Il documento che presentiamo ai nostri Ospiti è  uno studio di Mario Donato Cosco ed è stato catturato dalla rete. Lo scritto costituisce opera della maestria dell'autore, e il suo contenuto non riflette di necessità la posizione della Loggia o del G.O.I. Ogni diritto è dichiarato.

 

© Mario Donato Cosco

 

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Il punto di domanda che campeggia e connota la tematica che intendiamo prendere in considerazione orienta a fortiori la riflessione verso una duplice possibile dimensione, la cui esplorazione, pacata e senza pregiudizi, potrebbe consentire di attingere un sufficiente livello di comprensione delle suggestioni e dei segmenti di conoscenza che la ricerca stessa sul tema potrebbe, di volta in volta, disvelare.
É necessario, allora, procedere con cautela e prudenza, saldamente ancorati ad un ordine sequenziale logico, da assumere come referente intellettuale, che contribuisca a disvelare, lungo il cammino, i coni d’ombra che sicuramente incontreremo.
Ora, alcune schematiche e brevi considerazioni in premessa: è necessario muovere dal contesto storico-politico e culturale entro cui sono "fioriti" i giardini del pensiero di Campanella.
Ebbene, ritengo necessario sgombrare il campo da possibili malintesi storici: Campanella (1568 - 1639; "La città del Sole" pubblicata nel 1602) vive in un periodo decisamente anteriore al contesto culturale che registra il passaggio da quella operativa alla massoneria speculativa, che gli storici sono soliti collocare nel 1717.
Ne deriva che l’utopia dello stilese, sul piano squisitamente diacronico, non può assolutamente essere assimilata ad un tentativo cosciente di formalizzare un progetto massonico.
Ciò, comunque, non impedisce di svolgere qualche ulteriore considerazione che potrebbe risultare proficua ai fini di un’indagine nell’utopia del filosofo, che è nutrita da temi e prospettive che potrebbero risultare in sinergia etico-esoterica con il patrimonio culturale massonico.
Intanto, possiamo notare che il pensiero campanelliano è profondamente legato al contesto storico e contempla temi e motivi diversi di provenienza tardo medievale e rinascimentale, quali, ad esempio, l’astrologia e la magia; ma anche il Naturalismo razionalistico si assicura una significativa presenza fra questi ultimi.
Quindi, per cogliere il nostro obiettivo, bisogna tener presente che il sapere "magico" e quello "astrologico" costituiscono un aspetto tipico della cultura rinascimentale di cui il Nostro capitalizza non poco.
Ma, andiamo con ordine !
Prima considerazione: magia naturale, occultismo, astrologia, alchimia, Ermetismo, in quel momento storico costituiscono ciò che potremmo definire il "brodo di coltura" da cui si origina la scienza.
Quindi, non è possibile liquidare quei tempi invocando semplicemente la superiorità di figli della scienza moderna. É utile, invece, rivolgere uno sguardo attento che potrebbe consentirci una migliore comprensione della scienza stessa. Essi, in ultima analisi, costituiscono, come è stato giustamente osservato, "i fondamenti non scientifici" della scienza: sono i padri oscuri della figlia nobile, la scienza, appunto. É pacifico, infatti, che magia, astrologia e alchimia anticipano e preludono, sicuramente su un piano non scientifico, a ciò che la scienza realizzerà poi come tecnica, astronomia e chimica.
Ora, quella magico-astrologica è una dimensione significativa della concezione rinascimentale in ordine alla natura. Secondo questo schema interpretativo la Natura è animata da forze vive ma anche misteriose e arcane.
In particolare, la magia rinascimentale muove dal presupposto che l’universo sia costituito da forze vive che interagiscono fra loro e che, considerate nel loro insieme, formano un’armonia originaria.
Il mago, poiché conosce il linguaggio arcano della natura, utilizzando determinate formule, figure geometriche e parole chiave, può agire direttamente sulla realtà, determinandola e modificandola.
In campo astrologico, a sua volta, domina il convincimento che i corpi celesti siano legati tra loro dalle forze dell’amore e dell’odio; e che essi, congiungendosi, esercitano notevoli influssi sugli esseri umani. Però, l’uomo, creatura intermedia tra forze e influssi maligni e benigni, è possibilitato ad esorcizzare i primi ed a servirsi dei secondi.
L’alchimia, infine, assai affine alla magia, attraverso la conoscenza delle segrete corrispondenze e influssi tra i vari livelli della realtà (spiriti, astri, corpi naturali, anime umane), si propone, per un verso, il raggiungimento del potere di trasformare i metalli vili in oro; dall’altro e contemporaneamente, la rigenerazione, la trasmutazione dell’alchimista stesso in un essere più puro e perfetto. Durante il Tardo Medioevo ed il Rinascimento ne furono profeti R. Bacone, Lullo, Paracelso, della Porta ed altri.
L’alchimia, quindi, permette di conoscere la struttura della materia e di trasformarla in senso utile all’uomo. L’alchimia, in definitiva, è ricerca della quintessenza, intesa, non come quinto elemento, ma come l’elemento, fra i quattro canonici, che domina la costituzione intima di una cosa.
La magia, l’astrologia e l’alchimia, appena richiamate per rapidi cenni, costituiscono l’universo culturale all’interno del quale si origina e prende forma il pensiero del grande domenicano calabrese (non va dimenticato che, quando C., lasciato il convento, si reca a Napoli, ivi subisce l’influenza dell’ebre astrologo e mago Abraham).
A questo punto, non è necessaria alcuna ulteriore osservazione sui possibili "legami" tra i fondamenti della visione campanelliana e la nostra tradizione esoterica: pur risparmiandovene il tedio di qualche cenno, non possiamo non indicare in questi "legami", appunto, la sinergia possibile tra l’elaborazione teorica del domenicano e la sua declinazione sul versante massonico.
Riprendiamo, allora, i due termini del titolo e, dopo averne puntualizzato la valenza semantica, cerchiamo di capire se è possibile costruire un ponte tra i due.
Ora, utopia (dal greco ou = non e topos = luogo) etimologicamente significa "ciò che non può essere in alcun luogo", l’inesistente.
Il termine è derivato dal titolo di uno scritto di T. Moro (1478-1535), nel quale descrive uno stato ideale (fondato sull’uguaglianza dei diritti giuridici ed economici); oggi viene usato per indicare qualsiasi ideale o progetto politico-sociale la cui realizzabilità pratica può essere impossibile, ma che comunque viene proposto come parametro per valutare la realtà esistente e come meta verso cui tendere.
Col termine "progetto", invece, si indica l’anticipazione, la previsione o la predisposizione di un piano per il raggiungimento di un risultato finale.
É evidente che i due termini, utopia e progetto, rappresentano processi simili nello sviluppo, ma diversi nelle pre-condizioni e nelle mete finali. Ma ciò che maggiormente conta è il fatto che uno si caratterizza perchè allude all’impossibile realizzazione; l’altro, invece, la presuppone.
A questo punto, quindi, la prospettiva di una "convergenza parallela" sembrerebbe sfumare. Ma, sfruttando il medesimo procedimento del criticismo kantiano, possiamo guadagnare per via pratica ciò che non consente la ragione teoretica. In altri termini, poiché la speculazione teoretica sembra additare un dualismo insuperabile; per risolverlo, bisogna tentare la via pratica, quella cioè della morale.
Allora, chiediamoci: qual è la ragione sottesa alla renovatio politico-religiosa auspicata e disegnata da Campanella ne "La città del sole" ?
Semplicemente questa: reagire alla miseria del presente (dominio spagnolo, depressione economica e sociale, in generale; disordine del mondo), opporre alla rassegnazione l’utopia.
É appena il caso di ricordare, vieppiù, che il modello di Stato proposto dal grande monaco si inserisce nella prospettiva millenaristica di una nuova redenzione ed alla quale è necessario prepararsi. Di questa età incipiente C. trova, appunto, i segni nelle congiunzioni astrali, nei cataclismi naturali, nonché nei mutamenti politici. Di conseguenza, egli recupera l’esperienza maturata nel 1599 (organizza una vera e propria congiura contro l’autorità spagnola, con lo scopo di istituire in Calabria una repubblica teocratica), ne ripropone e idealizza il programma e, attraverso molteplici ed esotici riferimenti alla "Repubblica" platonica e all’ "Utopia" di T. Moro, anima l’opera con spirito messianico.
Ma prima di continuare il nostro ragionamento per questa via, facciamo un passo indietro, che sicuramente ci consentirà poi una comprensione più ricca e fruttuosa.
In quella che potremmo definire la sua metafisica, C., partendo convinzione dell’universale animazione della natura (vivente e senziente in ogni suo aspetto ed essere), intende indagare i principi "del sapere", "dell'essere" e "dell'agire".
La natura, per il Nostro, è una divina "monotriade", cioè articolata in tre dimensioni costitutive, che egli chiama primalità: potenza, sapienza e amore.
Queste tre primalità, secondo C., costituiscono i principi dell’Essere: esse sono infinite e perfette in Dio, mentre nelle creature sono limitate dall’essere congiunte alle tre primalità del non-essere: impotenza, ignoranza e odio, da cui dipendono la contingenza, l’imperfezione e il disordine del mondo delle creature.
A questo punto del nostro ragionamento, alla luce delle puntualizzazioni fin qui fatte, risulta ormai chiaro che l’universo teoretico di C. può essere soltanto considerato come background dell’elaborazione massonica.
Ne consegue la necessità di procedere per per inferenze "virtuali" se intendiamo "scoprire" corrispondenze e sinergie tra l’apparato ideologico massonico e il messaggio contenuto nel pensiero campanelliano, in generale, e ne "La città del sole", in particolare.
L’opera è un dialogo fra un nobile e un navigatore genovese: quest’ultimo racconta di una città costruita su un’isola equatoriale le cui regole in vigore sono diametralmente opposte a quelle conosciute nei Paesi europei.
In questa città tutti i beni sono in comune e non esiste la proprietà privata. Tutti hanno ciò di cui abbisognano ed a ciascuno viene dato secondo i suoi meriti. Questa scelta, secondo C., nel mentre consente di eliminare l’egoismo, contemporaneamente, promuove l’affermazione dell’amore e della fraternità.
Nella città è abolita la schiavitù ed è affermato pienamente il valore del lavoro (tutti devono lavorare per almeno quattro ore al giorno).
Il governo della città è affidato alla "cultura": nel senso che è affidato ai dotti, a loro volta guidati dalla persona dotata di maggiore cultura.
É abolita la famiglia: è lo Stato ad occuparsi della crescita e dell’educazione dei giovani.
La cultura dei solari, però, non si apprende sui libri, ma attraverso le cose.
L’educazione, permanente e generalizzata, trova sulle mura della città occasioni di promozione: su queste ultime, infatti, sono dipinte le nozioni fondamentali di matematica, geografia, mineralogia, botanica e zoologia e delle arti meccaniche e tutti possono apprendere passeggiando gioiosamente.
L’ordinamento della città riproduce l’ordine dell’universo. Il suo fondamento è metafisico, in quanto la stessa visione unitaria lega la realtà della natura e l’organizzazione dello Stato.
I "solari" sono governati, infatti, da un re-sacerdote, il Metaphysicus, e da tre magistrati, rappresentanti la potenza, la sapienza e l’amore.
In particolare, il capo della città è chiamato Sole, simbolo del potere supremo religioso e politico. Egli è aiutato da tre prìncipi-sacerdoti, Pon, Sin e Mor, cioè Potestà, Sapienzae Amore. Ciascuno di questi ultimi governa un ambito della vita della città: Pon la pace e la guerra, Sin le scienze, Mor la riproduzione umana e l’alimentazione.
Come si diceva, a quest’opera il C. affida l’illustrazione del suo progetto di rinnovamento del secolo, fondato su una visione etico-religiosa e cosmico-magica; per la sua ispirazione fortemente gerarchica l’operà sarà definita "utopia dell’ordine", di contro alla "utopia della libertà" di T. Moro.
Ora, moltissime sono le suggestioni offerte dal C. che si possono decodificare in chiave massonica: i livelli esoterici che ognuno di noi ha attinto ne potrebbero essere certamente gli strumenti più efficaci.
Ma, nonostante tutto, in conclusione, non si può, in senso stretto, assimilare "La Città del Sole" ad un progetto M\ ; ma in essa e, più in generale, nel pensiero campanelliano, come si è visto, sono oltremodo numerosi i punti di contatto con la tradizione esoterico-massonica; da poterci consentire di affermare che l’Utopia del C., che, in definitiva, preconizza un processo di unificazione dell’umanità, coincide con l’essenza stessa della M\ , il cui scopo ultimo è quello di realizzare, appunto, la fratellanza universale in un mondo segnato dal bene, sorretto dall’amore, sensibile alla bellezza, possente nella forza della ragione.

 

Frate Tommaso La città del sole: Utopia o Progetto Massonico   La Città del Sole Questioni sulla Città del Sole

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