MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO I

 

L'antica narrazione
paragrafi 40-41-42-43-44

 

40. Ora a quel tempo il venerabile Nagasena, dopo la questua attraverso i villaggi, le città ed i paesi, era giunto a Sagala, atteso da una comunità di asceti come guida di una compagnia dell’Ordine; il capo di un corpo di discepoli; il maestro di una scuola; famoso, rinomato e molto stimato da tutti. Egli era dotto, intelligente, saggio, sagace ed abile; un accorto oratore, di buone maniere, ma molto coraggioso; molto esperto della tradizione, padrone dei tre Canestri (pitaka) ed erudito nel sapere Vedico. Egli era in possesso della più alta visione (buddhista), un conoscitore di tutto ciò che era stato tramandato dalle scuole, e delle varie discriminazioni dove i passi più astrusi possono essere spiegati. Egli sa a memoria perfettamente le divisioni in nove parti della dottrina del Buddha, ed era ugualmente esperto nel discernere l’essenza e la lettera della Parola. Dotato di istantanea e varia capacità di replica, di ricchezza di linguaggio, di una bella eloquenza, era difficile da eguagliare, ed ancora più difficile da eccellere, difficile da rispondere, da replicare o da confutare. Egli era imperturbabile come la profondità del mare, immobile come il re delle montagne; vittorioso nella lotta contro il male, un dissipatore dell’oscurità e un propagatore di luce; con una massiccia eloquenza, confutava i seguaci di altri maestri, sedava gli adepti delle dottrine rivali. Onorato e riverito dai monaci e dalle monache dell’Ordine, dai suoi seguaci di entrambi i sessi, dai re e da alti ufficiali, riceveva in dono il massimo delle offerte donate ai membri dell’Ordine – vesti, scodelle, dimore e medicine – ottenendo la più alta venerazione non meno dei doni materiali. Al saggio ed ai sapienti che si recavano da lui per ascoltare egli spiegava i gioielli in nove parti della parola del Vittorioso, gli indicava il sentiero della rettitudine, portava in alto la fiaccola della verità, innalzava il sacro pilastro della verità, e celebrava per loro il sacrificio della verità. Per loro ondeggiava al vento lo stendardo, suonava la tromba ed il tamburo della verità. E con la sua possente voce leonina, come il tuono di Indra ma, allo stesso tempo, dolce, versava su di loro una abbondante pioggia, colma di gocce di pietà, e brillante con lo scintillio dei luccicanti lampi della sua conoscenza, del nettare dell’insegnamento del Nibbana della verità – in modo da soddisfare un mondo assetato.

 

41. Allora là, all’eremo di Sankheyya, dimorava il venerabile Nagasena con una numerosa comunità di monaci. Per cui è detto:

“Dotto, molto eloquente, sagace, audace,
padrone delle visioni, magniloquente nell’esposizione,
il monaco – i saggi nelle sacre scritture,
memori della quintuplice parola sacra –
posero Nagasena come loro guida e loro capo.
Lui, Nagasena dalla mente pura e dalla profonda saggezza,
che conosceva il retto Sentiero e quello falso,
e lui stesso aveva raggiunto le placide vette del Nibbana!
Seguito dai saggi, dai detentori della Verità,
è andato di città in città giungendo a Sagala;
ed ora là dimora nel boschetto di Sankheyya,
apparendo fra gli uomini come il leone nelle vette.”

 

42.Devamantiya disse al re Milinda: “Aspettate un momento, grande re, aspettate un momento! Vi è un monaco di nome Nagasena, dotto, abile e saggio, dalle buone maniere, molto coraggioso, esperto nelle tradizioni, eloquente e svelto nella replica, conoscitore dell’essenza e della lettera della legge, può esporre le difficoltà e confutare le obiezioni alla perfezione. Costui dimora all’eremo di Sankheyya. Potreste là recarvi, grande re, e porre a lui le vostre domande. É capace di discutere con voi e dissolvere i vostri dubbi.”
Allora, quando Milinda il re udì il nome di Nagasena, all’improvviso fu preso da paura e da ansia, tanto che i peli gli si drizzarono. Ma chiese a Devamantiya: “É proprio così?”
Devamantiya rispose: “Egli è capace, Signore, di discutere argomenti con i guardiani del mondo – con Indra, Yama, Veruna, Kuvera, Pragapati, Suyama e Santushita – e persino con lo stesso grande Brama, il progenitore dell’umanità, o tanto meno con un semplice essere umano!”
“Allora, Devamantiya, spedisci un messaggero per avvisare la mia visita.”
Ed egli così fece. E Nagasena fece sapere che poteva venire. Il re, accompagnato dai cinquecento Greci, salì sul suo carro regale e si avviò verso l’eremo di Sankheyya con un grande seguito al luogo dove dimorava Nagasena.

 

43. A quel tempo il venerabile Nagasena era seduto, con l’innumerevole comunità dei fratelli dell’Ordine, davanti all’ingresso dell’eremo. Così il re Milinda vide da lontano la riunione e disse a Devamantiya: “Devamantiya, di chi è questo possente seguito?”
“Questi sono i seguaci del venerabile Nagasena.” – fu la risposta.
Allora alla vista venne al re Milinda un senso di paura e di ansia, e i peli del corpo gli si drizzarono. Ma, nondimeno, anche se si sentiva come un elefante fra rinoceronti, come un serpente tra i Guruda (i mitici uccelli mangiatori di serpenti), come uno sciacallo in mezzo a serpenti boa, o un orso tra bufali, come una rana cacciata da un serpente, o un cervo da una pantera, come un serpente nelle mani di un incantatore di serpenti, o un topo beffato da un gatto, o un diavolo cacciato da un esorcista, come la luna in preda a Rahu, come un serpente catturato in un cesto, o un uccello in gabbia, o un pesce in una rete, come un uomo che ha perso la sua strada nella folta foresta infestata da bestie feroci, come uno Yakkha (orco) che ha peccato contro Vessavana (il re degli orchi e delle fate), o come un deva la cui esistenza divina è giunta alla fine – sebbene confuso e terrorizzato, ansioso e fuori di sé dalla paura mai provata prima – al pensiero di poter evitare l’umiliazione davanti a tutti, si fece coraggio e disse a Devamantiya: “Non c’è bisogno di indicarmi chi è Nagasena. Lo scoprirò senza alcun aiuto.”
“Certo, Maestà, riconoscetelo voi stesso.” – rispose.

44. Ora Nagasena non era ancora un monaco anziano (in base alla data della sua ammissione all’Ordine) rispetto alla metà di quella grande comunità seduta innanzi a lui, mentre era anziano rispetto all’altra metà seduta dietro di lui. Mentre ispezionava l’intera riunione, di fronte, in fondo al centro e dietro, il re Milinda scoprì Nagasena seduto ne mezzo, e, come un leone con una folta criniera calmo e senza paura, privo di ogni segno di nervosa agitazione, e libero da timidezza e trepidazione. E appena lo vide, dal suo aspetto intuì che quell’uomo era Nagasena e lo indicò a Devamantiya.
“Sì, grande re.” – egli disse – “Quello è Nagasena. Avete ben riconosciuto il saggio, Maestà.”
Ed allora si compiacque di aver riconosciuto Nagasena senza che gli fosse indicato. Ma, ciononostante, nel vederlo, il re fu preda di una nervosa agitazione, trepidazione e paura. Per cui è detto:
 

“Nel vedere Nagasena, saggio e puro,
sottomesso in tutto ciò che è la migliore soggezione,
Milinda disse questa profetica parola –
“Molti oratori ho incontrato,
molte conversazioni ho avuto,
ma mai, fin ad ora, ho avuto una paura,
così strana, così terribile, che ha sopraffatto il mio cuore.
Ora veramente vinto deve essere il mio destino,
e la sua è una vittoria che ha turbato la mia mente.”

Qui finisce il capitolo dell’antica narrazione.