MILINDAPAÑHA
Mld:IV.8.1/17 - Il dono di Vessantara
(Dilemma 71) 1. “Venerabile Nagasena, tutti i Bodhisattva hanno abbandonato le loro mogli ed i loro bambini, o lo ha fatto solo il re Vessantara?” “Tutti, non solo Vessantara.” “Allora li hanno abbandonati con il loro consenso?” “La moglie, o re, era consapevole. Ma i bambini, a causa della loro tenera età, si lamentarono. Se avessero pienamente compreso, lo avrebbero approvato.” “ Una cosa orrenda, Nagasena, fece il Bodhisattva, nel rendere i suoi figli schiavi del Bramano, gli unici suoi cari,. E questa seconda azione fu ancora più orrenda, in quanto legò i propri figli, gli unici suoi cari, giovani ed indifesi, con una corda, e quando li vide trascinare verso il Bramano – con le mani ferite dalla corda – non intervenne. E questa seconda azione fu ancora più orrenda, quando suo figlio corse verso di lui, dopo essersi liberato con forza dai propri lacci, ed egli lo legò di nuovo con la corda e di nuovo lo abbandonò. E questa quarta azione fu ancora più orrenda, quando i figli, piangendo gridarono: “Padre caro, quest’orco ci vuole divorare!”, ma egli li rassicurò dicendo: “Non abbiate paura!”. E questa quinta azione fu ancora più orrenda, quando il principe Gali cadde piangendo ai suoi piedi, e lo implorò, dicendo: “Siate soddisfatto, padre caro, tenete con voi almeno Kanhagina (la sorella più piccola). Io andrò via con l’orco. Lasciate che divori me!” – ed anche in quel caso non intervenne. E questa sesta azione fu ancora più orrenda, quando il giovane Gali, lamentandosi, esclamò: “Avete un cuore di pietra, padre, perché potete guardarci, così miserabili e trascinati da un orco in una folta ed infestata giungla, senza richiamarci?” – e tuttavia non ebbe pietà. E questa settima azione fu ancora più orrenda, quando i suoi figli furono trascinati via verso orrori innominabili fino a che passarono gradualmente nel loro amaro destino – anche allora il suo cuore non si spezzò interamente! Come mai, vi prego, l’uomo che cerca di guadagnarsi merito deve far soffrire gli altri? Perché non tormenta se stesso?”
2. “Perché ciò che fece, o re, fu così difficile, tanto che l'eco della fama del Bodhisattva si diffuse fra i deva e gli uomini attraverso i diecimila sistemi di mondi – per questo i deva lo esaltano nei paradisi; così i Titani nel loro mondo, i Garuda nelle loro dimore, i Naga nel loro mondo, gli Yakkha dove dimorano – tanto che attraverso i tempi la reputazione di questa sua gloria è stata tramandata dalle successive tradizioni, ed è giunta fino a noi, a questo nostro incontro, dove, in verità, disprezzando e rinnegando quel dono, discutiamo se fu ben fatto oppure no! Ma quell'alta lode, o re, mostra le dieci grandi qualità dei sapienti, del saggio, delle menti sagaci ed abili dei Bodhisattvi. E quali sono? La liberazione dall'avidità, il non attaccamento (ai desideri mondani), il sacrificio, la rinuncia, il non ritorno (ad uno stato inferiore), l'uguale delicatezza e grandezza, l'incomprensibilità, la rarità e l'ineguagliabile condizione di Buddha. La fama di quel dono mostra la grande qualità dei Bodhisattvi attraverso tutti questi aspetti.” “Vi prego, Nagasena, datemi una ragione per questo.” “Immaginate, o re, che vi fosse un virtuoso Asceta o Bramano, di grande carattere, e che fosse paralizzato, o invalido, o sofferente di una malattia o altro, ed un uomo desideroso di acquisire merito lo portasse con il suo carro per condurlo nei luoghi desiderati. A quell'uomo la felicità aumenterebbe per quel motivo, quell'atto lo farebbe rinascere in stati beati?” “Sì, venerabile. Si potrebbe dire il contrario? Quell'uomo, in tal modo, acquisterebbe un elefante addestrato, o un cavallo, o un carro da buoi, o un veicolo terrestre, o una barca, o un veicolo celeste, o qualsiasi altro veicolo usato dagli uomini – di nascita in nascita gli accrescerebbe ciò che sarebbe appropriato ed adatto – ed avrebbe gioie adeguate e passerebbe di stato in stato di beatitudine, e dall'efficacia di quell'atto, salendo sul carro di Iddhi, arriverebbe alla meta desiderata, la città del Nibbana.” “Ma allora, o re, un dono dato in quel modo che reca sofferenza ad altri porta il frutto della felicità,la rinascita in stati beati – in quanto che quell'uomo facendo soffrire gli animali da soma otterrebbe tale beatitudine.
4. Ascoltate un'altra ragione, o re, per la stessa cosa. Immaginate che un monarca aumentasse ai suoi sudditi una giusta tassa, e dall'emanazione di un ordine desse da ciò un dono, quel monarca, o re, godrebbe di qualche felicità per questo, quel dono lo farebbe rinascere in stati di beatitudine?” “Allora, o re, un dono dato in quel modo che reca sofferenza ad altri porta il frutto della felicità,la rinascita in stati beati – tanto che quel monarca dando come dono ciò che era stato guadagnato con il tormentare la sua gente, con la tassa godrebbe di tale grande fama e gloria.
5. “Ma, venerabile Nagasena, ciò che fu dato dal re Vessantara fu un dono smisurato, perché donò la propria moglie ad un altro, così i propri figli, a lui cari, in schiavitù ad un Bramano. Dare molto è dal saggio ritenuto lodevole di censura e di biasimo. Proprio come, Nagasena, sotto un peso eccessivo l’asse di un carro si spezzerebbe, o una nave affonderebbe, o il cibo non sarebbe accettato da chi ha mangiato troppo, o i raccolti sarebbero rovinati dalla abbondante pioggia, o la bancarotta seguirebbe la troppa prodiga generosità, o la febbre giungerebbe per il troppo calore, o un uomo impazzirebbe per l’eccessiva avidità o diverrebbe colpevole di un’offesa per la troppa rabbia, o cadrebbe in trasgressione per l’eccessiva stupidità, o in potere dei ladri per la troppa avarizia, o si rovinerebbe per un’inutile paura, o come un fiume strariperebbe per l’eccessivo afflusso, o un fulmine cadrebbe per il troppo vento, o l’avena bollita fuoriuscirebbe per il troppo calore del fuoco, o un uomo che ha troppo errato non vivrebbe a lungo – allo stesso modo Nagasena l’eccessivo donare è ritenuto dal saggio come segno di censura e di biasimo. E così il dono del re Vessantara fu smisurato e non poteva aspettarsi un buon risultato.”
6. “Il donare eccessivamente, o re, è lodato, acclamato ed approvato dal saggio; a coloro che donano senza rimpianto, acquistano fama nel mondo come donatori molto generosi. Proprio come, o re, quando un uomo si impossessa di una radice selvatica con le sue straordinarie virtù divine, ed in un momento diventa invisibile persino a coloro che gli sono accanto – proprio come un’erba medicinale che per l’eccessivo potere naturale pone fine al dolore, e guarisce ogni malattia – proprio come un fuoco brucia per l’eccessivo calore, e l’acqua spegne quel fuoco per il suo eccessivo freddo – proprio come un loto rimane incontaminato dall’acqua o dal fango per la sua eccessiva purezza – proprio come una (magica) gemma soddisfa ogni desiderio per la sua straordinaria virtù – proprio come un fulmine, per la sua rapida e meravigliosa penetrazione fende persino i diamanti, le perle ed i cristalli – proprio come la terra per la sua eccessiva grandezza può ospitare uomini, serpenti, bestie feroci, uccelli, mari, rocce, montagne ed alberi – proprio come l’oceano per la sua eccessiva grandezza non può essere completamente riempito – proprio come Sineru per il suo possente peso rimane immobile, e lo spazio che si estende all’infinito, ed il sole per la sua potente gloria dissolve l’oscurità – proprio come il leone nella grandezza della sua natura è senza paura – proprio come un lottatore nella grandezza della sua forza solleva facilmente il suo nemico – proprio come un re per l’eccelsa sua giustizia diviene signore supremo, ed un monaco per la sua rettitudine è riverito dai Naga, dagli Yakkha, dagli uomini e dai Mara – proprio come un Buddha è impareggiabile per l’eccelsa sua supremazia – allo stesso modo, o re, l’eccessiva generosità è lodata, acclamata ed approvata dal saggio; e coloro che donano ogni cosa acquistano nel mondo la fama di essere nobilmente generosi. E per il suo potente dono il re Vessantara, o re, fu lodato, venerato, esaltato, magnificato, e divenne famoso attraverso i diecimila sistemi di mondi, ed anche per quel suo potente dono che egli, il re Vessantara, ai nostri giorni, è divenuto il Buddha, la guida di deva ed uomini.
7. Ed ora ditemi, o re, vi è qualcosa nel mondo che dovrebbe essere trattenuto come un dono, e non donato a qualcuno degno di un dono, a colui che gli è dovuto?” “Vi sono dieci tipi di doni, Nagasena, nel mondo che sono comunemente disapprovati come doni. E quali sono? La bevanda alcolica, feste in luoghi sacri, donne, bufali, dipinti, armi, catene, pollame, suini, falsi pesi e misure. Tutti questi sono disapprovati nel mondo come doni, Nagasena, e coloro che fanno tali doni rinasceranno in stati di sofferenza.” “Non vi ho chiesto, o re, quali sono i doni appropriati. Ma questo vi ho chiesto, o re: “Vi è qualcosa nel mondo che dovrebbe essere trattenuto come un dono, e non donato a qualcuno degno di un dono, a colui che gli è dovuto?” “No, venerabile. Quando la fede sorge nei loro cuori alcuni offrono cibo a chi è degno di doni, altri donano vestiti, alcuni dimore, altri materassi e vesti, alcuni giovani schiave o schiavi, altri campi o case, alcuni animali, altri denaro (anche se non è lecito per un membro dell’Ordine accettarlo. Comunque i donatori in tutti questi casi non sono necessariamente Buddhisti), alcuni il proprio regno, altri donano persino la loro vita.” “Ma allora, ore, se alcuni donano le proprie vite perché attaccate così violentemente Vessantara, quel re dei donatori, per la virtuosa offerta dei suoi figli e della propria moglie? Non vi è nel mondo una pratica comune, un’usanza conosciuta secondo cui è permesso ad un padre, caduto in rovina per debiti, o senza alcuna sussistenza, di deporre suo figlio in pegno, o di venderlo?” “Sì, è così.” “Bene, in concordanza di ciò che Vessantara, o re, soffrendo e patendo per non aver ottenuto la profonda visione degli Onniscienti, impegnò e vendette sua moglie e i suoi figli per quel tesoro spirituale. Quindi egli donò ciò che altre persone avevano donato, e fece ciò che altre persone avevano fatto. Perché allora, o re, lo attaccate così violentemente il re dei donatori?”
8. “Venerabile Nagasena, io non lo biasimo per il dono, ma per non aver fatto un baratto con il mendicante, e donare se stesso, invece di moglie e figli.” “Quello, o re, sarebbe stato un atto di un falso donatore, dare se stesso quando gli fu chiesto sua moglie ed i propri figli. La cosa chiesta, qualunque essa sia, quella bisogna donare. Tale è la pratica del bene. Immaginate, o re, che un uomo chiedesse dell’acqua, chi gli porta del cibo, ha soddisfatto la sua richiesta?” “No, venerabile.” “Allo stesso modo, o re, quando il Bramano chiese al re Vessantara moglie e figli, egli donò moglie e figli. Se il Bramano, o re, avesse chiesto il corpo di Vessantara, allora Vessanatara non avrebbe salvato il proprio corpo, non avrebbe tremato, né si sarebbe macchiato (dell’amore di sé), ma avrebbe donato ed abbandonato il proprio corpo. Se, o re, qualcuno si fosse recato dal re Vessantara e gli avesse chiesto: “Diventa mio schiavo.”, allora si sarebbe donato, e nel donarsi non avrebbe provato alcun dolore.
9. Ora la vita del re Vessantara, o re, era una buona cosa divisa da molti – proprio come le carni ben cotte sono da molti divise, o come un albero pieno di frutti viene diviso da molti stormi di uccelli. E perché? Perché si era detto: “Agendo in questo modo posso ottenere la condizione di Buddha.” Come un uomo bisognoso, o re, che vaga alla ricerca della ricchezza, dovrà passare per sentieri di transumanza, per giungle piene di insidie, commerciando per mare e per terra, dedicherà le sue azioni, parole e pensieri al raggiungimento della ricchezza – così, o re, fece Vessantara, il re dei donatori, che desiderava il tesoro della condizione di Buddha, il raggiungimento della profonda visione degli Onniscienti, offrendo a coloro che lo chiedevano la sua proprietà e i suoi raccolti, i suoi schiavi e le sue schiave, i suoi animali ed i suoi carri, tutto ciò che possedeva, sua moglie, i suoi figli e se stesso, egli cercava la Suprema Illuminazione. Proprio come, o re, un ufficiale, ansioso per il sigillo e per la sua custodia, si sforzerà per ottenere il sigillo sacrificando ogni cosa della sua casa – proprietà e grano, oro ed argento, tutto – così, o re, fece Vessantara, il re dei donatori, che diede via tutto ciò che aveva, fuori e dentro la sua casa, donando persino sua moglie ad altri, per cercare la Suprema Illuminazione.
10. Ed inoltre, o re, Vessantara, il re dei donatori, così pensò: “Donandogli esattamente ciò che chiede, servirò il Bramano.” – e quindi gli offrì sua moglie ed i suoi figli. Non fu, o re, per disprezzo che li diede via, né perché non voleva più vederli, né perché li considerava un ostacolo o perché non poteva più mantenerli, né (per noia) con il desiderio di liberarsene – ma perché il tesoro dell’onniscienza gli era caro, e per ottenere la profonda visione degli Onniscienti, egli elargì quel dono glorioso – incommensurabile, magnifico, ineguagliabile – per avere ciò che gli era più caro, molto desiderato, amato come la propria vita, i propri figli e sua moglie! Perciò così è stato detto, o re, dal Beato, il signora dei deva, nel Kariya Pitaka: “Non fu perché odiavo i miei cari figli,
12. Ed inoltre, o re, Vessantara sapeva che: “Questo Bramano è debilitato, vecchio, molto avanti con gli anni, debole e sfinito, si appoggia ad un bastone, è giunto ormai alla fine dei suoi giorni, il suo merito è esiguo, non sarà in grado di trattare i miei figli come schiavi.” Sarebbe capace, o re, un uomo, con le proprie forze, di catturare la luna ed il sole, grandiosi e possenti come sono, e di intrappolarli in un cesto o in una scatola, per usarli, come piatti privi della loro luce?” “Certo che no, venerabile.” “Nessuno, o re, chiunque esso sia, poteva trattare i figli di Vessantara come suoi schiavi, in quanto erano al mondo come la luna ed il sole in gloria.
13. Ascoltate un'altra ragione, o re, per la stessa cosa. Quella meravigliosa gemma, o re, di un signore supremo, bella e lucente, con le sue otto facce così ben lavorate, di quattro cubiti di spessore e di circonferenza, come l'asse di una ruota di un carro, nessuno potrebbe avvolgerla in una stoffa o porla in un cesto, tenerla ed usarla come una cote per affilare le proprie forbici. E nessuno, o re, poteva trattare come schiavi i figli di Vessantara, che sono come i gioielli del signore del mondo in gloria. Ed ascoltate un’altra ragione, o re. Proprio come un possente falò che brucia sulla cima di una montagna è visibile nell’oscurità e nel buio della notte, così era il re Vessantara ben conosciuto fra gli uomini, e perciò nessuno poteva trattare come schiavi i figli di un uomo così distinto – come al tempo della fioritura degli alberi Naga nelle montagne dell’Himalaya, quando soffia la leggera brezza (di primavera), il profumo dei fiori è sospinto per dieci leghe, o per dodici, così l’eco della fama del re Vessantara si diffondeva tutt’intorno, e il dolce profumo della sua rettitudine fluttuava per migliaia di leghe, sino alle dimore dei deva Akanittha (i più alti di tutti), attraversando le dimore dei deva e degli Asura, dei Garuda e dei Gandhabba, degli Yakkha e dei Rakshasa, dei Mahoraga e dei Kinnara, e di Indra il sovrano dei deva! Perciò nessuno poteva trattare come schiavi i suoi figli.
17. Ed il giovane principe Gali, o re, fu istruito da suo padre, Vessantara, con queste parole: “Quando tuo nonno, figlio mio, ti riscatterà con la ricchezza data al Bramano, lasciati comprare per mille once d’oro, e quando riscatterà tua sorella Kanhagina lasciala comprare per un centinaio di schiavi e per un centinaio di schiave, o per un centinaio di elefanti o per un centinaio di cavalli, o per un centinaio di mucche o per un centinaio di bufali, o per un centinaio di once d’oro. E se, figlio mio, tuo nonno vi libererà con un ordine o con forza, non pagando nulla, allora non obbedite alle parole di tuo nonno, ma rimanete ancora al servizio del Bramano.” Tale fu la sua istruzione quando lo lasciò andare via. Ed il giovane Gali acconsentì, e quando fu interrogato da suo nonno, disse: “Per mille once d’oro, venerabile, “Questo dilemma è stato ben risolto, Nagasena, la rete dell’eresia è stata fatta a pezzi, l’argomento dei nostri avversari è stato ben superato e la vostra dottrina è stata ben manifesta, la parola (delle Scritture) ben esposta e ne avete spiegato l’essenza! Così è ed io accetto le vostre parole.”
● Il dono di Vessantara ● Penitenza ● La virtù più forte del vizio ● Offerte ai defunti ● Sogni ● Morte prematura ● ● Prodigi al sepolcro ● Conversione e condotta ● La sofferenza del Nibbana ● La forma esteriore del Nibbana ● |