MILINDAPAÑHA
LE DOMANDE DEL RE MILINDA
LIBRO IV - Capitolo I

Mld:IV.1.14 - I doni al Tathagata (4)

 

“Ora ascoltate un’altra similitudine sullo stesso argomento. Possiede la grande terra, o re, la facoltà di far piantare in essa ogni tipo di seme?”
“Certo che no, venerabile.”
“Allora com’è che quei semi, piantati senza il consenso della terra, siano così saldamente e fermamente radicati, per poi crescere come alberi con grandi tronchi, linfa e rami, bei fiori e frutti?”
“Anche se, venerabile, la terra non acconsente, anch’essa agisce come sito per quei semi, come mezzo di crescita. Piantati in quel sito i semi crescono, grazie ad essa, sviluppandosi in grandi alberi con rami, fiori e frutti.”

“Allora, grande re, i settari sono distrutti, sconfitti, indotti in errore dalle loro stesse parole quando affermano che: “un atto fatto a colui che non lo accetta è vuoto e vano”. Come la grande terra, o re, è il Tathagata, l’Arahant, il Buddha supremo. Come la terra non accetta nulla. Come i semi, che grazie ad essa crescono e si sviluppano, sono i deva e gli uomini che, mediante il tesoro delle reliquie e della saggezza del Tathagata – sebbene sia trapassato e non dia il consenso – essendo fermamente radicati con le radici della virtù, diventano come alberi che gettano splendidamente un’ombra con il tronco della contemplazione, la linfa della vera dottrina, i rami della rettitudine, portando i fiori della liberazione ed il frutto dello stato di Arahant. Quindi, grande re, gli atti fatti al Tathagata, nonostante sia trapassato e non li accetti, hanno valore e portano frutti.”

 

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