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Nel mondo greco l'esigenza monistica si rivela, fino alla esasperazione, nella dottrina eleatica dell'Uno. L'Essere è eterno, uno, immutabile, sempre identico a se stesso. L'esperienza non può conoscerlo, ma scorre alla superficie del mondo delle apparenze passando di illusione in illusione, poiché illusione non è ciò che l'occhio non vede e che la mente pone con un atto di decisione metafisica, ma proprio ciò che sembra la realtà più concreta....
Il documento che
presentiamo, ai nostri Ospiti, per studio e considerazioni è tratto da "Plotino"Grazanti 1945.
La
Struttura Spirituale della Realtà
«Nel mondo greco l'esigenza monistica si rivela,
fino alla esasperazione, nella dottrina eleatica
dell'Uno. L'Essere è eterno, uno, immutabile,
sempre identico a se stesso. L'esperienza non
può conoscerlo, ma scorre alla superficie del
mondo delle apparenze passando di illusione in
illusione, poiché illusione non è ciò che
l'occhio non vede e che la mente pone con un
atto di decisione metafisica, ma proprio ciò che
sembra la realtà più concreta. Ciò che diviene è
irreale, non è, e invano la nostra mente cerca
di fermarlo e di possederlo; il movimento è
soltanto l'increspamento che tocca l'onda alla
superficie ma non la trasforma; la molteplicità
è soltanto apparenza che non può distruggere
quell'unità che, anche nella ipotesi di una
reale molteplicità, deve appartenere a ciascuna
parte, infinitesimale, di essa. L'Essere-Uno non
include ma esclude il molteplice in modo
assoluto, così come la luce annienta la tenebra,
la verità l'errore e l'intelligenza il senso. E
se il movimento è negato, negata è l'anima che
lo produce. Non rimane che lo spirito puro come
pura immota intuizione di un Essere immobile che
non ha storia né vita. Se l'essere e il pensiero
son un'unica identica cosa, nemmeno potremmo
pronunciare che l'Essere è uno: poiché il
pensare implica un'alterità tra pensato e
pensante, tanto meno potremmo con complessi
ragionamenti (che sono movimenti logici)
illuderci di dimostrare l'illusione, per il
motivo che ogni movimento e discorsività sono
illusori. Il pensiero si irretisce e si abbuia
dentro la sua premessa metafisica: il pensiero
muore, l'essere è annientato dallo stesso
pensiero che lo ha posto.
Ma l'Essere-Uno è il postulato originario; il
pensiero Io presuppone, consciamente o
inconsciamente, come condizione e garanzia del
suo desiderio di razionalità; se affermarlo è
distruggerlo, il non affermarlo lo sottintende.
Contro di esso, ma anche su di esso, sorge la
vita, il movimento, il divenire, la guerra, la
sofferenza, la molteplicità. Contro Parmenide,
Eraclito difende l'anima che non ha confini e
l'illusione vitale del divenire, immettendole
dentro l'Uno e riconsacrandone così la realtà.
Il Cosmo è Uno ma include il molteplice come sua
articolazione e sua vita; l'Uno, in quanto in sé
diverso, con se stesso si accorda in un'armonia
perenne di contrasti. L'abissale intuizione
dell'Uno riconosciuta da Parmenide al pensiero
umano si frantuma per Eraclito come si frantuma
l'essere nei suoi indefiniti momenti e
opposizioni pur conservandosi uno in dinamica
unità; al pensiero umano egli nega l'intuizione,
pur postulandone la condizione assoluta, e
distrugge così l'identità di essere-pensiero,
determinando nel pensiero stesso un oscillamento
drammatico tra la discorsività, che accompagna
le varie e relative apparizioni del reale, e la
conoscenza intellettiva, che vorrebbe
districarsene per comprendere il significato
immobile ed eterno di quel divenire incessante.
L'immanenza dell'Uno negli indefinibili,
dinamici e contrastanti aspetti della realtà non
garantisce la scientificità del sapere ma getta
il pensiero in braccio a un relativismo
esasperante. L'Uno, per quanto postulato, non
esiste più se non come illusione metafisica; il
pensiero muore come possesso sicuro e si adegua,
angosciosamente, alla Vita, vita esso stesso.
Socrate sembra ignorare questa problematica
metafisica e non ha interesse che per i problemi
dell'attività morale, ma per il fatto stesso che
egli imposta la sua istanza etica su basi
razionalistiche e logiche, la sua dottrina Io
riconduce inconsapevolmente alle speculazioni
eleatica ed eraclitea, di cui sembrerà
continuazione e superamento. Il concetto
socratico è unità, non unità cosmica ma mentale;
ma se col concetto l'unità è reintegrata nel
regno della conoscenza, anche la molteplicità vi
rientra poiché i concetti sono molti e ognuno è
unità.
Con la mediazione del concettualismo socratico,
Platone, pur rimanendo fedele alle esigenze
intellettualistiche dell'eleatismo, supera il
monismo astratto e nello stesso tempo riconferma
le vive istanze eraclitee a favore della vita e
della molteplicità irriducibile del reale, ma
liberandole dal gorgo senza nome ed elevandole
alla dignità di valori imperituri ed eterni. La
sapienza è possibile perché la mente ha scoperto
i suoi fondamenti assoluti che le consentono di
pensare. L'Uno rimane, ma la sua abissale
profondità si svela alla nostra intelligenza
come ricchezza di molteplici idee; il movimento
è pur sempre condannato ad essere l'espressione
e il simbolo della opinione incerta e del
trapassare inafferrabile, ma di esso è ricercata
la fonte prima nell'anima che non è apparenza ma
realtà spirituale, affine all'essere vero. I
fenomeni acquistano così una loro relativa
intelligibilità, ma non possono essere risolti
in razionalità pura, perché emergenti da un
fondo oscuro e indefinibile, la materia. Dio,
intelligenza, idee, anima, materia: su queste
concrete entità Platone costruisce l'organica
struttura dell'universo visibile ed invisibile,
articolando le teorie eleatica cd eraclitea ed
insieme il pensiero che è in funzione del reale.
Ma l'accresciuta complessità del Cosmo
moltiplica le relazioni e con esse i problemi
del pensiero: l'Uno è intelligenza o superiore
all'intelligenza? le idee sono suoi pensieri o
realtà esterne ad esso? che affinità esiste tra
l'anima, che è principio di movimento, e le idee
immutabili? perché l'anima che conosce le idee è
insieme quella che discende nella materia? e
come deve essere intesa la natura, l'origine,
l'esistenza della materia? La speculazione
posteriore non ha continuato a percorrere il
cammino aperto da Platone, forse aduggiata da
quella molteplicità di enti che sembravano
distruggere l'unità e la continuità del reale.
Vi è ritornato il neoplatonismo che fissò ben
presto, prima di Plotino, il numero delle
ipostasi (Uno, Noûs, Anima); vi ritorna Plotino
come a una tradizione sacra, ma in realtà
ripensandola attraverso la sua coscienza di uomo
e le sue esigenze di filosofo che conosceva i
complessi problemi e i bisogni spirituali
dell'epoca. La tradizione filosofica è
riconsacrata ma l'anima è nuova.
Anche per Plotino come per gli Eleati l'Uno è il
postulato per eccellenza del pensiero e della
volontà; negli Eleati esso era staticità
assoluta, non essendoci nessuna molteplicità
reale da interpretare, in Plotino esso è insieme
forza diffusiva e potenza infinita; soltanto a
questa condizione le ipostasi platoniche non
rimangono più irrelative ma costituiscono una
organica e continua unità. L'Uno non distrugge
le distinzioni, né le distinzioni dissolvono
l'Uno. Il grande sforzo di Plotino consiste nel
voler salvare questo e quelle senza scavare nel
reale alcuna soluzione di continuità. Le
ipostasi — Uno, Spirito, Anima — sono tre, non
di più; all'anima si arresta il mondo
spirituale, al di sotto non c'è che movimento
caotico, tenebra e apparenza. Una sola vita si
estende in linea retta dal Principio all'infima
delle realtà: "ciascuno dei punti successivi
della linea è differente, ma la linea intera è
continua. I suoi punti sono continuamente
differenti, ma il punto anteriore non perisce in
quello che segue". Il Primo, in quanto fonte di
tutta la realtà, è comparabile alla luce; egli è
potenza produttrice e il suo essere è attività.
Ma la sua natura opera senza movimento, al di là
del tempo; il generato, pur essendo generato,
non viene dopo il generante, ma è eterno; allo
stesso modo della luce che emana dal sole ma è
contemporanea, non posteriore, ad esso pur
dipendendo da esso.
Assurdo chiedere perché dall'Uno emani un'altra
realtà: il processo divino si compie al di là
del tempo, dello spazio e della causalità. Il
pensiero deve constatare in sé e fuori di sé dei
piani spirituali di vita che costituiscono la
struttura dell'essere: piani che nell'anima sono
attitudini spirituali e orientamenti che segnano
diversi destini ma che per un greco non sono
soltanto attività umane, ma presuppongono tutta
una complessa metafisica di ipostasi che fonda e
garantisce l'oggettività assoluta dei nostri
valori. Una gerarchia di potenze divine che non
si risolva in opera umana incentrandosi
nell'anima ma rimanga fuori di noi come oggetto
di pura contemplazione è altrettanto
insignificante quanto un complesso di azioni
umane che non si adegui a un Ordine reale e
transumano ma si sforzi, inutilmente, di creare
un mondo di valori storici, autonomi.
Perciò l'impegno con cui Plotino cerca di
suturare al massimo i vari piani della vita e i
molteplici termini con cui vuole esprimere
l'intima loro connessione, oltre che significare
uno sforzo teoretico, rappresenta soprattutto la
sua fiducia morale nell'accordo tra l'Umano e il
Divino e nelle possibilità soteriologiche
dell'anima nostra».
Nascono così le tre ipostasi che sono: l'Uno-Bene,
lo Spirito (Noûs) e l'Anima. L'Uno genera lo
Spirito (il due) e lo Spirito genera l'Anima (il
tre).
«Ora, il Primo è perfezione e onnipotenza
infinita; perciò anche lo Spirito generato è
Potenza generatrice di un'altra realtà
ipostatica a sé inferiore, l'anima; e l'anima, a
sua volta, è generatrice di effetti sensibili
nel mondo spaziale e temporaneo. L'Universo
viene così concepito come un grandioso processo
di autoespressione e di autorivelazione in
quanto è manifestazione e genitura dell'Uno-Bene:
in funzione di questa dottrina ogni ipostasi è
detta Verbo (logos) della superiore. Il Divino è
tale perché non si racchiude in sé, ma è
concepito in funzione della sua creatività
inesausta e inesauribile, immobile fuori della
durata e della storicità. Soltanto l'anima umana
porterà in seno a questo Ordine immoto e
inderogabile il palpito del suo amore e il
fervore di una drammatica esistenza.
Ogni ipostasi generata è inoltre infinità.
Infinito per eccellenza è l'Uno, poiché la sua
potenza assolutamente libera non ha confini;
perciò anche lo Spirito, in quanto è una «unità
multipla», è infinito e nessuno spazio lo
circoscrive; infinita è l'anima nella sua
assoluta indivisibilità ed unità; infinita,
anche se di una falsa infinitezza, è la materia,
come se essa significasse il vuoto lasciato
dalla potenza dell'anima giunta al limite della
sua efficienza.
Tale infinità non è vuota e indifferenziata
potenza ed astratta unità: ciascuna ipostasi
include in sé una ricchezza indefinita, una
molteplicità inesauribile. L'Uno, quale
principio di tutto il reale, pur rimanendo uno,
semplice e indifferenziato è coincidentia
oppositorum, è potenza di ogni distinzione e
include in assoluta unità ciò che nella
generazione si esplica in alterità e numero; lo
Spirito è uno, ma racchiude in sé la realtà
delle molteplici idee che, pur essendo in
rapporto di ideale alterità col Soggetto
intuente, fanno tuttavia con esso e tra di loro
un compatto immobile mondo intelligibile, in cui
ogni parte ideale contiene il tutto; l'Anima è
una, ma da sé esprime ed in sé include una
molteplicità di anime individuali che non
distruggono l'unità dell'Anima infinita, come
questa non annulla in esse la loro distinzione e
la loro peculiare individualità; ed ogni anima,
a sua volta, contiene un numero indefinito di
ragioni seminali che si rivelano finalmente in
una sempre rinnovata varietà di caratteristiche
sensibili esterne in cui finisce il processo del
reale. Così, nella discesa e nel graduale
allontanamento dall'Uno, la molteplicità inclusa
nelle ipostasi si accentua e si disgrega sempre
più rispetto alle unità prime generate tendendo
vanamente a dissolvere fin l'ultima traccia
dell'Unità primordiale; ma l'Uno, onnipresente
ovunque si trovi una traccia della sua potenza,
vincola e connette anche le apparenze
fenomeniche: la simpatia cosmica armonizza tra
loro i corpi, concilia i contrari e collega gli
avvenimenti della terra e del cielo in modo che
gli uni siano "segni" annunciatori degli altri.
Poiché una sola Vita pervade ogni cosa e nessuna
cesura spezza la divina continuità
dell'Universo.
Ad accentuare i caratteri di questo integrale
spiritualismo e ad evitare qualsiasi equivoca
interpretazione della dottrina delle ipostasi,
Plotino insiste su quei caratteri e rapporti che
impediscono di concepire queste ipostasi come
"cose" piuttosto che come funzioni e attività
spirituali. L'onnipresenza è invocata a render
ragione di questa dottrina: come il Bene, anche
lo Spirito è onnipresente ed onnipresente è
l'anima; lo spazio fenomenico è illusione che
non riesce ad allontanarci dalla nostra sacra
interiorità: il Divino si fa incontro ovunque a
chi non coi piedi cammina, ma con lo spirito si
ricongiunge a se stesso, né il tempo riesce a
disperdere in una durata logorante i momenti
sacri del presente eterno, in cui l'anima
affilandosi all'Essere e all'Uno vince il tempo
e la morte.
L'ipostasi superiore contiene in sé l'inferiore
e la illumina: lo Spirito è nell'Uno, l'Anima
nello Spirito, il corpo nell'Anima, ma l'Uno è
soltanto in se stesso. Tale rapporto vuol
significare la correlatività dei piani di vita e
insieme la loro funzionalità essenziale: così,
ad es., l'Anima in quanto contenente il corpo
guarda al corpo come ad un fenomeno strumentale
che non può violare la sua divina purezza; ma in
quanto contenuta dallo Spirito, essa riconosce
al di sopra di sé una Trascendenza suprema che
le dà la coscienza del suo limite e in qualche
modo la informa elevandola all'Essere.
In questo senso Plotino, adoperando con ben
altra significazione metafisica la terminologia
aristotelica, afferma che la ipostasi inferiore
è materia rispetto a quella superiore: l'Anima
rispetto allo Spirito, lo Spirito rispetto
all'Uno. Ma poiché le ipostasi sono al di là del
divenire e del tempo, la loro relativa
potenzialità non implica movimento e processo
nella durata, ma significa una assai diversa
relazione. Che cosa dunque salda in unità
organica le distinzioni e i piani spirituali
senza distruggere né questi né quella? Che cosa
rende possibile questa connessione vivente senza
turbare la silenziosa immobilità delle geniture
divine? A questo problema è destinato il
trattato Della contemplazione e dell'Uno (III,
8) che è dei più significativi e profondi.
L'atto immanente a tutte le ipostasi e ad esse
comune è la contemplazione (theoria). "Tutti gli
esseri, non solo i ragionevoli ma anche gli
irragionevoli, le piante e la terra che li
produce, desiderano di contemplare e tendono a
questo fine". All'Uno si affisa lo Spirito e
contemplandolo produce in sé la ricchezza delle
sue interiori distinzioni ideali; allo Spirito
guarda l'Anima producendo con un atto di
contemplazione silenziosa i suoi oggetti
viventi; contempla la Natura producendo le sue
indefinite ragioni seminali. La contemplazione è
produzione, poiesis; e nei suoi gradi inferiori,
attività esteriore, praxis. E la poiesis è
theoria. Tutti gli esseri sono contemplazioni:
ogni vita è un pensiero, più o meno oscuro, come
la vita stessa. Perciò il contemplato, luce del
contemplante, è la ragione di vita del
contemplante: l'Uno, illuminando lo Spirito, lo
determina e lo limita; Io Spirito illuminando
l'Anima, la libera della sua illimitatezza e la
rende feconda; l'Anima, illuminando la realtà
sensibile la trae fuori dell'oscurità della
materia e le conferisce ordine e bellezza. In
rapporto con questa dottrina della theoria
poiesis si comprende con quale significato
Plotino parli delle ipostasi inferiori che
girano intorno alle superiori o sono sospese
alle superiori.
La concezione plotiniana, nel suo geniale
tentativo di conciliare insieme, anzi di
identificare, la staticità della contemplazione
e il dinamismo del suo sistema, il Rios
theoreticós e il Bìos practicós, annunzia di
lontano la speculazione leibniziana e la
precorre anche nel riconoscimento di una vita
inconscia che è pure theoria e attività
creatrice. Ma le varie esplicazioni escogitate
sono ben lontane dal condurre una vera vita e
una vera relazione entro i vari piani spirituali
della realtà. La loro silenziosa immobilità li
fissa l'uno fuori dell'altro: la loro deduzione
trascendentale è tanto impossibile quanto la
loro generazione; essi sono lì, numerati e
distinti. Invano le immagini suggestive cercano
di compiere in noi il miracolo e di farci
intuire quello che non ci è possibile
comprendere; e Plotino ha un bel moltiplicare i
rapporti e le interferenze e le omogeneità e le
partecipazioni e le somiglianze e le parusíe tra
ipostasi e ipostasi: esse rimangono tre circoli
l'uno dentro l'altro. E se l'immagine del
cerchio, da lui spesso e volentieri adoperata,
può aiutarci a comprendere per analogia molte
cose, non può tuttavia renderci ragione della
diversità sostanziale delle tre ipostasi. Qui il
pensiero si arresta.
Ma ciò che il pensiero non può spiegare
teoreticamente,lo potrà attuare l'anima, se con
un atto di libera decisione si avventurerà
incontro all'essere e dimostrerà a se stessa,
nell'azione e nella vita, nello spazio e nel
tempo, di poter connettere idealmente i vari
piani spirituali e di poter percorrere davvero
la via diritta che dal molteplice conduce
all'Uno. La chiave di volta di tutto il sistema
plotiniano è l'anima, non l'Anima universale e
infinita che non ha storia, ma l'anima
individuale che prova a se stessa nella sua
esistenza ciò che il pensiero deve accettare
come Dato assoluto c come mistero. Errante
quaggiù, tra questa dissonante molteplicità in
cui la potenza dell'Uno fatalmente si disperde,
non può l'anima abbandonarsi ai facili
vagheggiamenti e ai giochi di un vano pensiero.
Il suo destino è più forte di lei; ed essa deve,
con un atto di libera decisione, iniziare il suo
cammino, anche se la mèta sia invisibile. La sua
è una sacra avventura, è un rischio che la
impegna contro gli stessi dubbi e l'impotenza
del suo proprio pensiero».
L'ultimo dei grandi filosofi pagani
Il destino dell'Anima
La Dialettica
Il fondo tenebroso delle Esistenze
La struttura della Realtà
L'Uno è tutte le cose
La Via del Ritorno
L'esperienza Mistica
La Bellezza che redime
Sulla Bellezza
Le Tre Ipostasi originarie
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