LA SEPHIRÂ H'OCMÂ
Questa seconda Sephirâ è chiamata Saggezza. Non vi è nulla di più misterioso di questo termine ed è molto difficile comprendere con quali contenuti sia utilizzata in questa circostanza. Probabilmente gli eterogenei caratteri con cui identifichiamo la Saggezza dovrebbero essere tutti riuniti e fusi insieme per enucleare H'cmâ. Lo Zohar, in ogni modo, non circoscrive la Saggezza soltanto a questa Sephirâ: riferisce, infatti, che Kether indica la Saggezza superiore e H'cmâ quella del basso che chiama anche Saggezza eterna. H'cmâ è l'inizio e la fine di tutto. Diremo quindi, a proposito di questa Sephirâ, che essa è la Saggezza in quanto principio di produzione estratto da Kether, mentre di Kether che è l'essenza dell'Assoluto considerata in se stessa e sorgente di ogni principio. Lo Zohar sembra suggerire che se l'essenza dell'Assoluto è inconcepibile, la Saggezza è la condizione intima che corrisponde a questa essenza inaccessibile. Saremo quindi tentati di concludere, a proposito dell'essenza divina, che essa è perché essa sa essere perfettamente. Per noi altri, la Saggezza è, per così dire, la scelta del migliore tra i doni dell'Intelligenza; ma in questo caso però essa presuppone l'Intelligenza ed opera nel suo dominio per eliminazione. È la sottomissione spontanea di una libertà ad un bene che la governa. In Dio l'ordine sembra tutt'altra cosa. È la Saggezza che precede, in qualche maniera, l'Intelligenza. H'cmâ ci apparirà, quindi, come la rappresentazione che estrae dall'Assoluto ciò che essa vuole rendere manifesto e il risultato di questa scelta sarà l'intelligibile. La Saggezza divina non concepisce l'oggetto della conoscenza, essa lo crea. San Tommaso presenta l'Intelletto come precedente la Volontà. Le verità necessarie non saranno, in tal caso, necessarie perché Dio vuole che lo siano, bensì perché esse sono le conseguenze stesse della natura di Dio. Per Cartesio, al contrario, le verità necessarie estraggono la loro necessità dalla volontà stessa di Dio. Sembra in ogni modo che la formulazione delle Sephiroth domini ed armonizzi questi due punti di vista. È corretto dire con San Tommaso che Dio non può fare esistere il contraddittorio, in quanto esso è, giustamente, l'espressione delle condizioni che negano l'esistenza. Dio però potrà far sorgere delle condizioni che sopprimono le contraddizioni di due cose, consentendo loro di coesistere. La contraddizione è sempre inerente a condizioni astratte e svanisce del tutto non appena se ne propongono di più concrete. Dio potrebbe dunque operare in maniera tale che certe verità necessarie svaniscano eliminando tutte le condizioni tramite le quali esse si manifestano; e potrebbe, di conseguenza, fare esistere ciò che, nell'ordine manifestato, è contraddittorio, rendendone la manifestazione più concreta. L'ordine manifesto è ciò che costituisce il dominio dell'intelligenza. Si capisce allora come una facoltà superiore, la Saggezza, abbia attinto nell'essenza dell'Assoluto (Kether) quanto vuol rendere intelligibile. Ora, a causa della sua unione intima con l'Assoluto insondabile, la Saggezza appare come il Principio primo, in quanto conoscibile e, conseguentemente, come la manifestazione suprema della Perfezione. È essa stessa il modello, l'esemplare del migliore e perciò la Saggezza eterna. H'cmâ appare dunque come il Sapere assoluto, eminentemente spontaneo, il genio supremo che inventa e crea l'intelligibile; rendendo concettuale quanto, nell'essenza dell'Assoluto, dimora inaccessibile a tutte le ideazioni. H'cmâ potrebbe dunque definirsi, giacché creatore dell'intelligibile, il Sapere, la concezione principio di tutte le verità fondamentali. H'cmâ è una scelta, ma una scelta tratta dall'Infinito e dall'Assoluto e quindi una scelta che non è subordinata ad alcuna condizione ma che, al contrario, le crea in virtù della sua intima unione con l'Assoluto stesso. Queste condizioni costituiranno allora i fondamenti delle verità fondamentali. Si sarebbe tentati di concludere affermando: H'cmâ è la scienza di tutte le scienze, quella che fissa quel tutto di là del quale non c'è più nulla da sapere.
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