divinità lunari prima di essere complementare e corrispondente nella simbolica popolare. Esattamente in Persia, il principio solare, simbolo di luce e purezza, fu sempre posto al di sopra della Luna: Mithra, il dio solare, ne è una testimonianza. Nelle cosmogonie induiste, il Sole è sempre posto al centro del cielo. Purusha e Brahma hanno dimora nel Sole e altri appellativi sono: 'Occhio del Cielo e Cuore del Mondo'. In Cina, il principio attivo YANG il Sole, che si compenetra nel principio passivo YIN lunare; così insieme fondano la polarità del bianco e del nero, del giorno e della notte, del mite e dell'aggressivo. L'ideogramma astrologico del Sole - cerchio con un punto centrale - è il simbolo più sacro dell'antico ed eterno linguaggio con il quale gli adepti e i saggi cercarono di registrare le loro fondamentali conoscenze del processo cosmico della creazione. In tale simbolo è racchiusa tutta la manifestazione dell'energia creatrice. Il cerchio rappresenta lo zero, l'assoluto che precede ogni manifestazione. Il punto centrale è l'Uno originario che si rapporta al concetto del Dio Unico. Evidente, dunque, l'importanza del Sole nell'astrologia: infatti è il primo fattore oroscopico che nella pratica viene preso in considerazione. Qui è considerato il principio di vita, centro dell'identità, del Sé, termine archetipico di rapporto fra il soggetto e il Cosmo nell'accezione di Dio-Padre. Il Sole come espressione di energia vitale e volontà indomita, si richiama al mitico dio solare Elio o Helios. Helios, che Eurifessa dagli occhi bovini o Tia, generò, al Titano Iperione, è un fratello di Selene e di Eos. Risvegliato dal canto del gallo, che gli è sacro, e preceduto da Eos (Aurora), egli guida ogni giorno la sua quadriga attraverso i cieli, dallo splendido palazzo che sorge ad oriente, nella Colchide, fino ad un palazzo egualmente splendido nell'estremo occidente, dove scioglie i cavalli e li lascia pascolare nelle Isole dei Beati. Poi torna a oriente percorrendo il fiume Oceano che scorre attorno al mondo, carica cocchio e cavalli su una nave dorata costruita da Efesto e dorme tutta la notte in una comoda cabina. Dunque l'occhio di Zeus, Helios, è il principio divino, lo sguardo del dio sul mondo, la legge onnisciente e onnipresente. “Dio ti vede ovunque” come ci è tramandato anche dalla nostra religione e il Sole ci vede e ci segue sempre. In alcuni rituali, Apollo stesso assume le sembianze di un dio solare. Spesso si sono visti Hermes e Apollo come una coppia paragonata ai Divini Gemelli Castore e Polluce. Ovviamente Apollo è stato confrontato con Polluce, forse per motivi fonetici o forse per le attinenze di entrambi con il Polo; ricordiamo, infatti; Pol-lux (luce del Polo), nonché A-polo (dal Polo, cioè dalla regione degli Iperborei - gli uomini che abitavano oltre il Vento del Nord dei quali Apollo era il dio -, regione in cui si era recata, come taluni dicono, la madre di Apollo Latona per sfuggire alle ire di Era) . Notiamo, altresì, che Apollo non. possiede esclusivamente caratteristiche solari, ma assomma in se determinate sfumature lunari; ricordiamo che era chiamato anche Febo, attribuzione strettamente lunare; inoltre, nella stessa opera omerica, Apollo ci è presentato un arco d'argento saettante (altro riferimento lunare). Del resto egli non è affatto. un Sol iustitiae in quanto spesso, dimentico di ogni: equilibrio e giustizia, lo troviamo esecutore di efferate e crudeli vendette; ricordiamo l'uccisione delle, sette figlie e dei sette figli di Niobe; lo scorticamento del satiro Marsia; l'uccisione di Tizio, che aveva attentato alla onestà della madre Latona. La storia di Apollo è molto confusa. Egli era figlio di Zeus e di Latona, figlia del Titano Ceo (intelligenza) e della Titanessa Febe (luna). Prima che Latona partorisse, Era, ingelositasi, incaricò il serpente Pitone (che poi sarà ucciso dallo stesso Apollo) di inseguire Latona tutt'attorno al mondo e decretò che essa non avrebbe potuto partorire in alcun luogo dove brillasse il Sole. Sulle ali del Vento del Sud, Latona giunse infine ad Ortigia presso Delo, dove mise alla luce. Artemide, che appena nata aiutò la madre ad attraversare lo stretto e a Delo, tra un olivo ed una palma da datteri (entrambi alberi sacri ad Apollo) che crescevano sulle pendici settentrionali del monte Cinto, Latona partorì Apollo, dopo nove giorni di travaglio. La scogliosa Delo, che fino a quel giorno era stata una isola vagante, si immobilizzò nel mare, ancorata saldamente sul fondo da colonne d'oro ad opera di Poseidone, e per decreto divino nessuno può più nascervi o morirvi: i malati e le donne incinte vengono trasportati a Ortigia. Questa è la versione più diffusa della nascita di Apollo, a proposito del quale ricordiamo l'uccisione di un altro serpente, oltre a Pitone, ed è, questa volta un serpente di sembianze femminili: Delfine. Delfine, sorella di Tifone generato dalla Madre Terra congiuntasi con il Tartaro, era un mostro dalla coda di serpente. Essa fu messa di guardia ad una pelle d'orso che conteneva i tendini delle mani e dei piedi di Zeus vinto in lotta da Tifone. La notizia della sconfitta di Zeus sparse il panico fra gli dèi; alcune fonti sostengono che Cadmo riuscì a sottrarre i tendini di Zeus a Delfine, dicendo che gli occorrevano per farne delle corde alla sua lira e su quella suonare musiche deliziose; e Apollo la uccise con le sue frecce. Ricordiamo che il Sole dardeggia con i suoi raggi proprio come Apollo con le sue frecce. In questo mito si può vedere l'abbandono di certi aspetti di lunarità e quindi di femminilità per il successivo predominio di caratteri di centralità maschile e cioè solare. Alcuni attributi di Mercurio e Apollo, visti in coppia, sono presenti nella figura di San Michele Arcangelo, il cui culto è osservato anche in Italia appunto nella famosa chiesa sul Monte S. Michele sul Gargano; peraltro questa chiesa fu costruita su una grotta primitiva nella quale, tanto tempo fa, vivevano i Dauni sacrificando tori neri e dove fu poi praticato il culto di Calcante, presentato con aspetto demoniaco e terrificante, con i capelli irti ed altri attributi che ricordavano quelli di un Dragone. Ritroviamo, dunque, in S. Michele Arcangelo che uccide il Drago (come S. Giorgio) quei caratteri di luminosità e quel significato di garante di giustizia (Sol iustitiae) tipici della coppia Hermes-Apollo. Ricordiamo che MICAEL in ebraico significa: 'chi come Dio?'; ed è il grido che, sottintendendo la risposta retorica 'nessuno', l'Arcangelo Michele oppose al 'Non servirò', risposto dall'altro angelo Lucifero che fu precipitato dal Paradiso. Inoltre MICAEL, derivante dalla radice ebraica MICHOL, significa assoggettare (quindi dominare il Dragone) e somigliare a ... (ovviamente al Sole-Dio).
Tornando ad Apollo, il mito ci tramanda numerose sue avventure amorose sia con uomini che con donne. Non sempre, però, il successo arrideva ad Apollo in queste sue imprese. Ricordiamo il suo tenero e tragico amore per il giovinetto Giacinto amato, oltre che da Apollo, anche dal musico Tamiri e dal Vento dell'Ovest e da questo ucciso per errore mentre Apollo gli stava insegnando a lanciare il disco. Un'altra volta Apollo inseguì Dafne, la Ninfa dei monti, sacerdotessa della Madre Terra e del fiume Peneo di Tessaglia; ma quando l'ebbe raggiunta, Dafne invocò la Madre Terra che in un baleno la trasportò su Creta, dove, essa divenne Pasifae (moglie di Minosse e madre, poi, del Minotauro). La Madre Terra fece poi crescere un lauro là dove si trovava Dafne e Apollo, per consolarsi, intrecciò una corona con le sue foglie. Giocando, qui, con le parole, notiamo che la parola lauro ci può richiamare l'auro (aurum) e quindi l'oro, metallo incorruttibile, luminoso, solare per eccellenza, e quindi il Sole.
Come il segno del Leone presiede al cuore quale simbolo di centro vitale, così il Sole è riferito al cuore dell'uomo quale organo anatomico, fonte di vita, di energia fisica, emotiva e affettiva, capace di 'comprensione vera' e mediante il quale funziona quello che Dante definì “intelletto d'amore” in contrapposizione al cervello dal quale, per le sue caratteristiche lunari, si sprigiona l'intelletto razionale, la riflessione, il pensiero logico razionale. “É il cuore dell'uomo, che emana il calore naturale e spirituale, l'anima pulsante che infonde spiriti; caldi nelle arterie del corpo, come sole del cielo fa esalare i vapori terrestri, generando così i vapori e le guazze che poi riconduce in terra col suo moto…” “É l'autorità e la medicina; il cerchio e la spada; è simboleggiato dalla capigliatura, dai raggi, dalle corone, dalle montagne…” “Talvolta si attribuisce al Sole il corvo nero, iridescente, dal volo potente, a frequenti scivolate, la cui voce tocca (dicevano gli antichi) 54 variazioni e si presta alla profezia Apollinea”. “Il corvo solare parla all'orecchio di Mithra (ricordiamo la valvola mitralica del cuore), la forza che fa morire e rivivere la vegetazione”. “Sempre al Sole si assegna il gallo e talvolta il ragno”. (Elèmire Zolla: Le Meraviglie della Natura) Nelle antiche scritture vediche il centro di coscienza era inteso nel cuore (e non nella testa, come fu in seguito) e noi occidentali, parallelamente, affermiamo di certe cose, come vadano intese con l'orecchio del cuore. Quest'organo ricolmo di sangue, liquido vitale, può inoltre ricordare la coppa del Santo Graal e, per rimanere nei termini della gnosi occidentale, non dimentichiamo il Sacro Cuore, comune ad altre confessioni e non solo al cattolicesimo. Di questo simbolo della 'devotio' moderna, possiamo ricostruire il passato rifacendoci, in primo luogo, allo zolfo alchemico non ancora filosofico, non 'rettificato', così come riportato nella figura accanto a sinstra. Nei Tarocchi corrisponde, alla lama dell'Imperatore (Arcano IV). La lama dell'Impiccato (Arcano XII), invece, corrisponde allo stesso segno, rovesciato (figura a destra).
Ciò rappresenta un processo di capovolgimento totale ad ogni livello, una vera conversione. San Paolo vi alludeva con la sua 'metànoia', e il suo continuo invitare a convertirsi, tra l'altro, significava anche questo: abbandonare l'ottica abituale per trovare nella vita altri valori; infatti nella lama dell'Impiccato, che è appeso per i piedi a testa in giù (proprio a rappresentare questo totale capovolgimento), si vedono alcune monete d'oro e d'argento cadere a terra dalle sue tasche.
Cosa è l'Astrologia Ariete Toro Gemelli Cancro Leone Vergine Bilancia Scorpione Sagittario Capricorno Acquario Pesci
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