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ARGOMENTO. - Si dimostra come le stesse intelligenze possono essere chiamate superiori e inferiori; - II. come gli spiriti sono paragonati al fuoco; - III. come convengano loro la forma umana e i nostri attributi corporei; - IV. perché si attribuiscano loro vesti e cinture; - V. e diversi istrumenti presi dalle nostre arti; - VI. perché vengono paragonati ai venti ed alle nubi; - VII. e agli stessi animali come il leone, il bove e l'aquila; - VIII. e infine ai fiumi e ai carri.


 

I. Ma ora ci sia lecito concedere un po' di riposo al nostro intelletto, necessariamente affaticato dalle considerazioni astratte sui santi Angeli, ed abbassare lo sguardo sul ricco e svariato spettacolo delle numerose forme sotto le quali appaiono le nature angeliche, per risalire quindi dal simbolo grossolano all'intelligibile e pura realtà. Ora, prima di tutto, vi farò osservare che la interpretazione mistica delle figure e degli emblemi sacri, ci mostrerà gli ordini dell'armata celeste, a volta a volta come superiori e come inferiori, gli ultimi come investiti del comando e i primi sottomessi ai loro ordini, e tutti infine come aventi potenze di triplice grado, conforme a quanto abbiamo visto. Non bisogna credere però che queste asserzioni implichino alcuna assurdità. Perché se dicessimo che certe nature angeliche sono governate da spiriti più nobili, ai quali esse tuttavia comandano, e che quelli più autorevoli riconoscono l'impero dei loro propri subordinati, si avrebbe in tal caso confusione nel linguaggio e contraddizione flagrante. Ma se affermiamo non già che gli angeli iniziano coloro stessi da cui ricevono l'iniziazione, o reciprocamente, bensì che ciascuno di loro é iniziato dai suoi superiori e inizia a sua volta i suoi inferiori, nessuno certamente pretenderà che le figure descritte nelle Sacre Scritture non possano legittimamente e propriamente applicarsi alla potenza del primo, del secondo o del terzo ordine. Così la ferma intenzione di elevarsi verso la perfezione, l'attività costante e fedele nel mantenersi nell'ambito dalle virtù che sono loro proprie, quella provvidenza secondaria per la quale s'inclinano verso le nature inferiori e trasmettono loro il dono divino, sono qualità comuni a tutti gli spiriti celesti, sebbene nelle proporzioni che abbiamo già indicate, e cioè le une le posseggono pienamente e sublimemente, le altre solo in parte e in modo meno eccelso.

 

II. Ma entriamo in materia, e incominciando le nostre interpretazioni mistiche, cerchiamo perché fra tutti i simboli, la teologia sceglie con una certa predilezione il simbolo del fuoco. Poiché, come saprete, essa ci descrive ruote ardenti, animali tutti fiamme, ed uomini che sembrano lampi ardenti; essa ci mostra le celesti essenze circondate da bracieri accesi e da fiumi nei quali scorrono flutti di fuoco con rumorosa rapidità. Nel suo linguaggio i Troni sono di fuoco, gli augusti Serafini sono ardenti, come dice il loro stesso nome, e scaldano e divorano come il fuoco; insomma, nel più alto come nel più basso grado dell'essere, appare sempre il glorioso simbolo del fuoco. A me pare che questa figura esprima una certa conformità degli angeli, con la Divinità, poiché presso i teologi l'essenza suprema, pura e senza forma, ci viene spesso rappresentata con l'immagine del fuoco, che ha nelle sue proprietà sensibili, per così dire, come una oscura rassomiglianza con la natura divina. Poiché il fuoco materiale é sparso dappertutto e si mescola, senza confondersi, con tutti gli elementi, dai quali resta sempre eminentemente distinto; splendente per natura, e tuttavia nascosto, e la sua presenza non si manifesta che quando trova materia alla sua attività; violento e invisibile, doma tutto con la sua propria forza e si assimila energicamente ciò che ha afferrato; si comunica agli oggetti e li modifica in ragione diretta dalla loro vicinanza; rinnova ogni cosa col suo calore vivificante, e brilla d'una luce inestinguibile; sempre indomo, inalterabile, discerne la sua preda, non subisce mai nessun cambiamento, ma s'innalza verso il cielo e con la rapidità della sua fuga, sembra voler sottrarsi ad ogni asservimento; dotato di una costante attività, comunica il moto alle cose sensibili; avvolge ciò che divora e non si lascia avvolgere; non é un accidente delle altre sostanze; le sue invasioni sono lente ed insensibili, e i suoi splendori rilucono nei corpi ai quali s'è attaccato; é impetuoso e forte, presente a tutto in modo inavvertito; lasciato in pace, talora sembra estinto, ma se qualcuno lo risveglia, per così dire, con una scossa, subito si libera dalla sua prigione naturale, e brilla e si leva nell'aria e si comunica liberamente senza mai menomarsi. Si potrebbero notare ancora numerose proprietà del fuoco che sono come un simbolo materiale delle operazioni divine. Fermandosi dunque su queste relazioni conosciute, la teologia indica con l' immagine del fuoco le nature celesti, insegnando così la loro rassomiglianza con Dio e lo sforzo che fanno per imitarlo.

 

III. Gli Angeli sono rappresentati anche in forma umana, perché l'uomo é dotato d'intelligenza, e può elevare lo sguardo in alto; perché ha la forma del corpo eretta e nobile, ed é nato per esercitare il comando; perché infine, se é inferiore agli animali irragionevoli per ciò che concerne l'energia dei sensi, li supera per la propria intelligenza, per la potenza della ragione e per la dignità della sua anima, naturalmente libera e invincibile.

Si possono anche, a mio parere, trarre delle analogie dalle diverse parti del corpo umano per rappresentare assai fedelmente gli spiriti angelici. Per esempio, l'organo della vista indica con quale profonda intelligenza gli abitanti dei cieli contemplano i segreti eterni, e con quale docilità, con quale tranquillità soave, con quale rapida intuizione essi  ricevono la limpidezza purissima e la dolce abbondanza delle luci divine. Il senso sì delicato dell'odorato, simboleggia la facoltà che hanno di gustare il buon odore delle cose che sorpassano l'intelligenza, di discernere con sagacità e di fuggire con orrore tutto ciò che non esala quel supremo profumo. L'udito rammenta che é dato loro di partecipare con un'ammirabile scienza, ai benefici dell'ispirazione divina. Il gusto mostra che si satollano del nutrimento spirituale e si dissetano in torrenti d'ineffabili delizie. Il tatto significa la loro abilità nel distinguere ciò che loro conviene naturalmente e ciò che potrebbe loro nuocere. Le palpebre e le sopracciglia indicano la loro fedeltà nel vigilare sulle sante nozioni che si hanno apprese. L'adolescenza e la giovinezza raffigurano il vigore sempre rinnovato della loro vita; e i denti simboleggiano la potenza di dividere, per così dire, in frammenti il nutrimento intelligibile che è loro concesso; poiché ogni spirito, per una saggia provvidenza, decompone la nozione semplice che ha ricevuto dalle potenze superiori, e la trasmette, così come l'ha avuta, ai suoi inferiori, secondo la loro disposizione rispetto a quella iniziazione.

Le spalle, le braccia e le mani indicano la forza che hanno gli spiriti di agire e di eseguire ciò che hanno deliberato.

Per il cuore bisogna intendere la loro vita divina che va comunicandosi, con dolce effusione, alle cose affidate alla loro protettrice influenza; e per il petto quella maschia energia che, facendo la guardia intorno al cuore, mantiene invincibile la sua forza.

I reni sono l'emblema della potente fecondità delle celesti intelligenze, ed i piedi sono l'immagine della loro viva agilità e di quell'impetuoso ed eterno movimento che li trasporta verso le cose divine; ed é anche per ciò che la teologia ha rappresentato gli angeli con ali ai piedi, essendo le ali una felice immagine della rapidità della corsa, di quello slancio divino che li spinge continuamente più in alto e li libera in modo sì perfetto da ogni bassa affezione. La leggerezza delle ali dimostra che quelle sublimi nature non hanno nulla di terrestre e che nessuna corruzione appesantisce il loro ascendere verso i cieli. La nudità in generale e, particolarmente la nudità dei piedi, ci dice che la loro attività non é impedita, che sono pienamente liberi da esteriori legami e che si sforzano d'imitare la semplicità che é in Dio.

 

IV. Ma poiché, nell'unità del suo fine e nella diversità dei suoi mezzi, la divina saggezza attribuisce delle vesti agli spiriti ed arma le loro mani di strumenti diversi, spieghiamo ancora, nel miglior modo possibile, ciò che rappresentano questi nuovi emblemi.

Io credo dunque che le loro vesti radiose e fiammanti simboleggino la conformità degli Angeli con la Divinità, come consegue dal significato simbolico del fuoco, e quella virtù che essi possiedono d'illuminare, avendo essi la loro dimora nei cieli, nel dolce paese della luce; e infine anche la loro capacità di ricevere e la loro facoltà di trasmettere la luce puramente intelligibile. La veste sacerdotale significa che essi iniziano alla contemplazione dei misteri celesti, e che la loro vita é tutta quanta consacrata a Dio.

La cintura significa che vigilano alla conservazione della loro fecondità spirituale e che raccogliendo fedelmente in se stessi le loro diverse potenze, le conservano con una specie di meraviglioso vincolo in uno stato d'identità immutabile.

 

V. Le verghe che essi portano sono una figura della loro reale autorità e della rettitudine con la quale eseguiscono ogni cosa.

Le lance e le scuri esprimono il potere che hanno di discernere i contrari, e la sagacità, la vivacità e la potenza di questo discernimento.

Gli strumenti geometrici e gli arnesi delle varie arti, dimostrano che sanno fondare, edificare e compiere le loro opere, e che possiedono tutte le virtù di quella secondaria provvidenza che chiama e conduce al loro fine le nature inferiori.

Qualche volta questi oggetti emblematici, attribuiti alle sante intelligenze annunziano il giudizio di Dio su noi (Numeri, XXII; II Re XXIV; Amos, VIII; Geremia, XXIV), come, per esempio, la severità di una utile correzione, o la vendetta della giustizia, oppure la liberazione del pericolo e la fine del castigo, il ritorno della prosperità perduta, ovvero, infine, l'aumento graduale di grazie corporali o spirituali. Ma senza dubbio una intelligenza chiaroveggente saprà bene applicare le cose visibili alle invisibili.

 

VI. Quando gli Angeli vengono chiamati venti (Daniele, VII), con ciò si allude alla loro grande agilità e alla rapidità della loro azione, che si esercita, per così dire, istantaneamente su tutte le cose, e il movimento sul quale si abbassano e si innalzano facilmente per trascinare i loro subordinati verso una più sublime altezza e per comunicarsi a loro con una provvidenziale bontà. Si potrebbe anche dire che questo nome di venti, di aria agitata, indica una certa rassomiglianza fra gli angeli e Dio; poiché, come l'abbiamo a lungo dimostrato nella teologia simbolica, interpretando il senso misterioso dei quattro elementi, l'aria é un simbolo molto espressivo delle opere divine, perché sollecita, in certo modo, e vivifica la natura, perché va e viene con una corsa rapida e senza arresto, e perché ignoriamo le misteriose profondità nelle quali prende e perde il suo movimento, secondo la parola dell'Apostolo:  «Voi non sapete ne donde viene, né dove va» (S. Giovanni III, 8).

La teologia rappresenta anche gli angeli sotto forma di nubi; insegnando con ciò che quelle intelligenze sono felicemente inondate d'una santa e ineffabile luce e che, dopo aver ricevuto con modesta gioia la gloria di quella diretta illuminazione, ne lasciano giungere ai loro inferiori gli abbondanti raggi, sebbene saviamente temperati; e che infine possono comunicare la vita, l'accrescimento e la perfezione spandendo come una rugiada spirituale e fecondando il seno che la riceve col miracolo di quella generazione sacra.

 

VII. Altre volte é detto che gli angeli appaiono come materiali di bronzo, di elettro, o di pietre preziose di diversi colori. L'elettro, metallo composto d'oro e d'argento, presenta, a causa della prima di queste sostanze, uno splendore incorruttibile e mantiene inalterabilmente la sua purità senza macchia, e a causa della seconda, una specie di dolce e celeste chiarezza.

Il bronzo, dopo tutto ciò che si é veduto, potrebbe essere paragonato tanto al fuoco, quanto all'oro stesso.

Il significato simbolico delle gemme sarà diverso, secondo la varietà dei loro colori; così le bianche ricordano la luce, le rosse il fuoco, le gialle lo splendore dell'oro, le verdi il vigore della giovinezza. Ogni forma avrà dunque il suo significato occulto e sarà il tipo sensibile d'una realtà misteriosa. Ma credo di avere trattato sufficientemente questo soggetto; ora cerchiamo di spiegare le forme animali di cui la teologia riveste talvolta gli spiriti celesti.

 

VIII. Sotto la figura del leone bisogna intendere l'autorità e la forza invincibile delle sante intelligenze e il divino mistero che vien loro concesso di ravvolgersi di una maestosa oscurità, sottraendo santamente agli sguardi indiscreti le tracce dei loro rapporti con la divinità, (imitando il leone che si dice cancelli colla sua coda l'impronta dei suoi passi, quando fugge davanti al cacciatore).

La figura del bove, applicata agli angeli, esprime la loro potente forza, e ci suggerisce l'idea che essi aprono in loro stessi dei solchi spirituali per ricevervi le fecondità delle piogge celesti: e le corna sono il simbolo della energia con la quale essi vegliano su loro medesimi.

La figura dell'aquila rammenta la loro regale elevazione e la loro agilità, l'impeto col quale si slanciano sulla preda di cui si nutrono, la loro sagacia nello scoprirla e la loro facilità nel ghermirla, e soprattutto quella acuta vista che permette loro di contemplare arditamente e di figgere senza fatica i loro sguardi nelle splendide e radiose luci del sole divino.

Il cavallo é il simbolo della docilità è dell'obbedienza; il suo colore é ugualmente significativo (Apocalisse, 20; Zaccaria, VIII): bianco, rappresenta quello splendore degli angeli che li avvicina allo splendore increato; baio, l'oscurità dei divini misteri; sauro, il divorante ardore del fuoco; toppato di bianco e di nero, la facoltà di mettere in rapporto e di conciliare insieme gli estremi, di piegare saviamente il superiore verso l'inferiore e di invitare ciò che é meno perfetto ad unirsi a ciò che é più elevato.

E se noi non ci studiassimo di osservare una certa sobrietà, potremmo con felici paragoni attribuire alle potenze celesti tutte le qualità e le forme corporali di questi vari animali, per mezzo di ravvicinamenti dai quali, pur tra le differenze sensibili, scaturirebbe l'analogia come se ad esempio, noi vedessimo nella irascibilità dei bruti quella maschia energia degli spiriti di cui la collera non é che un oscuro vestigio; oppure nella cupidigia di quelli, il divino amore di questi, o, per dir tutto in una parola, nei sensi e negli organi degli animali irragionevoli, i pensieri purissimi e le funzioni immateriali degli Angeli.

Ho detto assai per chi é intelligente; anche l'interpretazione d'uno solo di questi simboli é sufficiente per portare alla soluzione delle questioni analoghe.

 

IX. Consideriamo ancora ciò che intende dire la teologia quando, parlando degli Angeli, ci descrive fiumi, carri e ruote. Il fiume di fuoco raffigura quelle acque vivificanti che, uscendo dal seno inesauribile della Divinità, traboccano largamente sulle celesti intelligenze e nutrono la loro fecondità. I carri figurano l'armonica uguaglianza che unisce gli spiriti di uno stesso ordine. Le ruote fornite d'ali, correndo senza deviazioni e senza soste verso il fine prefisso, esprimono la potente attività e l'inflessibile energia con le quali l'angelo, entrando nella via che gli viene aperta, prosegue invariabilmente e senza deviazioni, la sua corsa spirituale nelle regioni celesti.

Ma questo simbolismo delle ruote é suscettibile ancora di un'altra interpretazione; perché quel nome di galgal che gli é dato secondo il profeta, (Ezechiele, X, 13) significa, in ebraico, rivoluzione e rivelazione. Infatti quelle ruote intelligenti e infiammate hanno le loro rivoluzioni che le trascinano con un movimento eterno intorno al loro bene immutabile; ed hanno le loro rivelazioni, o manifestazioni dei segreti divini, e ciò avviene quando iniziano le nature inferiori e fanno giunger loro la grazia delle più sante aspirazioni.

Ci resta da spiegare finalmente in qual modo si deve intender l'allegrezza degli Angeli. Perché non crediamo già che sottostiamo agli eccessi delle nostre gioie passionali. Dicendo ch'essi si rallegrano con Dio ogni volta che sono ritrovati coloro che erano perduti, si esprime la divina contentezza e quella specie di pacifico diletto da cui sono dolcemente inebriati ogni volta che la Provvidenza riconduce le anime a salvazione, ed anche quell'ineffabile senso di felicità che provano i santi della terra quando Dio li rallegra con l'effusione della sua augusta luce.

Queste sono le spiegazioni che dovevo dare trattando dei simboli usati dalla teologia. Quantunque incompleto, spero che questo lavoro aiuterà la nostra mente ad elevarsi al di sopra delle grossolane immagini materiali.

Che se tu mi obietti, o Timoteo, che io non ho fatto menzione di tutte le virtù, funzioni e immagini che la Scrittura attribuisce agli Angeli, io risponderò confessandoti il vero, che cioè in certi casi avrei avuto bisogno di una scienza che non é di questo mondo, e di un iniziatore e di una guida; e ti dirò anche come certe spiegazioni che io ometto siano implicitamente racchiuse in ciò che ho spiegato. Così ho voluto nel tempo stesso e serbare in questi discorsi una giusta misura ed onorare con il mio silenzio le sante profondità che io non posso scandagliare.

FINE

 


 

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