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Parte prima: definizioni, modi, strumenti ed obbiettivi
Cos’è l’esoterismo
Vediamo di completare ed approfondire la definizione di esoterismo data sopra: Il termine esoterismo viene usato per la prima volta da Clemente Alessandrino negli Stromata riferendosi a quegli insegnamenti di Aristotele riservati ad una ristretta cerchia di discepoli. Tale termine deriva dal prefisso greco ESO che significa “dentro”, quindi prende il significato di nascosto, come una noce è nascosta dentro il malleolo, ma anche il significato per nulla secondario di interiore. Ho già detto che si tratta sostanzialmente di una precisa esperienza della Realtà, ma tuttavia non si tratta solo di questo, ma anche di una precisa visione del mondo determinata da tale tipo di esperienza. Proprio come la visione scientifica è determinata da un certo tipo di esperienza della Realtà, ma si tratta solo di una interpretazione, non della Realtà tout court, allo stesso modo accade per l’esoterismo. L’esperienza da cui trae origine la visione scientifica è basata su una forma mentis impostata sulla netta scissione tra soggetto ed oggetto e su una presunta oggettività dell’osservatore che determina il campo di esperienza cosiddetto “sperimentale”. L’esperienza da cui trae origine la visione esoterica si basa piuttosto su una visione “diretta” della Realtà, non mediata dal pensiero discorsivo. Il fatto che tale esperienza risulti essere poco comune, visto che la maggior parte degli uomini vive la Realtà mediata dal pensiero discorsivo, determina proprio il fatto che tale visione risulti accessibile solamente a quei pochi che, per un motivo o per l’altro, hanno avuto accesso a questa esperienza. Di contro si situa la visione del mondo occultista che non si basa affatto su questa esperienza ma su una versione della visione esoterica adattata all’esperienza comune della Realtà. Così se un esoterista dicendo che “tutto è Uno” sta parlando di una precisa esperienza e non di una teoria o di un pensiero, l’occultista fa di questa esperienza un concetto strumentale su cui basare le proprie speculazioni. Diverso è anche l’atteggiamento verso il segreto; se l’esoterista rispetta rigorosamente il segreto perché non vuole che le sue scoperte vengano fraintese ed invece che aiutare mandino fuori strada chi vuole intraprendere il cammino, l’occultista non ha problemi a divulgare le sue teorie perché si tratta di semplici speculazioni intellettuali, oppure usa il segreto come distinzione gerarchica o fonte di lucro. Questo non significa che l’occultista sia da disprezzare o risulti in qualche modo inferiore all’esoterista, semplicemente se l’esoterista ricerca una precisa esperienza, vuole ESSERE qualcos’altro, l’occultista cerca con le sue arti (definite appunto “occulte”) un dominio pratico e materiale in questo mondo, ovvero vuole AVERE qualcosa: ricchezze, potere o simili. Anche la tendenza alla formazione di comunità incentrate sullo sviluppo e la condivisione di determinate conoscenze è tipica dell’occultismo. Si tratta infatti di sviluppare conoscenze e studi basati sul linguaggio, e proprio come accade con tutte quelle dottrine che si basano sul pensiero discorsivo, come tutte le scienze, il lavoro in comunità è la chiave per il loro sviluppo. Sviluppo che per l’appunto si basa sulla possibilità di condividere una serie di nozioni codificate attraverso il linguaggio. Ma la ricerca della trascendenza è per forza di cose un’operazione solitaria; certo, può esistere una certa condivisione di esperienze e tale condivisione intellettuale può aiutare e sviluppare il cammino del tutto privato ed individuale verso la trascendenza, altrimenti l’esoterismo stesso non esisterebbe. Tuttavia si può affermare giustamente che l’esoterismo è un cammino rigidamente individuale. Dunque, ci tengo a ripeterlo ed a sottolinearlo, l’esoterista è un individuo che persegue un cammino solitario e che non frequenta sette e consorterie varie. L’individualismo dell’esoterista è strettamente necessario.Si pensi che in tutte le cerimonie di iniziazione di ogni epoca e di tutto il mondo l’iniziando devevivere per un certo periodo in perfetto isolamento.Il motivo di tale isolamento è chiaro, dato dal fatto che per conoscere la Realtà bisogna necessariamente uscire dal pensiero convenzionale, ovvero dalla coscienza abituale.A questo punto sembrerebbe una contraddizione l’esistenza di gruppi di esoteristi che condividono il cammino verso la Realtà.Bisogna dire che naturalmente, tra coloro che svolgono uno stesso lavoro sorge una sorta di cameratismo che ha origine sia dalla condivisione empirica di spazio e di mansioni, sia soprattutto da una condivisione di cognizioni e di una visione del mondo derivante dalla mansione intrapresa. Allo stesso modo nascono le associazioni occultiste ed esoteriche. Non per nulla le prime corporazioni esoteriche furono quelle dei fabbri, custodi di un grande segreto di trasformazione che andava molto al di là del potere degli utensili prodotti, senza parlare delle confraternite di muratori che a partire dal medioevo divennero fulcri molto attivi di crescita esoterica, confluendo poi nella massoneria, dove si parla proprio di “lavori” volendo indicare le pratiche esoteriche. Tali rapporti di gruppo però saranno necessariamente diversi da quelli che si instaurano nelle comunità non esoteriche per la natura stessa del lavoro svolto, ovvero la ricerca della Trascendenza. Lavoro che è svolto in solitudine, nell’intimo di ognuno, e può essere svolto solo lì, ma i cui risultati possono essere confrontati tra loro, guidando e dando indicazioni sulla direzione da prendere nel cammino che verrà svolto dal soggetto. Alla luce di quanto detto non c’è da stupirsi se un’esoterista come Gurdjeff incentra il suo insegnamento sul lavoro di gruppo. E, se per caso l’esoterista si trova a frequentare una qualche associazione, il suo cammino rimane sempre privato e solitario, del tutto indipendente, un cammino che ognuno deve per forza di cose percorrere da solo, come unicamente in solitudine si possono affrontare i grandi passaggi dalla vita alla morte, e nonostante si possa essere in compagnia si è ugualmente soli. Per questo è relativamente facile distinguere l’esoterista dall’occultista. Se i volessero cercare degli esempi di esoteristi puri bisognerebbe cercare tra i filosofi antichi, Platone, Pitagora e tutto il filone dei neoplatonici e degli gnostici. Gli occultisti puri, invece pullulano tra la fine del settecento e i primi decenni del novecento, tra i teosofi di bassa lega e chi più ne ha più ne metta. Questo perché la temperie culturale post-illuminista rende le coscienze convinte che la trascendenza non esista o sia impossibile, ci si rifugia dunque nel miracoloso, nel fantastico e nella possibilità di dominare il destino. Tuttavia esiste tutta una categoria formata da esoteristi-occultisti, persone cioè che pensavano che il dominio sulla Natura costituisse la via principale per la realizzazione esoterica. Questo è tipico di tutti i maghi e filosofi rinascimentali da Cusano a Paracelso ad Agrippa e riprende tutto un filone neoplatonico sincretizzato con l’aristotelismo già presente nel medioevo, come può esemplificare la cosmologia di Averroè. Una visione nella quale l’acquisizione del dominio su una sfera della Realtà, identificata con le sfere celesti della tradizione Tolemaica, conduceva a superare le influenze che tale sfera esercitava sull’individuo (ad esempio Venere rappresentava le passioni connesse alla sfera sessuale ed affettiva) e ne diventava agente attivo in quel campo. Salendo di sfera in sfera, compiendo un cammino inverso a quello che l’anima compì per incarnarsi, l’uomo può arrivare fino alla contemplazione del primo motore immobile, l’Uno della tradizione platonica, ovvero Dio. Questa unione di occultismo ed esoterismo o meglio di occultismo come mezzo per la realizzazione esoterica non deve stupire, se pensiamo che in origine lo sciamano era assieme un uomo di conoscenza (esoterista, che partecipa a Dio) e un tuttofare occultista in quanto curava i malati, chiamava la pioggia, ed insomma dominava la realtà proprio come un occultista. Quindi questa scissione è artificiale, utile ai fini della comprensione, ma non vincolante. La maggior parte dei personaggi o delle consorterie che al giorno d’oggi si fanno definire dedite all’esoterismo o all’occultismo, figli della passione mondana tipica dell’epoca moderna per l’insolito e l’esotismo, sono per la quasi totalità all’oscuro sia dell’uno che dell’altro e alimentano semplicemente delle fantasie collettive per i fini più disparati. Proprio nell’epoca moderna infatti nasce questo culto dell’insolito e dell’esotico, in concomitanza con la scoperta delle Americhe, ed è proprio nell’epoca moderna che per la prima volta la pratica esoterica e quella occulta diventano dei semplici passatempi mondani che non smetteranno più di essere di moda, proprio per il bisogno insito nella società occidentale moderna di fuga (la cui manifestazione più evidente sono le vacanze estive) proprio per la reificazione e la perdita di valore della vita ordinaria tipiche della nostra società. Per questo la “mondanizzazione” delle pratiche occulte ed esoteriche, il loro ridursi ad hobby ed a moda riuscirà dove mille e più anni di repressione avevano fallito, ovvero distruggeranno la sana tradizione esoterica ed occulta, sommergendola con la quantità di ciarlatani ora richiesti dal mercato, pronti a rivelare i loro arcani a chicchessia, pagando il giusto, ovviamente. Ed è questa la realtà che a partire dal 1500 si diffuse in tutti i paesi europei e che generò la giusta reazione del razionalismo prima e dell’illuminismo poi. Ma, di fatto, si è finiti presto a fare di tutta l’erba un fascio e di distruggere anche ciò che era invece da preservare, finendo nel fanatismo cieco e in una superficialità che rasenta l’idiozia. Così i tempi moderni hanno piazza pulita di queste tradizioni, già schiacciate dalla repressione cristiana, quindi diluite in un mare confusissimo di dottrine e ciarlatanerie dalla “moda occultista” a partire dal ‘500 e in ultimo luogo ostacolata in tutti i modi dal razionalismo e dall’illuminismo, critici di fronte a questa situazione di perdita di valore di fronte alle tradizioni oramai perdute e al proliferare della “moda occultista”. Se qualcuno utilizza una simbologia tratta della pratica esoterica o quella occultista (bisogna vedere con quanta correttezza) non significa che per questo sia un esoterista o un occultista, perché la maggior parte di questi personaggi non fa altro che evadere dalla sua solita routine alienante e magari non può permettersi una vacanza alle Maldive oppure peggio, può permettersela, ma ormai è talmente intriso di nichilismo da non riuscire ad evadere nemmeno con questi metodi “tradizionali” e di conseguenza si rivolge a quella parte della natura umana che Blake definì “il corpo Divino in ogni uomo”, ovvero l’immaginazione. L’“esoterico” (dispregiativo per presunto esoterista) ha molto in comune con il signorotto del 1600 che portava sempre con se un grimorio (libro di incantesimi) nel corpetto perché era alla moda e gli piaceva sentirsi in questo modo protetto e potente, molto poco con la spinta mistica di esoteristi seri come i neoplatonici o gnostici, o con le speculazioni di occultisti che cercavano il dominio sulla natura come i maghi rinascimentali del tipo di Giordano Bruno o Paracelso. Ma l’esoterismo e l’occultismo sono ben lungi dall’essere un’evasione ed infatti i deliri più o meno innocenti di questi personaggi non vi hanno nulla a che spartire. A questo punto è bene dare la definizione di alcuni termini specificatamente esoterici: Magia: per magia intendiamo quell’insieme di pratiche e costruzioni concettuali che mirano al dominio diretto degli eventi naturali da parte della volontà dell’operatore. I mezzi magici possono essere ridotti nella loro totalità ad una serie di rinvigorenti e canalizzatori della volontà del soggetto, come dimostra con grande chiarezza Shopenauer nel suo Magnetismo animale e magia. Assoluto-Verità-Risveglio-Dio: si tratta della meta dell’esoterismo, un’esperienza della realtà ultima, non duale che si trova dietro il mondo “ordinario”. Ma come si fa a parlare di una realtà che va oltre la dualità e quindi, di fatto, va oltre la realtà che è articolata tramite la dualità luce-ombra e addirittura oltre il linguaggio che si basa sulla dualità di soggetto-oggetto e soggetto-verbo? Risponde Alan Watts (Natura Uomo Donna pag. 108 ): “Si deve innanzitutto comprendere che la filosofia indiana utilizza una terminologia convenzionale, simile al trucco della prospettiva, attraverso il quale possiamo rappresentare su una superficie bidimensionale lo spazio tridimensionale. Ogni linea tracciata su una superficie piatta non potrà che essere più o meno orizzontale o verticale, estendendosi in altezza e lunghezza sull’area. Ma, nella convenzione prospettica, linee oblique, convergenti in un punto, sono interpretate come rappresentazione della terza dimensione, quella della profondità. Come la superficie piatta ha solo due dimensioni, così il pensiero e il linguaggio solitamente dispongono solamente di una logica rigidamente dualistica. E in quell’ambito nn ha senso parlare di ciò che “né è né non è” allo stesso tempo, e quindi neppure di una beatitudine che trascenda sia il piacere, sia il dolore. Ma proprio come si può suggerire la terza dimensione anche in ambito bidimensionale, allo stesso modo si può suggerire un’esperienza oltre il dualismo, anche in un linguaggio dualistico”. |