Conclusioni Nel Sepher Yetzirah abbiamo osservato la convivenza di due piani fondamentali della Qabalah, quello estatico e quello speculativo, che si chiariscono meglio se ci riferiamo alle due opere fondamentali, di cui abbiamo più volte parlato in questo lavoro: l’Opera del Carro e l’Opera della Creazione. Da questi due sistemi osserviamo la nascita di una struttura a rete che parte dall’impianto ermeneutico, che possiamo associare ad un aspetto razionale, fino a raggiungere la parte più intima dell’uomo attraverso gli aspetti meditativi ed estatici, circoscritta al luogo della coscienza. In tutto questo percorso si sviluppa ed agisce un sistema che si autoalimenta e si giustifica internamente, che non lascia spazio ad alcuna "arbitrarietà del segno", e si presenta come un "virus telematico", all’interno del sistema stesso. Se, ad esempio, la lettera Aleph non fosse più lei stessa, con i propri valori numerici e le sue forme, se quindi il suo piano dell’espressione non fosse legato necessariamente ai contenuti, accadrebbe qualcosa di devastante all’interno del sistema che coinvolgerebbe Dio stesso, il suo Nome, ed il significato intrinseco e "necessario" di un’intera cultura; ci riferiamo al legame di necessità che nasce tra l’individuo e la cultura in cui vive, quando la produzione simbolica di quest’ultima diventa elemento fondante della coscienza collettiva. Lo stesso problema si presenterebbe qualora qualsiasi altro "segno" di questa "lingua Sacra" potesse modificare arbitrariamente il suo "interno legame semiotico". Nell’introduzione a questo lavoro ci siamo posti il problema di quanto sia presente la necessità simbolica all’interno della lingua ebraica moderna, quindi, apparentemente non più "sacra". Possiamo considerare, tentando di darci una risposta, la cristallizzazione del "segno" linguistico nell’ebraico che non ha avuto modifiche sostanziali dai tempi Biblici. Qualsiasi termine che la modernità produce è codificato o traslitterato da lingue straniere in maniera sistematica, senza lasciare spazio alla libertà linguistica che agisce nella "parola". Senza poter fare, in questa sede, una seria indagine statistica per analizzare quanto sia presente, anche inconsciamente, la rigida struttura del "sacro sistema" nella popolazione attuale, possiamo accettare, anche solo come prima ipotesi di lavoro, il fatto che i parlanti vivano con semplicità il rigido impianto che la loro struttura linguistica impone. La struttura linguistica della lingua ebraica sembra quindi non presentare arbitrarietà, sia nel suo stato di "sacralità", sia nel quotidiano dei "parlanti". Possiamo certo dire, come obiezioni a quanto affermato, che il tutto può essere spiegato in termini storici culturali. La struttura cabalistica è evidentemente frutto di una retorica molto radicata e rigida, che ha generato il sistema e ha permesso che esso stesso si auto generasse attraverso i secoli. É lecito fare un’analogia psicoanalitica. Oggi ci troviamo di fronte ad un sistema semiotico fortemente strutturato e complesso che, come un individuo adulto, ha ormai costituito una sua architettura. Quest’ultima fornisce gli elementi per vivere in maniera apparentemente stabile, poggiandosi su "rimozioni" assopite e governate all’interno della struttura stessa, la quale, prodotta inconsciamente dall’individuo "sano", si presenta funzionale, efficiente, e non mostra i processi diacronici che hanno prodotto l’architettura attuale. Allo stesso modo, la semiotica che organizza la cosiddetta "lingua sacra", si presenta in tutta la sua sistematica "necessità", e non lascia vedere la retorica che ha permesso la sua formazione nei millenni, attraverso più generazioni, le quali, se pur hanno costruito diverse interpretazioni e scuole, si sono sempre richiamate agli elementi basilari che il sistema stesso permetteva strutturalmente. Il nostro scopo iniziale, che non era quello di minare all’origine il concetto di "arbitrarietà del segno", ma di affermare che la "lingua sacra", in particolare ebraica, si mostra, attraverso l’analisi che abbiamo sintetizzato in questo lavoro, come un sistema "non arbitrario, chiuso". E la "necessità" nasce dal fatto che la sua mancanza causerebbe la morte del sistema stesso. Scomparirebbe in un attimo questa "lingua sacra", la Qabalah, i Testi Sacri, l’ebraico moderno, almeno così come lo conosciamo, ed in breve, crollerebbe ogni forma iniziatica che nasca, nella didattica e nella pratica, dalla Qabalah. Abbiamo intenzionalmente tralasciato di analizzare un importante tema che è legato alla Qabalah, vale a dire, la magia o, nella sua lettura più elevata, la teurgia. Quest’aspetto giustificherebbe un legame "non arbitrario", nei simboli - segni della lingua ebraica, che non sarebbe giustificato solamente dalla necessità intrinseca di un sistema chiuso che si auto giustifica, così come abbiamo definito il sistema cabalistico, ma troverebbe il suo sostegno in qualcosa di esterno, dove il "segno" dimostrerebbe la sua "necessità" semiotica essendo un elemento concreto di azione, in altre parole, di comunicazioni fra diversi piani della realtà. Nel corso di questo lavoro abbiamo rilevato che una vera ricerca non dovrebbe essere ostacolata da nessuna forma di preconcetto e, nello specifico, superando ciò che la storia degli ultimi duecento anni ha affermato, vale a dire, l’arbitraria esclusione dal campo della ricerca del "piano magico", si potrebbe forse ottenere attraverso una "soggettiva condivisione" dei fatti analizzati, una visione diversa della cose e, in questo caso, del linguaggio. Questo però, non rientra nelle nostre possibilità, ci accontentiamo di costatare che la "lingua sacra" analizzata è un "sistema chiuso" in cui non ci sembra ci sia molto spazio per il concetto di "arbitrarietà del segno". • Introduzione • Epoca ed influenze • Il Soggetto • Le Sephiroth • Sviluppo del Testo • Analisi della Lettera Ebraica • • Tre Ordini di Lettere • Le Madri • Le Doppie • Le Semplici • I Trentadue Sentieri • • Le Tecniche Ermeneutiche • Regola delle Pietre e delle Case • Introduzione alla Meditazione • • La Meditazione in Abulafia • Tecniche estatiche di Abulafia • Conclusioni •
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