MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO IV - Capitolo II

Mld:IV.2.6/14 - La morte

 

6. “Venerabile Nagasena, anche così è stato detto dal Beato: “Tutti gli uomini temono la punizione, tutti hanno paura della morte.” Ma disse pure: “Gli Arahant hanno superato tutte le paure.” E come, Nagasena, l'Arahant teme la punizione? O gli esseri negli inferi, quando stanno bruciando e bollendo, quando sono scorticati e tormentati, hanno paura di quella morte che li libererebbe da quell'inferno e da quell'orribile luogo di sofferenza? Se il Beato, Nagasena, realmente ha detto che tutti gli uomini temono la punizione ed hanno paura della morte, allora l'affermazione che l'Arahant ha superato tutte le paure deve essere falsa. Invece se l'ultima affermazione è realmente sua, allora l'altra deve essere falsa. Questo ambiguo dilemma è ora posto a voi e voi lo dovete risolvere.”

 

7. “Il Beato, o re, non si riferiva agli Arahant quando disse: “Tutti gli uomini temono la punizione, tutti hanno paura della morte.” L'Arahant rappresenta un'eccezione a quell'affermazione, perché ogni forma di paura è stata rimossa dall'Arahant. Egli si riferiva a quegli esseri in cui il male ancora esiste, che sono ancora affascinati dall'illusione del sé, che sono ancora condizionati dai piaceri e dai dolori. Per l'Arahant, o re, qualsiasi tipo di rinascita è stata tagliata, tutti i quattri tipi di esitenza sono stati distrutti, ad ogni futura esistenza è stata posta fine, le travi della casa della vita sono spezzate e l'intera casa completamente demolita, le formazioni mentali hanno perso le loro radici, il bene ed il male sono cessati, l'ignoranza è stata distrutta, la coscienza non ha più alcun seme (da cui potrebbe svilupparsi), ogni colpa è stata consumata, e tutte le condizioni mondane sono state superate. Perciò l'Arahant è senza paura.

 

8. Immaginate, o re, un sovrano che avesse quattro capi ministri, fedeli, famosi, fidati, posti in alte cariche. Ed il sovrano, a causa di un'emergenza, dovesse emanare un ordine per tutto il popolo del regno, dicendo: “Tutti devono pagare una tassa, e voi, miei ministri, fate il possibile per una simile emergenza.” Ora ditemi, o re, nei cuori di quei ministri vi sarebbe qualche paura sulla tassa?”
“No, venerabile. Non ci sarebbe.”
“E perché?”
“Perché sono stati nominati dal re per un alta carica. La tassa non riguarda loro, essi sono al di là della tassa. É al popolo che il re si riferiva quando emanò l'ordine: “Tutti devono pagare una tassa.”
“Proprio così, o re, è l'affermazione che tutti gli uomini temono la punizione, tutti hanno paura della morte. É in quel senso che l'Arahant è senza paura.”

 

9. “Ma, Nagasena, la parola “tutti” implica ogni essere? Nessuno è lasciato fuori? Datemi un'ulteriore spiegazione per meglio capire.”
“Immaginate, o re, che in un villaggio il signore del villaggio desse un ordine al banditore, dicendo: “Vai e riunisci in fretta davanti a me tutti gli abitanti.” E che costui, ubbidendo all'ordine, stesse al centro del villaggio e per tre volte gridasse: “Che tutti gli abitanti del villaggio si riuniscano dinanzi al signore.” E costoro si riunissero in fretta, ed egli annunciasse al signore, dicendo: “Tutti gli abitanti, Maestà, sono riuniti. Fate ciò che desiderate.” Ora quando il signore, o re, ha riunito tutti i capi delle case, egli inoltra il suo ordine a tutti gli abitanti del villaggio, ma non sono tutti gli abitanti che sono là riuniti, sono solo i capi delle case. Ed il signore è soddisfatto, sapendo che tale è il numero degli abitanti del suo villaggio. Vi sono molti che non vengono – donne ed uomini, ragazze, schiavi e schiave, operai, servitori, contadini, malati, buoi, bufali, pecore, capre e cani – Perché tutti questi non contano. Fu ai capi delle case che l'ordine fu emanato con le parole: “Che tutti si riuniscano.” Proprio così, o re, non fu riferito agli Arahant quando fu detto che tutti hanno paura della morte. L'Arahant è escluso da tale affermazione, perché l'Arahant non vi sono cause da cui possa nascere una qualche paura.

 

10. Vi è l'espressione non inclusiva, o re, il cui significato è non inclusivo, e l'espressione non inclusiva il cui significato è inclusivo; c'è l'espressione inclusiva il cui significato è non inclusivo, e l'espressione inclusiva il cui significato è inclusivo. Ed il significato, in ogni caso, deve essere all'unanimità accettato. E vi sono cinque modi in cui il significato deve essere accettato: per connessione, per consenso, per tradizione dei maestri, per significato e per abbondanza di ragioni. E qui per “connessione” si intende il significato dello stesso sutta, per “consenso” si intende che è affine ad altri sutta, per “tradizione dei maestri” si intende ciò che essi tramandano, per “significato” si intende ciò che essi pensano, e per “abbondanza di ragioni” si intende tutti questi quattro messi assieme.”

 

11. “Molto bene, Nagasena! Accetto le vostre parole. L’Arahant in questa frase rappresenta una eccezione, e sono gli altri esseri che hanno paura della morte. Ma quegli esseri negli inferi, di cui ho parlato, che soffrono dolorose, acute e penose agonie, che sono tormentati da fiamme in tutto il corpo, le cui bocche sono colme di lamentazione, di grida di pietà, di pianti, di lamenti e di dolore, che sono oppressi da dolori troppo acuti per essere sopportati, che non hanno alcun rifugio, né protezione, né aiuto, che patiscono l’impossibile, che sono destinati alla certezza di ulteriore pena nella peggiore e nella più bassa delle condizioni, che vengono bruciati da calde, acute, terribili e crudeli fiamme, che gridano e si lamentano per l’orrore e la paura, che sono avvolti da ghirlande di fiamme che si stringe intorno a loro da tutte le sei direzioni, e si dirige velocemente attraverso un centinaio di leghe da ogni parte – possono quei disperati aver paura della morte?”
“Certo che possono.”
“Ma, venerabile Nagasena, non sono gli inferi luoghi di sofferenza? E se è così, perché gli esseri là destinati dovrebbero aver paura della morte, che li libererebbe da una sicura sofferenza? Che amano gli inferi?”
“No, davvero. Essi bramano di essere liberati. Essi hanno paura del potere della morte.”
“Ora, Nagasena, io non posso credere che, coloro che vogliono essere liberati, abbiano paura della rinascita. Essi devono certamente rallegrarsi all’idea della condizione che bramano. Convincetemi con un’altra ragione.”

 

12. “La morte, grande re, è una condizione di cui coloro che non hanno conosciuto il Dhamma ne hanno paura. Queste persone sono angosciate e terrorizzate. Chi ha paura di un serpente, o di un elefante, o di un leone, o di una tigre, o di un leopardo, o di un orso, o di una iena, o di un bufalo, o di un gayal, o del fuoco, o dell’acqua, o delle spine, o degli aculei, o delle frecce, in ogni caso ha paura e teme solamente la morte. Questa, o re, è l’essenziale potenza naturale della morte. E tutti gli esseri, schiavi del peccato, tremano e temono la sua potenza. É in questo senso che, anche gli esseri negli inferi, che bramano di essere liberati, hanno paura della morte.

 

13. Immaginate, o re, una vescica formarsi, piena di materia, sul corpo di un uomo, e costui, dolorante e cercando di guarire, chiamasse un medico. Ed il medico, accettando la chiamata, preparasse una medicina per eliminare il suo male – affilasse un bisturi, ponesse dei bastoncini sul fuoco come cauterizzatori, ponesse qualcosa su una mola per essere mischiata in una lozione salata. Ora, avrebbe paura il paziente del taglio del bisturi ben affilato, o del bruciore dei bastoncini cauterizzatori, o dell’applicazione di una pungente lozione?”
“Certamente.”
“Ma se l’uomo malato, che desidera liberarsi del suo disturbo, può cadere nel terrore per paura del dolore, proprio così possono gli esseri negli inferi, sebbene bramino di venir liberati, cadere nel terrore per paura della morte.

 

14. Ed immaginate, o re, un uomo che avendo commesso un’offesa contro il sovrano, fosse legato con una catena ed imprigionato, e bramasse la liberazione. Ed il governatore, desiderando liberarlo, si spendesse per lui. Ora quell’uomo, avendo così offeso, sapendolo, non sarebbe nel terrore di mostrarsi dinanzi al sovrano?”
“Certamente, venerabile.”
“Ma se è così, allora anche gli esseri negli inferi, sebbene bramino di venir liberati, hanno ancora paura della morte.”
“Datemi un altro esempio per cui io sia capace di comprendere (questa apparente discrepanza).”
“Immaginate, o re, un uomo, morso da un serpente velenoso, avesse paura, e per l’azione del veleno cadesse, si dimenasse e ruzzolasse ovunque. E poi un altro uomo, attraverso la recitazione di un potente incantesimo, costringesse quel velenoso serpente ad avvicinarsi ed a risucchiare il veleno. Ora quando l’uomo morsicato vede avvicinarsi il velenoso serpente, sebbene con lo scopo di curarlo, ne avrebbe ancora paura?”
“Sì, venerabile.”
“Bene, è lo stesso con gli esseri negli inferi. La morte è una realtà temuta da tutti gli esseri. Perciò ne hanno terrore anche se bramano di essere liberati dagli inferi.”
“Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”

 

[Qui finisce il dilemma sulla paura della morte.]