MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO IV - Capitolo I

Mld:IV.1.42 / 48 - Il re Sivi

 

42. “Venerabile Nagasena, la vostra gente così afferma: “Il re Sivi diede i suoi occhi all’uomo che li ha implorati, diventando poi cieco, nuovi occhi dal cielo gli furono dati.” Questa affermazione è spiacevole, biasimevole, errata. Così è scritto nel sutta: “Quando la causa è stata interamente distrutta, quando non vi è altra causa, ogni base abbandonata, allora l’occhio divino non può nascere.” Quindi se egli donò i suoi occhi, l’affermazione che egli ricevette nuovi occhi divini deve essere falsa; e se occhi divini nacquero in lui, allora l’affermazione che egli donò i suoi occhi deve essere falsa. Anche questo dilemma è duplice, più intrecciato di un nodo, più perforante di una freccia, più oscuro di una giungla. A voi lo pongo. Fate risvegliare in voi il desiderio, in base al compito a voi assegnato, di confutare gli avversari!”
“Il re Sivi donò i suoi occhi, o re. Su ciò non vi sono dubbi. Ed occhi divini gli furono dati al loro posto. Ed anche su questo punto non vi sono dubbi.”
“Ma allora, Nagasena, può nascere l’occhio divino quando la sua causa non è stata interamente distrutta, quando non rimane altra causa e base?”
“Certo che no, o re.”
“Qual è allora la causa della sua nascita, nonostante che la causa fosse stata interamente distrutta e non vi era né un’altra causa né una base? Spiegatemi tale cosa.”

 

43. “Vi è nel mondo una cosa come il Dramma per cui i veri seguaci possono compiere l’Atto del Dramma?”
“Sì, venerabile. Per essa i veri seguaci fanno piovere, spegnere il fuoco, eliminare gli effetti del veleno e compiono molte altre cose.”
“Allora, grande re, ciò fa al nostro caso, combacia in ogni punto. Fu per il potere del Dhamma che quegli occhi divini furono dati al re Sivi. Per il potere del Dhamma nacque l’occhio divino, anche se nessuna causa era presente, perché lo stesso Dhamma fu in quel caso la causa. Immaginate, o re, un Siddha recitare un incantesimo dicendo: “Cada ora una forte pioggia!”, e una forte pioggia cadesse per la recitazione di quell’incantesimo; in quel caso vi sarebbe una causa di pioggia accumulata in cielo per cui si potesse far cadere la pioggia?”
“No, venerabile. L’incantesimo stesso sarebbe la causa.”
“Lo stesso, o re, nel caso che mi avete posto. Non esiste una causa comune. Il Dramma stesso sarebbe la causa che ha fatto nascere l’occhio divino.

 

44. Ora immaginate, o re, un Siddha recitare un incantesimo dicendo: “Che arretri questa potente e furiosa massa di fuoco!”, e nel ripetere l’incantesimo il fuoco arretrasse, vi sarebbe una causa a tale risultato?”
“No, venerabile. L’incantesimo stesso sarebbe la causa.”
“Lo stesso, o re, nel caso che mi avete posto. Non esiste una causa comune. Il Dramma stesso sarebbe la causa che ha fatto nascere l’occhio divino.

 

45. Ora immaginate, o re, che uno di quei Siddha nel recitare un incantesimo dicesse: “Che questo veleno si trasformi in medicina!”, e nel ripetere l’incantesimo il veleno si trasformasse in una potente medicina, vi sarebbe una causa a tale risultato?”
“No, venerabile. L’incantesimo stesso sarebbe la causa.”
“Lo stesso, o re, nel caso che mi avete posto. Non esiste una causa comune. Il Dramma stesso sarebbe la causa che ha fatto nascere l’occhio divino.

 

46. Ora non esiste altra causa, o re, per ottenere le Quattro Nobili Verità. Esse si ottengono solo tramite un Atto di Dhamma. In Cina, o re, vi è un re il quale, quando vuole sedurre il grande oceano, compie ogni quattro mesi un solenne Atto di Dhamma, ed allora sul suo regale carro trainato da leoni egli si immerge per una lega nel grande oceano. Allora, dinanzi al suo carro le possenti onde si ritirano, e quando ritorna esse tornano come prima. Ma l’oceano potrebbe così ritirarsi con il comune potere dei deva e degli uomini?”
“Venerabile, anche l’acqua in un piccolo recipiente è difficile da far ritirare, tanto meno le acque del grande oceano!”
“Da ciò potete sapere la forza del Dhamma. Essa è ovunque.

 

47. Quando Asoka, il retto sovrano, o re, soggiornando un giorno nella città di Pataliputta, tra il popolo di città e di campagna, tra i suoi ufficiali, servitori e ministri, vide il fiume Gange scorrere, in piena per le correnti delle montagne, colmo fino ai margini – quel maestoso fiume lungo cinquecento leghe e largo una – così disse ai suoi ufficiali: “Vi è qualcuno, miei fedeli amici, che sappia far scorrere a ritroso questo grande fiume Gange?” “No, maestà. É impossibile.” – risposero. Ora una certa cortigiana, di nome Bindumati, era lì sulla riva del fiume tra la folla, e sentì le persone che ripetevano la domanda fatta dal re. Allora si disse: “In questa città di Pataliputta sono io, una prostituta che vende il suo corpo per vivere, e seguo la più infima delle vocazioni. Lasciate vedere al re la potenza di un Atto di Dhamma compiuto da una come me.” E costei compì l’atto di Dhamma. Ed in quel momento il grande Gange, impetuoso e possente, scorse a ritroso, controcorrente, davanti a tutti! Allora quando il re sentì il rumore assordante del movimento delle onde dei vortici del possente Gange, pieno di meraviglia e timore, disse ai suoi ufficiali: “Com’è che il grande Gange scorre a ritroso?”
E loro gli dissero ciò che era successo. Allora pieno di emozione il re subito si recò personalmente dalla cortigiana e chiese: “É vero ciò che si dice, che è per il tuo Atto di Dhamma che questo Gange scorre a ritroso?”
“Sì, Maestà.” – rispose.
Ed il re chiese: “Com’è che possiedi tale potere? O chi è che ascolta le tue parole (e le esaudisce)? Attraverso quale autorità tu, insignificante come sei, sei stata capace di far scorrere a ritroso questo possente fiume?”
E lei rispose: “Attraverso la potenza del Dhamma, grande re.”
Ma il re disse: “Come puoi avere tale potere? Tu, una donna di vita scellerata e dissoluta, senza virtù, piena di desiderio, peccatrice, che ha superato ogni limite, e che vive sfruttando gli stolti?”
“É vero, o re, ciò che dite. Sono proprio il tipo di essere che avete descritto. Ma, anche con una come me è grande il potere di un Atto di Dhamma, tanto che potrei capovolgere l’intero mondo divino ed umano.”
Allora il re disse: “Cos’è questo Atto di Dhamma? Su, dimmelo!”
“Chi, o re, mi offre oro – nobile, bramano, mercante o servo – io li considero tutti uguali. Se vedo che è un nobile non faccio distinzione in suo favore. Se so che è un servo io non lo disprezzo. Libera da adulazione e da avversione io rendo servizio a colui che mi compra. Questo, Maestà, è la base dell’Atto di Dhamma e con la sua forza ho fatto scorrere a ritroso il Gange.”

 

48. Allora, o re, chi è saldo nel Dhamma tutto può godere. E così il re Sivi donò i suoi occhi a colui che li implorava, e ricevette occhi dal cielo, e ciò accadde per il suo Atto di Dhamma. Ma nel Sutta è scritto che quando l’occhio di carne è distrutto, e la causa e la base vengono rimosse, allora l’occhio divino no può nascere, ciò è detto solo dell’occhio, della visione che nasce dalla contemplazione. E così, o re, lo dovete comprendere.”
“Ben detto, Nagasena! Avete ben dissolto il dilemma che vi ho posto; avete rettamente spiegato il punto dove cercai di farvi cadere in errore; avete completamente superato l’avversario. Così è ed io così l’accetto.”

 

[Qui finisce il dilemma sull’Atto di Dhamma del re Sivi.]

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