IL SIMBOLISMO(6 febbraio 1945) Il campo nel quale da oggi muoveremo i nostri passi è non solo difficile ma anche pericoloso. Ben lo sapeva Dante, quando con un simbolo molto chiaro faceva pervenire Ulisse fino a poter veder "la montagna bruna", e lo faceva naufragare per un vento uscito dalla stessa montagna.. Può l'uomo, con la sua scienza, avere a volte una incerta visione della verità: ma dalla verità stessa sorge un turbine che uccide chi ha tentato di vedere, senza esservi preparato. I veli d'Iside non possono essere sollevati dal sacerdote che conosce Iside; e i greci chiusero nel più profondo segreto i misteri di Dioniso; come agli Ebrei fu inibito di toccare l'Arca Santa, e, chi volle toccarla, senza essere gran Sacerdote, cadde fulminato. Io vi ho già fatto per quadri la storia della Iniziazione; vi ho già detto che la scienza non può scoprire la verità della Vita; vi ho dimostrato che il simbolo è una necessità nelle nostre comunicazioni. Ma occorre che io vi dica, prima di aprire le porte del chiuso recinto, nel quale tentiamo di penetrare, che "Sapienza" nel senso iniziatico, significa Realizzazione. Noi siamo abituati a comprendere le cose con il nostro intelletto, con l'intelligenza, cioè e col ragionamento: e quando, con l'uso di entrambi, si è formata in noi una convinzione intorno ad un determinato argomento, noi riteniamo di aver compiuto il nostro lavoro. Ciò vale per tutto quanto riguarda il mondo nel quale viviamo, perché intelligenza e ragione appartengono al campo dell'umano. Ma realizzare non è "comprendere" bensì "sentire": voi avete dentro di voi dei sensi di cui non vi siete mai serviti, perchè li ignorate. Non vi sembri strano questo. Non è affatto vero, anche nel nostro mondo fisico, che i sensi debbano essere per forza cinque soli. La scienza ammette, per esempio, un senso di orientamento negli animali, specie negli uccelli. I naturalisti hanno notato che le femmine di certe specie di farfalle notturne richiamano da luoghi lontanissimi i maschi; e il Fabre pensa che esse emettano dalle loro antenne delle onde percepite a distanza dalle antenne dei maschi: ecco un altro senso. La telepatia e l'ipnotismo sono ormai penetrati nel campo delle scienze ufficiali; per ottenere questi fenomeni occorre un organo trasmittente ed uno ricevente: cioè un senso. Se dunque nel nostro mondo fisico si ritrovano già più di cinque sensi, non è assurdo pensare che altri, fisici e non fisici, possono esserci, che noi non adoperiamo d'ordinario. E questi sensi esistono e basta educarli, come abbiamo educato quelli fisici, per avvertirli e servircene. Quando noi li avremo a nostra disposizione non sarà più la comprensione a dominare la nostra vita ma la sensazione. Come noi non tentiamo di comprendere il sole perché ci basta vederlo in cielo per avere la sicurezza della sua esistenza, così ci sarà inutile comprendere la vita quando potremo sentirla. Ecco che significa realizzare. Vi porto un esempio perché possiate penetrare perfettamente questo concetto. Spiegate ad un cieco nato il fenomeno della luce e della visione. Voi gli parlerete degli occhi, della loro forma e struttura, della loro funzione; del nervo ottico, dei centri nervosi; poi gli direte delle onde luminose, dei loro effetti sui corpi, dei colori. Vi servirete in questo tentativo di paragoni con altre sensazioni note al cieco, specialmente sensazioni tattili. Quel cieco non avrà potuto avere l'idea precisa della luce; si formerà un concetto, probabilmente diverso dalla realtà, di ciò che sia la luce. Cioè egli sarà convinto di conoscere la luce senza averla mai vista. Ma se per fortuna i suoi occhi si schiariscono ed egli vede, allora la sua convinzione diverrà sensazione, ed egli correggerà la sua convinzione con la sensazione avuta.. Egli, in altri termini, dal concetto è passato alla realtà, dalla comprensione alla realizzazione. Allora ed allora soltanto ha veramente saputo, e può dire di conoscere. E noi tutti siamo dei ciechi rispetto alla verità: abbiamo delle convinzioni, ma non sappiamo: l'Iniziazione sola può farci vedere e conoscere. Ma l'Iniziazione parla a noi come noi a un cieco nato, né potrebbe diversamente; ci indica la via da percorrere e ci guida, così come un oculista farebbe per rendere la vista a un cieco; ma il cammini dobbiamo percorrerlo noi, col nostro sforzo, con la nostra volontà, col nostro desiderio. E come nulla potrebbe fare un oculista se mancasse l'organo o il mezzo di trasmissione, così nulla potrebbe ottenere da noi l'Iniziazione se in noi mancano quelle qualità morali di cui si fa obbligo al Massone e l'intenso desiderio di conoscere. Chi possiede questo desiderio ed è puro. proprio puro, può avvicinarsi alla Sapienza; gli altri no, perché sarebbero passi sciupati, fatica perduta, delusione certa. Queste cose ho voluto premettere perché sia chiaro che non la mia parola vi può portare a conoscere la Verità ma la vostra anima soltanto vi può risolvere il problema. Nella via dei simboli non si può che dire in forma umana - perché altro non è possibile - ciò che poi nell'intimo del proprio cuore ciascuno deve ritrovare. \\\ L'argomento di questa conversazione è "l'interpretazione dei simboli". Prima però dobbiamo ricercare cosa sia il simbolo iniziatico e in qual modo possa presentarsi a noi. Una precisa definizione di simbolo io non saprei darvi; così, alla buona, potremmo dire che esso è la rappresentazione di un elemento spirituale fatta con elementi fisici. E cioè, dinanzi a noi si presenta un elemento fisico da cui noi dobbiamo trarre l'elemento spirituale. Ma sotto quali aspetti può presentarsi a noi il simbolo? Le forme sono varie e a volte si ritrovano simboli là dove non ci aspetta di trovarli. In quanto il simbolo abbraccia tutti un mondo, nei suoi vari aspetti, è naturale che sotto rappresentazioni diverse sia portato alla nostra conoscenza. Abbiamo così simboli rappresentati da figure geometriche (p.e. l'angolo); da disegni di animali o di uomini o di mostri (la Sfinge); da oggetti (la pietra lavorata); da lettere dell'alfabeto (la B); da parole (Jehova); da numeri (il tre); da forme architettoniche (le colonne); da cerimonie rituali (apertura dei lavori); da leggende (se ne incontrano tante nei vari gradi); e finalmente da opere complete (la Divina Commedia). Quali tra questi simboli si possono considerare maggiori e quali minori? non c'è una distinzione da fare in tal senso. In un orologio qual è la ruota maggiore e quali le minori? tutte in sostanza sono maggiori, perché se ne levate una o se la trascurate nella costruzione l'orologio non è più tale. Possiamo dire che mentre i simboli staccati danno solo elementi costruttivi, spesso le leggende, sempre le opere iniziatiche, danno una costruzione completa, almeno verso quel fine cui tendono. Però, vedete, nella sfinge egiziana c'è tutta la storia dell'umanità, come nella piramide di Gisè c'è la formazione dell'universo, e nel cosiddetto simbolo di Salomone c'è la creazione primitiva: ecco dei simboli staccati che danno però un concetto completo. Ma noi non ci perderemo ad investigare quale simbolo sia più importante e quale meno, perché non solo sarebbe lavoro lungo e noioso ma soprattutto inutile. Prima di accingerci al lavoro di interpretazione a noi interessa sapere questo: per conoscere e realizzare non basta aver interpretato e realizzato una serie di simboli, ma occorre conoscerli tutti e soprattutto averli messi al loro posto. Perché il simbolismo è come un gioco di pazienza. Voi avete dinnanzi un determinato numero di pezzi di carta o di legno o di altra materia, tagliati con curve e rientranti, in modo da poterli incastrare l'uno con l'altro, variamente colorati e disegnati, messi alla rinfusa: da quel pasticcio, voi, ponendo a suo luogo ciascun pezzo dovete formare un quadro completo, in cui vi apparirà un disegno. Come fate? Per prima cosa ricercate che rappresenti ciascun pezzo a sé: qui vi apparirà un colore uniforme che riterrete sia un tratto di cielo; lì troverete delle linee che vi pare rappresentino un angolo di casa; nel terzo altre linee ed altro colore, che interpreterete come un pezzo di tronco d'albero, e via dicendo. Fatto questo primo lavoro voi vi chiedete: dove metto questo pezzo? E vi regolate col colore, col disegno e soprattutto cono gli incastri, per i quali quel pezzo si adatta ad altro. Pazientemente, continuando il lavoro pezzo per pezzo, voi riuscite a formare quel tal quadro che c'era originariamente e che era stato ritagliato con forme sghembe e confuso nelle sue parti. Ora lo stesso lavoro è da farsi col simbolismo. Interpretare simbolo per simbolo e poi unirli insieme, ciascuno a suo posto, per avere il quadro completo. Nulla è da trascurarsi nella iniziazione: la pazienza è una dota indispensabile: quando si è pronti la conoscenza verrà, a poco a poco, con lavoro tenace, o tutto ad un tratto, come luce improvvisa. Ma occorre cominciare la via senza fretta, pronti a pazientare anche per lunghi anni. Ecco noi ci troviamo dinnanzi ad un simbolo: con qual metodo ed in qual modo dobbiamo interpretarlo? Ermete Trismegisto nella "Tavola di Smeraldo" ci diede un aforisma in proposito: Egli dice: "Quod superius inferius"; e cioè Ciò che sta in alto è come ciò che sta in basso. Il che ci da quella legge delle analogie con le quali noi dobbiamo interpretare. Platone ci ha parlato di un Demiurgo che ha costruito il nostro mondo fisico ad imitazione di quello spirituale; e Cristo nelle sue parabole spesso ha paragonato il regno dei Cieli, cioè il mondo dello spirito, a situazioni ed avvenimenti umani. Questo significa che, tenute presenti le caratteristiche opposte della forza e della materia, l'esistenza spirituale è come quella materiale.. Ma, badate, io dico simile, non uguale. Nella Genesi è scritto che Dio creò l'uomo a sua immagine e somiglianza. Se noi, partendo da queste parole ci "creassimo" un Dio con la barba e con le gambe, noi avremmo costituito due cose uguali, non simili. Ricordate, in geometria l'uguaglianza poggia sui lati, la similitudine sugli angoli: e noi possiamo avere un triangolo microscopico ed uno immenso e tutti e due saranno simili se avranno gli angoli uguali. Così, ancora in geometria, un triangolo può essere equivalente a un pentagono perché abbia superficie uguale: eppure, come figure, se voi osservate, un triangolo non ha nulla a che fare con un pentagono. Ora la legge dell'analogia dice che ciò che è in alto è come ciò che è in basso, ma non afferma che sia uguale. L'opposizione di forza a materia ci da la somiglianza e non l'uguaglianza, e l'analogia tiene conto di questo. Analogicamente dobbiamo interpretare i simboli; ed interpretarli in vario modo. Già Dante, nel Convivio e nella lettera dedicatoria a Can Grande della Scala, ci dice che la poesia deve essere interpretata in quattro sensi diversi: letterale, morale, allegorico ed anagogico. Nel Convivio spiega che cosa intenda dire con le parole letterale e morale, ma fa un pasticcio da non capirci nulla per il senso allegorico e per quello anagogico; ed è naturale. Se il De Monarchia ebbe l'onore del rogo come libro eretico; se in un processo fatto al poeta a Roma, sotto Giovanni XXII, venne accusato di eresia; se il Cardinale di Acquasparta corse a Ravenna per abbracciarne le ossa; Dante, però, non aveva alcun desiderio di morire arso, né voleva che la sua grande opera venisse intesa per quello che era: un'opera Rosa Croce e da Templare. Sapeva di parlare ad iniziati che avrebbero capito il significato delle parole allegorico ed anagogico: gli altri non avrebbero inteso nulla: tanto meglio, la Divina Commedia non sarebbe stata incolpata di eresia e non sarebbe stata distrutta. I quattro sensi di Dante sono proprio i sensi con cui si debbono interpretare i simboli. Purtroppo i Massoni non si occupano del loro simbolismo; e quei pochi che se ne occupano si fermano al senso morale, se ne contentano e ritengono di aver spiegato tutto. Troppo comodo e troppo facile. Anzitutto la morale non è una verità ma una condizione necessaria per l'apprendimento della verità. La morale sta alla verità come l'intelligenza sta alla scienza. La morale è sempre in via di evoluzione: la verità è immutabile. Il fine ultimo dei simboli non può essere la morale, ma deve essere la verità; cioè il simbolo deve avere una interpretazione più alta che non sia la morale. E d'altra parte che bisogno ci sarebbe di adoperare delle forme simboliche per dire che bisogna essere giusti o che non bisogna rubare? Ma questi precetti, anche se non li seguiamo, li comprendiamo benissimo, detti in forma chiara senza bisogno di punti e di triangoli. NO, IL SIMBOLO E' QUALCOSA DI DIVERSO Osservate attentamente: l'esistenza umana non è separata dal tutto e da Dio. L'esistenza umana, individuale e collettiva, agisce innanzitutto in se stessa e per se stessa; agisce poi nell'universo, in quanto ne fa parte come una cellula fa parte di un corpo; e finalmente agisce in Dio, in quanto ne deriva; ecco i tre campi: l'uomo, l'universo, Dio; ed ecco i tre sensi, oltre quello letterale, che si debbono attribuire ai simboli. Questi debbono rilevare qualcosa che sia pertinente all'uomo (senso morale), spiegare l'essere dell'universo (senso allegorico), far sentire la presenza di Dio (senso anagogico). Interpretare un simbolo significa comprendere e realizzare tutti e tre questi sensi. Chi si ferma al primo fa come chi partendo da un luogo per raggiungerne un altro si fermi a mezza strada, ritenendo di aver percorso tutti il cammino. Il lavoro del Massone è il tentativo di interpretare con l'intelletto umano i simboli massonici, per realizzarli poi con l'anima.
Adesso accenneremo all'interpretazione di un grande simbolo, di tute le età e di tutte le religioni, comprese la cristiana: la Croce. Esso è un simbolo costruttivo, che deve essere messo al suo posto nel quadro generale; ed è uno di quei simboli che vanno posti verso il centro. La Croce non è un simbolo esclusivamente cristiano e solo nel V° secolo troviamo monumenti in cui Gesù è rappresentato sulla croce. Essa ritroviamo nel Messico tra la simbologia derivata da quella dell'Atlantide; nel Perù con le quattro divinità; tra gli Atzechi con i quattro soli. C'è in Cina e nell'India, e dall'India ci proviene la forma particolare della Svastica. Gli Assiri avevano ciondoli ed amuleti a forma di croce, ritrovati anche nelle tombe dei Re a Ninive. Orecchini a forma di croce si sono ritrovati a Cartagine. La tradizione iniziatica, poi, dice che questo simbolo deriva direttamente dal primo grande iniziato: Ram. Se voi ponete su un piano quattro punti equidistanti, due a due in opposizione, potete riunire questi quattro punti in due modi: o collegando tra loro gli adiacenti, ed avrete allora un quadrato; o collegando gli opposti, ed avrete una croce. Se li unite con entrambi i metodi avrete un quadrato suddiviso dalla croce in quattro triangoli uguali. E se, oltre questa suddivisione, dai punti intermedi dei lati del quadrato conducete le perpendicolari, avrete un'altra croce, che divide il primo quadrato in altri quattro uguali, e, unita alla prima, forma otto triangoli uguali. Da questo si ricava che croce e quadrato sono le due possibilità in cui si può estrinsecare il numero quattro, da cui derivano entrambi; e per lo studio della croce occorre tenere presente anche il quadrato. La croce non chiude uno spazio, il quadrato si. Il quadrato è costituito da una spezzata formante angoli uguali; la croce, invece, da due segmenti separati. Ed ancora. Se voi anziché su un piano ponete i punti nello spazio e ne unite gli adiacenti, formate un tetraedro che è geometricamente la forma più semplice di solido, l'origine di tutti i solidi, che riunisce in se i quattro termini della geometria: il punto, la retta, la superficie ed il volume. E questa forma tetraedrica non è soltanto un astratto geometrico, ma una realtà fisica, perché esiste in parecchie forme naturali, specie nei cristalli. Da questo possiamo derivare una conseguenza: che la Croce o il quadrato in uno spazio a due dimensioni, si mutano in un tetraedro in uno spazio a tre dimensioni. Ciò che ho fin qui esposto è l'interpretazione letterale della Croce. Come si vede, quando si studia un simbolo non ci si deve fermare al suo primo aspetto ma ricercare se ed in quali altri aspetti esso si può presentare, anche nel piano letterale, in modo che, unito ai simboli simili, appaia a noi più completo, ed anche più facile a spiegarsi con l'aiuto delle altre forme similari. Si può anche constatare che questi studi non sono scherzi o perditempo ma occorre lavoro e ricerca e sforzo intellettuale per riuscire a comprenderli. Forse questa analisi sarà noiosa, sia per la mia arida prosa e sia perché l'argomento non si presta ad esser trattato in forma poetica ma solo con la freddezza del ricercatore. La poesia verrà quando, dopo aver ricercato, si sarà trovato. La soddisfazione dell'idea nuova è poesia, è gioia. Sorvolo sul significato morale della Croce. Sorvolo perché semplice ad intendersi. Due segmenti uguali che si incontrano al loro centro formando angoli uguali, anzi formando quattro squadre. E' l'equilibrio morale che l'uomo deve possedere. I particolari li lascio a voi. Ora, però, l'argomento si eleva e si penetra in un campo superiore. Dirò quel poco che saprò e potrò: voi ricercate entro di voi per ritrovare le verità a cui accennerò. Osservate: da voi si parte una croce: l'alto, il basso, la destra, la sinistra. Voi siete al centro. Questa osservazione scaturisce direttamente dalla forma della Croce e deve essere sempre tenuta presente nella nostra indagine, perché è elemento essenziale. Alto, basso, destra, sinistra; o anche Nord, Sud, Oriente, Occidente. Ecco i punti cardinali entro i quali siamo chiusi. La limitazione nello spazio. Ma la Croce non è infinita ma finita nelle sue parti e perciò non può indicare uno spazio infinito attorno a noi. Allora noi, che siamo al centro, saremmo chiusi da uno spazio finito, limitato, non infinito? Questo sembra indicare la croce e sembra che sia in contrasto con le nostre vedute che immaginano lo spazio come infinito. Se no, che ci sarebbe al di là dello spazio limitato? Vediamo, pur con argomenti umani, se la croce ha ragione a dirci: "Tu sei finito in uno spazio finito". Einstein ed i suoi seguaci, partendo dalle teorie fisiche sulla curvità dello spazio e sulla luce non percorrente linee rette, hanno dimostrato che lo spazio nel quale ci moviamo non è infinito, ma illimitato, come illimitate sono tutte le curve. Ed hanno pensato che un raggio partente da una stella gira in questo spazio curvo fino a tornare al suo punto di partenza, come farebbe sulla terra un uomo che camminasse sempre in linea retta; e che il moto circolare degli astri è dovuto appunto a questa curvità dello spazio. La scienza dà ragione alla croce. Dante risolve il problema ponendo nove cieli immensi, ma limitati, ed aggiungendovi l'Empireo, cielo diverso, che è infinito e che, notate, penetra pure tutti gli altri cieli. Proviamo anche noi a ricercare direttamente ciò che la croce dice in proposito da millenni e che la scienza ha ritrovato in questi ultimi tempi. Il nostro spazio non può essere infinito perché è delimitato dalle tre dimensioni nelle quali viviamo. La geometria euclidea è vera solo se riferita alle tre dimensioni. Orbene la larghezza, la lunghezza e l'altezza chiudono uno spazio; per quanto si voglia grande, ma sempre limitato. Nello spazio a due dimensioni un triangolo si può immaginare grandissimo, ma sarà sempre un triangolo; se rendessimo infinito anche uno solo dei lati il triangolo non esisterebbe più, perché mancherebbero i punti a cui unire gli altri lati. Allo stesso modo per qualunque solido si deve avere uno spazio limitato: si potranno ampliare le facce ma rimarranno sempre spazi limitati dagli incontro degli spigoli: se facce e spigoli fossero infiniti il solido non esisterebbe più. Immaginare uno spazio a tre dimensioni come infinito è distruggere lo spazio stesso. Ma che c'è al di fuori di questo spazio? il nulla no; perché se il nulla è considerato come non esistente, non esiste e se è considerato esistenza allora non è più nulla. Ma proprio al di fuori e dentro il nostro spazio c'è l'infinito. E a questa concezione si può giungere anche con argomenti umani. Le matematiche hanno ammesso, come ipotesi, spazi diversi dal nostro, in cui esistono altre dimensioni oltre le nostre tre. Lasciamo che cosa possa essere una quarta o una quinta dimensione; non ci interessa, né, forse, riusciremmo a comprenderla. A noi basta l'ipotesi; la quale è logica perché avendo noi cognizione delle superfici, cioè spazi a due dimensioni, non è strano che oltre ad una terza ce ne sia una quarta ed una quinta. Aumentando le dimensioni si vengono a chiudere gli spazi con dimensioni minori in quelli con dimensioni maggiori. Infatti una retta chiude in se tutta la serie di punti che la compongono; una figura piana chiude tutte le rette che la formano, un solido racchiude tutte le superfici che compongono il suo volume. Allo stesso modo uno spazio a quattro dimensioni dovrà chiudere lo spazio a tre. Cioè uno spazio ad n dimensioni ne chiuderà sempre uno ad n - 1. Naturalmente ogni volta che si aumentano le dimensioni le caratteristiche del nuovo spazio saranno diverse da quelle dello spazio precedente. E, come in geometria piana aumentando i lati del poligono lo spezzato che lo forma non è più tale, ma diventa curva, con caratteristiche del tutto diverse, così lo spazio ad n + 1 dimensione perde la caratteristica del limitato e diventa infinito. O, diciamo meglio, non è più spazio nel senso che noi diamo a questa parola. In tal modo l'infinito non è trovabile né concepibile da noi, che siamo a tre dimensioni, ma appartiene ad una categoria diversa da quella a cui apparteniamo noi come esseri viventi sulla terra. La croce ha ragione: noi siamo un centro in uno spazio limitato; oltre e dentro il quale c'è l'infinito rappresentato, nel simbolo, dallo spazio che circonda la croce. La quale ci dice anche dell'altro. Le colonne del tempio, che sono due, rappresentano le forze opponenti; la croce ha quattro braccia. Le colonne sono il contrasto naturale delle forze, la croce l'equilibrio. Essa, derivante dal numero quattro, ci dice che la natura è statica nella sua totalità e dinamica nel suo interno. Essendo l'opposizione fatta da coppie di forze, indica che la natura, quel tale spazio a tre dimensioni, ha un movimento interno che si risolve in cicli. Nessun altro movimento potrebbe esistere internamente; solo il rinnovarsi perpetuo della vita: morte e resurrezione; disgregazione e condensazione. Siamo così arrivati a vedere l'uomo sulla croce, come simbolo eterno del rinnovellarsi della vita. La croce non è il simbolo del martirio e della morte, ma quello del sacrificio e della vita. Ecco, l'uomo sale sulla croce, apre le sue braccia; egli è centro dello spazio; è in mezzo ai punti cardinali e così vive: non potrebbe vivere al di fuori dei punti cardinali. E' salito sulla croce di sua propria volontà perché solo inserendosi nei punti cardinali poteva vivere. Ci è salito spontaneamente, liberamente, si è fatto spazio nello spazio, fisico nel fisico, uomo nell'umanità: ha acquistato la sua personalità, la diversificazione tra sé e gli altri. Egli aveva la libertà di non ascendere la croce ma allora non avrebbe avuto vita, non avrebbe potuto dire: "Io". Così libertà e necessità lo hanno portato a chiudersi nella croce. Ma ecco egli piega il capo e rosseggia il centro della croce: nessuno è morto, nessuno è scomparso. Dal rosso del centro sorge la vita che non ha cessato affatto di esistere; e la vita risale la croce. Così il ciclo si chiude, così la vita si rinnovella. E quello che a noi sembrò simbolo di morte, se lo abbiamo compreso, diventa simbolo di vita, di vita individuale e collettiva, di vita perenne. Vita delle molecole del corpo, della pianta, dell'animale e dell'uomo, della terra, del sole e della nebulosa. Vita universale, senza la quale Dio non sarebbe potuto essere Dio. Ma la vita della croce è vita del fisico. Quella, cioè, che si sviluppa tra i due termini di spazio e di tempo, tra i due equinozi e i due solstizi, tra i quattro elementi chimici: idrogeno, ossigeno, azoto e carbonio. La vita che è chiusa tra i quattro elementi: terra, aria, acqua, forza; tra le quattro distinzioni di Agostino: intelletto, ragione, immaginazione,senso; o i quattro principi di Aristotile: causa materiale, causa formale, causa motrice, causa finale. La vita che per l'uomo ha quattro tendenze: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza; quattro gradi di saggezza: sapere, osare, volere, tacere. La vita, infine, che è compresa nei quattro gradini della natura: minerale, vegetale, animale, umano. Questa cose e molte altre ancora dice la croce nel suo senso allegorico. Un semplice segno, un semplice incontro di due segmenti parla ben chiare note a chi sa leggervi. Non vi posso dire nulla, agli apprendisti del senso anagogico. Comunque non ho interpretato in modi completo neanche il senso allegorico perchè più che la interpretazione vera e propria a me interessava darvi un esempio del metodo di interpretazione. Da: www.grandeoriente.it |