Il Discorso del Cratere o della Monade
Ermete: L'Artefice ha fatto il mondo non con le sue mani, ma con la sua parola. Bisogna che tu te lo immagini come presente e sempre esistente, come l'autore di tutto, l'unico e il solo, che ha creato gli esseri con la sua volontà. Il suo corpo non è tangibile né visibile, né misurabile, né esteso, né simile ad alcun altro corpo. Non è né fuoco, né acqua, né aria, né soffio, ma tutto viene da lui. Essendo buono egli ha voluto creare il mondo per sé e adornare la terra. Come ornamento del corpo divino, vi ha posto l'uomo, animale immortale e mortale. L'uomo si solleva sugli altri animali per la ragione e l'intelligenza: egli contemplò le opere di Dio, le ammirò e ne conobbe l'autore. Dio ha fornito la ragione a tutti gli uomini, o Tat, ma non l'intelligenza; non perché ne abbia invidia per qualcuno, giacché l'invidia non gli appartiene: essa nasce nelle anime degli uomini che non hanno intelligenza. Tat: Perché dunque, o padre, Iddio non ha distribuito l'intelligenza a tutti? Ermete: Egli ha voluto, figlio mio, metterla nel mezzo delle anime come premio da conquistarsi. Tat: E dove l'ha messa? Ermete: Ne ha riempito un grande cratere e l'ha fatto portare da un banditore, ordinandogli di gridare ai cuori degli uomini: "Battezzatevi, se lo potete, nel cratere, o voi che credete di tornare a colui che l'ha mandato, voi che sapete il fine della vostra vita!" E quelli che compresero questo appello e furono battezzati nell'Intelligenza, quelli possederono la Gnosi e diventarono gl'iniziati dell'Intelligenza, gli uomini perfetti, ed ebbero l'Intelligenza mentre gli altri ignorano perché e da chi siano stati creati. Le loro sensazioni rassomigliano a quelle degli animali irragionevoli. Formati unicamente di passioni e di desideri, essi non ammirano ciò che è degno d'esser contemplato: essi si danno ai piaceri ed agli appetiti del corpo, e credono che questo sia il fine dell'uomo. Ma quelli che hanno ricevuto i doni di Dio, quelli, o Tat, a considerare le loro opere, sono immortali e non più mortali. Essi abbracciano con l'intelligenza ciò che esiste sulla terra e nel cielo e ciò che può esserci sopra ad esso. All'altezza dove son pervenuti, essi contemplano il bene, e questo spettacolo fa loro considerare come una disgrazia il soggiorno di quaggiù ; e, disprezzando tutte le cose corporee, essi aspirano verso l'Uno e il Solo. Questa è, o Tat, la scienza dell'Intelligenza: contemplare le cose divine e comprendere Iddio poiché divino è il cratere. Tat: Anch'io voglio esservi battezzato, o padre. Ermete: Se tu non cominci con l'odiare il tuo corpo, o figlio mio, tu non puoi amare te stesso; quando amerai te stesso avrai l'intelligenza, e allora otterrai anche la scienza. Tat: Che cosa vuoi dire, o padre? Ermete: É impossibile, figlio, d'attaccarsi, nello stesso tempo, alle cose mortali e alle divine. Gli esseri sono di due specie: corporei e incorporei, e in essi si distingue il mortale e il divino: la scelta dell'uno o dell'altro è lasciata alla volontà. Poiché non ci si può attaccare a tutti e due insieme. Quando si è fatta la scelta, quello che si abbandona manifesta l'energia dell'altro. E la scelta del meglio non solo riesce ottima per chi sceglie, rendendo l'uomo Dio, ma anche mostra maggiormente la pietà verso Dio. La scelta del peggio è la rovina dell'uomo, però senza far torto a Dio, ma come quelle processioni che, non essendo capaci di far nulla, impediscono il traffico per le strade, così quelli passano attraverso il mondo trattenuti dai piaceri del corpo. E poiché, o Tat, il bene che viene da Dio lo abbiamo o lo avremo, noi non dobbiamo far altro che prenderlo senza indugio. Il male poi non viene da Dio, ma da noi stessi che lo preferiamo al bene. Tu vedi, figlio mio, per quanti corpi, per quanti cori di dèmoni e rivoluzioni di astri dobbiamo passare per giungere fino a Dio, solo e unico. Il bene non può passare ed è infinito e senza limiti e, per la sua stessa natura, non ha principio, benché, per noi, sembri averne uno che è la Gnosi. Ma la Gnosi non è precisamente il principio del bene, ma è per noi, un mezzo per arrivare al bene. Prendiamolo dunque come una guida e noi avanzeremo attraverso gli ostacoli. É difficile abbandonare le cose presenti e solite per tornare alle antiche. Poiché le apparenze ci seducono, ma noi ci rifiutiamo di credere all'invisibile. Le cose cattive sono più evidenti ; il bene è invisibile agli occhi poiché non ha né forma né figura: è simile a sé stesso e differente da tutto il resto; è impossibile che l'incorporeo si manifesti mediante il corpo. Ecco la differenza tra il simile e il dissimile e l'inferiorità dei dissimile rispetto al simile. L'unità, principio e radice d'ogni cosa, esiste in tutti come principio e radice. Non c'è nulla senza principio: il principio non deriva da altri che da sé stesso giacché tutto deriva da lui. Ed è il principio di sé stesso, non avendo altri principii. La monade (l'unità), che è il principio, contiene tutti i numeri e non è contenuta da alcuno; li genera tutti e non ne è generata. Tutto quello che è generato è imperfetto, divisibile, suscettibile d'aumento o di diminuzione. Il perfetto non ha nessuno di questi caratteri. Ciò che si può accrescere, s'accresce per la monade, e perisce per la sua debolezza quando non può più ricevere la monade. Ecco, o Tat, l'immagine di Dio come possiamo rappresentarcela: se tu la contempli attentamente e la comprendi con gli occhi del cuore, credimi, figlio, tu troverai la via dell'ascensione: o piuttosto, questa immagine stessa ti condurrà, giacché questa è la virtù della contemplazione: incatena e attira coloro che sono giunti a essa come dicono che la calamita attiri il ferro.
Indice Introduzione Ermete Trismegisto Il Discorso Universale Il discorso Sacro Della Monade Il Dio invisibile è visibile Il Bene è solo in Dio Il Male Nulla muore Il Pensiero La Chiave Dell'Intelligenza comune Dell'Ordine e del Silenzio Della Saggezza |