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Inno alla Maestà Reale (1)

Yasht, XIX, 30-40; 45-64

 

Or la tremenda s'adori per noi

Maestà regia che Aura Mazda fea

Creando, assai laudabile, supernamente

Fautrice, salutar, splendente, possente,

A tutte le create cose Sovrastante,

Che un dì si discendea sul capo

A Yima splendido, signore

D'inclito gregge (2), in quello dïuturno

Tempo ch'egli regnò su questa in sette

Climi terra divisa. Ei dominava

E gli uomini e i Daévi e le Pairike,

I maghi e gli empi tutti e gl'infedeli,

Quale ai Daévi ambo rapìa cotesti

Possessi, buono stato e di ricchezza

Copia e abbondanza. E lor togliea di beni

Pienezza e copia di bestiami. Gloria

Ed alimento lor togliea. Lui sire,

Mai non scemaro la bevanda o il cibo

Ai viventi quaggiù, né furo a morte

Soggetti uomini e armenti. Alberi ed acque

Non disseccaron mai, regnando Yima.

Yima regnando, non ardor d'estati,

Non stridor fu d'inverni, e non vecchiezza,

Non morte fu, non quella che i Daévi

Crear, l'invidia, fin che scevro ei fue

Di menzogna, fin ch'ei, nella sua mente,

Quella non ebbe accolta empia parola,

Menzognera parola (3). Oh! ma la rea

Menzognera parola allor ch'egli ebbe

Nella sua mente accolta, ecco! fuggirsi

In forma d'un augel visibilmente

Via da lui l'aureo nimbo (4). Allor che in pria

Non vide più quell'aureo nimbo, il fulgido

Yima, quel sire dal bel gregge, in core

Turbato e tristo giù cadea, da tristi

Pensieri oppresso stramazzando al suolo.

La prima volta che da Yima illustre

Via s'involava la regal potésta (5),

Quando da Yima, a Vivahvante figlio,

Sotto la forma dell'augel Varaghna,

La regia maetà si dipartìa,

Quella ghermìasi allor Mithra dai vasti

Pascoli, Mithra che ben ode e sente,

Che ha mille facoltà. Quando da Yima

Via s'involò per la seconda volta

Da Yima illustre la regal potèsta,

Quando da Yima, a Vivahvante figlio,

Sotto la forma dell'augel Varaghna,

La regal maestà si dipartìa,

Quella allor si ghermì dell'athvïana

Stirpe il rampollo, Thraetaona (6), sceso

Da una gente gagliarda. Ed atterrava

Thraetaona il serpente che Dahaka;

Diceasi, da tre fauci e da tre teste

E da sei occhi e di mille possanze,

Peste ferale e demoniaca drugia,

Quale Anra Viainyu procreava un giorno

Mortifera e letal per le terrene

Create cose, perché morte avesse

La purità delle terrene cose.

La terza volta che ,da Yima illustre

Via s'involava la regal potésta,

Quando da Yima, a Vivahvante figlio,

Sotto la forma dell'augel Varaghna,

La regia maestà si dipartia,

Quella si tolse Keresaspa allora,

Keresaspa magnanimo, il più forte

Degli uomini d'allor prodi e valenti.

Se Zarathustra togli, il più gagliardo

Per marzïal virtù. Morte al serpente

Sruvara ei diè che divorar solea

Ed uomini e destrieri, e di veleno

Era cosparso, verde, e sopra lui

D'un pollice crescea fino all'altezza

Verde il tosco. Sovr'esso, in un caldaio

Di ferro Keresaspa una vivanda,

Del mezzodì ver Fora, un dì, cuocea,

Quando, dal fuoco il mortifero serpe

Come fu tocco, lungi sobbalzossi

Via dal caldaico si traendo. L'acqua

Che bollia riversò. Sgomento a dietro

Keresaspa il magnanimo si trasse.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Or la tremenda s'adori per noi

Maestà regia che Aura Mlazda fea

Creando, assai laudabile, supernamente

Fautrice, salutar, splendente,

Possente, a tutte le create cose

Sovrastante. Contesero per essa

E il Santo Sparto ed Anra (7); essi per lei

Inconsunta pugnaro, agili e presti

Ciascun mandando messaggeri suoi.

Splendette allora, d'Aura Mazda figlio,

Il Fuoco (8), e intanto si pensava : Io questa

Maestà inconsunta afferrerò! — Ma a lui

Dietro avventossi con tre fauci il serpe,

Empio, che d'ingoiarla avea desio,

Pensando: O Fuoco, o d'Aura Mazda figlio,

La regia maestà svela tu al mondo!

Se la ritieni tu questa regale

Maestà inconsunta, la luce tua viva

Io sì farò che render tu non possa

Mai più alla terra che Aura Mazda fece!

Arabe le mani, e soverchio l'amore

Della vita era in lui, dischiuse allora

Il Fuoco, ché tremendo era Dahaka.

Innanzi allora l'empio s'avventava

Serpe a tre fauci, sì pensando: Io questa

Maestà inconsunta afferrerò! — Ma dietro

Splendette a lui quel d'Aura Mazda figlio,

IlFuoco, e favellava in questa guisa:

Or la disvela al mondo, o di tre fauci

Serpe Dahaka, la maestà regia!

Se la ritieni tu questa regale

Maestà inconsunta, entrar si ti vogl'io

Da retro il ventre, e all'orlo di tue fauci

Divamperò. Ben io farò che a questa

Terra che Mazda già creava, mai

Più avventar non ti possa onde la morte

Abbian di purità gli enti creati!

Ambo gli artigli, e soverchio l'amore

Della vita era in lui, dischiuse allora

Il serpe, ché tremendo era là il Fuoco.

Là, presso il lago Vourukasha, allora

La Mestà regia riparò. Si mosse

Apam-napàt che ha veloci i destrieri,

Là presso ad afferrarla (9). Esso correa,

Apam-napàt che veloci ha i destrieri,

L'inconsunta a ghermir presso le fonde

Acque del lago Vourukasha, presso

I rivoli profondi. — E noi, suvvia!

Il sire cinto di assai donne, eccelso,

Fulgido, Apam-napàt, adoreremo,

Dai veloci cavalli, a chi l'invoca

Soccorritor, maschio, che l'uom creava,

Che l'uom formò, Genio dell'acque, tale

Che ove l'adori alcuno, ode e l'ascolta.

Ma a voi, chiunque de' mortali siate,

Così Aura Mazda favellava, o santo,

O puro Zarathustra : Oh! la inconsunta

Maestà regale cerchisi per voi,

E per voi si desii quella, fra i doni

Dei sacerdoti (10), splendida dell'alma

Soddisfazione. Si desii, fra i doni

Dei sacerdoti, l'integra dell'alma

Soddisfazione! Ashi la buona, intanto,

All'uom sarà compagna, essa che tutta

È una luce, e un palvese ha nella destra;

La vigorosa, armenti e colti campi

A custodir. Compagno anche Verethra (11)

All'uom sarà per tutti i giorni, in tutti

Gli anni valente ad atterrar con forza

L'oste nemica. E l'uom le schiere avverse

Sgominerà con Verethra alleato,

Con Verethra alleato ei tutti insieme

A sgominar verrà gli empi nemici.

Or la tremenda s'adori per noi

Maestà regia che Aura Mazda fea

Creando, assai laudabile, supernamente

Futrice, salutar, splendente,

Possente, a tutte le create cose

Sovrastante. Desire ebbe di lei

Il turanio mortifero Franrasya (12)

E là, dal lago Vourukasha, ignudo

Si fe', tolte le vesti, e dietro a quella

Corse regale maestà che propria

Di tutte le arie regïoni è sola,

Dei nati in esse e idei non anche nati

E del pio Zarathustra. Oh! dileguossi

La maestà, la maestà disparve,

Via dilungò l'a maestà. Ma un fonte

Via si spiccò dal lago Vourukasha,

Un rio che Husrava ebbesi a nome (13), e intanto

Via s'involò dal lago Vourukasha,

O santo Zarathustra, esso il turanio

Sire Franrasya in gran tempesta, un tristo

Pensier così pensando: A questa parte,

A questa parte, !qui! Non io la regia

Maestà giungo ad afferrar che propria

Di tutte le arie regïoni é sola,

Dei nati in esse e dei non anche nati

E del pio Zarathustra. Ed io, frattanto,

Tutte le già create cose e tutte

Le semenze, le belle e le maggiori

E le migliori, a deturpar mi accingo.

Deh! venga a te Aura. Vlazda, e lieto sia

Creature inteso a procrear! (14) Intanto

Via s'involò dal lago Vourukasha,

O Zarathustra santo, esso il turanio

Sire Franrasya, l'alma in gran tempesta.

Franrasya allora, anche una volta, ignudo

Si fe', tolte le vesti, e dietro a quella

Corse regale maestà che propria

Di tutte le arie regïoni é sola,

Dei nati in esse e dei non anche nati

E del pio Zarathustra. Oh! dileguossi

La maestà, la maestà disparve,

Via dilungò la maestà. Ma un fonte

Via si spiccò dal lago Vourukasha,

Un rivo che Vanhazda ebbesi a nome.

 

Si ripetono, a questo punto, con le stesse parole le minacce solite di Franrasya, scornato e avvilito.

 

Franrasya allor, la terza volta, ignudo

Si fe', tolte le vesti, e dietro a quella

Corse reale maestà che propria

Di tutte le arie regïoni é sola,

Dei nati in esse e dei non anche nati

E del pio Zarathustra, Oh! dileguossi

La maestà, la maestà disparve,

Via dilungò la maestà. Ma un fonte

Sgorgava allor dal lago Vourukasha,

Un rivolo che Avzdanu ebbesi a nome.

 

Si ripetono, anche a questo punto, con le stesse parole, le minacce del re Franrasya.

 

Così la regia maestà che propria

Di tutte le arie regïoni é sola,

Dei nati in esse e idei non anche nati

E del pio Zarathustra, egli non ebbe.

 


 

1 - Secondo l'Avesta, la Maestà reale è un'aureola luminosa che cinge il capo dei sovrani prescelti dal cielo a regnare.

2 - Cioè signore d'un popolo forte; designazione bellissima d'un sovrano di genti che occorre anche nella Bibbia, nei poemi di Omero (Agamennone pastor di popoli), nel Libro dei Re, di Firdusi.

3 - Quando volle farsi adorare come un Dio.

4 - Il segno visibile della Maestà reale.

5 - Cioè la Maestà stessa.

6 -  Il re Fredun del Libro dei Re, figlio di Athvya, perciò detto qui di stirpe athvyana. Vedi di sopra il primo passo del Yasna.

7 - Cioè Ahura Mazdao e Anra Mainyu(10).

8 - Uno dei messaggeri inviati dal Santo Spirito (Ahura Mazdao), enumerati in una glossa omessa nella traduzione.

9 - Divinità mitica delle acque, già ricordata.

10 -  Che soltanto i sacerdoti, quando ricevono offerte pie, possono dare.

11 - Genio divino della vittoria.

12 - Re dei Turani e acerrimo nemico degl'Irani e dei loro re, detto Afrasyab nel Libro dei Re, dove altresì si narra e descrive la secolar guerra tra i due popoli avversi. L'Avesta lo considera non degno di regnare, e però qui si legge come egli, benché molto tentasse, non potè conseguir mai la maestà di re.

13 - S'intende che la maestà reale sfuggì per questi fonti o rivi (altri due se ne ricordano appresso) a Franrasya che tanto l'agognava.

14 - Non si può ben capire a chi si riferisca, in questa frase, il pronome di seconda pers. sing. Il tono della parlata sembra ironico