MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO IV - Capitolo IV

Mld:IV.4.13/15 - Sul suicidio


13. “Venerabile Nagasena, è stato detto dal Beato: “Un fratello, monaci, non deve commettere suicidio. Chi lo farà sarà trattato secondo la legge.” D'altro canto voi (membri dell'Ordine) affermate: “Di qualsiasi soggetto il Beato parlava ai discepoli predicava sempre, con varie similitudini, come distruggere la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte. E chi superava la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte era onorato e lodato.” Ora se il Beato vietava il suicidio quella vostra affermazione deve essere falsa, mentre se non lo era allora il divieto del suicidio deve essere falso. Anche questo è un ambiguo dilemma. Ora è posto a voi e voi lo dovete risolvere.”

14. “La regola da voi menzionata, o re, è stata posta dal Beato, ed anche la nostra affermazione da voi riferita è vera. E vi è una ragione per questo, una ragione per cui il Beato vietò (la distruzione della vita), ed anche (in un altro senso) ci incitò verso di essa.”

“Quale può essere la ragione, Nagasena?”

“Il brav'uomo, o re, perfetto nella rettitudine, è come una medicina poiché è un antidoto al veleno del male, è come l'acqua in quanto toglie la polvere e le impurità delle disposizioni maligne, è come un tesoro di gioielli nel depositare tutte le mete della rettitudine, è come una barca perché ci trasporta sull'altra sponda dei quattro fiumi in piena (dell'avidità, dell'egoismo, dell'illusione e dell'ignoranza), è come un carovaniere che ci porta oltre il deserto sabbioso delle rinascite, è come una grande nuvola di pioggia che ci riempie la mente di soddisfazione, è come un maestro che ci guida verso il bene, è come una buona guida che indica il sentiero della pace. Fu per un uomo così buono, pieno di buone qualità, così diverse, così incommensurabili, per un tesoro così grande di bontà, così pieno di benefici per tutti gli esseri, che il Beato, o re, per compassione verso tutti gli esseri, dispose quella regola, quando disse: “Un fratello, monaci, non deve commettere suicidio. Chi lo farà sarà trattato secondo la legge.” Questa è la ragione per cui il Beato vietò (il suicidio). Ed è stato detto, o re, dal Venerabile Kumara Kassapa, l'eloquente, quando stava descrivendo a Payasi il Raganya l'altro mondo: “Finché gli Asceti ed i Bramani, retti ed integri, continueranno ad esistere – per quanto lungo fosse questo tempo – per tutto questo tempo essi così vivono per il beneficio e la felicità della maggior parte delle persone, per il bene, il guadagno e la prosperità dei deva e degli uomini!

 

15. E qual è la ragione per cui il Beato ci esortò (a porre fine alla vita)? La nascita, o re, è colma di sofferenza, così la vecchiaia, la malattia e la morte. La sofferenza è dolorosa, così il lamento, il dolore, la pena e la disperazione. Legarsi a ciò che è spiacevole è doloroso, così separarsi da ciò che è piacevole. La morte di una madre è dolorosa, o di un padre, o di un fratello, o di una sorella, o di un figlio, o di una figlia, o di una moglie, o di un marito, o di qualsiasi parente. Dolorosa è la rovina di una famiglia, il soffrire per una malattia, la perdita della ricchezza, il declino della bontà, la perdita della visione profonda. Dolorosa è la paura prodotta dai despoti, o dai ladroni, o dai nemici, o dalla carestia, o dal fuoco, o dall'inondazione, o dalla forza del mare, o dal terremoto, o dai coccodrilli o alligatori. Dolorosa è la paura di un possibile biasimo personale, o di quello altrui, la paura della punizione, la paura della disgrazia. Dolorosa è la paura che nasce dalla timidezza di fronte ad un'assemblea dei propri seguaci, dolorosa è l'ansia di perdere i propri mezzi di sussistenza, doloroso il presagio di morte. Dolorose sono le pene inflitte ai criminali, come le fustigazioni con fruste, o con bastoni, o con verghe, il taglio delle mani, o dei piedi, o delle mani e dei piedi, o delle orecchie, o del naso, o delle orecchie e del naso. Dolorose sono le torture inflitte ai traditori: come la Pentola di Olio d'avena ( olio d'avena bollito versato in una cavità del cranio); la Corona (strigliare lo scalpo fino a farlo diventare liscio come una conchiglia); la Bocca di Rahu (riempire la bocca con aghi di ferro ed olio bollente); la Ghirlanda di Fuoco ( essere bruciato vivo); le Strisce di Serpente (essere scuoiato vivo lentamente); lo Straccio (essere scuoiato vivo e rimanere senza pelle); l'Antilope Macchiata (venir legato come un capretto e bruciato vivo); la Carne Uncinata (venir appeso ad uncini di ferro); le Monete ( essere fatto a pezzi); le Fessure (acqua salata ed acida in ferite e tagli fatti con coltelli affilati); il Palo (essere impalato); la Sedia di Paglia (venir bastonato fino a rompere tutte le ossa); o essere immerso in olio bollente, o venir mangiato da cani, o impalato vivo o venir decapitato. Tali e tali, o re, sono i molteplici e vari dolori che un essere preso nel vortice delle nascite e delle rinascite deve sopportare. Proprio come, o re, l'acqua piovana dalle montagne dell'Himalaya scorre, nel suo corso lungo il Gange, attraverso e sopra le rocce, i sassi e la ghiaia, in vortici, in mulinelli e rapide, e i tronchi ed i rami degli alberi che si oppongono ed ostruiscono il suo passaggio, allo stesso modo ogni essere preso nella successione delle nascite e delle rinascite deve sopportare tutti questi molteplici e varie sofferenze. Colmo di dolore, allora, è questa infinita successione delle rinascite, una gioia quando tale successione finisce. E fu nell'indicare il vantaggio di questa fine, il disastro avvolto in quella successione, che il Beato, grande re, ci esortò a superare la nascita, la vecchiaia, la malattia e la morte con lo scopo di porre fine a quella successione di rinascite. Questo è il motivo, o re, che incitò il Beato ad esortarci (a porre una fine alla vita).”

“Molto bene, Nagasena! Ben risolto è il dilemma, ben spiegate le ragioni. Così è ed io accetto le vostre parole.”

 

[Qui finisce il dilemma sul suicidio.]