MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO I

 

L'antica narrazione
paragrafi 28/29/30

 

28. Quindi il giorno dopo, ammesso pienamente all’Ordine, il venerabile Nagasena all’alba si vestì, e dopo aver preso la sua scodella, accompagnò il suo maestro nel giro delle elemosine nel villaggio vicino. Durante il cammino un pensiero nacque in lui: “Dopo tutto il mio maestro è stato totalmente stolto nel lasciare da parte le parole del Buddha, ed insegnarmi prima l’Abhidhamma!” Il venerabile Rohana fu consapevole del pensiero di Nagasena, perciò gli disse: “É una indegna riflessione quella che hai appena fatto, Nagasena; non è degno di te pensare in questo modo.”
“Che meraviglia!” – pensò Nagasena – “Il mio maestro è stato capace di leggere nella mia mente! Gli devo chiedere perdono.” Così disse: “Perdonatemi, Signore, non farò mai più una tale riflessione.”
“Io non posso perdonarti, Nagasena, semplicemente su quella promessa.” – fu la risposta. “Ma vi è una città chiamata Sagala, dove regna un re di nome Milinda, egli tormenta i fratelli col proporre quesiti di natura eretica. Ti guadagnerai il mio perdono, Nagasena, quando una volta andato là, supererai quel re in ogni discussione, e lo porterai felicemente alla verità.”
“Non soltanto il re Milinda, o santo, ma lascia venire e propormi domande tutti i re dell’India, ed io distruggerò e risolverò tutti i loro dubbi, solo per ottenere il vostro perdono! – esclamò Nagasena. Ma quando scoprì che tutto ciò era inutile, disse: “Signore, dove mi consigliate di trascorrere i tre mesi della stagione delle piogge in arrivo?”

 

29. “C’è un fratello di nome Assagutta che dimora nell’eremo di Vattaniya. Va da lui, Nagasena, e dopo aver salutato con riverenza a mio nome, gli dici: “Il mio maestro, o santo, ti saluta con riverenza, e ti chiede se stai bene e a tuo agio, in pieno forza e vigore. Egli mi ha qui mandato per trascorrere i tre mesi della stagione delle piogge sotto la tua protezione.” Qualora ti domandasse il nome del tuo maestro, diglielo. Ma se ti domanda il suo nome, digli: “Il mio maestro, Signore, conosce il vostro nome.”
Nagasena si inchinò dinanzi al venerabile Rohana, e passando alla sua destra lo lasciò, prese mantello e scodella, e si recò di luogo in luogo fino a giungere all’eremo di Vattaniya, questuando il suo cibo lungo la strada. Una volta giunto salutò il venerabile Assagutta, e disse esattamente ciò che gli era stato detto, e all’ultima risposta Assagutta disse: “Molto bene, Nagasena, metti a posto la tua scodella e il tuo mantello.” Il giorno dopo Nagasena pulì la cella del maestro, e preparò l’acqua da bere e l’attrezzo per pulire i denti. L’Anziano monaco pulì di nuovo la cella, e buttò via l’acqua da bere e l’attrezzo per pulire i denti, ne prese altri senza dire una sola parola. Così fece per sette giorni. Al settimo l’Anziano monaco gli fece la stessa domanda di prima. E Nagasena di nuovo diede le stesse risposte, così gli diede il permesso di trascorrere lì la stagione delle piogge.

 

30. Ora una donna, una distinta seguace della fede, si era occupata per trent’anni ed oltre dei bisogni del venerabile Assagutta. Quando cessò quella stagione delle piogge si recò da lui, e chiese se con lui dimorasse un altro fratello. E quando le fu riferito che vi era uno, di nome Nagasena, ella invitò l’Anziano monaco e Nagasena a consumare il pasto di mezzogiorno a casa sua l’indomani. L’Anziano monaco acconsentì in silenzio. La mattina seguente l’Anziano monaco si vestì, e dopo aver preso mantello e scodella, si recò, accompagnato da Nagasena come suo assistente, alla casa di quella seguace, e lì si sedettero al posto preparato per loro. Ella preparò per loro personalmente dell’ottimo cibo, grezzo e raffinato, tanto quanto ne volevano. Quando Assagutta ebbe finito il suo pasto, e tolto la mano dalla scodella, disse a Nagasena: “Nagasena, ringrazia tu questa distinta signora.” E, così dicendo, si alzò dal proprio posto, e andò via.