Molto, troppo spesso i fratelli sono sfiduciati, amareggiati, delusi e si chiedono di continuo: "che veniamo a fare? Solo a battere le mani, a fare qualche votazione, a parlare di ordinaria amministrazione? É tutta qui la Massoneria? Mai un argomento elevato, importante; mai una deliberazione che implichi una operazione nel mondo profano. Anche se oggi la Massoneria non può molto agire, potrebbe sempre tentare; e tante cose potrebbe pur ottenere. Che ci stiamo a fare?" E la delusione fa sì che alcuni, i più coerenti, si dimettano, ed altri, i più deboli, si assentino; i pochi, i migliori, frequentino con assiduità e, pur delusi anch'essi, si accontentano di quel che trovano e sperano in un futuro migliore. Ma se la Massoneria può apparire addirittura inutile al fratello Apprendista ed al fratello Compagno, non così dovrebbe apparire al fratello Maestro, che nella iniziazione al suo grado ha tutti gli elementi per sapere che cosa sia. Ai fratelli Apprendisti e Compagni io dico: "Attendete e vedrete; purché quando avrete visto, la vostra visione non sfugga dalla vostra mente, come il fumo dal vostro tabacco. E se non volete attendere, se avete fretta di sapere, ebbene: leggete, istruitevi. Esistono tanti libri che trattano di Massoneria, che ne espongono i riti e i rituali, che ne indicano le derivazioni, il contenuto. Potrete così conoscere anche prima di essere iniziati ai gradi più alti." Ed ai fratelli Maestri dico ancora: "Noi ci chiamiamo Maestri, ma lo siamo veramente? Che cosa abbiamo appreso e che cosa abbiamo insegnato? Uniamoci in cenacolo di maestranza; ciascuno porti la sua pietra per fabbricare il Tempio, edifichiamo dentro di noi col concorso di tutti. E quando lo avremo edificato e santificato col nostro cuore, prendiamo in esso l'ispirazione e poi usciamo, nella notte profonda che avvolge ogni cosa per dare ad essa una scintilla di luce, per portare nel Tempio i ciechi, che si aggirano nel buio e non lo sanno, per far loro aprire gli occhi e farli diventare, anch'essi, luci. Così; nell'eterno divenire delle cose, nel susseguirsi dei tempi che accompagnano la notte; in fino a che tutto sarà luce, e il tempo non sarà più, e la Massoneria non avrà più funzione. Venite, fratelli Maestri, uniamoci alla ricerca del Vero." Perché il raggiungimento della verità è il fine della Massoneria, come organizzazione, e del Massone, come individuo. Non c'è n'è alcun altro per sapere ed agire. Vogliamo ricercare insieme se ce ne può essere uno diverso? D'ordinario sono due le concezioni più elevate che i fratelli hanno della Massoneria. Alcuni credono che essa sia una scuola di morale; altri ne fanno un'associazione ora politico sociale, ora filantropica. Ebbene, quando noi pensiamo così, scambiamo il mezzo o l'effetto per il fine o per la causa. Dicono i nostri Statuti che chi è buon padre, buon figlio, buon marito, buon cittadino, può essere Massone. Ora basterebbe questa affermazione per dimostrare che la morale non è il fine, ma il mezzo per divenire Massone; che cioè non si può esser tale se non si è già morale. Per ottenere alcunché occorre sempre un elemento base da cui partire, sia esso materiale o intellettuale o ideale. Per noi questo elemento base è l'essere morali già prima di entrare nel Tempio. Ne vedremo la ragione quando ricercheremo la Verità. Se fosse la morale il nostro fine ne risulterebbe che solo i Massoni sarebbero gli unici morali, o almeno i più morali. Sarebbe augurabile che così fosse, ma non lo è. Guardiamo nella nostra coscienza, guardiamo nel nostro passato e nel nostro presente, non diciamolo agli altri, diciamolo solo a noi stessi: "Io non sono puro." Non è una esclusività massonica la morale. Noi non faremo come la Chiesa Romana che considera Santi solo coloro che essa ha canonizzato. Noi confesseremo che di galantuomini ce n'è dentro e fuori della Massoneria. Non potremo negare che anche i nostri avversari fierissimi furono o sono altrettanto puri quanto lo siamo noi. La morale è dunque condizione come a noi e a tutti; solo che nel mondo profano si può essere e si può non essere morali; in Massoneria, invece, lo si deve essere. E poi: quale morale? I filosofi, da Aristotele a Kant, ricercano sempre una definizione entro cui chiudere questo concetto. Ma francamente l'Etica non è che un modus vivendi dell'individuo rispetto alla società. L'etica è un divenire non una realtà; una evoluzione, non un assoluto. Se guardiamo nel passato, quante azioni ritenute in altri tempi morali, oggi sono ritenute immorali. Progresso e perfezionamento dell'uomo? Può darsi, per quanto io ci creda poco. Comunque resta sempre che la morale non è che un compromesso tra l'individuo e la società, imposto dalla pluralità. Ho detto "società" e forse avrei detto meglio "ambiente" o "regione". In molte nazioni è morale distruggere una famiglia per crearne due perfettamente regolari; in altre è morale scindere una famiglia per crearne due assolutamente irregolari. In alcune nazioni è socialmente morale distinguere nettamente la direzione dello Stato dalla direzione della Chiesa, qualunque essa sia; in altre è morale identificare una sola Chiesa come religione dello Stato. In alcune parti del mondo rimane morale la donna che raggiunge il matrimonio dopo aver conosciuto l'amore, anche quello fisico; in altre è morale solo la donna che porta sul talamo una sua integrità, anche se ha conosciuto in altro modo e peggiore la voluttà. In alcune nazioni è morale che per certi delitti sia applicata la pena di morte; in altre è morale la non applicazione di essa. Nell'oriente uccidersi è eroismo, nell'occidente delitto. Non vi tedio ancora con le divergenze che sussistono oggi in proposito. Da esse, probabilmente, con l'andar dei secoli, si fisserà una norma comune, mentre altre divergenze sorgeranno. Avranno allora raggiunto gli uomini la "Morale", quella con la M maiuscola? No; sarà sempre un divenire ed un progredire, o regredire: chissà? E c'è ancora di più. Le concessioni etiche sono naturalmente diverse da individuo ad individuo, a secondo dell'animo, della cultura, delle esperienze. Così che chi è più elevato concepisce la morale in modo più completo degli altri. Ed allora chi vi dice che colui che si è elevato tanto da conoscere almeno in parte la Verità, da aver risolto il problema della vita, non rida della nostra morale? chi vi dice che costui non ritenga morale ciò che a noi sembra immorale? Ma se tale è l'etica, se non è un assoluto, se non è il Grande Architetto dell'Universo, essa non può essere la nostra finalità ed il nostro ideale. Essa è soltanto il mezzo per iniziare il cammino, la porta che bisogna superare per entrare nel Tempio; e si perfezionerà sempre più in noi, inconsciamente, quanto più noi avremo capito che cosa siamo e quale sia il nostra passato ed il nostro futuro. La visione della vita e la sensazione del nostro essere ci porterà ad agire in un determinato senso, che sarà migliore di quello degli altri, perché scaturirà da una visione cosmica e non da una visione umana. Noi allora avremo trovato che non esiste se non una morale: Amore. Questa forza che avvince ogni elemento nel macrocosmo e nel microcosmo; questa forza che produce la scintilla nella pila e tiene legati tra loro gli astri e gli universi, che restringe tra loro le molecole e ne fa dei corpi; che fa baciare la terra dal mare ed entrambi dall'aria; che fa unire gli atomo agli atomi per riprodurre, che il fisico chiama attrazione delle masse ed il chimico combinazione. L'amore che fa ricercare dal seme il terreno e dalla spora l'insetto; e fa tendere ad aprire le foglie per essere riscaldate dal sole; e fa sorgere il colore nei fiori ed il sapore nella frutta. L'amore che fa percorrere chilometri alla notturna farfalla, richiamata dalle lontane vibrazioni della femmina; che provoca la luce nel corpo di alcuni insetti perché possano ritrovarsi; che produce anche negli animali le famiglie e le società; che fa morire la tigre ed il leone per i loro figli. L'amore che l'uomo, questo animale che si pone contro la natura, ha voluto invece per sé limitare, codificare, precisare, rendere stupido o volgare, nascondere come un delitto, ma che è talmente forte che lacera le leggi, supera le barriere, sorpassa gli ostacoli e vince sempre, perché è forza universale e non può essere frenato, come non si frena il fulmine. L'amore, infine, per cui Dio ha emanato l'Universo, e senza del quale amore né Lui né noi esisteremmo. Ma questo amore non si ottiene legiferando o filosofeggiando; non fa parte del cervello, ma del cuore; non è esclusivamente umano, ma cosmico. Non la ragione ci può portare ad esso, ma la Realtà dell'Essere. Solo quando saremo penetrati nel Cosmo e non ci sentiremo diversi dal tutto; quando, come Francesco, chiameremo fratello il sole e sorella la luna, e come lui sapremo parlare agli uccelli; quando cioè saremo divenuti massoni, allora saremo naturalmente morali, nell'amore. Domandiamoci adesso se l'azione politica sociale sia il nostro fine ultimo, o non sia piuttosto l'effetto del nostro vero scopo. Esistono organizzazioni a carattere strettamente iniziatico che non ricercano e non tentano alcuna azione nel mondo profano, oltre quella spontanea ed individuale dei loro aderenti. Per la ricerca della verità esse si trovano nelle migliori condizioni, e sono le uniche che possono dare all'uomo la nozione della propria esistenza e la cognizione del proprio essere. Con riti fisici prima, intellettuali dopo e spirituali in ultimo, esse accompagnano e guidano l'adepto a superare il fisico e l'intellettuale per penetrare nel mondo dello spirito. Riservano tutto il lavoro dei loro iniziandi all'estrinsecazione di certe facoltà, che l'uomo possiede senza saperlo, attraverso le quali, secondo le possibilità di ciascuno, si può giungere alle più alte cime della conoscenza. Queste organizzazioni sono a volte chiuse, segrete ed assolutamente ignorate dagli estranei; a volte hanno invece una forma esteriore, una specie di accademia spirituale, da cui traggono i migliori per la parte segreta e veramente iniziatica. Ma queste organizzazioni, pur riallacciandosi al noi nel fine supremo, sono diverse dalla nostra Massoneria, nell'attività. Unico è il ceppo da cui deriviamo, unici i frutti, ma i rami sono diversi. Non mi occuperò per adesso di queste iniziazioni, riservandomi di farlo in seguito. La Massoneria è "operativa", ed è perciò innegabile che essa debba svolgere un'azione, individuale e collettiva, nel mondo profano. Non già per far progredire l'umanità; no. Qualche tempo fa ho letto in una rivista iniziatica che ritenere che la Massoneria abbia lo scopo di far progredire l'umanità è come ritenere che possa esistere un'associazione che abbia per fine di far venire la primavera dopo l'inverno. ed anch'io sono di questo avviso. Esistono attorno a noi e su di noi delle forze potenti ed ignorate, le quali agiscono al di fuori delle nostre possibilità: sono esse che fermano il progredire dell'uomo o lo accentuano e lo sorreggono; esse che producono i grandi rivolgimenti sociali; esse che fanno i periodi di civiltà e quelli di medio evo. Il Vico ha osservato ciò e ci ha lasciato la sua teoria dei corsi e de ricorsi storici. Ha cioè, constatato il fenomeno; ma né lui né la scienza ufficiale possono trovare le cause del fenomeno. L'iniziazione lo indica e, per gli adepti superiori, lo offre come forza di cui ci si può anche servire, o almeno avvertire. No; noi non possiamo far altro che ricercare i migliori stadi di transizione in questa via dell'umanità; e, ammaestrati dai nostri studi, precedere e prevedere lo svolgersi immediato degli avvenimenti e aiutarne l'evoluzione. Ma non potremmo mai mutare un periodo involutivo, come l'attuale, in uno evolutivo. Ma anche i compiti che noi abbiamo non sono semplici e facili, e, se ci diciamo massoni, essi debbono esser compiuti con mentalità massonica e non profana. Questi compiti ce l'hanno, in fondo, quasi tutte le organizzazioni politico - sociali del mondo a noi esterno; e la nostra funzione, in sostanza, riuscirebbe perfettamente inutile, perché essa equivarrebbe ad un doppione di una o di un'altra organizzazione esistente. Anche se si volesse ammettere la nostra azione come sintesi di tutte le altre, il che io non ammetto, perché sintesi non può esistere quando non c'è opposizione di concetti, sarebbe sempre una sintesi di sforzi e di concetti profani. Noi accettiamo tra le nostre colonne uomini di tutti i partiti, anche di quelli che hanno concezioni politico - sociali antitetiche. Come farebbero questi uomini a trovare la sintesi? E, se volessero, non potrebbero trovarla anche fuori di noi, costituendo un partito sintesi? Ma ciò è impossibile e tra noi e fuori di noi. Gli ordinatori dei vari Riti hanno previsto ciò ed hanno vietato che nei primi gradi si facciano discussioni politiche o politicamente si agisca. Forse perché temevano che i fratelli trascendessero nelle loro espressioni? No; perché pensavano che il Tempio sarebbe stato sempre Tempio e che un semplice sguardo del Venerabile avrebbe trattenuto la foga irruente di un Aprendista o di un Maestro. Forse perché pensarono che il fratello non potesse avere una esatta idea profana della politica? No; perché sapevano che uomini politici o tendenti a diventarlo sarebbero venuti a noi, a cominciare dai primi gradi, e certamente essi, teoricamente e praticamente, sarebbero stati in condizione di discutere i problemi poitici. Forse perché credettero che la Massoneria non dovesse occuparsi di questo argomento? No; perché l'hanno chiamata "perativa". In tutti i Rti c'è sempre un grado che tra i suoi compiti pratici ha anche quello della politica. Questo grado è quasi sempre all'apice dell'istruzione iniziatica, prima della realizzazione di essa, costituita dagli ultimi gradi: Il Rito Scozzese ha anche il suo grado politico: altissimo. Perché, dunque, da un lato si nega il diritto a discutere di politica in tutti i gradi e, dall'altro, se ne designa uno, tra i più alti, per occuparsene? Proprio perché l'azione politico-sociale deve essere l'effetto della conoscenza ottenuta dal fratello, man mano, attraverso i gradi minori. Per ottenre un effetto occorre una causa da fare agire: nei gradi minori la causa è sconosciuta e non si potrebbe che constatare il fenomeno e non indirizzarlo. Vorrei che ciascuno di voi esaminasse entro di sé le idee che nel Tempio, nei vari gradi, egli ha presentato o ha sentito esporre dai fratelli. A parte la compostezza maggiore dei fratelli nel Tempio, che non in organizzazioni profane, chiedetevi: Le idee, udite o espresse, sono diverse da quelle che ciascuno di noi, a secondo del proprio partito, avrebbe esposto nel mondo profano e nella propria organizzazione politica?" Ebbene, sono convinto che ognuno di noi dovrebbe rispondere: "No sono uguuali". Or questo avviene perché i fratelli non hanno potuto, nei gradi inferiori, riconoscere la realtà dell'uomo, mentre in quell'altissimo grado essi hanno dovuto comprendere e sanno cosa sia l'uomo e perché viva in società. Hanno cioè saputo quale sia la strada che egli dovrà ineluttabilmente percorrere e il punto al quale dovrà giungere. E, conoscendo ciò, i fratelli degli ultimi gradi hanno superato la concezione del partito politico; non credono più che la loro divisa sia l'unica vera e che solo con le loro idee politico-sociali il mondo possa sollevarsi. Questi fratelli si sono sollevati dalle competizioni politiche, e sopratutto dalle personali e fanatiche; sono, in effetti, fuori e dentro tutti i partiti; e se in uno rimangono non identificano le loro idee con quelle del partito; ma ci rimangono perché ritengono di poter meglio agire in quel partito per le più alte finalità cui tende l'umanità. I primi gradi abbiano pure fratelli che credono in questo o quell'ideale politico, ma non ne parlino: lascino che coloro i quali intendono la realtà, essi soli agiscano e facciano agire. É inutile che nelle Logge sidiscuta e si parli di azione - che è poi intesa sempre come politica. Noi non ce ne intendiamo: noi dobbiamo solo ubbidire e sforzarci di raggiungere anche noi quel grado di maturazione interiore che ci darà la Verità, e, in conseguenza, la vera politica. Noi siamo troppo piccini per ciò: noi non sapremo, come i fratelli degli alti gradi, essere contemporaneamente repubblicani e monarchici, comunisti e liberali, democratici e dittatoriali. Noi manteniamo sempre le idee che abbiamo acquistato nel mondo profano: i fratelli degli alti gradi hanno quelle acquistate nel mondo massonico: ecco la differenza, ed essenziale. In questo campo l'azione di carattere massonico è solo possibile quando si sa come debba essere fatta. Noi, invece, ci troviamo come il bambino dinnanzi al suo treno: lo fa correre, gli dà corda, constata il movimento delle ruote, sente dei rumori interni, lo segue gioioso e battendo le mani; fino a che, non comprendendo come mai si muova, lo rompe, lo smonta in tanti pezzi e li osserva stupito. Però egli ha distrutto il suo trenino e non è riuscito a comprendere le cause per cui esso si muoveva; e se volesse rimetterlo a posto non saprebbe. Ci vuole il meccanico, colui che lo ha fatto, che conosce gli ingranaggi e le cause del movimento. Così saremmo noi, piccini, se volessimo massonicamente parlare di politica. Lasciamo ad altri questo compito, a coloro che sanno. Impariamo noi intanto. Ed io posso dirvi che il primo studio, che riguarda gli apprendisti ed i compagni, per entrare nel campo dell'azione massonica, è quello della storia umana. Non già la storia dei fatterelli e delle date, ma la storia delle evoluzioni, delle civiltà, dei grandi rivolgimenti sociali, ricercandone, per il momento, solo le cause umane. Ed ai maestri addito lo studio della biologia e della psicologia: per conoscere l'uomo nella sua entità spirituale è necessario cominciare a conoscerlo nella sua entità umana. Dei gradi superiori non so nulla e non posso dirvi nulla. Posso dirvi perché, in ciascun Rito, per ciascun grado, sono indicati attività e studi particolari, a volte chiaramente espressi, a volte tramandati oralmente. Così si ricercano e si studiano le cause e si riconoscono gli effetti: esplorato l'uomo umano e l'uomo non umano, si agisce con questo su quello. Concludendo questa parte: l'azione politico-sociale è solo l'effetto della conoscenza iniziatica. Siamo forse una organizzazione filantropica? Non spenderò troppo tempo per dimostrare che la filantropia non può essere il nostro fine. Anch'essa, come l'azione, è l'effetto dell'iniziazione. É vero che le massonerie anglo sassoni si occupano di ricercare la Verità, come fine, e come effetto di operare filantropicamente. In esse è bandita ogni azione politica, almeno così era fino a poco tempo fa. Ed è naturale. perché in politica l'azione maggiore che può essere fatta in questo periodo sembra che sia la ricerca e l'ottenimento della libertà sociale degli uomini. Ma questa libertà, quei popoli, le hanno già ottenute da tempo, almeno per sé, e non hanno ancora bisogno, come i popoli latini, di conquistarla. in tal modo, cessata l'operazione politica, rimase per loro quella filantropica. Ma chiunque comprende che fare del bene non può essere la finalità ultima di un segreto chiuso tra cerchi e triangoli. Ciò non può essere se non il bisogno di un animo buono: Creare ospizi e luoghi di cura, sollevare le miserie collettive ed individuali, fare la carità ad un povero è cosa che può fare chiunque, massone o no, e che deriva da una bontà di sentimento maggiore o minore. La bontà che benefica, nel mondo profano può non esistere, nel mondo massonico non può non esistere. Come la morale: è qualità essenziale per essere massoni. Il massone che non è disposto a dare l'ultimo suo mantello al misero che glielo chiede, non è che di nome massone. Cristo ha detto che è più facole che una corda entri per la cruna di un ago che non un ricco entri nel regno dei cieli. Appunto perché, profanamente, quanto più si ha più si richiede, e quanto più si possiede - cosa strana - tanto più si teme di diventare povero. E poiché il cielo di Cristo è, in sostanza, la felicità della conoscenza, l'ottenimento della Sapienza, noi con Lui diremo che è più facile che una corda passi per la cruna di un ago che non un ricco diventi massone. (Mi scusi qualche fratello dovizioso che fosse qui: i presenti sono sempre esclusi.) Ma chi ha capito che l'universo è retto dall'amore, ha pure capito che egli, preso a sé, è un nulla, che è nato nudo e morrà nudo, che la vita è al di fuori di quella vissuta nel fisico. Comprende che, povero o ricco, egli dovrà rivivere nell'amore. Sicché la filantropia diventa per il massone una necessità, come effetto della sua conoscenza. Ho voluto sgombrare fin da principio la nostra strada da quelle tre pietre che avrebbero potuto impacciare in seguito il nostro cammino, per far comprendere ai fratelli fin da ora quale sarà la via che io percorrerò nelle mie conversazioni. Noi non tratteremo più di quegli argomenti perché, pur avendo affermato la necessità della morale, dell'azione nel mondo profano e della filantropia, li abbiamo riconosciuti mezzi ed effetti delle finalità massoniche. Le quali sono così indicate dall'art. 1 degli Statuti Generali: "L'Ordine dei Liberi Muratori appartiene alla classe degli Ordini Cavallereschi: ha per fine il perfezionamento degli uomini". Chiunque legga affrettatamente e superficialmente questo articolo, come gli ordinatori nostri desideravano avvenisse per gli estranei, pensa subito alla morale. Ma chi lo legge attentamente e da Massone, come i nostri ordinatori desideravano per gli adepti, non può non constatare che la dizione è quanto mai vaga e generica. Perfezionamento? e di che? L'uomo può perfezionarsi in tanti elementi del suo essere, e quel sostantivo non seguito da nessun aggettivo lascia adito a tutta una serie di interpretazioni. Qualcuno potrebbe intendere, per conto suo, "perfezionamento fisico" e pretendere che ci mettessimo a far ginnastica; un cattolico che si tratti di perfezionamento religioso e pretendere che si aprissero i lavori con una preghiera alla Vergine e si chiudessero con una litania; uno scienziato come scientifico e pretendere che chi non avesse una laurea non potesse entrare tra le colonne; un esteta come artistico e pretendere che chi non sapesse fare una poesia o dipingere un quadro dovesse rimanere fuori. E così di seguito. Invero tutte queste possibilità ci sono. Se voi fermate un po’ la vostra attenzione, potrete vedere che i nostri simboli, le nostre cerimonie, le nostre leggende possono assumere caratteri diversi e diversamente essere intesi da diverse tendenze. Io non mi distacco dagli Statuti Generali. Parto da essi per spiegare la parola "perfezione". Tengo però presente che coloro i quali hanno emanato la nostra legislazione si sono travati nella necessità di dire in modo da esser capiti dagli adepti e da esser compresi a rovescio dagli estranei. Come i poeti del Dolce Stil Nuovo, che parlavano di donne e di amore ed intendevano ben altro. Quante stranezze ci sono negli Statuti se a qual "perfezionamento" non si dà il suo vero valore. già all'art. 5 si parla di "Culto" e questa parola non ha niente a che fare con una interpretazione che si ricolleghi alla morale. Strano, le feste maggiori della Massoneria sono nei giorni in cui cadono le feste dei due San Giovanni, di Scozia e Battista. Per ordinare una organizzazione comune, di tipo profano, sono occorsi ben 579 articoli: neanche la costruzione di uno Stato. Quante indicazioni minuziose per le cariche, e quale ordinamento fatto per esse: ci si imbroglia quasi, forse perché così vollero gli ordinatori che avvenisse per gli estranei. Quante cautele per l'ammissione di un profano, e che cerimoniale per riceverlo. Perfino le agapi sono precisate e disposte e le stoviglie hanno nomi particolari e strani, forse ridicoli addirittura, ed i brindisi sono per numero e per forma ben determinati. E si parla di Nord e di Sud, di Oriente e di Occidente; e ci sono gradi e simboli geometrici e leggende e allegorie. Ci sono tribunali ed onori da rendere. Che farragine inutile e ridicola se quel "perfezionamento" si deve intendere in senso profano. Allora come lo intenderemo? Ripeto, non mi allontano dagli Statuti. La spiegazione c'è ed è chiara, per chi vuol capire, ed anche precisa nella "Prefazione" posta innanzi a tutto l'ordinamento. Essa è stata messa lì per dire a colui che vuol intendere: "Non ti lasciare ingannare dall'incerto e dallo strano che potrai trovare in seguito: qui è la soluzione di tutti i tuoi dubbi." É bene che i fratelli la leggano tutta quella prefazione, perché lì è la chiave di tutto il resto, è la porta da cui si deve entrare per comprendere la Massoneria. Commentarla e spiegarla in Loggia sarebbe un inutile ammaestramento per i fratelli. Io non posso qui perchè il tempo rimastomi per questa conversazione introduttiva è ormai troppo poco. Accennerò solo a qualche elemento più importante. Leggiamo insieme la parte centrale del primo capoverso: "Essa" - la società dei Liberi Muratori - "ha per principio la esistenza di un Dio, che adora e rispetta sotto il convenuto titolo di Grande Architetto dell'Universo: ha per fine il perfezionamento del cuore umano e si propone, quale mezzo necessario per ottenere questo fine, l'esercizio e la pratica della Virtù." Riassumiamo: Principio, Dio; fine, perfezionamento del cuore umano; Mezzo, Virtù. E concludiamo: Base della nostra organizzazione è la credenza nella Divinità. Ed è bene intenderci a questo punto: ciascuno può immaginarselo come vuole questa Divinità; dal Dio con la barba e le gambe, che siede in contrapposto degli uomini e li giudica e li premia e li punisce; al Dio che emana da sé le forze, dalla unione delle quali si produce ogni cosa; al Dio che sacrifica sé nelle sue parti e che per Amore passa dal Proarchè all'Archè, dall'Immanifesto al Manifesto; insomma dal Dio più personale al Dio più spirituale. Non importa in qual modi lo immaginiamo, solo abbiamo il dovere di ritenere esistente una forza cosciente e volontaria, origine di ogni cosa: chi pensa che tale Forza non esiste è fuori di noi; e se tra noi fosse, mostrerebbe di non essere onesto, rimanendo in una organizzazione che ha un principio opposto al suo. Ha per fine il perfezionamento del cuore umano. Occorre intendere quella parola "cuore". Comunemente con tale parola intendiamo riferirci ai nostri sentimenti. Ma nella significazione iniziatica il cuore ha un altro significato: rappresenta l'energia trascendentale, la vita cosmica chiusa nella vita umana, la forza vitale che pervade ogni cosa e la vivifica, la nostra vera Entità, che dà vita al corpo. Questo è il perfezionamento a cui si riferisce il primo articolo degli Statuti. Se non fosse così sarebbe illogico ciò che viene dopo: mezzo è la pratica della virtù. Ma virtù è sentimento, e coinciderebbero mezzo e fine, anzi se ne farebbe tutta un'unica cosa. Il fine è risvegliare in noi il nostro vero Io, la nostra vera Entità spirituale; il mezzo è praticare i sentimenti che formano virtù e che servono a raggiungere quel fine. Ma ciò che viene dopo nella Prefazione ha una importanza capitale. Con una lunga esposizione, che al profano deve sembrare di necessità ingenua e puerile, essa ricollega la Massoneria a Pitagora, a Numa, all'Egitto, al culti di Iside. Leggendo questa parte col comune senso storico-critico, noi non possiamo che metterci a ridere: e questo è stato proprio lo scopo di chi l'ha scritto. Un profano dirà: "Gente che dice tante corbellerie non può essere presa sul serio da uomini di senno". Lo scopo è raggiunto. Ma al fratello che abbia senno di Massone la Prefazione dice: "Non ti occupare della forma ingenua con cui parliamo: tu devi solo sapere che la Massoneria on è nata come un fungo da uomini senza senno per far divertire altri uomini e farli giocare con i triangoli e le squadre. Ma essa è l'erede e la continuatrice dell'antichissima Sapienza, che si riallaccia a Numa, a Pitagora, al sacerdozio egiziano, all' Atlanteo culto di Iside". Ecco qual è la nostra organizzazione. Posso anche errare; ma fino a che non mi sarà dimostrato l'errore, con i nostri Statuti Generali, che regolano la nostra vita, io sono fermamente convinto che chi non si occupa di iniziazione in Massoneria non è Massone. E mi affretto alla conclusione. Ripeto dunque: Principio Dio; Fine sviluppo della conoscenza del nostro Io; Mezzo Virtù. Qual è perciò il lavoro che noi dobbiamo fare? Non la ricerca della Virtù, perché essa è il mezzo, e dobbiamo possederla già prima di essere Massoni. D'altra parte essa andrà aumentando, man mano che aumenterà la conoscenza, perché conosceremo anche la sua ragion d'essere. Né il nostro lavoro potrà riferirsi alla conoscenza del G\A\D\U\, perché esso è il principio a cui bisogna tendere, ma di cui non si può avere scienza completa. Resta che il lavoro massonico è nella formazione di una coscienza superiore, trascendentale; la quale, sviluppando certi nostri elementi interiori, si ponga tra cielo e terra, staccandosi quanto più può da questa per avvicinarsi a quello. In tal modo quella che nel mondo profano è scienza, diventa Sapienza nel mondo massonico, e la Vita appare quale essa è in realtà; e il mondo circostante lo si vede non nella sua apparenza fisica ma nella sua vibrazione eterica; e gli avvenimenti individuali e sociali si presentano nelle loro cause superiori, che poco hanno a che fare col caso o con le cause storiche. É utile ciò ad una Massoneria operativa? Non utile, ma indispensabile. In caso diverso l'operazione massonica sarà uguale all'operazione profana, perché partirà da elementi profani. Per poter osservare ed agire in modo diverso dalle organizzazioni comuni occorre avere un pensiero derivante da una coscienza-conoscenza diversa da quella comune. Quando questa il Massone possiederà allora soltanto agirà da Massone. Come si acquista questa coscienza? É quello che vedremo in seguito. Tenterò di indicare a coloro che hanno desiderio di conoscere se stessi e gli altri per agire su se stessi e su gli altri la via che conduce a tale conoscenza superiore. Indicare soltanto, aprire la porta la via poi si percorre in gran parte da soli. Da: www.grandeoriente.it |