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Il Toro é il secondo segno dello zodiaco che présenta l'immagine di un animale. In lingua sanscrita il segno del Toro é detto VRISHAM, da cui si può ricavare una relazione, sempre nella tradizione Indù, con il toro sostegno del mondo, detto appunto VRISHABA. Ancora nella tradizione Indù troviamo un termine, GE, al quale sono attribuiti diversi significati:
- terra; - toro; - suono ( da questo significato possiamo risalire al muggito del toro, simile al tuono di primavera che prelude alla pioggia fecondatrice della terra).
Il segno del Toro ha il governo del collo e della gola e quindi anche delle corde vocali, produttrici di suoni. A proposito dell'appartenenza ai vari segni zodiacali dei diversi territori e popolazioni, ricordiamo un particolare riferito da Lisa Morpurgo, secondo la quale l'Italia non é da considerarsi sotto il segno del Leone, ma bensì sotto quello del Toro (specialmente le regioni del Nord-Italia), perché proprio in quelle zone hanno avuto origine i più famosi liutai (l'accostamento é il seguente: liutai, liuti, strumenti a corde, corde vocali, suono [GE], segno del Toro).
Il Toro nelle varie tradizioni Nella tradizione egizia, ricordiamo il bue (Toro) Api, con tutte le sue valenze di fecondità. Nella tradizione Indù, vediamo assimilato al Toro, INDRA, il quale è anche il dio del Fuoco e del Tuono (divinità distruttiva); abbiamo inoltre NANDI, il toro del dio distruttore Shiva, il quale, però, non appena saliva in groppa al toro NANDI, assumeva un aspetto di calmo e quieto legislatore, per cui possiamo dire, in questo caso, che il Toro funge da pacificatore e mitigatore del furore distruttivo proprio di Shiva, che è Fuoco Creatore.
Significati del simbolo grafico Le Corna del simbolo zodiacale del Toro rappresentano un quarto di Luna; per cui sottintende valenze femminili; polarità negative. Il Cerchio rappresenta, invece, il Sole; per cui sottintende valenze maschili; polarità positive. Nel geroglifico del Toro vediamo riuniti, pur su piani diversi, i simboli del Sole e della Luna e quindi valenze maschili e polarità positive sono raffigurate insieme a quelle femminili e negative. Abbiamo, perciò, che anche il segno del Toro è ambiguo ed ambi-valente, per cui possiamo vedere un Toro maschile-femminile, un Toro luni-solare. Ricordiamo qui il toro EN di Ur; questo toro é raffigurato con le due zampe anteriori poggianti sopra un'ara ed ha la testa d'oro (assume quindi un aspetto solare), mentre le sue mascelle sono di lapislazzuli, pietre decisamente femminili e riaccostabili alla Luna ed a Venere, che del segno del Toro ne è il pianeta Maestro. Altre valenze femminili sono rintracciabili nell'accostamento della mezza luna che sovrasta il cerchio (Sole) del simbolo del Toro con le corna a mezza luna dei bovini, le cui corna hanno sempre significazioni lunari e femminili, completamente diverse, quindi, dalle caratteristiche esaminate nel precedente studio sul segno dell'Ariete. Nella tradizione egizia vediamo spesso raffigurazioni di tori e di numerose divinità aventi sulla testa un disco solare posto tra le due corna a mezza luna. É questa, un'ennesima versione dell'ambivalenza del Toro, in cui si può vedere un tentativo di prevalere della 'forza Solare' su quella 'forza Lunare', che, peraltro, ancora la circonda e la contiene. Strettamente legato ad alcuni miti sul Toro, é, sempre nella tradizione egizia, Osiride, dio dei morti, nel quale sono cumulati tutti gli attributi della Luna, delle acque, della vegetazione e dell'agricoltura.
Il Toro nell'ambito dei miti - Si narra che la giovanetta Europa, mentre giocava con le sue ancelle in un clima piacevole e tranquillo, fu notata da Zeus, il quale, per conquistarla, si tramutò in uno splendido toro luminoso. Attratta da un così bell'esemplare di animale, Europa salì in groppa al toro-Zeus, che la trasportò fino a Creta, dove concepì diversi figli, tra cui Minosse, legato anch'esso ad un mito imperniato sulle vicende di un 'toro'. - Minosse, in lotta con i suoi fratelli per la successione al trono di Creta, aveva affermato che esso gli spettava per diritto divino ed aveva chiesto a Poseidone, a prova, di far uscire dal mare un toro che avrebbe poi sacrificato, in segno di sottomissione. Il toro emerse, bellissimo. Quale prestigio il possederlo! E così Minosse ne sacrificò un altro al posto di quello. Inevitabili l'ira di Nettuno e la pena: invaghitasi del toro Pasifae, moglie del re, concepì dall'animale il mostruoso Minotauro, che venne rinchiuso nel famoso labirinto costruito da Dedalo. - Orbene Minosse, minacciato nel suo regno dai sudditi e dagli Ateniesi, imponeva il dominio con il terrore, sacrificando cioè a scadenze fisse, un certo numero di adolescenti che venivano dati in pasto al Minotauro. - Sappiamo inoltre, che Teseo fu l'eroe ateniese che volle spezzare questa tremenda catena e si offrì in olocausto a Minosse. Con il sostegno di Afrodite e l'aiuto pratico di Arianna, con il suo provvidenziale gomitolo di filo, Teseo riuscì ad uccidere il Minotauro, chiamato anche Asterio, e ad uscire fuori dal labirinto.
Accenniamo, a questo punto, ad un accostamento tra toro e labirinto quali termini di confronto che scaturiscono con maggiore risalto dai miti sopra narrati. Tale accostamento evidenzierà, naturalmente, alcuni caratteri tipici dei nativi del segno del Toro. Notiamo, dunque, una certa labirinticità del toro, che si manifesta anche in un suo determinato modo mentale di procedere, soprattutto se si guarda il segno come uno dei poli dell'asse Toro-Scorpione, inteso, in termini psicoanalitici, come asse bocca-ano (Toro = bocca, entrata; Scorpione = ano, uscita). In questo caso possiamo parlare dell'oralità del Toro, cioè del meccanismo di acquisizione o privazione attivato nei rapporti che ogni individuo, nella prima infanzia, ha con l'ambiente domestico e familiare e le figure protettive più vicine. Alcune valenze del Toro sono strettamente telluriche poiché si dice che il labirinto fosse sotterraneo.
A proposito del labirinto, citiamo un passo di Elémire Zolla (da "Le meraviglie della natura - Introduzione all'alchimia") "Congettura Robert Graves che sotto il Toro, nell'arcaico Mediterraneo, si intrecciassero danze imitanti gli amori primaverili delle pernici coturnici, ballando su un piede solo, o con un solo piede stivalato: coturnato, poiché i maschi delle pernici avanzano al cimento con una zampa piegata, pronta a colpire i rivali. I danzatori dovettero rappresentare altresì i fabbri azzoppati o eroi dal tallone, dall'astragalo sacro; fors'anche tennero un occhio bendato, a modo di fabbri tra faville volanti, o a modo di veggenti monocoli”. “Il tracciato delle danze dovette essere dedàleo, come si conviene tra confraternite fabbrili, come vuole l'imitazione della trappola a labirinto, al cui centro una pernice dalla zampa offesa col suo grido ('ciak ciak ciak ciakor ciakor, canta la pernice mediterranea) richiama le altre pernici. I trappolatori le uccidono, a mano a mano che esse escono dal traforo. Queste danze taurine del labirinto, imitarono la spirale del cosmo, l'orbitare concentrico dei pianeti che le giravolte dei cerchi concentrici scandivano: un toro fu immaginato al centro del labirinto, divoratore di uomini (torelli?), come il toro celeste segnava il fondo del vertice zodiacale, l'inizio dell'anno. Queste solennità servono anche a insegnare all'uomo che egli vince l'animale perché individua in esso una condanna alla ripetizione, una incapacità - nel toro o nella pernice - a estraniarsi dalla loro psiche guardando disinteressatamente, spiritualmente al cosmo, sì da non cadere nella trappola”. “La pernice ascolta la pernice-richiamo, il toro carica la cappa perché non potrebbero concepire un'evasione dalla loro natura”. “La pernice deve cedere al falco, il toro al leone: la fertilità-lunare al sole, la natura a ciò che la sovrasta”. “Ciò non vuol dire che, per un altro verso, toro o pernice non fossero fonti di sapienza, divini: incarnazioni del Dio che si sacrifica per far esistere il cosmo. Ecatombe di buoi, danze della gru, segnarono la ricorrenza a Delo".
In questo brano dobbiamo sottolineare: - danze labirintiche; - la ripetitività propria dell'animale o di chi é ancora allo stato animale; - superamento della precedente fase guardando disinteressatamente, spiritualmente al cosmo.
Quest'ultimo aspetto di vittoria o di sublimazione dell'animalità, si ritrova anche in una delle fatiche di Ercole (o Eracle), nella cui figura antropomorfa é da vedersi il Sole che compie il suo giro nei 12 segni dello Zodiaco (le dodici fatiche).
Appunto una di queste dodici fatiche consiste nel dominare un toro, che viene successivamente portato da Ercole nella terra dei Ciclopi, figli di Nettuno, aventi un solo occhio. Questo mito ci insegna che il dominare quelle che sono le forze brute e istintive porta a sopraffarle e vincerle completamente e permette di arrivare ad un livello superiore che consente la 'visione'. Abbiamo infatti notato che Ercole, con il toro domato, arriva presso i Ciclopi monocoli; orbene, tutti i personaggi con un occhio solo o ciechi di un occhio, hanno sempre a che vedere con quello che nella tradizione Indù si chiama "il terzo occhio" l'occhio frontale, quello, cioè, della visione interiore. Questo 'terzo occhio', pur sotto forma di cecità, lo ritroviamo anche nella tradizione nordica con Wothan o Odino, che cede un occhio per ottenere la conoscenza. Procedendo dal mito alla favola, possiamo intravedere il significato simbolico del 'terzo occhio' nel libro di Collodi, Pinocchio, quando l'autore presenta in scena la volpe zoppa (volpe che per certi versi saltellava e per altri versi toccava la terra solo in parte) ed il gatto cieco di un occhio.
Tornando al sacrificio del toro e, quindi, al dominio delle forze istintive e brutali, non possiamo fare a meno di ricordare il sacrificio del toro operato dal dio solare Mithra, nella tradizione iranica. Abbiamo detto che Mithra è un dio solare in quanto, tenendo presente che il Sole è il dominatore del segno del Leone, viene da sé il riflettere in tal senso su certe raffigurazioni che troviamo sul le monete della dinastia imperiale iranica Sassanide e che rappresentano un leone (Sole) in groppa ad un toro, mentre lo sta azzannando (abbiamo, cioè, un Sole-Leone che sopravvale un Toro-Luna). Possiamo dire, inoltre, che Mithra è anche il dio conservatore dei patti e dei giuramenti; è un dio a funzione soterica, cioè salvatrice dell'umanità, che nasce al solstizio d'inverno, il 25 dicembre; è un dio che cattura, soggioga e quindi sacrifica il toro e con il sangue del toro 'lava' i peccati dell'umanità. Spesso troviamo raffigurata una caverna sotterranea (Terra), una specie di fucina primordiale, in cui da un lato c'è un leone (Fuoco), dall'altro c'è una fonte o un acquario (Aria); al centro è rappresentato il dio Mithra, con in testa il cappello frigio, mentre in groppa ad un toro (Terra; il vocabolo GE, ricordiamo, ha significato di toro, terra, suono) é in atto di tagliargli la gola; sotto il toro, intento a mordergli i testicoli, é raffigurato uno Scorpione (Acqua). Sul significato dello Scorpione che morde i genitali del toro, dobbiamo ricordare l'asse di opposizione Toro-Scorpione; in questo caso posiamo dire che l'elemento velenoso e pungente scorpionico, per certi versi, tende a minare la forza generativa del toro estremamente potente e fecondo, in quanto l'animale simbolizzato dello zodiaco non è proprio il maschio ovino, cioè il toro, bensì la vacca, l'animale che genera. Nella tradizione egizia, del resto, abbiamo un ennesimo richiamo all'animale femminile con la Vacca Sacra Hathor, a volte raffigurata con la sua pelle coperta di stelle quasi a simbolizzare una volta celeste. Anche il nome di questa Vacca, Hathor, da un punto di vista strettamente fonetico più che filologico, può aiutarci a ritrovare un certo richiamo al toro. La prima lettera dell'alfabeto ebraico, aleph (a), ha significato di Toro primigenio. Sempre nella tradizione iranica, si parla del toro come della prima cosa che AHURA MAZDA ha fatto, dal cui smembramento successivo sono venute fuori tutte le cose (richiami, questi, alla fecondità del toro). Del resto le valenze femminili di fecondità predominano in questo segno, in quanto, a ben guardare il simbolo grafico del Toro, la falce lunare sormonta l'elemento solare. A proposito della Vacca Sacra nell'Induismo, ricordiamo che era in uso presso la popolazione indiana una bevanda sacra, a scopo di purificazione, ricavata da una miscela dei cinque prodotti della vacca (non solo il latte, quindi). Anche nella tradizione irlandese si tramanda il ricordo di tori famosi; infatti in occasione dell'investitura del sovrano, si sacrificava, insieme ad un cavallo, un toro che veniva poi smembrato e diviso.
L'iniziando-iniziato ai misteri di Mithra, durante la cerimonia di iniziazione, veniva introdotto in una buca sulla quale si faceva mettere un toro che veniva poi sgozzato; a questo punto il sangue sgorgava copioso lavando e purificando il neofita.
L'imperatore Giuliano l'Apostata (Apostata in quanto abbracciò di nuovo il culto mithraico dopo essere stato cristiano), ritenendosi ormai "segnato indelebilmente a livello sottile" dall'acqua battesimale, dubitava che il suo successivo passaggio attraverso il sangue del toro fosse effettivamente riuscito a "lavare", a "cancellare" quello che era il precedente segno d'acqua dell'Iniziazione Cristiana.
Indubbiamente dai riti sacrificali di tori (taurobolia) trae origini la corrida presente in molte culture e civiltà. Del resto bisogna ricordare i giochi di tori e con i tori che si facevano a Creta, dove molto spesso troviamo raffigurazioni di corna di toro.
Venere il pianeta Maestro del segno del Toro Afrodite (Venere nella tradizione Latina) deriva il suo nome dal greco:afròs = schiuma o spuma. Ella nasce dal mare; la "veneranda, inghirlandata d'oro bella Afrodite!” - come la canta Omero nel VI inno alla dea - è figlia di Urano e Gea (Terra). Il mito narra della cruda storia di Urano che distrugge i figli sotto lo sguardo addolorato di Gea e della sanguinosa punizione del figlio Saturno-Cronos, il quale, con la falce recide i genitali al temuto padre e li scaglia in mare. Allora - come racconta Esiodo - bianca schiuma (afròs) uscì dalla carne immortale e da essa crebbe presso l'isola di Citera una fanciulla: era Venere. Dunque, la creatura divina che Botticelli forse ha interpretato nella forma più alta seguendo l'ideale umanistico delle sculture elleniche, nasce mitologicamente da un gesto riparativo, oblativo e sanguinoso nel contempo. Afrodite-Venere, come simbolo dell'amore, nasce da un rito di castrazione, meglio: di evirazione. Forse c'è da vedere in questo concetto la perdita della dimensione sensuale ed immanente: l'amore è qualcosa di più dell'espressione sessuale e la sua perfezione ha anche la componente del dolore. Afrodite fu accolta dagli dèi e dai mortali con stupore e gioia. "Subito essa ebbe tra gli dèi e gli uomini, come funzione ed ufficio il bisbiglio delle fanciulle, il riso e la malizia, la dolce voluttà, l'amore e la mitezza", così scrive Kerényi. I miti greci s'incentrano ben presto nelle storie d'amore di Venere. Ares é il bellissimo e virile dio da lei amato insieme a Efesto brutto e deforme, ma astuto e geniale dio vulcanico. A questo mito, del resto, si può dare un'interpretazione alchemica. Abbiamo, infatti, il fabbro alchimista (Efesto-Vulcano) che riesce a fissare nell'atanòr (la fornace, in questo caso, è rappresentata dal talamo nuziale) i due principi opposti, quello maschile (Marte) e quello femminile (Venere), per poi utilizzarli convenientemente. L'ideogramma di Venere è forse il più noto e suggestivo: un cerchie con una croce appesa e capovolta verso il basso T.
Nella tradizione egizia ricordiamo che questo simbolo, era chiamato Ankh o chiave della vita. In esso possiamo vederci la stilizzazione del sole sulla linea delle acque; la linea centrale, invece, può rappresentare o il riflesso del sole sulle acque stesse che da questo vengono così illuminate, oppure quello che é il cammino sotterraneo che il sole compie per tornare a risorgere ogni giorno. (Da qui l'attribuzione di solarità data a tutti gli dèi che risorgono sempre.) Accenniamo, di sfuggita, che l'Ankh era usata, sempre nella civiltà egizia, per 'aprire' o 'chiudere' la bocca dei defunti. Anche il geroglifico di Venere presenta delle sfumature di ambiguità. Infatti, laddove il cerchio si veda non ordinato, possiamo riscontrare un caos che sovrasta un ordine rappresentato, in questo caso, dalla croce (dei quattro elementi). Qualora si veda il cerchio come ordinato, immaginando o meno un punto nel suo centro, possiamo altresì intenderlo come un ordine, un cosmos, una solarità che prevale sugli aspetti strettamente materiali. Tenendo a mente quanto riferito sul simbolo di Marte, possiamo dunque vedere nell'ideogramma di Venere una forza creatrice che genera un qualcosa che é ordinato (ordinato sullo schema quattro, cioè dei quattro elementi) e neutralizzato (abbiamo infatti che una forza neutralizza l'altra, I,— = +; il maschile neutralizza il femminile fino a raggiungere l'equilibrio nel punto centrale).
.La mitologia dell'astro ci porta in pieno nella dimensione delle veneri greco-romane, nel regno delle meravigliose dèe e creature mortali di incomparabile bellezza, ma prima ancora abbiamo i riferimenti di una istologia babilonese riguardo al pianeta Venere. In antico essa era chiamata Hélel ben Shahar, portante una allegoria ebraica connessa alla caduta di Fetonte. ISHTAR aveva il dominio di Venere, che in quel nome originario significava alba. Venere sarebbe dunque, nella tradizione biblica, la madre di Lucifero, il cherubino edenico che più tardi, avendo tentato di superare la gloria di Iddio, venne sprofondato nel Sheal dando origine al Demonio. In Grecia, la dea venusiana assume nomi alquanto diversi e tutti si avvicinano alla qualità lunare. Si ritiene pertanto che il culto della Dea Madre e l'espressione matriarcale sia passata dalla Luna a Venere e quest'ultima assumesse il ruolo di protettrice del bestiame e dei campi. In Babilonia, fu chiamata ASTARTE, come 'imago mater', già dalle popolazioni precedenti ai Sumeri, i quali, peraltro, la conoscevano come stella doppia, cioè come stella che sorgeva al mattino con il sole e con il sole, alla sera, tramontava (del resto il simbolo del sole é presente nell'ideogramma venusiano). Riguardo a queste ambiguità solari-venusiane, ricordiamo che nella tradizione pre-colombiana, intesa in senso molto ampio, Venere viene identificata in QUETZALCOATL, il serpente piumato, il quale è anch'esso un dio solare, salvatore del l'umanità, nato il 25 dicembre al solstizio d'inverno. Il nome di Astarte giunse fino all'epoca romana, dove alcune personificazioni di Astarte-Venere erano deità del libero amore sessuale che richiedevano sacrifici di bambini appena nati, immersi nelle acque del Tevere e poi adagiati intorno alla pietra sacra di Astarte. L'affinità specifica fu trovata con la Vacca e quindi col Toro, ragione questa per cui il primitivo culto era incentrato sulla preservazione delle greggi, le colture, il cibo. É chiaro dunque il passaggio in linea diretta in Rhea, Urania, Cerere, Cibele. Questa Venere è ancora essenzialmente istintuale, naturale, quasi biologica, non riferita all'uomo. I Fenici l'adoravano col nome ASTORETH ed era in rapporto con Asterius, il Minotauro di Creta; gli Assiri la chiamarono ISHTAR nella sua qualità lunare e per molto tempo regno grande confusione nelle attribuzioni fra Luna e Venere. Nella mitologia induista assunse una divinità molto vicina alla déa Kalì. Vogliamo ora parlare della Venere-Astarte. Il nome proviene dal greco astèr = stella. Peuckert cita il significato assiro-babilonese delle 'corna'. Nel culto mithraico infatti questa Venere-Astarte assunse il simbolo della testa taurina con un disco fra le corna, che abbiamo già ricordato. Sappiamo che la tradizione culturale primitiva era orgiastica e comprendeva sacrifici umani; nell'area egiziana Astarte diviene una deità riferita al principio di attrazione-desiderio, in senso ricettivo-passivo e assume definitivamente l'ideogramma che conosciamo, simbolo che passerà poi nel significato della greca Afrodite e Cibele, dea dei campi nel culto della quale, peraltro, erano ricorrenti i sacrifici di tori. Venere, come riferisce Kerènyi, era una dea assetata d'amore ma sapeva anche donare un'illimitata voluttà amorosa; nel cielo apparteneva a lei la stella più fulgida che un giorno aveva sfidato Elio (Sole). Si dice che fosse nata da un uovo che i pesci dell'Eufrate spinsero sulla riva e covato da una colomba. Ma nella tradizione occidentale Astarte è Afrodite-Venere ed è per tale motivo che in astrologia consideriamo per il Toro e la Bilancia una Venere 'unica'.
Quando c'é il passaggio, evidentemente non immediato, da una tradizione ad un'altra, notiamo da un lato un'assimilazione mentre dall'altro una repulsione, entrambi totali o parziali, degli déi precedenti da parte della nuova 'cultura' intesa in senso abbastanza ampio. Come esempio di assimilazione e del 'procedere attraverso le varie culture' ricordiamo Hermes, che possiamo rintracciare in Mercurio e così via dicendo da Anubi egizio fino a San Michele. Riscontriamo, invece, che altre divinità vengono respinte ed infatti ricordiamo che nel periodo tra il 500 ed il 600, quando era in auge il tribunale dell'Inquisizione, si diede vita ad una demonologia molto accurata, nella quale erano contemplati dèmoni (o diavoli) che avevano stuoli di altri démoni al loro servizio e fra i quali ritroviamo un certo Astarotte, trasformazione, anche nel nome, della dea Astarte-Venere simbolo di ogni fecondità. Cosa è l'Astrologia Ariete Toro Gemelli Cancro Leone Vergine Bilancia Scorpione Sagittario Capricorno Acquario Pesci
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