Raimondo di Sangro: G:.M:.
della Massoneria Napoletana
©
E.S. 2006
A bordo della sua carrozza, entra o
esce dal suo palazzo nel centro di Napoli il Principe di Sansevero,
«Signore di corta statura, di gran capo, di bello e gioviale
aspetto, filosofo di spirito, molto dedito nelle meccaniche, di
amabilissimo e dolcissimo costume, studioso e ritirato, amante la
conversazione di uomini di lettere», come lo descrive l’illuminista
Antonio Genovesi.
Entra in scena e subito la domina: i vicoli si animano, mille occhi
curiosi furtivamente scrutano dalle finestre, da dietro i carretti,
dai crocchi, dalla chiesa e dall’osteria. Tutta la massa del popolo
che si assiepa intorno al suo palazzo rispetta e riverisce "sua
Eccellenza ‘O Principe", ma anche lo teme. "Ssst jesce ‘o Principe".
Dai bassi e dalle botteghe sguardi
indagatori seguono, senza darlo a vedere la carrozza con i valletti,
nell’intento di scoprire la destinazione del Principe.
É un personaggio strano, come il suo palazzo, e quella sua chiesetta
che ha riempito di statue strane che non si capisce che hanno a che
fare con la religione: Come quella donna "che da sotto un velo di
marmo trasparentissimo ti sbatte in faccia due zizze belle tonde e
che lui ha chiamato La Pudicizia”, o quel “povero cristo di
pescatore finito nella sua stessa rete e che si dibatte per
liberarsi e che ha chiamato il Disinganno”.
Il popolo rispetta e teme il Principe, ma non lo capisce. E come
potrebbe? Raimondo di Sangro, Principe di Sansevero, è senza dubbio
uno dei personaggi più affascinanti e misteriosi del Settecento
napoletano. Non si può comprenderne appieno la figura, o capire
l’essenza delle sue opere se non si considerano le sue origini ed il
contesto storico in cui visse.
Discendente da stirpe Carolingia, e dalla casata dei duchi di
Borgogna, Raimondo nasce il 30 gennaio 1710 a Torremaggiore, in
provincia di Foggia, da Antonio di Sangro e da Cecilia Gaetani
d’Aragona, famiglie di antichissimo lignaggio, che vantavano
ascendenze al medio evo, un’eredità che li poneva in una posizione
di autonomia e privilegio rispetto alle varie dominazioni
succedutesi a Napoli.
La personalità di Raimondo fu influenzata dalle vicende dei
genitori. La madre Carlotta era morta quando il Principe aveva un
anno; era figlia di Aurora Sanseverino e Nicola Gaetani,
intellettuali, mecenati di filosofi e di artisti come Vico e
Solimena, fautori dello sviluppo di un pensiero rinnovatore che i
primi del 1700 poteva apparire rivoluzionario. Ma altri personaggi
nella stessa casata influenzeranno notevolmente il pensiero e le
opere di Raimondo: l’abate del monastero benedettino di
Montecassino, S.Berardo, S.Oderisio, il Vescovo Leone Ostiense
autore dei primi libri della Cronica Casinensis. Il ramo paterno, di
tradizione militare, annoverava numerosi condottieri al servizio
dell’esercito spagnolo lungo tutto l’arco del vicereame. Ma è
soprattutto nel periodo asburgico (1705-1734), dopo la morte di
Carlo II di Spagna, che la famiglia di Sangro divenne
particolarmente potente.
Il nonno, Paolo di Sangro, si era
guadagnato il titolo di Grande di Spagna, di prima categoria, per sé
e per i suoi discendenti maschi, oltre a tutti gli incarichi
ufficiali presso la corte.
La figura del nonno paterno ha un ruolo fondamentale nella
formazione di Raimondo, poiché è alle sue cure, cui era stato
affidato da piccolissimo, che si deve lo sviluppo intellettuale del
Principe e il suo amore per la ricerca. Raimondo era stato mandato a
Roma a studiare presso i Gesuiti dove era entrato in contatto con
una cultura orientata sia in senso umanistico che scientifico, e per
entrambe le branche del sapere Raimondo aveva manifestato interesse
ed inclinazione.
Fu scrittore arguto e brillante, intellettuale illuminato
dall'ingegno vivacissimo e dai molteplici interessi, dedito a studi
e ricerche spesso discutibili. La sua conoscenza del pensiero
dell’epoca, è dimostrata dalla sua biblioteca: 1600 volumi circa con
opere autografe di Pierre Bayle, Denis Diderot, Montesquieu,
Voltaire, Condillac, Rousseau, e tanti altri.
Innumerevoli le opere a carattere tecnico-scientifico.
L’unico testo di carattere cabalistico era Il Conte di Gabalis,
scritto dall’abate francese Villars de Mountfauçon, che il Principe
aveva nell’edizione originale francese del 1742 e che aveva tradotta
in Italiano e pubblicata nel 1752.
Esponente di primo piano della nobiltà del Regno, fu tuttavia aperto
alla borghesia del tempo, considerando nobili “coloro che mostrano
ingegno virtù ed onestà”, Gran Maestro della Massoneria napoletana
dalla personalità anticonformista e poliedrica, dopo aver suscitato
l'ammirazione e la curiosità dei contemporanei, ma anche forti ed
irriducibili opposizioni, ha continuato ad esercitare, nel corso dei
secoli, un fascino del tutto particolare, assumendo talvolta gli
inquietanti tratti di uno stregone, dell'iniziato e dell'alchimista,
dell’inventore, sempre, tuttavia, quelli di un personaggio quanto
mai enigmatico.
Sarà per tutte queste caratteristiche, per l'enfasi un po' guascona
con cui presentava se stesso e ogni sua creazione, che tra gli animi
più avveduti un'aura di maldicenza ne accompagna la memoria.
“O principe è 'nu riavulo”, ripete
ancora e sempre la voce del vicolo; con sufficienza e una punta di
fastidio, la casta dei sapienti precisa: “il principe è solo un
ciarlatano, credulo nelle antiche fandonie sulla magia
alchimistica”. E lui rivendicava la magia quale scienza di ciò che è
ancora ignoto in grembo alla Natura. Magia pervasa dal soffio del
divino. In questo senso si voleva Mago. Ma la vita del Principe de
Sangro è un insieme di simbologie alchemiche, magiche, massoniche ed
ermetiche, in accordo con l'originaria dottrina egizia, secondo la
quale, per ottenere l'illuminazione bisogna operare un cammino che
prevede di tagliare simbolicamente a pezzi il proprio corpo ed
aspettare che esso attraversi la sua fase di putrefazione affinché
risorga a nuova vita, una vita dominata dallo spirito.
É la trasposizione del mito della morte e resurrezione di Osiride
che, posto all'interno di un sarcofago delle sue dimensioni e fatto
a pezzi dal fratello Seth, verrà ricomposto da Iside per dare alla
luce il figlio Horus, lo spirito splendente d'oro.
É ormai noto che la società dei Liberi Muratori in Europa ebbe il
suo primo embrione in Calabria con la scuola Pitagorica, denominata
per antonomasia Scuola-Italica, ed i misteri di Iside ed Osiride,
coi rispettivi rituali delle iniziazioni arcane e misteriose. Dato
che si vuole che lo stesso Numa Pompilio sia stato iniziato a questa
Scuola misterica, possiamo dire che Scuola Pitagorica, Scuola
Italica e Massoneria Italiana sono da sempre legate da un unico filo
che parte dall’Egitto, ed in ossequio alle loro origini, i liberi
muratori del Grande Oriente di Napoli si mostrarono sempre gelosi
nel custodire le dottrine dell’Ordine ed, a fronte di qualunque
ostacolo, ne propagandarono i principi che sono pervenuti sino a noi
attraverso molti secoli.
I Figli del Sebeto mostrarono sempre coraggio e virtù
nell’affrontare arditamente i patiboli e col “non far di berretto o
inchinarsi giammai all’odiatissimo dispotismo”.
Fu per effetto di questi principi che si proclamò in Napoli il
Regime Repubblicano e la Repubblica Partenopea, che costava al
popolo tanti sacrifici, non così facilmente si sarebbe spenta se non
fosse stata stroncata dal fanatismo religioso appoggiato il
dispotismo.
Nel napoletano, il secolo dei lumi si
caratterizza come un momento di fervente attività in ogni campo. É
un periodo storico, che lascia una traccia profonda nella storia del
Mezzogiorno d’Italia, sia sotto l’aspetto culturale che per gli
avvenimenti di carattere socio-economico che ebbero a verificarsi.
Può ben dirsi, per le iniziative di varia natura che vi si presero,
che questo secolo contribuì notevolmente a creare una Napoli
proiettata nel futuro.
Come non riconoscere i grandi meriti di Carlo di Borbone, nel
rinnovamento napoletano dell’epoca?
Fu infatti grazie alla sua azione di governo che:
- Si costituì il collegio “Nautico”, per la formazione di ufficiali
della marina mercantile;
- Venne fondato il Corpo dei Piloti di porto;
- Furono incrementati gli scambi commerciali fra il Regno di Napoli
ed i paesi dell’area mediterranea
- Fu introdotto nel Regno il “gioco del lotto”,
- Il 2 luglio 1738, nacque l’Ordine Cavalleresco di San Gennaro, che
sostituì quello di San Carlo
- nel marzo del 1737 ebbe inizio la costruzione del Teatro San
Carlo, affidata all’architetto Angelo Carotale,
- Su disegno dell’architetto cav. Fuga, fu costruito l’Albergo dei
Poveri, aperto ai diseredati di tutto il Regno.
- Ed ancora l’opera di ammodernamento della capitale, il
miglioramento dell’edificio dei Regi Studi, la costruzione della
Reggia di Caserta, su progetto dell’architetto Vanvitelli
Anche sul piano culturale, si ebbe
un’imponente ripresa di ogni attività esaltante il pensiero umano,
infatti si diede in questo periodo, grande impulso agli scavi di
Ercolano e di Pompei, istituendo una scuola per la decifrazione dei
Papiri Ercolanensi.
L’Università degli Studi di Napoli, fondata da Federico II°, venne
ravvivata da Carlo che vi raccolse i migliori intelletti del secolo,
facendone il centro motore del movimento illuministico del
Settecento napoletano.
Anche l’Accademia di Lettere e Scienze mutò sistema di lavoro,
abbandonando ogni pompa del passato, prendendo di mira l’utilità
della collettività nazionale, richiedendo l’applicazione alle arti,
alla medicina, alle lettere, affinché venissero chiariti i punti
basilari della storia patria, in modo da contribuire al
miglioramento dell’arte di governo dei popoli.
Notevole fu l’apporto che questo secolo ricevette dall’azione di
uomini illuminati quali: Raimondo di Sangro, Francesco Spirito
Principe di Scalea, Paolo Doria Principe d’Angri, Vincenzo Cuoco,
Domenico Cirillo, Pietro Colletta, il Tenucci, Gaetano Filangieri,
il Marchese Vargas Macciucca, Giuseppe Aurelio De Gennaro, Pasquale
Cirillo, Biagio Troie, Mario Pagano, mentre fra gli ecclesiastici
ricordiamo il Genovesi, il Galliani, il Martini, Padre Carconi e
l’arcivescovo Rossi.
Non poteva mancare il contributo femminile a questo particolare
momento storico e notevole fu quello dato da donne come: Faustina
Pignatelli, Eleonora Pimentel Fonseca e tante altre ancora.
Fu appunto questa notevole ripresa culturale della Napoli
settecentesca che, assieme all’incrementato scambio con altri paesi,
dette quello che poi venne definito: «l’Illuminismo napoletano» che
anche sul piano socio-politico, doveva porre i presupposti per
quella grande pagina di storia che fu la Rivolta e la gloriosa
Repubblica Partenopea.
Grande posizione assume in questo quadro, appena accennato, il
fenomeno Massonico, per gli uomini che ne furono i propulsori ma
anche per la tenace azione da essa assolta nella storia di questo
secolo.
Fu infatti dalla Massoneria Napoletana che si manifestarono
importanti componenti ideali che troveranno poi la loro
identificazione più evidente, nei paesi più liberali.
Vediamo infatti la giovane Massoneria Napoletana di questo secolo
muoversi con la spontaneità propria dei modelli nuovi, allo scopo di
dare il suo storico contributo alla società nella quale si trova ad
operare, spesso subendo persecuzioni e censure per affermare, primo
tra tutti il diritto di associazione.
È infatti molto indicativo in proposito, leggere l’inizio del “De
Collegiis et
Corporibus” ove è detto: «In qualunque ben regolato governo non vi è
male,
che più contraddica e distrugga i principi dell’intrinseca sua
costituzione, quanto la perniciosa libertà, che si arrogassero i
cittadini di portare a loro capriccio di formare unioni, e
stringersi in società».
Un sicuro insediamento della massoneria a Napoli, a parte un
precedente del
1728 (relativo ad una loggia denominata Perfetta Unione di cui
tratteremo poi), può esser fatto risalire al 1745, allorquando un
commerciante francese Louis Larnage fondò una nuova Loggia che
divenne “giusta” nel 1749, quando vi vennero iniziati cinque
ufficiali borbonici e successivamente altri dieci fratelli tra cui
Francesco Zelaja ed il sacerdote Filippo Nazani Paltoni
(1).
Secondo quanto scrive Francovich, la Loggia svolgeva i lavori nel
rispetto dei Rituali inglesi con i tre gradi della M. Azzurra
(apprendista, compagno e maestro).
Nell’anno 1750 venne eletto Maestro Venerabile lo Zelaja, il quale
desideroso di rilanciare l’Ordine Massonico, avvertiva la necessità
di immettere nella Famiglia uomini di alto lignaggio che avessero
potuto offrire all’Ordine protezione e facilitarne l’azione di
proselitismo come Gennaro
Carafa, Domenico Venier, il principe di Calvarusso. In questo periodo
vengono inseriti ad opera del R+C Charles Radcliff altri gradi detti
Superiori o Scozzesi Nel contempo la Loggia si trasferisce al
Palazzo del Marchese Rimise. In
questa nuova sede vennero ricevuti diversi ufficiali e nobili di
alto rango, fra i quali Gennaro Carafa Principe della Roccella.
Nel luglio del 1750 viene iniziato Libero Muratore Raimondo di
Sangro Principe di Sansevero, il quale l’anno successivo assume il
titolo di gran maestro.
In questo periodo v’erano due distinte correnti massoniche nel regno
di Napoli: una formata dai ranghi più elevati della gerarchia
militare insieme ai nobili legati alla corte, e che operava con gli
alti Gradi, ed una seconda che accoglieva gran parte dei
commercianti, inglesi e francesi, ed anche ufficiali di basso rango.
La maggioranza di coloro che componevano questa seconda
«ala» borghese delle logge partenopee era di religione calvinista,
ed era questa ala che era guidata dallo Zelaja.
A partire dal momento del riconoscimento di Raimondo come Gran
Maestro di tutte le logge napoletane, il Principe si tuffa nella
politica del regno, avvicinandosi al Re di cui gode la stima e
collaborando alla ristrutturazione dell’esercito, anche attraverso
l’invenzione di macchine da guerra, del tutto nuove per l’epoca.
Convinto seguace di Bayle, Shaftesbury, Collins e Toland, da cui
aveva mutuato i principi di tolleranza religiosa e di libertà di
pensiero, il Principe non può fare a meno di coinvolgere nel proprio
progetto i magistrati con i quali i nobili rivaleggiavano «negli
affari del Regno» procurando grave disagio alla corona, al regno
intero, ed offrendo all’estero motivo di discredito per il Regno di
Napoli.
Questo aprirsi di Raimondo alla borghesia, questo considerare
«nobili» coloro i quali mostrano ingegno, virtù, ed onestà, É di
certo dovuto all’evolversi del suo pensiero massonico.
Tale attività la mantenne fino al 1751 anno in cui, Carlo III di
Borbone dovette con un editto cancellare le logge napoletane e
bandire la massoneria dal regno.
Comunque la Napoli di quegli anni è da considerarsi un vero
crogiuolo di attività esoteriche, di sodalizi iniziatici di diversa
matrice, che, amalgamatisi gradatamente fra loro, originarono un
complesso regime esoterico di natura sincretica, dalla prevalente e
spiccata matrice italico-egizia-caldaica.
É proprio a Napoli che nacque e prosperò quel centro tradizionale
che, secondo Brunelli, “di volta in volta diede manifestazioni di sé
attraverso l'ispirazione di fratellanze esoteriche di particolare
importanza” (2) a noi noti come "Rito di Misraim, Alta Massoneria,
Ordine della Stella Fiammeggiante”; strutture iniziatiche che, come
osserva il Kremmerz (3), “originatesi dalle scuole magiche osiridee,
propriamente di origini italiche, e passate insospettate fino alla
seconda metà del secolo XVIII, (sono) ritornate poi nell'ombra della
storia, tanto che ora non si sa dove stiano e se ancora esistano”.
Ad ogni modo, ancora oscuri e scarsamente documentati appaiono i
primi indizi dell'ermetismo di ispirazione egizia nel pensiero del
secolo dei "lumi" che, nella Massoneria, troveranno i "segni" più
incisivi della loro riscoperta. La fondazione di una loggia con
connotazioni egizie, anche se non sicuramente documentata sembra
risalire al tempo del viceregno austriaco in Napoli
(4), ma dati più
certi si hanno per la metà del XVIII secolo.
La notizia è in buona
parte confermata da un ms. compilato appena dopo il 1750 da un
anonimo Curioso dilettante di novità (5).
La particolarità dell'officina napoletana della Perfetta Unione che,
come vedremo, assumerà la denominazione di "Primaria Loggia", era
quella di far uso di un sigillo caratterizzata da una piramide
sormontata dal sole raggiante, davanti alla quale vi era la sfinge,
e la rappresentazione della luna crescente
sul dorso. Le zampe anteriori poggiano su un ramo di acacia e su di
una pietra cubica grezza. Il sigillo in argento, avorio. ed oro reca
le seguenti leggende:
SIG: NEAPOLIT: LATOMOR: FRATERN: PERFETTA-UNIONE...ed all'interno,
nel campo superiore la frase :QUI QUASI CURSORES VITAE LAMPADA
TRADUNT A.L.1728 che si traduce in SIGILLO DELLA FRATELLANZA DEI
MURATORI NAPOLETANI DELLA PERFETTA UNIONE;COLORO CHE COME CORRIDORI
TRASMETTONO LA LAMPADA DELLA VITA. ANNO DELLA LUCE 1728.
Il sigillo, che quindi sposterebbe al 1728 l'anno di fondazione
della Perfetta Unione, presenta notevoli analogie con una medaglia
commemorativa realizzata dai massoni romani nel 1742 durante la
permanenza del celebre massone inglese Martin Folkes nella
capitale (6).
Infatti, praticamente simili sono i motivi della piramide (per
alcuni sarebbe quella romana di Caio Cestio), del sole radiante,
della sfinge della luna, del ramo di acacia, della pietra cubica.
Tale medaglia era stata realizzata ispirandosi al sigillo della
Perfetta Unione
napoletana?
Oltre ai riferimenti del Francovich (7), un'altra fonte confermerebbe
l'esistenza di una loggia operativa detta della Perfetta Unione in
Napoli nel 1728. La notizia è
tratta dalle Tavole Barbaia, documento che, nel 1885, attestava la
ricostruzione della Perfetta Unione all'Obbedienza del Supremo
Consiglio del
33° Grado per la Giurisdizione Italiana sedente a Torino.
Nella breve cronistoria che contiene, la Tavola rimanda al 1728
l'origine della
Perfetta Unione napoletana (8).
Per concludere i riferimenti alle origini dell'officina partenopea,
bisogna far menzione di una patente di legalità che, nel maggio
1728, veniva concessa dalla Loggia Madre di Londra a firma di Lord
H.H. Coleraine per una non
meglio specificata loggia napoletana (9). In ogni caso la simbologia
del sigillo della Perfetta Unione non pone dubbi sul tipo di "tegolatura"
usata nella più antica delle officine partenopee, poi diventata
verosimilmente "Primaria Loggia" all' epoca del mandato di Raimondo
di Sangro.
Non conosciamo da documenti l'impronta data dal principe alla sua
loggia che, in breve, per il rilevante numero dei muratori dette
origine a gemmazione di altre officine. Nonostante l'esiguità del
tempo di venerabile in carica, il Sansevero si adoperò per lo più ad
organizzare una struttura di più ampio respiro rispetto al passato,
e ad appianare i dissensi interni tra gli orientamenti
conservatori di Larnage ed innovatori dello Zelaja.
Il Sansevero
divise i massoni napoletani in tre Logge: la Di Sangro, la Carafa e
la Moncada (dai nomi dei rispettivi venerabili).
La Di Sangro, forte di trecento fratelli aveva nel suo interno un
nucleo di ispirazione Hiramitica, Rosicruciano, alchimistico e
templare, come si evidenzia da alcuni documenti scritti dallo stesso
Di Sangro al baroneTschudy (10).
Interessante notare che questa “superloggia” operava col titolo di
Rosa d’ordine Magno (11), forse con rituali egizi o ebraico-egizi.
Dalla
"Lettera Apologetica" (12) si rileva la profonda erudizione del
di Sangro relativamente agli Egizi e alle loro conoscenze delle
costellazioni, del ritrovamento del Corpus di conoscenze metafisiche
di Adamo e delle opere di Ermete Trismegisto.
Inoltre, da profondo conoscitore della lingua ebraica, il Sansevero
era in grado di consultare gli antichi testi cabalistici nella loro
stesura originale, anche se per evitare gli strali della censura
ecclesiastica, fu costretto ad attribuire l'origine del geroglifico,
e quindi la nascita dell'intelligenza dell'umanità, ad Adamo e alla
"ebraica nazione". In questo modo, usando un linguaggio ironico,
sembrava accettare la generale impostazione della chiesa che la
conoscenza divina passi dalla sapienza ebraica a quella dell'Egitto
e che questa sia stata trasmessa da Misraim, nipote di Cham.
Questa affermazione apparentemente non eretica viene ribadita dal
termine Memphis-Misraim con il quale più che far precedere una
tradizione all'altra si tende a far comprendere che esse si trovano
entrambe ad oriente del nostro mondo.
La pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della
Bolla Providas
Romanorum Pontificum emanata da Papa Benedetto XIV, al secolo
Prospero Lambertini, bolognese (egli stesso massone, cavaliere kadosh), per
ribadire la condanna pontificia del 1738 di Papa Clemente XII, del
28 aprile 1738
In Eminenti Apostolatus Specula, indusse Carlo VII di
Borbone (poi Carlo III,
come re di Spagna)
alla promulgazione di un editto (10 luglio1751)
che proibiva la Libera Muratoria nel regno di Napoli
(13).
Avendo avuto sentore della tempesta che stava per abbattersi sulla
massoneria napoletana, fin dal 26 dicembre 1750 il principe di San
Severo aveva informato il re sulla esatta realtà dell’organizzazione
da lui presieduta e, con altrettanta tempestività, il 1° agosto 1751
inviò al Papa un’abilissima lettera di ritrattazione
(14).
Le proteste di lealismo politico-religioso del San Severo valsero a
limitare le sanzioni contro i liberi muratori napoletani, che si
ridussero per la stragrande maggioranza di essi a una solenne
ammonizione giudiziaria grazie anche alla commissione inquirente
nominata da re Carlo, composta dal Duca di Mirando, il duca di
Castropignano, dal Principe di Centola, e da padre Benedetto Latilla.
Unici condannati, il Larnage, il frate francescano Bonaventura di
Bisognano ed il barone Tschudy.
Dopo il “tradimento” del principe e la fuga del barone Tschudy, la
Primaria
Loggia o della Perfetta Unione, presumibilmente, venne"assonnata".
Tale gesto da alcuni fu interpretato come atto di vigliaccheria, da
altri come unico atto possibile per salvare i fratelli,
disciogliendo l’ordine. Il progetto del di Sangro era di far
risorgere la nobiltà napoletana, spesso accusata di essere dedita
solo alla vita di corte, alla caccia, e di essere legata solo ai
propri privilegi feudali. Riscattarla quindi dal letargo per aprirla
ai fermenti innovatori che in Europa si facevano sentire.
Dopo i fatti del 1751, la repressione, la scomunica ed il tentativo
a vuoto dell’Inquisizione di tradurlo a Castel Sant’Angelo, Raimondo
si vede costretto a chiudere la tipografia in cui stampava i
manoscritti da lui stesso tradotti, a volte sotto pseudonimo. Due
gesuiti, in particolare, tallonavano da presso il
Principe: Innocenzo Molinari e Francesco Pepe che riferivano ai
responsabili superiori dei «servizi» vaticani circa le opere e le
iniziative del Principe. Soprattutto si scagliavano, nei loro
rapporti, contro le opere «pericolosamente scientifiche» che
Raimondo stampava e divulgava.
Costretto al silenzio, Raimondo di Sangro non trovò altra maniera di
dialogare con il mondo intelligente che quello di scrivere il
proprio testamento spirituale nella Cappella, da lasciare a quella
parte di mondo che, animata dalla sete della conoscenza, avrebbe
profuso sforzi ed energia per interpretarlo.
Mancano notizie certe fino al 1768, data di una petizione da parte
di Jean Rodolphe Passavant alla Grand Lodge of England per essere
autorizzato a ricostituire in Napoli la loggia regolare La Perfetta
Unione, portandola, successivamente, alla dignità di Gran Loggia
Provinciale (15).
Nel 1763, divenuto re di Spagna dal 1759 Carlo VII, e regnante sotto
la tutela del toscano ministro Bernardo Tanucci l’ancora minore suo
figliolo Ferdinando IV, il gran maestro aggiunto della G.L.Nazionale
d’Olanda, Franc Van der Goes, concesse una patente provvisoria di
fondazione per una loggia sotto la denominazione di Les Zelés. La
patente definitiva venne rilasciata il 10 agosto
1763 e ad essa il 10 marzo 1764 fece seguito un’altra patente, che
promuoveva la loggia Les Zelés al rango di Gran Loggia Provinciale
per il
regno di Napoli.
In questo momento, nella massoneria napoletana operano personaggi
importanti come Luigi D'Aquino (1739-1783), fratello del principe
Francesco, legato al noto Giuseppe Balsamo.
Benché occultata, la Napoli massonica era rappresentata da piccoli
gruppi tenuti uniti dal fratello Francesco, per lo più interessati a
vendicarsi delle delazioni e tradimenti subiti con la famosa
"sorpresa di Capodimonte" del capo della polizia, Pallante per
ordine del ministro Tanucci.
Nel 1767 viene denunciato a corte da un massone "pentito" e da un
prete, il duca di Torremaggiore, Vincenzo Di Sangro (1743-1790),
figlio di don Raimondo e futuro principe che alla morte del padre
erediterà il titolo principesco, il palazzo e le proprietà e,
soprattutto, i numerosi debiti che un matrimonio di interesse riuscì
appena ad arginare. Comunque Vincenzo, subito dopo la morte del
padre, ricostituì la Perfetta Unione che, non essendo riconosciuta
dalla Gran Loggia d'Inghilterra, fu considerata
irregolare, ma, fu quasi certamente il cavalier D'Aquino, cugino del
Di Sangro, ad introdurre nel Corpus dottrinario della loggia
un'operatività segreta a cui lo stesso era stato iniziato a Malta e
che si riteneva fosse derivata dall'antica sapienza sacerdotale
egizia e caldea.
Oltre al Balsamo-Cagliostro (1743-1795) che grazie all'amicizia del
D'Aquino, ebbe contatti con la loggia, impossessandosi, forse, della
liturgia di un rito che gli fu utile per il suo rituale egizio,
vanno ricordati, in quanto appartenenti alla Perfetta Unione, Nicola
Palomba sacerdote di Avigliano (1746-1799), Carlo Castone Della
Torre Di Rezzonico, Francesco Caracciolo (1752-1799).
Non si possono del resto ignorare massoni intellettuali e patrioti
come Gaetano Filangieri principe di Arianello (1752-1788), Mario
Pagano, Domenico Cirillo e tanti altri.
Ma, ritorniamo al Sansevero .
Nel 1744, dopo essersi distinto nella battaglia di Velletri, è
ricevuto dal Pontefice Benedetto XIV ottenendo la "licenza di poter
leggere ogni genere di libri proibiti", ed inizia un periodo di
intensa attività intellettuale "con occuparsi nel giorno del
continuo a studj meccanici, e nella notte, ove si gode una maggior
quiete, e sono più lontani i rumori, alle scienze
(16), ed arriviamo al
periodo cruciale della vita di Raimondo di Sangro, che in pochi anni
viene iniziato nella Libera Muratoria (se dobbiamo ritenere
rispondente a verità la sua dichiarazione di essere stato iniziato
il 22 Luglio 1750) e poco dopo ne diventa il Gran Maestro, elabora
con il Corradini, anch'egli Libero Muratore, il programma
iconografico della Cappella e dà inizio alla sua decorazione.
Abbiamo visto che la prima Loggia Massonica costituita dal Larnage,
subì
una scissione ad opera degli aristocratici i quali si riunivano in
Palazzo Alvise e riconobbero quale loro Maestro Venerabile il Di
Sangro, mentre il Larnage costituì una nuova Loggia alla quale
dettero la loro adesione quei fratelli rimasti fedeli alla Ritualità
inglese.
Prima fatica del Maestro Venerabile Di Sangro fu quindi quella di
avere intensi contatti con il Larnage ed i suoi seguaci, allo scopo
di eliminare ogni malinteso fra le due Logge e far rientrare la
scissione, e la sua tenace azione ebbe positivi risultati.
Infatti il 24 ottobre 1750, a Posillipo, nella villa del Principe
Gennaro Carafa, si pervenne all’agognata unificazione dei due rami
della Massoneria Napoletana, tanto che, nella predetta riunione il
Larnage riconobbe il Principe Raimondo di Sangro, nella dignità di
Gran Maestro della Massoneria Napoletana.
Il Sansevero, vinte scissioni e malintesi, si dedicò con impegno
alla riorganizzazione della Massoneria Napoletana, determinando una
sua notevole crescita numerica e dividendo quindi i fratelli
napoletani in tre Logge: la “Di Sangro” con un piedilista di oltre
280 fratelli, la “Moncada” e la “Carafa”.
Superata la fase di unificazione e riorganizzazione, il Sansevero si
dedicò all’approfondimento dottrinario e ritualistico, sostenendo
che il cammino iniziatico, iniziato nei primi tre gradi dell’Ordine,
dovesse trovare il suo perfezionamento nei gradi “scozzesi”, o Alti
Gradi, nei quali si trattava della leggenda di Hiram e del Tempio,
di Salomone.
Fu merito quindi del Principe di Sansevero, la costituzione nella
Massoneria napoletana della prima Loggia Scozzese, presso la “Di
Sangro”, che maggiormente si prestava alle esigenze rituali dello
Scozzesismo, sia per il più alto numero di componenti che per la
loro formazione esoterica. La loggia del di Sangro, usava certamente
una tegolatura ebraica-egizia, ed un rituale segreto, dedicato ad
una selezionata cerchia di appartenenti che verrà in futuro
codificata negli ultimi gradi del Rito di Misraim, noti come la
Scala di Napoli o Arcana Arcanorum, cui corrisponde la conoscenza di
una pratica utile a conseguire il magistero alchemico-trasmutativo.
Questo
livello conduceva attraverso i misteri di Iside ed Osiride alla
realizzazione di un “Corpo di Gloria”,ovvero al raggiungimento della
immortalità, che fu sempre l’idea dominante di tutta l’opera del Di Sangro.
Più in generale, la “Perfetta Unione” recuperò e custodì un corpus
dottrinario tradizionale di ispirazione ebraico-egizio con forti
influenze caldee e pitagoriche, perfettamente in linea con quella
tradizione Italica, che nel Meridione d’Italia ebbe la sua maggior
diffusione.
Ma l’azione riformatrice del Principe di Sansevero, non poteva
fermarsi a questi obiettivi.
Infatti, venne diffuso nel Napoletano, fra l’altro, la traduzione
del “Conte di Gabalis” del Montfaucon de Villars, contenente nozioni
cabalistiche e della concezione Rosacrociana, in quell’epoca molto
diffusa in Germania, nonché del “Riccio Rapito”, poema esoterico di
Alessandro Pope in cui si fa riferimento a Paracelso ed agli spiriti
elementari dell'Adeisidaemon del Toland. Ma il rapido diffondersi
della Massoneria nel Regno di Napoli, creò notevole allarme negli
ambienti ecclesiastici, tanto che già nell’autunno del 1750, iniziò
con violenza una feroce campagna antimassonica a Napoli, con le
prediche nelle chiese e piazze del gesuita Padre Pepe e del popolare
“Padre Rocco” del quale si occupa Benedetto Croce nella sua “Vita
religiosa a Napoli del settecento”.
Questa situazione destò i primi allarmi anche nella Curia romana che
intervenne presso il Re Carlo V°, invitandolo ad intervenire.
Questo stato di allarmismo, indusse nei primi mesi del 1751 il di
Sangro ad avere un colloquio con Carlo V° per rassicurarlo che nel
corso del lavori Massonici “non si trama né contro la monarchia, né
contro la religione.”
Intanto, in conseguenza delle pressioni del clero napoletano, la
situazione precipitava con la emanazione da parte del Pontefice
Benedetto XII°, il 28 maggio 1751, della Bolla «Provvidae Romanorum
Pontificum», con la quale confermava la scomunica emanata tredici
anni prima dal suo predecessore, colpendo in maniera particolare “il
segreto massonico” ed il suggello che esso riceve, sotto il vincolo
del giuramento.
Conseguentemente alla presa di posizione del Pontefice, il clero
locale accentuò le sue pressioni su Re Carlo, perché si decidesse a
deliberare misure restrittive nei confronti della Massoneria.
Messo alle strette, il sovrano napoletano, il 10 luglio 1751, per la
prima volta nella storia del suo Regno,
emanò un editto che
condannava e proibiva la Massoneria nel Regno.
Nel frattempo il Principe di Sansevero aveva pubblicato nella sua
tipografia, un opuscolo dal titolo
«Lettera apologetica del Quipu»,
sotto lo pseudonimo di Esercitato , nella quale, scrivendo di sé e
delle sue invenzioni, consente al lettore di farsi una ben precisa
idea sui suoi orientamenti culturali e su diversi aspetti della sua
personalità.
In esso, mentre voleva colpire con la satira la società del suo
tempo, riprendeva di fatto le nozioni di scrittura –
tecnico-mnemonica – predisposta con fili di vari colori annodati in
modo diverso dal “Quipu”.
Sostanzialmente però, la Lettera Apologetica, affronta temi
cabalistici. Questo lavoro del Principe, fu l’occasione perché gli
ambienti clericali
napoletani potessero scagliare con maggiore veemenza, una nuova
campagna antimassonica, additandolo ai napoletani quale “rinnegatore
della Sacra Scrittura e del miracolo di San Gennaro”.
Colpito dai rinnovati attacchi, allo scopo di evitare all’Ordine
massonico conseguenze più gravi, il Gran Maestro si fece ricevere
dal Sovrano napoletano allo scopo di rinunciare pubblicamente alla
dignità di Gran Maestro e chiedere
di essere ricevuto, attraverso il Nunzio Apostolico, dal Pontefice,
per chiarire i motivi della sua adesione alla Massoneria ed il vero
significato della sua opera sul “Quipu”.
Appare evidente che, con questo gesto, il Principe intendeva placare
la bufera che si era scatenata nell’opinione pubblica partenopea
contro la Massoneria, e d’altro canto, il chiarimento al Papa, non
doveva essere
considerato la ritrattazione delle sue convinzioni esoteriche, ma
una ben congegnata mossa politica.
Nel frattempo furono messe in circolazione, nella città di Napoli,
le prime copie dell’opera “Il Conte di Gabalis”, e purtroppo questa
operazione aggravò maggiormente la campagna antimassonica scatenata
nel Regno di Carlo di Borbone, annullando l’azione che il Principe
di Sansevero, con la sua rinuncia alla Gran Maestranza, aveva
tentato di determinare.
Di fronte alla campagna antimassonica che si andava scatenando,
Raimondo di Sangro, il 3 agosto 1751, dopo essersi
confessato presso
il sacerdote G.B. Alasia, inviò al Pontefice Benedetto XIV°
una
lettera con la quale, nel precisare tempi e luoghi della sua
Iniziazione Massonica, precisava nel contempo che le Logge
Massoniche non svolgevano alcuna azione eversiva contro la Chiesa e
contro l’ordine costituito (17).
"Compie in questo corrente mese di
Luglio appunto
un anno, Santissimo Padre, da che un ragguardevolissimo Cavaliere
della Corte del mio Re Carlo Borbone (18) col quale avea gran
dimestichezza, secretamente parlandomi m'invitò ad entrare nel ruolo
di coloro, che volgarmente Liberi Muratori son detti".
Il Principe
racconta quindi che, dopo essere stato interrogato dal "Presidente o
sia dal Maestro, siccome essi dicono,
dell'Ordine", venne ammesso all'iniziazione: "e avendoci il
Presidente e tutti gli altri Confratelli acconsentito, son tra loro
ricevuto a' 22. di Luglio del prossimo passato anno", ovvero del
1750.
Il Principe riferisce di essersi trovato "in mezzo ad onestissima
Gente" e che, avendo partecipato a numerose riunioni, non si era
imbattuto "in alcuna cosa viziosa, se non in molte piuttosto
ridicole ed insulse, cioè in certi enigmi, sotto i quali ciascuna
bagattella alla società appartenente si nasconde": e continua quindi
affermando che per tale motivo si era piuttosto disgustato;
tuttavia, aveva deciso di "perseverarci per qualche tempo"
soprattutto perché gli sembrava "laudabile" che uomini di diverso
ceto, "posta da banda la nobiltà della nascita e la gravità
degl'impieghi, doveano fra loro familiarmente conversare, e
promettersi uno scambievole soccorso in caso di caderne in bisogno"
e pensando inoltre che "si potesse apportare un grandissimo
benefizio alla Patria coll'unire insieme gli animi de'più Potenti
Cittadini e quelli de'Giureconsulti".
"Trenta giorni appena dopo la
mia ricezione - continua il Principe - per comune consentimento di
tutti fui eletto Presidente, o per meglio dire Gran Maestro
dell'Ordine nel Regno Napoletano".
Per quanto riguarda la vicenda massonica del Principe, ritengo che
essa si sia svolta diversamente da quanto risulta dalle
dichiarazioni che egli stesso fu costretto a fare. Non è credibile
che il Principe fu iniziato appena pochi mesi prima di essere eletto
Gran Maestro, ma che la sua appartenenza alla Libera Muratoria debba
risalire a circa un decennio prima. Secondo quanto afferma il
Curioso Dilettante (19). La Massoneria fu introdotta nel Regno di
Napoli nel 1731 dai militari austriaci, ma già nel 1728 la Gran
Loggia d'Inghilterra aveva
rilasciato un mandato per fondare una Loggia a Napoli
(20).
Da un
manoscritto del 1804 redatto da Emanuele Palermo
(21), apprendiamo che
dopo il 1734 la Massoneria continuò ad essere presente a Napoli solo
con Logge composte da forestieri, finché, intorno al 1745, un
"Piemontese ed un Francese (il Larnage), ambi di domicilio in
Napoli, il primo di mestiere acquavitaro, e il secondo negoziante di
drappi e seta" non "pensarono di erigere una Loggia separata e
farsene essi i Capi e Direttori, non tanto per aver l'onore di
esserne chiamati i Fondatori della Loggia di Napoli, ma quanto per
averne il profitto".
Va però detto che verso il 1740 circolava in città una traduzione
manoscritta del discorso del 21 marzo 1737 di
Michel-André de
Ramsay (22), discorso che viene considerato il punto di partenza per
l'istituzione della Massoneria Scozzese, e ci sono diverse ragioni
per pensare che intorno al 1740 già esistesse a Napoli una Loggia
"aristocratica" orientata verso la filosofia degli Alti Gradi. di
cui avrebbero fatto parte diversi esponenti dell'aristocrazia, e,
forse, lo stesso Principe di Sansevero: a questa Loggia si sarebbe
aggiunta, dopo il 1745, la Loggia di ispirazione "inglese" e
"borghese" del Lamage.
In questa fase della storia della Libera Muratoria napoletana, si
inserisce la vicenda del Principe di Sansevero, il quale fornisce la
versione ufficiale sulla
sua esperienza massonica nella lettera scritta a Benedetto XIV e
datata il I
agosto 1751, Il Principe di Sansevero, infatti, su proposta dallo Zelaja, venne "di comune consenso acclamato e riconosciuto per Gran
Maestro dell'Ordine", riconoscimento che gli fu confermato il 24
ottobre 1750 anche dalla Loggia del Larnage: pertanto, sotto il Gran Maestrato del Principe di Sansevero, le Logge napoletane andarono a
costituire una Gran Loggia Nazionale (23).
Sorge, a questo punto, una legittima perplessità: come è possibile
che il Principe di Sansevero, per quanto prestigiosa fosse la sua
figura, potesse essere eletto Gran Maestro dell'Ordine appena un
mese dopo la sua ricezione? Una così rapida carriera massonica
appare molto improbabile (24), mentre
sembra ben più verosimile l'ipotesi che il Principe di Sansevero
fosse stato iniziato già diverso tempo prima, e che nel 1750 abbia
invece voluto imprimere una svolta decisiva alla Massoneria
napoletana, riorganizzando le Logge, rafforzandola e rendendola
autonoma con la costituzione della Gran Loggia Nazionale.
L'idea che il Principe di Sansevero facesse parte della Libera
Muratoria da prima del 1750, è stata già avanzata da più parti, e
secondo Gamberini il Principe sarebbe stato iniziato nella Loggia
del duca di Villeroy fra il 1736 e il
1737 (25).
Henri Theodor Tschudy riporta il testo di un'Orazione che il
Principe avrebbe pronunciata nel 1745, in occasione dell'ingresso di
alcuni Apprendisti nella sua Loggia (26). Il tono dell'orazione è tale
che a tenerla non può essere stato che il Maestro Venerabile, o
l’oratore della Loggia: pertanto, il Principe di Sansevero nel 1745
non solo sarebbe già stato inserito nell'Ordine, ma vi avrebbe
occupato un posto di primo piano. Inoltre, in un documento massonico
dell'epoca, un volumetto recante il titolo Le Costituzioni della
Società dei Liberi Muratori, viene riportata la "Canzonetta Recitata
in Napoli nel dì 21 Gennaio
1750, assistendo il F.. Tolvach Inglese al travaglio della Loggia
della Concordia, una delle Logge del F.. Raimondo di Sangro,
Principe di S.Severo, Primo Gran Maestro in Italia"
(27): apprendiamo
in tal modo il titolo distintivo di una delle Logge del Principe di
Sansevero, ma soprattutto troviamo la conferma che il Principe era
già a capo della Massoneria napoletana il 21
gennaio 1750, cioè sei mesi prima della data del 22 luglio 1750, in
cui egli stesso afferma di essere stato iniziato. In mancanza di
documenti più precisi ed attendibili, la vera data dell'iniziazione
massonica del Principe di Sansevero resta ancora avvolta nel
mistero. Ritengo tuttavia che un'indicazione in merito sia stata
fornita, in forma velata, dallo stesso Principe nella Lettera
Apologetica, quando parla del suo Progetto d'una "Multiplice Difesa
Interna", affermando che "questo ammirabile trattato è la cosa, che
con più gelosa cura custodisce
l'Autore" (28): sembra infatti di poter scorgere, nella Molteplice
Difesa Interna, non solo un modello di fortificazione militare, ma
anche un'allusione allo schema della Triplice Cinta
(29) simbolo
dell'insegnamento iniziatico coi suoi tre gradi visti come barriere
da superare per penetrare nel punto centrale, cuore del mistero
e fonte dell'insegnamento.
Non sembra eccessivamente azzardato ipotizzare che la data del 1741,
attribuita a tale Progetto (30), possa essere la vera data
dell'iniziazione massonica del Principe, il che sembrerebbe trovare
conferma in un altro passo che
precede il brano in questione, ed in cui il Principe cita un'altra
sua opera sulla “vera cagione produttrice della luce"
(31). Vedere o
ricevere la Luce è ciò che il neofita chiede all'atto della sua
iniziazione, e non possiamo non ricordare, in proposito, la frase
con cui lo stesso Principe aveva salutato alcuni Apprendisti in
occasione del loro ingresso nella sua Loggia: "è giusto, infine, che
vi renda partecipi della Luce che avete cercato con tanta cura."
(32)
Dopo la sua rinuncia all’appartenenza all’Ordine Massonico, deluso
ed amareggiato, il Principe si concentra sui lavori della sua
Cappella e sulle sue amate ricerche: "abbandonando ogni altro
intrapreso suo studio nello stesso anno 1751, pensò di darsi del
tuffo allo studio della Fisica sperimentale come la più profittevole
per l'umana società, con animo di tentar nuove sperienze, e
illustrar con nuove scoverte una si famosa, e necessaria Scienza"
(33).
Intraprende quindi delle nuove esperienze fisiche e fa costruire in
un
sotterraneo del suo palazzo una fornace, sul tipo di quelle
adoperate dai vetrai "ma di una particolare costruttura",
aggiungendovi diversi altri forni "a fuoco di riverbero"; poi, in un
altro locale, fece installare un "Laboratorio Chimico con ogni sorta
di fornelli, di Vasellami, o di ordigni per qualunque operazione".
Realizza dei cristalli e delle pietre dure artificiali e riprende a
fare degli esperimenti, già precedentemente tentati, sulla
rigenerazione della vita dei granchi e sulla formazione del sangue
dal cibo, facendo "altre belle scoperte... alcune delle quali
sembrano fuori dell'ordine della Natura"
(34). Fra queste va ricordato
soprattutto il cosiddetto Lume Eterno, ampiamente descritto nelle
Lettere indirizzate al Cavaliere fiorentino Giovanni Giraldi ed
all'Abate Nollet dell'Accademia Reale delle Scienze di Parigi
(35).
Il
tema della Luce che si
sprigiona dai corpi viene ulteriormente trattato nella ”Dissertazione
sopra una
lucerna ritrovata ultimamente in Monaco”, e creduta una delle
perpetue degli antichi (36).
Se questi comportamenti del Principe di Sansevero riuscirono a
placare, sia pure momentaneamente, la bufera che si era addensata
sul suo capo e sulla massoneria napoletana, da parte del clero,
iniziava nel contempo quelli dei Liberi Muratori, i quali videro
nelle prese di posizione del loro ex Gran Maestro un tradimento
all’Ordine ed al Segreto Massonico.
Ritengo che, esaminando attentamente il comportamento del di Sangro
alla luce delle persecuzioni che in quel periodo si condussero
contro la Massoneria, non si può non apprezzare il suo saggio e
prudente comportamento che evitò
ai Massoni partenopei ( o perlomeno ad una ristretta cerchia di essi
),ulteriori danni e fastidi.
Lo stesso comportamento di Re Carlo di Borbone fu prudente e non
certamente severo.
Peraltro, ripercorrendo gli eventi che si verificarono in così breve
tempo, contro l’Ordine Massonico ed il suo Gran Maestro, non può non
riconoscersi l’inevitabilità che il di Sangro, il quale si era
trovato al centro della bufera, lasciasse la carica di Gran Maestro.
Le dichiarazioni rese e le lettere inviate al Sovrano ed al
Pontefice, non furono certo una rinuncia alle idee che aveva fatte
sue, con piena convinzione, da uomo di cultura. Esse vennero
rilasciate, per motivi contingenti, e certamente non senza
rammarico.
Raimondo di Sangro, in un momento particolare, della Massoneria e
del regno di Napoli, convinto di aver evitato il peggio ai Liberi
Muratori napoletani, con il suo comportamento, preferì ritirarsi
silenziosamente, senza rinunciare alle sue idee, per dedicarsi agli
studi preferiti ed alle sue ricerche .
Ma dopo esserci soffermati ad esaminare il periodo storico nel quale
visse ed operò, quella che fu la sua azione quale Libero Muratore e
Gran Maestro della Massoneria napoletana, prima ancora di portare la
nostra meditazione sulla simbologia del Tempio che egli lasciò alla
posterità, soffermiamoci sia pur brevemente a considerare l’uomo e
la sua azione scientifico-culturale sotto l’aspetto esoterico,
nonché dei particolari studi da lui condotti e degli Ordini
esoterici dei quali certamente fece parte.
Alla luce di questo particolare aspetto del Raimondo di Sangro
“Iniziato”, potremo di sicuro meglio comprendere i suoi
comportamenti, la sua azione scientifica e culturale e la simbologia
che ci ha lasciato, quale ultimo insegnamento, nel suo Tempio.
Raimondo di Sangro, fu uno spirito eletto, di quelli che appaiono
periodicamente, nella storia dell’umanità. Alla vita mondana, piena
di piaceri e dissolutezza che il suo rango e la sua situazione
economica gli offrivano, preferì la solitudine dello studio, della
meditazione e della ricerca tuffandosi, con amore immenso, al
servizio dell’umanità, nel cuore infinito della Sapienza, alla
ricerca della Verità.
Trascorre le sue giornate assorto nello studio, preso dalla
meditazione, ricercando, sperimentando, fra storte e lambicchi. Fu
particolarmente versato nello studio della scienza in genere, della
chimica e dell’alchimia. Fra le sue tante scoperte, molte delle
quali di particolare interesse esoterico, vi è la
«lampada perpetua» riportata in molte opere Rosacrociane, questa
dopo
essere rimasta ininterrottamente accesa per un periodo di tre mesi,
per un fatto puramente accidentale, si spense ed il Di Sangro volle
distruggerne ogni traccia.
Si salvarono solo le descrizioni che ne
fece nelle lettere da lui scritte ad alcuni membri dell’Accademia
delle Scienze di Parigi.
Così come abbiamo prima ricordato, che Raimondo di Sangro fu il
primo a costituire nella Massoneria napoletana Logge di Rito
Scozzese, non può sottacersi che egli rinverdì il Rito di Misraim,
riallacciandosi al centro occulto legato all’Egitto che è sempre
esistito nel napoletano.
Infatti, scrive Francesco Brunelli nella sua opera sul Rito di
Memphis e Misraim: «Secondo Usekaf a Napoli è esistita per secoli
una catena iniziatica risalente all’antico Egitto ed i gruppi
esoterici che nell’andar del tempo si sono succeduti all’Eggregoro
superindividuale di una corporazione di Egizi esistente a Napoli,
sin dall’età imperiale e forse molto prima, nella zona attualmente
denominata Via Nilo e Piazzetta Nilo. Essendosi gli Egizi assimilati
nei secoli agli altri napoletani, sarebbe rimasto l’eggregore del
culto egizio, adattato a Fratellanza Magico-Ermetica»
(37).
È comunque
evidente che le concezioni esoteriche mediterranee, che ebbero a
manifestarsi attraverso la linea ermetico-egizia e quella
pitagorico-cabalistica trovarono nei movimenti
Rosacrociani e Massonici napoletani le loro migliori manifestazioni
ed il Di Sangro secondo il Francovich “era probabilmente collegato
con un gruppo di Rosa+Croce che pur dovevano esistere in Napoli”
(38).
Non si può peraltro ignorare che la tipografia del nostro Principe,
secondo il Soriga (39), pubblicò alcuni opuscoli massonici, dei quali
uno molto importante, in quanto riportava la prima elaborazione del
Rito di Misraim.
È proprio con il Principe di Sansevero che dobbiamo rilevare:
1° - il distaccarsi della Massoneria dall’Ortodossia Cattolica ed il
suo aprirsi a ricerche esoteriche;
2° - la costituzione, fra gli uomini che gravitavano intorno al Di
Sangro, di un nuovo Rito, identificato dal Soriga in quello di
Misraim;
3° - l’azione educatrice evidenziatasi mediante la formazione di
discepoli, fra i quali il barone Tschudy, creatore della stella
fiammeggiante e di un sistema massonico impostato sullo studio
dell’ermetismo e dell’alchimia, meglio noto, come Ordine dei
Filosofi Incogniti. Da quanto abbiamo fin qui ricordato appare
evidente, sia dalla sua azione che dagli scritti suoi o ritenuti
suoi, nonché dalle opere pubblicate dalla sua tipografia, la sua
grande cultura ermetico-cabalistica nonché la sua formazione
Rosacrociana. Peraltro, anche nella Cappella gentilizia della sua
famiglia poi divenuta «Cappella di Sansevero», esistono espliciti
riferimenti cabalistici, nella disposizione delle statue simboliche,
nonché precisi riferimenti ai Rosa+Croce, in varie statue, anche se
con maggiore evidenza in quella della “Pudicizia” e nell’altare
maggiore della Cappella, attraverso le due teste, una maschile e
l’altra femminile, disposte al di sopra del bassorilievo della
“Deposizione”.
È fuori di ogni dubbio che Raimondo di Sangro, da vero Rosa+Croce,
con la sua mente aperta ad ogni tipo di studio, cercò di leggere il
Grande Libro della Natura per comprenderne il profondo significato.
Le sue scoperte scientifiche e militari vollero essere un modo per
avere il dominio dell’Universo.
Egli da perfetto adepto dell’Ordine dei Rosa+Croce, volle penetrare
i livelli profondi dell’esperienza religiosa, sollevando i sette
veli del Sancta-Sanctorum della Divina Sapienza, afferrandone il
segreto significato.
E da quell’Iniziato che fu, seppe conservare il Segreto, pur
riuscendo in attuazione alla concezione Rosacrociana a trasformare
questa sua presa di coscienza della Verità, in servizio a favore
dell’umanità, nell’immensa profonda simbologia che lasciò ai
posteri, nella sua Cappella. Raimondo di Sangro che aveva cominciato
il suo percorso iniziatico sollevando il velo nel misterioso Rito
egizio di Misraim, era un alchimista che attraverso lo studio della
cabala e dell’ermetismo, si era avvicinato all’Ordine Rosacrociano,
divenendone un adepto, come dimostrano i suoi studi, le sue
scoperte, la stessa simbologia che volle dare ai gruppi simbolici
della Cappella di Sansevero.
Fu uno di quelle guide dell’umanità che solo periodicamente
compaiono su questa terra, per essere di esempio, con l’azione e con
il servizio che
all’umanità stessa rendono. Raimondo di Sangro, che pur essendo
vissuto nell’Era dei Pesci, era nato sotto il segno astrologico
dell’Acquario, seppe essere, con l’azione di tutta la sua vita
operosa, uno spirito puro proiettato nell’Era Nuova, ad indicare ai
suoi simili, come facendo fiorire la rosa sulla sua Croce, dovrà
essere l’Uomo dalla mente concreta dell’Era dell’Acquario. Il
Principe voleva a tutti i costi essere padrone di quella sottile
linea di confine che passa tra la vita e la morte, ossia la
soluzione della immortalità terrena.
Si racconta, che uccise sette cardinali e che con le loro ossa
realizzò sette seggiole, ricoprendone il fondo con la loro pelle. Si
narra che, quando sentì avvicinarsi la morte, provvide ad
organizzare la sua resurrezione. L’ambizioso progetto era quello di
creare un luogo magico, dove chi avesse la conoscenza dell'Arte
Regia (l'Alchimia) e delle regole della Massoneria, avrebbe poi
decifrato il messaggio nascosto dal Principe nelle sue opere. Un
messaggio tra il sacro e profano, tra mitologia e teologia, tra il
naturale ed il sovrannaturale, il tutto coronato dalla sua
ossessione verso il simbolismo e verso quella sapienza che deriva
dagli antichi Egizi. Non più scrivendolo nei libri ma criptandolo
nelle opere raccolte nella sua, la cappella costruita su un
luogo dove anticamente vi era un tempio dedicato alla dea Iside. Un
messaggio non ancora svelato ma, come le sue opere, semplicemente
"velato" da un simbolismo allegorico. Quel "velo" sotto il quale
s'intravede la vera realtà dell'esistenza umana.
Solo l'occhio attento di colui che ha intrapreso il cammino
dell'iniziato riuscirà a carpirne il vero significato. Un
significato che non ha più nulla di arcano se la conoscenza ha
donato le chiavi.
In tal modo si spiega anche l'uccisione dei sette cardinali e sette
è il numero dell'Illuminazione e corrisponde alle sette chiese
dell'Apocalisse o ai "Sette Saggi" dei libri della fondazione
egizia, iscritti sulle pareti del tempio di Horus a Edfu. Si tratta,
della forza del serpente che si snoda lungo la colonna vertebrale
dell'uomo e che, attivando tutti i sette centri energetici, dona
illuminazione e vita eterna.
Un simbolismo che si ritrova nel caduceo del dio Mercurio, presente
all'interno della cappella nelle mani della statua della
"Sincerità".
Il simbolismo che impiegò il de Sangro, probabilmente
volontariamente "mitizzato" dai suoi "discepoli", è riscontrabile
proprio sull’altare della cappella, dove è visibile un volto dorato
di chiara ispirazione sindonica.
Gli alchimisti, eredi di una tradizione antica, consideravano la
Sindone quale"veste del corpo di gloria" del risorto, cioè il
raggiungimento della Pietra Filosofale. Questo spiega anche perché
il Principe volle nella sua cappella la statua di un Cristo "velato"
dalla Sindone in quanto essa era simbolo di quell’immortalità dalla
quale era tanto ossessionato. Il principe se ne andava in un giorno
di primavera. Il 22 marzo 1771, sessantun anni appena compiuti. Un
uomo relativamente ancora giovane. Che da tempo, però, avvertiva
dolori, soffriva.
Aspettava, da un giorno all'altro, che la sua compagna di sempre, la
morte, lo chiamasse a sé per l'ultima e definitiva volta, e
serenamente era spirato, in pace con se stesso e con la Chiesa come
attesta l'atto di morte: "A'
22 Marzo 1771.L'eccellentissimo Signor don Raimondo de' Sangro,
marito della eccellentissima signora donna Carlotta Caietani
d'Aragona, Principe di Sansevero, abitante nel proprio palazzo,
ricevuti i Santissimi Sacramenti, morì
in Comunione di Santa Chiesa, a di detto, e fu seppellito nella
propria Cappella pubblica; era dell’età 62 anni circa" .
Destino curioso. Morto lui, si perde ogni traccia delle sue
mirabolanti invenzioni. Ne resta una descrizione non sempre chiara,
negli scritti di suo pugno o da lui ispirati, nulla più. Volatili,
pura intenzione, restano una serie di opere spesso annunciate mai
tradotte nero su bianco.
I funerali furono solenni, fastosi, come si addiceva a un
nobile del suo rango. Tra velluti, ori, argenti, la pompa, e anche
questo era da mettere in conto, prese il sopravvento sulla
tristezza, che solo si poteva leggere nei tratti tirati di Carlotta
Gaetani e nello sguardo compunto di qualche amico.
La primavera aveva fatto il suo ingresso proprio il giorno
precedente.
Le cronache raccontano che, quel 22 marzo, il sole splendeva alto
sul golfo di
Napoli.
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G.Giarrizzo, I Liberi muratori di Napoli nel sec
XVIII Napoli 1988 p. 45.
2. F: Brunelli, Il Martinismo e l‘ordine Martinista Perugia 1980 pp
111
3. G.Kremmerz, La scienza dei Magi Ed Mediterranee.
4. R. Di Castiglione, Alle sorgenti della Massoneria 1988 Roma pp 65
5. G. De Blasiis (a cura di ) Archivio storico per le Province
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6. Londra 1690 1754.
7. C. Francovich, Storia della Massoneria in Italia, Firenze 1975.
8. G. Gabrieli, Massoneria e Carboneria nel regno di Napoli 1982 p.
92.
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12. R. di Sangro Lettera Apologetica Napoli 1984.
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14. Origlia Dello Studio di Napoli 1754 p357.
15. E. Stolper:
"La massoneria settecentesca nel regno di Napoli" in
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16. Origlia, Dello Studio di Napoli, vol II, Napoli 1754. p.343-44
17. vedi la corrispondenza del Nunzio Gualtieri col Cardinale
Valenti, (Archivio Segreto Vaticano. Nunziatura di Napoli, volI.
233-238), pubblicata da P. Sposato (Documenti vaticani per la storia
della Massoneria nel Regno di Napoli al tempo di Carlo III di
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18. G. Moncada principe di Calvarusso oppure Gennaro Carafa della
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19. Curioso Dilettante: Istituto o sia Ordine dei Liberi Muratori nel
Regno di Napoli. in G. de Blasiis: Le prime
Loggie dei Liberi Muratori a Napoli, 1905, Stolper : La Massoneria
settecentesca nel Regno di Napoli, in
"Rivista Massonica" n. 10, dicembre 1975 in C. Miccinelli: E Dio
creò l'Uomo e la Massoneria, ed. ECIG,
1985, p.243-308.
20. In rivista massonica "Luce e Concordia", Napoli 1886 e P.Maruzzi:
Sulla prima Loggia massonica in Italia,
in "Rivista Massonica, vol. XLVIII, giugno 1918.
21. redatto nel 1804 "Colpo d'occhio su la condotta de' Patrioti
durante la repubblica Napoletana nell'anno
1799, e sopra quella di Ferdinando IV .. descritto da Emanuele
Palermo da servire per intelligenza di coloro che leggeranno la
storia di quella rivoluzione" riportato da F. Bramato: Napoli
massonica nel settecento attraverso un manoscritto di Emanuele
Palermo, in "Rivista Massonica" n.8, 1978, p.453-473.
22. R. di Castiglione (Alle sorgenti della Massoneria) identifica la
traduzione del discorso di Ramsay con il
manoscritto dal titolo Le Obbligazioni d'un Franco Muratore, inviato
da Carlo III al Papa il 10 agosto 1752; cfr. I.Rinieri: Della rovina
di una monarchia. Relazioni storiche fra Pio VI e la Corte di Napoli
'Archivio Vaticano.
23. Ed Stolper:
La Massoneria settecentesca nel Regno di Napoli, in
"Rivista Massonica" n. 10. 1975, p.594.
R. Soriga Le Società Segrete, Modena 1942.
24. Lo stesso Federico di Prussia, quando era Principe ereditario,
fu iniziato nella stessa notte, dal 14 al 15
agosto 1739, prima come Apprendista, poi come Compagno ed infine
come Maestro, ma attese ben sei anni prima di divenire Gran Maestro,
dopo che la Loggia berlinese "Zu den drei Weltkugeln" era stata
elevata a Gran Loggia Madre ; R.di Castiglione, (Alle sorgenti della
Massoneria.
25. G.Gamberini: Mille volti di Massoni, ed Erasmo, Roma 1975, . R.
di Castiglione, Alle sorgenti della
Massoneria.
26. H.T.Tschudy: L'Etoile Flamboyanze; in R di Castiglione, Alle
sorgenti della Massoneria
27. Le Costituzioni della Società de Liberi Muratori Poste in ordine
nuovo Dal ex G..M..E..S..T.. D.. G..M.. Per
uso della Gran Loggia Nazionale e Logge di sua dipendenza..1750. in
B. Clavel: Storia della Massoneria, Napoli 1873 Diversi storici
della Massoneria ritengono che il documento sia stato stampato in
data successiva (De Blasiis, Soriga, M P. Azzurri, E Stolper.
28. Lettera Apologetica, p.2l0.
29. R Guenon.
Simboli della Scienza sacra, ed. Adelphi, Milano 1975,
p 76 ss.
30. Origlia, Dello Studio di Napoli.
31. Lettera Apologetica, p.2O8
32. Vedi l'orazione del Principe di Sansevero riportata nell'opera di
H.T. Tschudy
"Sono molto lusingato di potervi dare questo titolo, e di poter col
tempo rivelarvi tutte le gloriose prorogative che esso comporta.
Accettati, per il vostro medesimo desiderio e per un suffragio che
vi assicurano le vostre qualità personali, nella nostra rispettabile
società, dopo aver sfidato i pregiudizi del secolo, le opinioni del
profano, dopo aver superato con costanza precisa le prove differenti
che vi hanno condotto nell’augusto santuario della massoneria, è
infine giusto che vi metta a parte della luce che avete cercato con
tanta cura, e non contento di aver colpito i vostri occhi con il
vivo fulgore dei suoi raggi, che io vi riscaldi il cuore, lo animi,
illumini la vostra anima e il vostro spirito, svelandovi i misteri
delle nostre logge, facendovi conoscere il vero oggetto dei lavori,
lo scopo vero della nostra associazione, le regole per la nostra
condotta ed i principi della nostra morale.
Tutto ciò che facciamo è relativo alla virtù, è il suo tempio che
noi costruiamo, e i semplici e grossolani strumenti di cui facciamo
uso non sono che i simboli dell’architettura spirituale di cui ci
occupiamo. Voi vedrete, fratelli, avanzando nei gradi dell’Ordine,
cosa che il vostro zelo meriterà senza dubbio, fino a che
punto l’allegoria ne sia sottilmente sostenuta: io posso, per
adesso, rivelarvi solo quei segreti ai quali lo stato
di apprendista vi permette di essere iniziati: non traccerò la
storia della nostra origine; consultate i libri santi, voi la
troverete all’epoca della sublime costruzione che consacrò con la
saggezza del più grande dei re, un magnifico monumento alla gloria e
al culto dell’Eterno. ...
Questa breve spiegazione, fratelli, dissipa il prestigio che vi ha
potuto preoccupare prima di conoscervi... noi non ci lasciamo
ingannare né dai nostri principi, né dai nostri sentimenti: riuniti
dallo stesso zelo noi siamo fratelli e ne facciamo gloria... Opere
simili di una stessa provvidenza, siamo tutti uguali, la nascita, i
ranghi, la fortuna non ci fanno uscire da questo giusto livello...
Uomini semplici, modesti nei piaceri, essenziali nelle amicizie,
fermi negli impegni, puntuali nei doveri, sinceri nelle promesse."
33. Origlia, Dello Studio di Napoli
34. Breve Nota, ed. cit. p.37; cfr Griglia, op cit p 379 ss.
35. Lettere del Signor D.Raimondo di Sangro, Principe dì Sansevero dì
Napoli sopra alcune scoperte
chimiche indirizzate al Signor Cavaliere Giovanni Giraldi Fiorentino
e riportate nelle Novelle Letterarie di
Firenze del MDCCLIII, Napoli a cura di A Crocco, Napoli 1969.
36. Dissertation sur une lampe antique trouvée è Munich en l'année
1753 ecrite par Mr. le Prince de St.
Sevère poter servir de Suite a la prèmière parde des ses lettres a
Mr l'Abbé Nollet à Paris, sur une découverte qu'il a faite dans la
Chimie avee l'explication Phisique de ses circonstances.
37. F.Brunelli: Rituali dei gradi simbolici della massoneria di
Memphis e Misraim Bastogi pp 28/29.
38. C Francovich : Storia della Massoneria in Italia 1975 Firenze.
39. R. Soriga : Le società segrete Modena 1942.
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Raimondo di Sangro G:.M:.
La Cappella dei Sansevero
Analisi del simbolismo esoterico
Raimondo di Sangro
Principe dei Sansevero
Lettera Apologetica
Il Carteggio dell'accusa
Di Sangro:
la biografia come "Viaggio Alchemico"
La Sapienza Alchemica e Cabalista del Principe
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