Le Tecniche estatiche in Abulafia L’uso dei Nomi Divini ha un ruolo fondamentale nel sistema di Abulafia. Si tratta di una tradizione che egli considerava chiaramente derivata dai patriarchi e dai profeti. Il passo della Thorah dove è riportato che Abramo "Invocò il Nome di Dio" (Genesi, 12:8), è interpretato da tutti i commentatori con l’estensione di preghiera, Abulafia, al contrario, prende alla lettera il versetto, affermando che Abramo pronunciò effettivamente il Nome di Dio e grazie a questa pratica, era in grado di raggiungere gli stati mistici più elevati. Il Sepher Yetzirah, tradizionalmente attribuito ad Abramo stesso, sembra testimoniare questa interpretazione. Esso dichiara: "Quando Abramo nostro padre venne, guardò, vide, indagò e comprese, scolpì, combinò, forgiò. Apparve su di lui il Signore di tutto…". In questo piccolo passaggio del Sepher Yetzirah le tre parole chiave testimonierebbero l’attività estatica di Abramo che operava sulle lettere del Nome Divino. Secondo l’opinione di molti cabalisti questi processi hanno attinenza con la permutazione delle lettere, ed è proprio da queste tecniche che Abulafia deriva gran parte del suo sistema. In una serie di passi, questo cabalista sostiene che i Nomi Divini siano incisi nell’anima dell’uomo; ora, giacché l’uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio e, come anche il Sepher Yetzirah sostiene, in piena armonia con il mondo ed il tempo (mondo , anno), è ragionevole presumere che il processo di combinazione operato sui Nomi, abbia un effetto simultaneo anche sull’anima umana. Nella pratica d’Abulafia le lettere appaiono a tre livelli: scrittura, discorso (canto o pronuncia) e pensiero. Si deve operare quindi con i Nomi di Dio, prima scrivendoli, poi pronunciandoli ed infine riproducendoli mentalmente. "Prendi la penna, la pergamena e l’inchiostro e scrivi e combina i Nomi" (Abulafia in "Tesoro dell’Eden). "Quando la mezzanotte era passata, la penna era nella mia mano e la carta sulle mie ginocchia" (Abulafia in "Le Porte della giustizia"). Il primo livello, che coinvolge il mistico nella scrittura e nei calcoli di permutazione delle lettere, è quanto raccontato nel Sepher Yetzirah con la "regola delle Pietre e Delle Case". Il secondo livello, quello della recita verbale, è più complesso e va analizzato nelle sue diverse fasi. Chi ricerca l’esperienza mistica deve cantare le lettere e la loro vocalizzazione. Deve mantenere un ritmo fisso di respirazione. Deve muovere la testa in accordo con la vocalizzazione delle lettere pronunciate. Deve tenere le mani in una precisa posizione, è quella tenuta durante la benedizione sacerdotale. Il terzo livello contempla la riproduzione e la combinazione mentale dei Nomi Divini; presuppone, quindi, l’abbandono totale dell’oggetto fisico della lettera per giungere a valicare il confine della coscienza. Riteniamo sia una cosa interessante proporre alcuni passi dei commenti originali di Abulafia sulle tecniche di meditazione ripresi dalla sua opera "Tesoro dell’Eden nascosto". "Bisogna che si prendano le lettere…, prima come sono tracciate nella forma scritta, che è una cosa esterna, per combinarle. Poi, deve prenderle dal libro con le loro combinazioni e trasferirle alla propria lingua e alla propria bocca, e pronunciarle finché le sappia a memoria. Dopo, le prenderà dalla bocca [già] combinate e le trasferirà al cuore, e rivolgerà la mente a comprendere che cosa gli sia mostrato in ogni lingua che conosce, finché non resti nulla di esse". La forma esterna della lettera lascerebbe pensare all’idea in Abulafia del concetto moderno di arbitrarietà. Riteniamo che, nel passo citato, il mistico non intenda affermare che il "segno" linguistico sia diviso in una parte esterna, per noi il significante, ed un’interna, il nostro concetto di significato. Il contesto in cui questa affermazione è inserita, ci sembra autorizzare l’affermazione che le lettere utilizzate nel processo estatico possano essere apprese a più livelli, corrispondenti ai tre che abbiamo individuato come le tappe fondamentali della pratica meditativa. Dire quindi che la forma scritta delle lettere sia una cosa esterna, è da accreditare al fatto che l’uomo apprende a questo primo livello con le parti più esterne dell’anima, vale a dire, i sensi e la razionalità Nel passo citato è presentato un esplicito processo di spostamento verso l’interno: le lettere del Nome Divino subiscono una purificazione mediante la quale sono trasformate da lettere tangibili, esterne, a lettere interiori, interne. Questo percorso è finalizzato a stimolare la coscienza verso il graduale abbandono dello stadio del quotidiano, legato alle funzioni sensoriali dell’uomo e all’attività razionale. Abulafia, in alcune tecniche, combina le lettere di diversi nomi divini contemporaneamente. Dal suo scritto "Tesoro dell’Eden nascosto" apprendiamo anche che bisogna combinare le lettere di un dato Nome, e poi combinarle con quelle di un altro Nome. I Nomi più utilizzati da Abulafia sono il "Nome di Settantadue Lettere", le cui combinazioni sono descritte nel suo "Libro della Vita eterna", ed il "Tetragramma Divino" YHVH, discusso in "Luce dell’intelletto". L’utilizzo del Tetragramma per la meditazione è esposto in "Or ha-sekhel" (Luce dell’intelletto) e consiste nella combinazione delle quattro lettere del Nome di Dio, Yud, Hé, vav, Hé, con la lettera Aleph, e nelle sue successive variazioni attraverso le 5 vocali fondamentali. Il passo che segue estratto da "Luce dell’Intelletto" fornisce in dettaglio questi passaggi. "Quando incominciate a pronunciare la lettera Aleph con una qualunque vocale, questa esprime il mistero dell’unità (Yichud). Dovete dunque pronunciarla in un solo respiro e non di più. Non interrompete il respiro in nessun modo finché non abbiate completato la pronuncia dell’Aleph. […] Nello stesso tempo cantate l’Aleph o qualunque altra lettera stiate pronunciando, mentre visualizzate la forma del puntino vocalico. La prima vocale è il Cholem, sopra la lettera. Quando cominciate a pronunciarla rivolgete il vostro viso ad est, senza guardare su o giù. Dovreste essere seduti, indossando vesti bianche e pulite sui vostri vestiti, oppure indossando il vostro scialle da preghiera (Tallit) sopra la testa incoronata dai Tefillin. Dovete rivolgervi ad est, poiché è da quella direzione che la luce emana nel mondo. Con ciascuna delle 25 paia di lettere, dovete muovere la vostra testa correttamente. Quando pronunciate il Cholem, incominciate col dirigervi ad est. Purificate i vostri pensieri e, mentre espirate, sollevate la testa poco a poco fino a che alla fine del respiro sarà rivolta in avanti. Dopo aver terminato, prostratevi a terra. Non interrompetevi tra il respiro associato con l’Aleph e quello associato con l’altra lettera della coppia. Potreste tuttavia fare un solo respiro che può essere più o meno lungo. Tra una coppia di lettere e l’altra potete respirare due volte senza emettere suoni, ma non più di due; se desiderate respirare meno di due volte potete farlo. Dopo aver terminato ciascuna serie, potete respirare 5 volte ma non di più. Se desiderate respirare meno, potete farlo. Se cambiate qualcosa o commettete qualunque errore nell’ordine di qualunque serie, ritornate all’inizio della serie stessa. Continuate finché non la pronunciate correttamente. Così come pronunciando il Cholem guardate diritto davanti a voi, quando pronunciate il Chirik guardate in basso. In questo modo attirate verso il basso la potenza superna, legandola a voi. Quando pronunciate lo Shuruk non muovete il capo in alto o in basso. Al contrario, muovetelo in avanti (senza abbassarlo ne alzarlo). Quando pronunciate lo Tzerè muovete il capo da sinistra a destra. Quando pronunciate il Kametz muovetelo da destra verso sinistra. In ogni caso, se vedete qualunque immagine dinanzi a voi prostratevi immediatamente. Se udite una voce, forte e sottile, e desiderate capire cosa sta dicendo, rispondete immediatamente così: "Parla o mio Signore, poiché il tuo servo ti sta ascoltando" (1 Samuele 3:9). Non dite nulla, ma tendete l’orecchio per udire ciò che vi sarà detto. Se provate terrore e non potete sopportarlo, prostratevi immediatamente, anche nel mezzo della pronuncia di una lettera. Se non vedete o udite nulla, non usate nuovamente questa tecnica per tutta la settimana. É bene praticarla una volta la settimana, in modo che "corre e ritorna". Poiché riguardo a ciò è stato stabilito un patto. (Sepher Yetzirah). Cosa posso aggiungere? Quanto ho scritto è chiaro. E se siete saggi capirete l’intera tecnica. Se sentite che la vostra mente è instabile, che la vostra conoscenza della Qabalah è insufficiente, o che i vostri pensieri sono legati alla vanità del momento, non osiate pronunciare il Nome, affinché il vostro peccato non diventi più grave. Tra la pronuncia della Yud e quella della Hé potete respirare 25 volte, non di più, ma non dovete interrompervi, sia con la parola sia col respiro. Lo stesso procedimento è valido tra la Hé e la vav e la Hé finale. Tuttavia, se desiderate respirare meno di 25 volte, potete farlo". • Introduzione • Epoca ed influenze • Il Soggetto • Le Sephiroth • Sviluppo del Testo • Analisi della Lettera Ebraica • • Tre Ordini di Lettere • Le Madri • Le Doppie • Le Semplici • I Trentadue Sentieri • • Le Tecniche Ermeneutiche • Regola delle Pietre e delle Case • Introduzione alla Meditazione • • La Meditazione in Abulafia • Tecniche estatiche di Abulafia • Conclusioni •
|