Parte seconda: Significato e significante, il linguaggio nell'Esoterismo

 

Il concetto di paradigma nell’esoterismo

 

Ora, nel modo di porsi di fronte ad un paradigma, comunemente si prende come metro per il proprio giudizio il concetto di verità, concepito o come coerenza interna, o come aderenza ad una realtà.

Ma questa concezione è traballante già nella sua formulazione dal punto di vista del realismo ingenuo, se da una parte infatti essa risulta evidente, dall’altra parte basta scavare un po’ al di sotto degli eventi per rendersi conto che il potere ha molto più a che fare con la verità di tutti i criteri sopra citati.

Tuttavia se riducessimo tutto ad una mera questione di potere non solo rimarremmo all’interno del realismo ingenuo, ma daremmo anche una spiegazione del tutto insoddisfacente e semplicistica del problema della validità di un paradigma.

Infatti i fattori che entrano in gioco sono essenzialmente due e li possiamo chiamare volontà ed energia.

Per volontà intendo il dirigersi verso uno scopo, cosa che può forse esprimersi in modo più chiaro parlando di bisogni dell’individuo.

Per energia intendo la forza impiegata per raggiungere quello scopo, che può essere di segno positivo ovvero come forza agente, o di segno negativo, ovvero arrendevolezza.

Entrambe queste forme dell’energia possono infatti portare allo scopo e sarebbe un grande errore considerare l’energia solo come forza agente e non come forza passiva.

Facciamo un esempio concreto: Leibniz elaborò una metafisica che rispondeva in modo eccellente al problema del male e del destino.

Possiamo dire che, dal punto di vista del nostro metro di giudizio il paradigma Leibniziano fosse valido perché rispondeva ai bisogno molto sentito allora di considerare il male in una prospettiva che lo rendesse più sopportabile, ovvero mostrasse che da una parte esso era il minore possibile, dall’altra che era necessario; inoltre rispondeva al bisogno di sapere che il proprio destino era libero ma tuttavia deciso per il meglio da Dio.

Dunque possiamo dire che esso fosse Vero.

Ma dopo circa cinquant’anni arriva Voltaire che nel suo Candido si fa beffe della teoria di Leibniz mostrando i campi di battaglia, la malattia, la povertà e tutte le brutture di questo mondo.

Voltaire critica la teoria di Leibniz perché non è vera, è smentita dalla realtà.

Secondo lui è questo il criterio per cui va condannato il paradigma Leibniziano; tuttavia questo criterio non è esplicitato ma viene posto come assoluto, vale a dire che in generale è implicito che il metro secondo cui va giudicata la validità di un paradigma è l’aderenza all’esperienza.

La metafisica e quella di Leibniz in particolare, nel periodo in cui scrive Voltaire non sono più giudicate valide.

Comunemente la cosa viene spiegata con il fatto che non fossero basate sull’esperienza e dunque non vere (e così la spiegavano gli illuministi, Voltaire e compagnia bella).

Ma questo significa assolutizzare un metro di giudizio relativo, infatti com’è che Leibniz non si era accorto che la sua costruzione metafisica non era provata dall’esperienza e dunque non era vera?

Forse perché pensava che l’esperienza non negasse il suo paradigma ed inoltre che esistessero altri metri di giudizio più importanti dell’aderenza all’esperienza.

Il che ci fa compiere due riflessioni: 1) Che l’esperienza che aveva Leibniz era strutturata in modo tale che egli la percepiva come compatibile col suo paradigma (perché era strutturata secondo i problemi e i bisogni citati sopra) e 2) Che egli stesso aveva un metro diverso per giudicare la validità di un paradigma (ovvero la coerenza interna piuttosto che l’adeguazione ad una presunta realtà esterna ).

Quindi perché ad un certo punto il paradigma illuminista diventa più vero di quello razionalista, perché è più aderente alla realtà, come ci dicono questi ultimi o piuttosto perché la realtà definita dai problemi e dai bisogni delle persone era cambiata nel frattempo?

Se le angosce, i problemi, i bisogni a cui rispondevano le metafisiche razionaliste avevano molto a che fare con questioni religiose come il male, l’anima, il destino e con questioni etiche, centrali  per l’umanità europea dal ‘500 al ‘700, il paradigma illuminista si concentra sulla politica, la conoscenza scientifica e la società, problemi di una società mercantilista che si avvia alla rivoluzione industriale.

Pensate a quanto la visione del mondo delineata dalla ferrea logica della scolastica, in cui tutto l’universo era compreso fosse rassicurante col suo ordine perfetto che si estendeva dal filo d’erba alle sfere celesti.

Di contro come nel mondo ridisegnato dall’incipiente rivoluzione industriale questi aspetti passassero in secondo piano di fronte alle nuove esigenze sociali e politiche.

Quindi si può dire che è la capacità di risolvere i bisogni delle persone a decidere nei fatti se un paradigma è più o meno valido.

Poi questo paradigma emergente inventa un metro di misura tutto suo per giudicare la validità o meno degli altri paradigmi e lo pone come assoluto, come abbiamo visto nel caso dell’illuminismo.

Fino a qui può sembrare che la validità o verità di un paradigma sia decisa direttamente dal fatto di soddisfare i bisogni maggiormente sentiti da un gran numero di persone.

Ma questa non è l’unica componente a cui si deve la formazione del metro secondo cui un paradigma viene giudicato più  o meno valido.

Infatti conta molto anche la forza di chi propone un paradigma.

Per esempio l’illuminismo che possiamo considerare il braccio armato dalla visione scientifica, durante il processo tramite il quale veniva imponendosi e dopo essersi imposto, come ogni altro paradigma, produce una serie di evidenze condizionate che costituiscono la forza con sui il paradigma viene affermato.

Ovviamente con forza si intendono anche sia fattori assai più brutali che vanno da pressioni di carattere morale, economico, politico all’eliminazione fisica dei sostenitori, sia strategie di “assorbimento” delle influenze esteriori e di “tolleranza” intesa come strumento assai più sottile ed efficace di uniformazione al proprio paradigma.

Ritornando al discorso delle evidenze condizionate possiamo dire che esse sono una serie di immagini e modi di agire che, per il fatto di essere continuamente presentate all’individuo finiscono per costituire la sua realtà e le sue certezze.

Ad esempio a forza di vedere immagini di atomi come palline colorate su tutti i libri che parlassero della natura, non solo non riesco più pensare che gli atomi in realtà non esistono, sono semplici convenzioni utili per il calcolo, ma addirittura non riesco ad immaginare che gli atomi in realtà non hanno colore, mi sembra innaturale, anche se so che, anche secondo la scienza è così.

Dunque ci si renderà conto di come le immagini presentate con costanza e selezionate in modo da non essere smentite finiscono per creare una realtà costruita ad hoc per confermare un paradigma.

Dunque chi ha il potere di produrre e distribuire in maniera pervasiva queste immagini costruite è in grado di imporre il proprio paradigma su evidenze condizionate che all’individuo sembreranno del tutto inerenti alla realtà stessa ed indipendenti dal paradigma.

E questo intendo per forza necessaria ad imporre un paradigma.

L’altra strategia è quella tipicamente orientale dell’inglobare le influenze esterne per renderle innocue e rafforzare al contempo il proprio paradigma, cosa che la Cina imperiale fece inglobando buddismo, islam e cristianesimo mantenendo sempre il proprio paradigma squisitamente taoista e confuciano.

Oppure quella della Roma antica di tollerare tutte le religioni possibili immaginabili imponendo al contempo il suo potere politico-amministrativo e la sua tipica religione-morale di stato. 

Occorre però fare una digressione che riguarda la già citata lotta della visione scientifica (di illuministi e razionalisti) contro “maghi e superstizioni”.

Non essendo in alcun modo motivato da un pensiero coerente ma piuttosto da un insieme di emozione e pregiudizio, questo atteggiamento viene spiegato laconicamente col fatto che “la povera gente ignorante (non indottrinata) viene truffata da queste persone”.

Ora, mi sembra una motivazione assai labile, dal momento che si accettano truffe di vario genere, come il gioco d’azzardo, le lotterie e le speculazioni finanziarie senza protestare.

Allora bisogna pensare che non è affatto il problema del danno derivante dalla truffa a rendere così integralisti illuministi e scienziati, ed infatti troviamo subito una spiegazione in ciò che  abbiamo detto sopra, ovvero che questa preoccupazione è dovuta al fatto che queste persone, ovvero esoteristi ed occultisti mettono in giro immagini e concetti contrari a quelli prodotti dal paradigma scientifico.

Dunque mettono in dubbio le sue evidenze e ne creano delle altre.

A questo punto il paradigma scientifico deve usare la forza per imporsi e mantenere la sua egemonia, ovvero eliminare queste immagini e questi concetti con tutti i mezzi possibili (dal rogo all’ironia, come ci insegna Eco).

Specificato questo, possiamo concludere dicendo che la verità o validità di un paradigma, nei fatti è dovuta da una parte dalla forza di chi lo impone ovvero dalla sua capacità di saturare di immagini coerenti la realtà dell’individuo, dall’altra dal fatto che il paradigma stesso riesca a soddisfare i bisogni dell’individuo.

Questa teoria riguardo a cosa sia il metro di giudizio di un paradigma non ha la pretesa di essere assoluta, né di essere quella propria della visione esoterica, che abbiamo esaminato sopra, ma piuttosto la raffigurazione di come  mi sembra effettivamente avvenire l’imposizione di un paradigma ed il suo giudizio.

A questo punto possiamo vedere come deve essere letta una teoria esoterica anche in base alle considerazioni fatte finora.

Un esempio in questo caso può essere la teoria della palingenesi ovvero della ri-creazione di un corpo dopo la sua morte mediante il fuoco.

Questa teoria ha origine dalla cosmologia stoica che si basava sul fatto che ciclicamente la terra venisse consumata dal fuoco e risorgesse uguale, rinnovata, concetto che risulta in particolare sintonia con le teorie dell’alchimia di matrice cristiana.

Alberto Magno e Paracelso scrivono di una serie di esperimenti fatti bruciando fiori, piccoli animali e tutta una serie di corpi e di come questi corpi ridotti a cenere, nuovamente posti sopra il fuoco in un matraccio di vetro sigillato producessero un’immagine precisa della forma del corpo quando era stato bruciato.

Alberto Magno vedeva in questo fenomeno la prova sperimentale del dogma evangelico della resurrezione dei corpi, in quanto confermava il fatto che la forma del corpo si conservasse anche dopo la sua estinzione, mentre Paracelso lo ricollegava all’idea platonica del primato della forma sulla sostanza informe, sostanza definita come Anima universale che permetteva la generazione di tutte le forme oltre che essere veicolo di tutte comunicazioni per analogia che esistono in natura.

Un individuo formato dalla visione scientifica pensa immediatamente in base alle sue evidenze condizionate che si tratta di affermazioni false perché è falso il fenomeno alla loro base.

Questo senza ovviamente nemmeno fare l’esperimento.

Un individuo formato dalla visione scientifica ma dotato di spirito critico per prima cosa esegue l’esperimento ed in base ad esso giudica se la teoria è da ritenersi vera o falsa.

Entrambi questi modi di porsi di fronte a questa teoria sono profondamente errati perché la giudicano come se si trattasse di una teoria scientifica, mentre le due cose sono molto diverse per costituzione, perché lo scopo di una teoria scientifica è quello di spiegare una serie di fenomeni in modo che questi risultino dominabili in maniera diretta, empirica, mentre quello di una teoria esoterica è condurre alla Verità  questo indipendentemente dai suoi presupposti.

La stessa dominazione degli eventi può essere perseguita per vie traverse, ad esempio vie che agiscano sul soggetto e la sua struttura piuttosto che sull’oggetto.

Quindi il modo di giudicare le due teorie deve essere necessariamente diverso, dal momento che diversi sono i loro scopi e i loro modi di strutturarsi.

Alla luce di queste considerazioni non ha senso chiedersi se la teoria della palingenesi è in accordo con i fatti (considerando che i fatti sono sempre quelli costruiti da un paradigma) come si farebbe con una teoria scientifica o giudicando che le teorie derivate pongono dei presupposti metafisici e fantasiosi.

Tutto questo non ha alcun senso, è un po’ come giudicare che un bambino che gioca “alla guerra” con un suo amico non gioca bene perché non lotta per davvero e non ammazza  il suo amico.

Una cosa senza senso perché i bambini giocano per divertirsi e non per eliminare l’avversario.

Qui si pensa che due cose (la guerra e il gioco della guerra) siano la stessa cosa solo perché hanno una somiglianza esteriore, mentre sono molto diverse per scopo e per modalità (nel gioco non si combatte, si fa finta di combattere).

Allo stesso modo è insensato pensare che la palingenesi possa essere giudicata alla stregua delle leggi di Maxwell (ovvero come attinenza ai fatti e coerenza interna) perché hanno due scopi e due forme diverse (la prima è una speculazione che mira all’Assoluto usando i concetti come sentiero per un’esperienza, la seconda una teoria che ricerca il dominio su fenomeni ottici ed elettromagnetici attraverso una formulazione quantitativa strumentale per questo scopo).

Dunque la teoria della palingenesi (come ogni teoria) va letta non secondo i criteri dettati dal paradigma scientifico, ovvero cercando una verifica sperimentale o guardando alla sua utilità sul piano “materiale”, ma bisogna porsi come segue:

 

1) Innanzitutto non bisogna compiere l’errore di giudicare una teoria dall’esterno ovvero secondo il metro di un’altra teoria, quindi bisogna accettare i presupposti del paradigma analizzato come dati di fatto (in questo caso che i corpi inceneriti di fatto presentino la loro forma una volta riverberati una seconda volta dal fuoco)

2) In secondo luogo bisogna giudicare la validità della teoria in base al fatto di assolvere o meno agli scopi che si è preposta (in questo caso bisogna vedere in che misura l’immortalità della  forma corporale e l’Anima universale psicologicamente aiutino l’individuo da una parte  nel soddisfacimento dei suoi bisogni spirituali e dall’altra nel suo cammino verso l’Assoluto).

 

Importante per concludere questo discorso è vedere come due verità all’apparenza antitetiche possono risultare entrambe valide in diversi campi di pertinenza.

L’esempio è quello della cosiddetta “alchimia spirituale”.

La tesi secondo cui l’alchimia ha a che fare con la coscienza ed i suoi processi trova il suo massimo sostenitore in Jung, il quale rilegge i simboli di un trattato di alchimia cinese del V secolo a.C. utilizzando il suo linguaggio psicanalitico.

In realtà questa lettura “psicologico-spirituale” dei simboli alchemici emette i primi vagiti già nell’epoca barocca, con i rosa-croce.

Ora, che l’alchimia tratti nei fatti di realtà psicologiche è tutto da vedere, dal momento che nei testi principali della tradizione si parla solo di entità del tutto materiali, come metalli, acidi, sali e succhi vegetali.

Che la pietra filosofale rappresenti l’integrazione della personalità con il Sé o Dio e non sia semplicemente una polvere da proiettare sul mercurio per “ottenere dell’oro finissimo” non è così scontato o provato come si tende a credere.

Dunque ci troviamo di fronte a due paradigmi: uno è l’alchimia propriamente detta, quella che ha a che fare con minerali e metalli, l’altra è l’alchimia spirituale, dottrina che ha a che fare con entità psicologiche e agisce all’interno della coscienza.

Secondo i criteri del pensiero comune, ovvero la logica aristotelica, o è giusto l’uno o è giusto l’altro, essendo le due scelte apparentemente antitetiche.

In altri termini l’alchimia o tratta di minerali, alambicchi e precipitati o di inconscio, istinti e coscienza.

Nella logica esoterica entrambi i paradigmi hanno la loro verità, entrambi colgono un aspetto della Verità unica.

Le due visioni non si escludono a vicenda, potendo essere ognuna la rilettura dell’altra.

Ossia l’alchimia spirituale potrebbe essere un metodo di far evolvere la psiche elaborato in analogia con i processi utilizzati sui metalli e viceversa.

Rimando a tale proposito a quello che dice Paolo Lucarelli nel suo articolo Zolla: alchimista del verbo in cui si stupisce di come uno studioso non operativo come Zolla potesse essere giunto alle stesse esperienze e verità che lui aveva raggiunto con il lavoro alchemico e conclude che esistono due vie, una pratica e una speculativa, che raggiungono lo stesso risultato o risultati estremamente simili.

Questo non toglie nulla alla validità del metodo in sé, come il fatto che il metodo per forgiare i cannoni fino alla metà dell’ottocento fosse lo stesso utilizzato per fabbricare le campane non significa che i cannoni così realizzati non fossero efficaci.

All’interno di questa logica stratificata e basata sull’interpretazione, il contrassegno della validità di un paradigma o di un’affermazione è il ribadire il campo di variazione entro il quale essa ha validità.

Un altro esempio sono i miti greci.

Esprimono realtà che un tempo furono storiche, come sostiene Robert Graves?

Non è la mia opinione, si può dire però che sicuramente alcuni eventi storici assumono il valore di detonatore per l’esplosione di una serie di significati concatenati nella psiche.

Ma che nel mito sia contenuto molto di più mi pare altrettanto indubbio.

I miti greci sono stati interpretati in talmente tanti modi che è impossibile ricordarli tutti; ci sono la lettura alchemica, quella magica, quella astrologica, quella sociale, quella mistica, quella prettamente pragmatica, quella filosofica, quella politica ed altre ancora.

Una di queste dovrebbe escludere o inficiare le altre?

Si vada a leggere uno dei testi più elevati in assoluto che l’occidente abbia prodotto nella sua storia ovvero l’ Iside ed Osiride di Plutarco.

In questo testo il grandissimo erudito di Cheronea le accoglie tutte.

Anzi, le incoraggia, insegnando a pensare in modo mitico, a rileggere il mito in infinite variazioni, poiché il significato del mito è infinito ed inesauribile.

Nel mito sono già contenute sinteticamente tutte le possibili interpretazioni.

Per dirla con il lessico di Cusano, nel mito sono già implicate tutte le letture che poi vengono da esso estratte nella forma esplicata.

Iside dea della luna è anche Sirio che segna la canicola, proprio come presso i greci Artemide, dea lunare, è legata alla caccia e quindi ai cani che ululano all’astro notturno.

 

 


 

 

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I Metodi dell'EsoterismoIl problema della Coscienza Le linee generali della DottrinaIl concetto di Verità

Il concetto di ParadigmaLinguaggio, Concetto e SimboloL'Immagine e il SimboloEsoterismo, Storia e Società

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