Non reputiamo indispensabile, in questa sede, stabilire la paternità dello scritto che segue. Opera di Tommaso Campanella o, come qualche studioso sostiene, di Giordano Bruno ha poca importanza. Così come stimiamo non occorrente, una analisi comparativa tra la tecnica descritta e quella in uso negli Asram orientali. Neanche desideriamo impantanarci nella dotta disputa che sostiene lo scritto in contrasto alle tesi umaniste dell'epoca, le quali stimavano l'azione superiore alla contemplazione. Importante è che lo "strumento" sia stato volgarizzato, fornendo così una testimonianza diretta di una possibilità di conoscenza per "identità". Se qualcuno insoddisfatto, volesse spingere oltre la propria indagine, suggeriamo di verificare, prima della analisi storica, le assonanze con la meditazione Vedantina, con la lezione di Plotino e la tecnica di meditazione cabalista della Bittul ha-Yesch (lo svuotare per riempire) che potete trovare descritta nella sezione Qabalah:
Bittul ha-Yesch Lo scritto costituisce un opera della maestria dell'autore. Il contenuto non riflette di necessità la posizione della Loggia o del G.O.I.
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Io nacqui a
debellar tre mali estremi:
Tirannide, Sofismi e Ipocrisia.
Bisogna eleggere
un luogo, nel quale non si senta strepito
d'alcuna maniera, all'oscuro o al barlume di un
piccolo lume, così dietro, che non percuota
negli occhi, o con occhi serrati.
In un tempo quieto et quando l'uomo si senta
spogliato d'ogni passione, tanto del corpo,
quanto dell'animo.
In quanto al corpo non senta né freddo ne caldo,
non senta in alcuna parte dolore, la testa
scarica di catarro e dai fumi del cibo et da
qualsivoglia umore; il corpo non sia gravato di
cibo, né abbia appetito né di mangiare ne di
bere, né di purgarsi, né di qualsivoglia cosa; e
stia in questo luogo posato a sedere nella
maniera più comoda, appoggiando la testa alla
mano sinistra, o in altra maniera più comoda.
L'animo sia spogliato d'ogni minima passione o
pensiero, non sia occupato né da mestizia o
dolore, o allegrezza o timore, o speranza; non
pensieri amorosi, o di cure famigliari, o di
cose proprie o d'altri; non di memoria di cose
passate o di oggetti presenti, ma essendosi
accomodato il corpo come sopra, deve mettersi
là, et scacciare dalla mente di mano in mano
tutti i pensieri che gli cominciano a girar per
la testa.
Et quando ne viene uno, subito scacciarlo, et
quando ne viene un altro, subito anco lui
scacciare, insino che non ne venendo più, non si
pensi a niente al tutto, et che si resta del
tutto insensato interiormente ed esteriormente,
et diventi immobile come se fussi una pianta o
una pietra naturale: et così l'anima, non
essendo occupata in alcuna azione, né
vegetabile, né animale, si ritira in se stessa,
et servendosi solamente degli istrumenti
intellettuali, purgata da tutte le cose
sensibili, non intende le cose più per discorso,
come faceva prima, ma senza argomenti e
conseguenze. Fatta Angelo [l’anima] vede
intuitivamente l'essenza delle cose nella loro
semplice natura, et però vede una verità pura,
schietta, non adombrata, di quello che si
propone speculare. Perciocchè avanti che si
metta all'opra, bisogna stabilire quello che si
vuole o speculare, o investigare et intendere;
et quando l'anima si trova depurata proporselo
davanti, et allora gli parrà di avere un
chiarissimo e risplendente lume, mediante il
quale non gli si nasconde verità nessuna.
Et allora si sente tal piacere e tanta dolcezza
che non vi è piacere a questo mondo che a quello
si possa paragona: né anco il godimento di cosa
amatissima non ci arriva a gran pezzo.
In tale maniera, che l'anima, pensando di avere
a ritornare nel corpo per impiegarsi nelle vili
opere del senso, grandemente si duole et
senz'altro non ritornerebbe mai se non dubitasse
che per la lunga dimora in tale estasi si
spiccherebbe al tutto dal corpo.
Perciocchè quelli sottilissimi spiriti nei quali
ella dimora se ne sagliano al capo, e però
alcuni sentono un dolcissimo prurito nel capo
dove son gli istrumenti intellettuali: et a poco
a poco svaporano, i quali se tutti svaporassero,
senz'altro l'uomo morrebbe.
Et però sono più atti a quest'estasi quelli che
hanno il cranio aperto per la cui fessura
possano esalare alquanto gli spiriti; altrimenti
se ne raduna tanti nella testa che l'ingombrano
tutta, et gli organi per così gran concorso si
rendono inabili.
Questa credo che sia l'estasi platonica della
quale fa menzione Porfirio, che da questa
Plotino sette volte fu rapito, et egli una
volta; essendo che di rado si trovan tante
circostanze in un uomo.
Con tutto ciò, in due o tre anni potrebbe anco
succedere tre o quattro volte; et quelle cose
che allora si intendono, bisogna subito
scriverle et diffusamente, altrimenti voi ve le
scordereste et rileggendole poi non
l'intendereste.
Frate Tommaso
La città del sole:
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