INTRODUZIONE
I teosofi sono molto spesso accusati, spesso davvero ingiustamente, di essere degli infedeli e perfino degli atei. Questo è un grave errore, specialmente per ciò che riguarda la seconda accusa. In una società vasta, composta di molte razze e nazionalità, in un’associazione nella quale ad ogni uomo e donna è consentito di credere in qualsiasi cosa loro piaccia e di seguire o no - proprio come essi preferiscono - la religione nella quale sono nati e sono cresciuti, non c’è molto posto per l’Ateismo. Quanto all’accusa di “infedeli”, essa è un controsenso ed una menzogna. Per mostrare quanto sia assurda, è in ogni modo sufficiente chiedere ai nostri diffamatori di indicarci, nell’intero mondo civilizzato, quella persona che non è considerata “infedele” da qualsiasi altra persona appartenente a qualche credo differente. E che ci si sposti nei circoli altamente rispettabili ed ortodossi o in una “società” cosiddetta eterodossa, è perfettamente lo stesso. È un’accusa scambievole, tacitamente, se non apertamente, espressa; è una specie di partita di tennis mentale e un reciproco lanciare la palla, in educato silenzio, gli uni sulle teste degli altri. Stando ai fatti, quindi, nessun teosofo può essere “infedele” più di un qualsiasi non-teosofo; mentre, d’altra parte, non c’è essere umano vivente che non sia un infedele nell’opinione di un qualsiasi settario. Quanto all’accusa d’Ateismo, è completamente un’altra questione. In primo luogo, domandiamo, cosa è l’Ateismo? È il non credere all’esistenza di un Dio, o di molti Dei, e di negare quest’esistenza? O è semplicemente il rifiuto di accettare una divinità personale secondo la definizione piuttosto sentimentale di R. Hall, che spiega l’Ateismo come “Un sistema feroce” perché “non lascia niente al di sopra di noi ad ispirare sacro timore, né attorno a noi a stimolare tenerezza” (!). Se si prende in considerazione la prima possibilità - quella di non credere all’esistenza di un Dio o di molti Dei - allora molti dei nostri numerosi membri dell’India, di Birmania e di altri posti, potrebbero sollevare obiezioni; poiché essi credono in molti Dei ed esseri divini, ed hanno un sacro timore di alcuni di essi. Né un certo numero di teosofi occidentali esiterebbe a confessare che crede negli Spiriti, sia dello spazio che planetari, fantasmi o angeli. E molti di noi accettano l’esistenza d’Intelligenze superiori ed inferiori, e di Esseri molto al di sopra di un qualsiasi “Dio personale”. Questo non è un segreto occulto. La maggior parte di noi crede nella sopravvivenza dell’Ego Spirituale, crede negli Spiriti Planetari e nei Nirmanakaya - quei grandi Adepti delle ere passate che, rinunciando al loro diritto al Nirvana, rimangono nelle nostre sfere di esistenza non come “spiriti”, ma come Esseri spirituali umani completi. Eccetto il loro involucro corporeo visibile, che hanno abbandonato, essi rimangono come erano, allo scopo di aiutare la povera umanità, per quel tanto che può essere fatto senza peccare contro la legge del Karma. Questa è, veramente, la “Grande Rinuncia”; un incessante, cosciente auto-sacrificio attraverso gli eoni e le ere, fino al giorno in cui gli occhi della cieca umanità si apriranno e tutti, invece che pochi, vedranno la Verità universale. Questi esseri potrebbero essere riguardati come Dio e Dei, se solo essi permettessero che l’entusiasmo che arde nei nostri cuori al pensiero del più puro di tutti i sacrifici, alimentasse la fiamma dell’adorazione, o elevasse un altare in loro onore. Ma essi non vogliono questo. In verità, ”il cuore segreto è il (solo) tempio di Devozione accettabile”, e qualcosa di diverso, in questo caso, non sarebbe altro che ostentazione profana. Ora per quanto riguarda altri Esseri invisibili, alcuni dei quali sono più in alto ancora ed altri molto più in basso, sulla scala dell’evoluzione divina. Di questi ultimi non abbiamo niente da dire; i primi, non hanno niente da dire a noi, perché noi siamo per loro quasi inesistenti. L’omogeneo non può avere consapevolezza dell’eterogeneo; e finché non impareremo a sfilarci di dosso la nostra veste mortale e a comunicare con loro da “spirito a spirito”, non possiamo sperare di riconoscere la loro vera natura. Inoltre, ogni vero teosofo sostiene che il SÈ SUPERIORE divino di ogni uomo mortale è della stessa essenza di questi Esseri Divini - o Dei. Per di più, essendo l’Ego incarnato dotato di libera volontà, ed avendo quindi più responsabilità di essi, noi lo consideriamo superiore, se non addirittura più divino, di qualsiasi INTELLIGENZA puramente spirituale che attenda ancora l’incarnazione. Filosoficamente, la ragione di questo è evidente, ed ogni metafisico della scuola orientale lo comprenderà. L’Ego incarnato è alle prese con difficoltà che non esistono nel caso di una pura Essenza divina dissociata dalla materia; quest’Essenza non ha alcun merito personale, mentre l’Ego è sulla via del suo perfezionamento finale attraverso le prove dell’esistenza, della pena e della sofferenza. L’ombra del Karma non può cadere su ciò che é divino, puro, e tanto differente da noi che nessuna relazione può esistere fra i due. Quanto a quelle divinità che nel Pantheon esoterico indù sono considerate limitate e perciò sotto il dominio del Karma, nessun vero filosofo consentirà mai ad adorarle; esse rappresentano dei segni e dei simboli. Saremo quindi considerati atei, solo perché, mentre crediamo nelle Schiere Spirituali - in quegli Esseri che hanno finito per essere adorati, nella loro collettività, come un Dio personale - li rifiutiamo assolutamente come rappresentanti dell’Uno Sconosciuto? Perché affermiamo che il Principio eterno, il TUTTO in TUTTO, o l’Assolutezza della Totalità, non può essere espresso da parole limitate, né può essere raffigurato da qualcosa che è condizionata, né da attributi qualificativi? Inoltre, lasceremo passare senza proteste l’accusa d’idolatria lanciata contro di noi dai Cattolici Romani? Essi, la cui religione è tanto pagana quanto non lo è nessuna religione degli adoratori del sistema solare e degli elementi; essi, che hanno ricavato il loro. Credo da quelli esistenti, per quanto mutilati e svitalizzati, molti secoli prima dell’anno 1 dell’era cristiana, ed i cui dogmi e riti sono gli stessi di quelli di ogni nazione idolatra - se una nazione del genere esistesse ancora da qualche parte, nello spirito dei tempi moderni. Su tutta la superficie della terra, dal polo nord al polo sud, dai golfi ghiacciati dei paesi nordici fino ai piani torridi del sud dell’India, dall’America centrale alla Grecia ed alla Caldea, il Fuoco Solare era adorato quale simbolo del Potere Creatore divino, della Vita e dell’Amore. L’unione del Sole (l’elemento maschile) con la Terra e con l’Acqua (l’elemento femminile, materia), era celebrata nei templi dell’intero Universo. Se i pagani avevano una festa commemorativa di questa unione - che essi celebravano nove mesi prima del Solstizio d’Inverno, quando si diceva che Iside avesse concepito - anche i Cristiani Cattolici Romani hanno la stessa festa. Il grande giorno santo dell’Annunciazione, il giorno in cui la Vergine Maria “ricevette il favore del (suo) Dio” e concepì “il Figlio dell’Altissimo”, è celebrato dai cristiani nove mesi prima del Natale. Da qui, l’adorazione del Fuoco, le luci e le lampade nelle Chiese. Perché? Perché Vulcano, il Dio del Fuoco, sposò Venere, la figlia del Mare; ed è per questo che i Magi vegliavano sul fuoco sacro in Oriente, e le Vergini Vestali in Occidente; il Sole era il “Padre”; la Natura, l’eterna Vergine-Madre: Osiride ed Iside, Spirito-Materia, adorato sotto ciascuno dei suoi tre aspetti dai pagani e dai cristiani (2). Da qui, anche in Giappone, le Vergini vestite d’azzurro cosparso di stelle, in piedi sull’arco della luna crescente come simbolo della Natura femminile (nei suoi tre elementi: Aria, Acqua, Fuoco); il Fuoco, o il Sole maschile, la feconda annualmente con i suoi raggi radiosi (le “lingue di fuoco” dello Spirito Santo). Nel Kalevala, il più antico poema epico dei Finnici, della cui antichità pre-cristiana nessun erudito può dubitare, si parla degli dei della Finlandia, gli Dei dell’aria e dell’acqua, del fuoco e delle foreste, del cielo e della terra. Nella magnifica traduzione di J. M. Crawford nella Runa 50 (Vol. II°), il lettore ritroverà l’intera leggenda della Vergine Maria in: “Mariatta, ragazza leggiadra, Vergine-Madre delle terre del Nord….” (p. 720), Ukko, il grande Spirito, la cui dimora è in Yûmäla, il cielo o il paradiso, sceglie la Vergine Mariatta come suo veicolo per incarnarsi attraverso lei in un Uomo-Dio. Essa rimane incinta raccogliendo e mangiando una bacca rossa (marja), poi, ripudiata dai suoi genitori, dà alla luce un “Figlio immortale" nella mangiatoia di una stalla. In seguito il “Santo Bambino” sparisce, e Mariatta va in cerca di lui. Essa chiede ad una stella, “la stella che guida i paesi nordici”, dove il suo “santo bambino si nasconde”, ma la stella le risponde infuriata:
“Se lo sapessi, non te lo direi;
È questo tuo figlio che mi ha creata,
Lasciandomi qui alla sera a vigilare,
Per brillare eternamente nel freddo...” (p.728)
E non le dice nulla. Nemmeno la luna dorata l’aiuterà, poiché il bambino di Mariatta, dopo averla creata, l’ha lasciata nel grande cielo:
“Qui a vagare nelle tenebre, Completamente sola persino nel vagare
Nel mio viaggio freddo e desolato,
Riposando solo nelle ore del giorno,
Risplendendo solo per il bene degli altri… “(p.728)
È solo il “Sole Argentato” che, sentendo pietà per la Vergine Madre, le dice:
“Il tuo bambino dorato è laggiù,
Là il tuo santo bambino sta dormendo,
Nascosto nell’acqua fino alla cintura,
Nascosto fra i canneti e nei giunchi”
Ella prende con sé il santo bambino,
E mentre la madre lo chiama “Fiore”,
“Altri lo chiamano Figlio del Dolore”. (p.729)
È questa una leggenda post-cristiana? Affatto, poiché, come ho detto, questa è una leggenda in origine essenzialmente pagana, e riconosciuta come pre-cristiana. Quindi, con siffatti dati letterari in mano, le sempre ricorrenti accuse d’idolatria e di ateismo, d’infedeltà e di paganesimo, dovrebbero cessare. Il termine idolatria, comunque è d’origine cristiana. Fu usato dai primi Nazareni, durante i primi due secoli e la prima metà del III° secolo dell’era cristiana, contro quelle nazioni che facevano uso di templi e di chiese, di statue e di immagini, perché essi, i primi cristiani, non avevano né templi, né statue, né immagini, tutte cose che aborrivano. Quindi, il termine “idolatri” si addice meglio ai nostri accusatori che a noi, come dimostrerà quest’articolo. Con Madonne ad ogni crocicchio, con le loro migliaia di statue, da quelle di Cristo e degli angeli di tutte le forme a quelle dei Papi e dei Santi, é molto pericoloso, per un Cattolico, accusare d’idolatria un Indù o un Buddista. Lo affermiamo, e passiamo a provarlo.
1. Articolo di H.P. Blavatsky pubblicato nel Lucifer, vol. IV, nel marzo e maggio del 1889. Qui tradotto da Marpa Collected Writings-vol. XI, pag. 62.
2. Brahma-Visnu-Shiva; Osiride-Iside-Oro; Padre-Figlio-Spirito Santo, etc. - N.d.T.
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