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Ermete Trismegisto ad Asclepio. della Saggezza


Poiché in tua assenza, il mio figlio Tat ha voluto essere istruito sulla natura degli esseri, non mi è stato possibile passare oltre, perché egli è mio figlio ed è giovanissimo; perciò, venendo alle conoscenze particolari, sono stato costretto ad essere prolisso per dargliene una spiegazione più facilmente comprensibile. Ma ho voluto inviarti un estratto di quel che è stato detto di più importante, con una interpretazione più mistica, considerando la tua età più avanzata e la tua conoscenza della natura. Se tutto quello che si manifesta ha avuto un principio, una nascita, è nato non da sé stesso ma da altra cosa. Le cose create son numerose, o, piuttosto, ogni cosa apparente, differente e non simile, nasce da un'altra cosa. C'è dunque qualcuno che le fa e che è increato e anteriore a ogni creazione. Dico che tutto quello che è nato, è nato da un altro e che nessun essere creato può essere anteriore a tutti gli altri, ma soltanto l'Increato può esser tale. Esso è superiore in forze, uno e solo, veramente saggio in tutte le cose, poiché nulla l'ha preceduto. Da lui dipendono la moltitudine, la grandezza, la differenza degli esseri creati, la continuità della creazione e la sua energia. Inoltre le creature sono visibili, ma egli è invisibile. Bisogna dunque concepirlo con l'intelligenza; comprenderlo vuol dire ammirarlo: chi l'ammira arriva alla beatitudine per la conoscenza del suo venerabile padre. Poiché che c'è di più dolce di un padre? Chi è lui e come lo conosceremo? Bisogna designarlo col nome di "Dio" o con quello di "Creatore" o con quello di "Padre" o con questi tre nomi insieme? "Dio" risponde alla sua potenza; "Creatore" alla sua attività; "Padre" alla sua bontà. La sua potenza è distinta dalle sue creature, la sua energia risiede nell'universalità della sua creazione. Lasciamo dunque da parte il chiacchierio e le parole vuote, e concepiamo due termini: il creato e il creatore; tra essi non v'è posto per un terzo. Ogni volta che tu rifletti sull'universo e ne senti parlare, ricordati di questi due termini e pensa che sono tutto quello che esiste senza che si possa lasciar nulla fuori di essi, sia in alto, sia in basso, sia nel divino, sia nel cangiamento, sia negli abissi. Questi due termini: il creato e il creatore comprendono tutto l'universo e sono inseparabili l'uno dall'altro, poiché non può esistere creatore senza creazione né creazione senza creatore. Ognuno di essi è definito dalla sua funzione e non può astrarsi dall'altro più che da sé stesso. Se il Creatore non è altro che colui che crea, funzione unica, semplice e non complessa, egli si crea, necessariamente, da sé, poiché, creando, egli diventa creatore. Allo stesso modo il creato nasce, necessariamente, da un altro: senza creatore il creato non può nascere né esistere: ciascuno perderebbe la propria natura se fosse separato dall'altro. Se dunque si riconosce l'esistenza dei due termini, l'uno creato, l'altro creatore, la loro unione è indissolubile: l'uno precede, l'altro segue; il primo è il Dio Creatore, il secondo è il creato, qualunque esso sia. E non credere che la gloria di Dio sia abbassata per la varietà della creazione: la sua unica gloria è di prodursi, e questa funzione è, per così dire, il suo corpo. Ma nulla di cattivo o di brutto può essere considerato come opera sua. Questi accidenti sono conseguenze inerenti alla creazione, come la ruggine al ferro o il sudiciume al corpo. Non è il fabbro che fa la ruggine né i genitori che fanno il sudiciume né Dio che fa il male; ma, per la durata e le vicissitudini delle cose create, queste efflorescenze si producono; ed è per questo che Dio ha creato il cambiamento, quasi per purificare la creazione. E se al pittore è dato fare il cielo e gli Dei, la terra, il mare, gli uomini e gli animali d'ogni specie, gli esseri immortali e le piante, a Dio non sarà dato creare tutto ciò? O follia! O ignoranza della natura divina! Questa opinione è la peggiore di tutte. Credersi pieno di religione e di pietà e rifiutare a Dio la creazione di tutte le cose, vuol dire non conoscere Iddio e aggiungere all'ignoranza una solenne empietà, attribuendo a lui orgoglio, impotenza, ignoranza e invidia. Poiché, se egli non crea tutto, è per orgoglio, o perché non può o perché non sa o perché invidia l'esistenza delle sue creature. Pensar questo è empietà. Poiché Dio non ha che una passione: il bene; e la bontà esclude l'orgoglio, l'impotenza e il resto. Ecco quel che è Dio: il bene con potere di ogni creazione. Ogni creatura è generata da Dio, cioè dal bene e dall'onnipotenza creatrice. Se vuoi sapere come Iddio produca e come nasca la creazione, tu puoi saperlo: ne hai la più bella e più rassomigliante immagine in un agricoltore che getta semenze sulla terra: qui orzo, là frumento, là qualche altro seme: eccolo che pianta una vigna, un melo, un fico e altri alberi. Così Dio semina nel cielo l'immortalità, sulla terra il cambiamento, dovunque vita e movimento. Questi principii non sono numerosi, sono facili a contarsi. Ce ne sono quattro in tutto; ed essi, Dio e la creazione, costituiscono tutto ciò che esiste.
Ho Detto.
 

 

Indice

Introduzione Ermete Trismegisto Il Discorso Universale Il discorso Sacro Della Monade

Il Dio invisibile è visibile Il Bene è solo in Dio Il Male Nulla muore Il Pensiero

  La Chiave   Dell'Intelligenza comune Dell'Ordine e del Silenzio Della Saggezza