Un
insediamento sicuro della massoneria a Napoli, a parte
un precedente non del tutto certo del 1728 (relativo ad
una loggia denominata Perfetta Unione), può esser fatto
risalire al 1784, ad iniziativa di un mercante di seta
francese, tale Louis Larnage, fondatore di una loggia
alla quale aderirono diversi ufficiali e numerosi
nobili. Dalla loggia originaria si distaccò un gruppo,
guidato dallo stesso Larnage, che costituì un’altra
loggia di più modesta fisionomia sociale. Nel luglio del
1750, per iniziativa dello Zelaia, il principe di San
Severo Raimondo di Sangro ( discendente del feudatario
che acquistò il casale di Frattamaggiore nel 1630) fu
eletto gran maestro della embrionale libera muratoria
napoletana e dette rapidamente mano ad una notevole
espansione della confraternita. Per la chiesa il
principe era un eretico, per la gente comune uno
stregone, ma fu semplicemente una mente curiosa e
moderna.
La pubblicazione, avvenuta il 28 maggio 1751, della
Bolla Providas Romanorum Pontificum emanata da Papa
Benedetto XIV per ribadire la condanna pontificia del
1738, indusse Carlo di Borbone (Madrid 1716-1788) I duca
di Parma (1731-1749), VII di Napoli e Sicilia
(1734-1759), III di Spagna (1759-1788), alla
promulgazione di un editto (10 luglio 1751) che proibiva
la Libera Muratoria nel regno di Napoli.
Avendo avuto sentore della tempesta che stava per
abbattersi sulla neonata massoneria napoletana, fin dal
26 dicembre 1750 il principe di San Severo aveva
minutamente informato il re sulla esatta realtà
dell’organizzazione da lui presieduta e, con altrettanta
tempestività, il 1° agosto 1751 inviò al Papa
un’abilissima lettera di ritrattazione. Le proteste di
lealismo politico-religioso del San Severo valsero a
limitare le sanzioni contro i liberi muratori
napoletani, che si ridussero per la stragrande
maggioranza di essi a una solenne ammonizione
giudiziaria. |