Capitolo VII°
Ma venne un giorno in cui i Misteri deviarono dalla loro purezza, nello stesso modo delle religioni exoteriche. Ciò accadde quando lo Stato, su consiglio di Aristogiton (510 a.C.), pensò di ricavare dai Misteri d’Eleusi una costante e feconda sorgente di rendita. Una legge fu promulgata proprio per questo scopo: d’ora innanzi, nessuno avrebbe potuto essere iniziato senza pagare una certa somma per tale privilegio. Quel beneficio che fino ad allora poteva essere acquistato solo a prezzo di incessanti, quasi sovrumani - sforzi, verso la virtù e la perfezione, poteva ora essere conquistato con l’oro. I laici - ed anche gli stessi sacerdoti - accettando tale profanazione perdettero infine il loro grande rispetto per i Misteri interni, e ciò finì per condurre all’ulteriore profanazione della Scienza Sacra. La squarcio fatto nel velo si allargò sempre di più con ogni secolo; e più che mai gli Ierofanti Supremi, temendo la pubblicazione o la distorsione finale dei più sacri segreti della natura, lavorarono ad eliminarli dal programma interiore, limitando la piena conoscenza d’essi solo ai pochi. Sono essi quelli messi in disparte, i soli che divennero i custodi della divina eredità delle ere. Sette secoli dopo troviamo Apuleio che, nonostante la sua sincera inclinazione alla magia e al misticismo, scrive nel suo Asino d’oro (Libro VIII, cap. 27, 28, 29; Libro IX, cap. 8) una satira amara contro l’ipocrisia ed il libertinaggio di alcuni ordini di sacerdoti semi-iniziati. Ed è ancora attraverso lui che apprendiamo come ai suoi tempi (2° secolo d.C.) i Misteri fosse diventati così generali, che persone d’ogni classe e condizione, in ogni paese, uomini, donne e bambini, erano tutti iniziati ai Misteri! L’Iniziazione era diventata tanto generale, quanto lo è ai giorni nostri il Battesimo per i cristiani; e, come ora quest’ultimo, divenne senza significato, cioè, una cerimonia dalla lettera morta ed assolutamente formale. Appena un po’dopo, i fanatici della nuova religione misero le loro pesanti mani sui Misteri. Gli Epoptai, quelli “che vedono le cose come sono”, scomparvero uno dopo l’altro, emigrando in regioni inaccessibili ai cristiani. I Mystae (da mystes, mistici o “velati”), “quelli che vedono le cose solo come appaiono”, rimasero ben presto soli, unici padroni della situazione. Sono i primi, i “messi da parte”, che hanno preservato i veri segreti; e sono i Mystes, quelli che li conoscevano solo superficialmente, che misero la prima pietra per la fondazione della Massoneria moderna. È da questa fraternità primitiva di Massoni mezzo pagani e semiconvertiti, che sono nati il rituale e la maggior parte dei dogmi cristiani. Sia gli Epoptae che i Mystee meritano entrambi il nome di Massoni: perché entrambi, mantenendo fede ai loro impegni ed alle ingiunzioni dei loro Ierofanti e Basileis, i “Re” spariti da tanto tempo, ricostruirono i loro Templi - gli Epoptae quello “inferiore”, ed i Mystes quello “superiore”. Queste erano, nell’antichità, i rispettivi nomi di tali templi ed anche oggi, in alcune regioni, esse sono definite così. Sofocle parla nell’Elettra (707) delle fondamenta d’Atene - il luogo dove si celebravano i Misteri Eleusini - come “dell’edificio sacro degli dei”, cioè, costruito dagli dei. L’Iniziazione era descritta come una “passeggiata nel Tempio”, e la “purificazione” o la ricostruzione del Tempio si riferiva al corpo di un Iniziato nel corso della sua ultima e suprema prova (vedi Giovanni, II, 19) (25). Anche la Dottrina Esoterica era talvolta chiamata con il nome di “Tempio”, e la religione exoterica popolare con quello di “città”. Costruire un Tempio, significava fondare una Scuola esoterica; “costruire un Tempio nella città”, significava stabilire un culto pubblico. Quindi, i veri “Massoni” sopravvissuti del Tempio "inferiore" o della cripta, il sacro luogo dell’Iniziazione, sono i soli custodi dei veri segreti massonici ora perduti per il mondo. Accordiamo volentieri alla Fratellanza dei Massoni moderni il titolo di “Costruttori del Tempio superiore”, per quanto la superiorità a priori dell’aggettivo comparativo è tanto illusoria quanto la fiamma del rovo ardente di Mosè nelle Logge dei Templari.
25. “...Gesù rispose loro: disfate questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere”. (vedi Note sul Vangelo di San Giovanni di H.P. Blavatsky.
♦ Introduzione ♦ Capitolo I ♦ Capitolo II ♦ Capitolo III ♦ Capitolo IV ♦ Capitolo V ♦ Capitolo VI ♦
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