MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO IV - Capitolo V

Mld:IV.5.28/34 - I doni al Buddha

 

(Dilemma 49)

28. “Venerabile Nagasena, è stato detto dal Beato:
“I doni celebrati per i sacri inni sono doni che non devo accettare.
Tutti coloro che seguono il Dhamma devono sempre esercitarsi.
Tutti i Buddha si rifiutarono di celebrare per denaro, così è sempre stata la loro condotta quando prevalse il Dhamma in ogni tempo.”

Ma d'altra parte il Beato, quando predicava il Dhamma, o ne parlava, iniziava di solito con il cosiddetto “discorso preliminare”, in cui la generosità era al primo posto e la bontà al secondo. Cosicché quando deva ed uomini ascoltarono questo discorso del Beato, il signore cosmo, prepararono ed offrirono doni ed i discepoli parteciparono alla questua. Ora se, Nagasena, è vero ciò che disse il Beato, che non accettava doni guadagnati con il canto delle sacre parole, allora è falso che il Beato poneva la generosità al primo posto. Ma se, esaltando l'offrire doni, fece rettamente, allora non è vero che non accettava doni guadagnati con la recitazione delle sacre parole. E perchè? Perché se qualcuno, degno di offerte, ostentasse ai laici i buoni risultati per loro nel fare elemosina, costoro, ascoltando quel discorso e provando soddisfazione, continuerebbero a fare sempre elemosina. E quindi, chi gode di quel dono, realmente gode di ciò che è stato guadagnato con la recitazione delle sacre parole. Anche questo è un ambiguo dilemma, ed ora è posto a voi, e voi lo dovete risolvere.”

 

29. “La stanza che avete citato, o re, è stata detta dal Beato. Tuttavia egli era solito porre la generosità all'inizio di un suo discorso. Ma questa era l'usanza di tutti i Tathagata: preparare i cuori degli ascoltatori con un discorso sul fare elemosina e poi, subito dopo, esortarli alla rettitudine. Ciò è come quando, o re, gli uomini, prima di tutto, danno ai bambini piccole cose con cui giocare, come aratri giocattolo, mazze, mulini giocattolo, pesi fatti con foglie, carri giocattolo, archi e frecce, e poi stabilisce per ognuno di loro il proprio compito. Oppure è come quando un medico fa prima bere dell'olio ai suoi pazienti per quattro o cinque giorni in modo da rinvigorire e placare i loro corpi, e poi somministrare una purga. I sostenitori della fede, o re, i più degni donatori, hanno le loro menti tranquille, duttili e controllate. In tal modo giungono alla riva più lontana dell'oceano della trasmigrazione con l'aiuto della barca dei loro doni, con il sostegno del ponte dei loro doni. Ed il Buddha, con questo metodo di insegnamento, non può essere accusato di “imposizione”.

30. “Venerabile Nagasena, quando dite “imposizione”, cosa sono queste “imposizioni”?
“Ci sono due tipi di imposizioni, o re: fisica e verbale. E vi è un'imposizione fisica errata, ed un'altra che non lo è; vi è un'imposizione verbale errata, ed un'altra che non lo è. Qual è l'imposizione fisica errata? Immaginate, o re, un qualsiasi membro dell'Ordine, durante la questua, che, nello scegliere un posto dove stare, stesse dove non gli è permesso - questa è un'imposizione fisica errata. I veri membri dell'Ordine non accettano nessuna elemosina chiesta in questo modo, e l'individuo che così agisce sarà disprezzato, criticato, non rispettato, biasimato, ignorato, non ben visto nella dottrina dei Nobili; viene considerato come uno che non ha rispettato i propri doveri sociali. Ed ancora, o re, immaginate un qualsiasi membro dell'Ordine che, durante la questua, stesse dove non gli è permesso stare, ed allungasse il collo come un pavone vanitoso, nella speranza: “Così la gente mi vedrà.” - anche questa è un'imposizione fisica errata. I veri monaci non accettano un'elemosina chiesta in questo modo, e colui che così agisce è considerato come prima. Ed ancora, o re, immaginate un qualsiasi membro dell'Ordine che facesse dei segnali con la sua mascella, o con le sue ciglia, o con le dita – anche questa è un'imposizione fisica errata. I veri monaci non accettano un'elemosina chiesta in questo modo, e colui che così agisce è considerato allo stesso modo.

 

31. E qual è la retta imposizione fisica? Se un monaco, durante la questua, è padrone di se stesso, tranquillo, consapevole delle sue azioni; se sta, ovunque vada, dove gli è permesso; se si ferma dove ci sono persone desiderose di donare, e, dove non vi sono persone non così desiderose, va via – questa è una retta imposizione fisica. Di elemosine così ricevute i veri membri dell'Ordine parteciperanno; e l'individuo che chiede in questo modo, è, nella dottrina dei Nobili, lodato, ben visto, stimato e considerato fra coloro il cui comportamento è senza malizia, il cui modo di vivere è puro. Perciò così è stato detto dal Beato, il signore di tutti i deva:
“Il vero saggio non mendica, perciò gli Arahant disdegnano di mendicare.
Il bene è la loro elemosina, solo così essi mendicano.”

 

32. Qual è l'imposizione verbale errata? Nel caso in cui, o re, un monaco imponesse il suo desiderio per un numero di cose, necessarie per un membro dell'Ordine – vesti, scodelle, giacigli e medicine – questa è un'imposizione verbale errata. Le cose chieste in questo modo non saranno accettate dai veri membri dell'Ordine (Ariya); e nella dottrina dei Nobili l'individuo che agisce in questo modo è disprezzato, non ben visto, non rispettato, biasimato, ignorato, non considerato, contato come uno che non ha rispettato i propri doveri sociali. Ed ancora, o re, nel caso in cui un monaco, dopo aver ascoltato gli altri, parlasse in questo modo: “Io voglio tale e tale cosa.”, e in conseguenza di tali parole, dopo essere stato ascoltato dagli altri, ricevesse quelle cose – anche questa è un'imposizione verbale errata. I veri membri dell'Ordine non useranno una cosa ottenuta in questo modo, e colui che così agisce è considerato come prima. Ed ancora, o re, nel caso in cui un monaco, dilungandosi nel parlare, facesse intendere alle persone: “In questo modo ed in quest'altro si devono offrire i doni ai monaci.”, e le persone, dopo aver ascoltato le sue parole, gli offrissero ogni cosa prelevata dalle loro riserve – anche questa è un'imposizione verbale errata. I veri membri dell'Ordine non useranno una cosa ottenuta in questo modo, e colui che così agisce è considerato come prima. Perciò quando il Venerabile Sariputta, o re, era malato durante la notte, dopo il tramonto del sole, e dopo essere stato interrogato dal Venerabile Moggallana quale medicina gli avrebbe giovato, ruppe il silenzio – e grazie a quel silenzio interrotto ottenne la medicina – Sariputta allora dicendo a se stesso: “Questa medicina è giunta per aver rotto il silenzio; non lasciatemi infrangere (il rispetto delle regole riguardanti i) mezzi di sussistenza.”, non rifiutò forse quella medicina per non usarla? I veri membri dell'Ordine non useranno una cosa ottenuta in questo modo, e colui che così agisce è considerato come prima.

33. E qual è la retta imposizione verbale? Immaginate, o re, un monaco che, quando vi fosse necessità, accennasse alle famiglie da lui conosciute, o a coloro che lo hanno invitato a trascorrere con loro la stagione delle piogge, di aver bisogno di medicine – questa è una retta imposizione verbale. I veri membri dell'Ordine parteciperanno a cose chieste in questo modo; e l'individuo che così agisce, è, nella dottrina dei Nobili, lodato, ben visto, stimato e considerato fra coloro il cui comportamento è senza malizia, il cui modo di vivere è puro, approvato dai Tathagata, dagli Arahant, dai Supremi Buddha. E le elemosine che il Tathagata, o re, rifiutò di accettare da Kasi-Bharadvaga, il Bramano, che gli fu presentato per metterlo alla prova con un complicato dilemma che avrebbe dovuto sciogliere, con lo scopo di trascinarlo, di indurlo in errore, di fargli riconoscere lo sbaglio. Perciò il Tathagata rifiutò quell'elemosina e non ne prese parte.

34. “Nagasena, era sempre così, quando il Tathagata stava mangiando, che i deva versassero il Nettare della Vita dal regno celeste nel contenuto della sua scodella, o era solo in queste due pietanze: la tenera carne di verro e il riso bollito nel latte?”
“Ogni volta che mangiava, o re, ed in ogni boccone che prendeva – proprio come il cuoco reale prende la salsa e la versa sopra ogni boccone che il re sta mangiando. E così a Veranga, quando il Tathagata stava mangiando i dolci di orzo, i deva inumidirono ognuno con il Nettare della Vita, appena posti vicino a lui. E così il corpo del Tathagata fu pienamente rinfrescato.”

“Davvero fu grande la buona fortuna, Nagasena, di quei deva che sempre erano così zelanti nel prendersi cura del corpo del Tathagta! Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

 

[Qui finisce il dilemma sui modi di vivere del Buddha.]

 


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Le dimore Moderazione nel cibo La superiorità di Bakkula sul Buddha L'originalità dell'insegnamento del Buddha

La bontà del Buddha La derisione del Buddha La debolezza del Buddha Perché Gotama diceva di essere un Bramano

I doni al Buddha Il dubbio del Buddha