Trentuno anni fa, proprio in questo mese, quando il Fratello che mi aveva presentato in questa R.·.L.·. mi disse che mi avrebbe condotto nel Tempio, io, che già mi occupavo di questi studi e che avevo tanto desiderio di conoscere dall'interno la Massoneria, io provai una grande gioia ed insieme una grande preoccupazione. Gioia perché, finalmente, dopo una lunga attesa, a cui oggi, purtroppo, non si costringe più il profano, il mio ardente desiderio veniva realizzato. Preoccupazione perché mi posi subito la domanda: "Ne sono io degno?". Già conoscevo, almeno nelle sue linee generali, il rituale dell'iniziazione e temevo non già le eventuali prove fisiche a cui fossi potuto essere assoggettato, ma quelle morali e culturali a cui potevo essere esposto. La sera della mia iniziazione è rimasta fissa nel mio animo e la commozione di allora mi torna ancora, se ci ripenso: il Tempio, i Fratelli silenziosi e austeri, le parole del Venerabile, il mio giuramento; tutto rivive alla memoria e mi dà ancora quel senso di smarrimento e di sbalordimento che provai in quell'ora. E la gioia che ne ebbi dopo. Scusatemi fratelli, se vi ho parlato di me. Ma l'ho fatto perché i nuovi fratelli questa commozione non l'hanno potuta avere dato che, purtroppo, per la mancanza di un Tempio vero, oggi non si è potuto seguire scrupolosamente il cerimoniale dell'iniziazione. Ma sappiano i buoni neofiti che chi varca per la prima volta la soglia di un Tempio Massonico, se è venuto a noi con un vero ideale e con un forte desiderio di apprendere, prova sempre una grande commozione e sente che quel luogo è sacro, che egli è divenuto sacerdote di una religione che innalza l'animo dell'uomo fino a Dio e ne indirizza l'attività al sacrificio di se stesso per il bene di tutta l'umanità. E' necessario, per prima cosa, che vi esponga, quanto più brevemente mi sarà possibile, quale veramente sia la cerimonia della Iniziazione al grado di Apprendista. Sarebbe interessante fare la storia di questo Rito, che data dai tempi più antichi e che, pur variando di forme, coincide nella espressione e nel significato in tutte le iniziazioni: la vita e la morte. Poter fare la storia delle antichissime iniziazioni, di Crisna, di Orfeo, di Mosè, di Pitagora, di Ermete e poi quella dei tempi del cristianesimo, degli Esseni, di Cristo, e poi ancora quella dell'epoca medievale e moderna, dei Gioanniti, dei Gnostici, dei Templari, dei Rosa Croce, dei Martinisti; fare la storia di tutte le iniziazioni, ripeto, sarebbe di grande interesse e di sommo vantaggio per chi vuol ritrovare la Sapienza. Per esporre tale argomento, però, occorrono volumi. Lo Shurè, nel suo meraviglioso libro: "I Grandi Iniziati" ha tentato una ricostruzione ideale delle più antiche. Io debbo limitare la mia esposizione a quella Massonica, per comprendere la quale è necessario rifarci un po’ indietro.. I rituali di oggi, purtroppo, hanno ridotti il cerimoniale, pur mantenendo le basi essenziali. Noi vedremo insieme quale era la cerimonia di iniziazione circa cinquanta anni fa. Vi esporrò quella perché più completa e perché da essa po’ venire un'interpretazione più chiara. Dopo una breve sosta in una qualunque stanza, il profano viene condotto nel "Gabinetto di Meditazione". E' questo un luogo stretto (il pozzo delle antiche iniziazioni), tutto dipinto a nero. Sulle pareti iscrizioni di questo tenore: "Se dissimuli, trema; noi ti leggeremo nel fondo del cuore" - "Se hai paura allontanati" - "Se una vana curiosità qui ti conduce, vattene" - "Se perseveri sarai purificato dagli elementi, uscirai dall'abisso delle tenebre e vedrai la luce"; ed altre simili. In mezzo al gabinetto un rozzo tavolo e a lato uno sgabello. Sul tavolo alcuni oggetti: dei teschi e delle ossa, un orologio a polvere, un pane ed un bicchier d'acqua, un vaso pieno di sale ed uno di zolfo. Unica luce su quelle pareti nere, una candela, già in parte consumata. Sul tavolo è posto un foglio sul quale è scritto "Testamento" e sotto tre domande (riferisco quelle antiche): "Che dovete a Dio? Che dovete all'umanità? Che dovete a voi stesso?. Il Fratello Esperto, la faccia coperta da un cappuccio, che ha accompagnato il profano, si fa consegnare tutti gli oggetti di metallo che ha addosso e poi gli dice: "Osservate, meditate e poi scrivete il vostro testamento". Così lo lascia, chiudendo rumorosamente la porta di quel luogo oscuro. Il profano rimane solo a pensare e comincia a penetrare nel suo animo un senso mistico di commozione che lo induce a raccogliere le sue idee. Poi scrive il suo testamento. Battendo col piatto della spada un colpo sulla porta si annunzia il fratello esperto che, se il profano ha già scritto, gli fa appendere sulla sua corta spada il testamento e lo porta nel Tempio ove il Venerabile ed i fratelli lo accettano o lo respingono, respingendo contemporaneamente il profano, che, in tal caso, viene restituito a quel mondo da cui voleva uscire. I fratelli si riservano il diritto di fare domande che riguardino esclusivamente ciò che il profano ha scritto. Il fratello esperto torna nel gabinetto; fa togliere al profano la giacca e la camicia dal lato sinistro del petto in modo che la parte del cuore rimanga scoperta; gli scopre pure la gamba destra fin sopra il ginocchio; gli fa togliere la scarpa dal piede sinistro. Poi gli benda gli occhi; in queste condizioni lo conduce per mano alla porta del Tempio. Quivi l'iniziando bussa da profano ed ode una voce dire: "Chi è quel temerario che viene a disturbare i nostri pacifici lavori?" e la guida risponde: "E' un profano che desidera essere ammesso tra voi." La voce misteriosa chiede ancora: "Come mai egli ha sperato di ottenere ciò?" e la guida risponde "Perché è nato libero e di buoni costumi." Allora il profano, sempre bendato, viene introdotto nel Tempio, ove sente forti rumori e cozzar di spade, e sente anche pungersi sul lato sinistro. D'un tratto un colpo secco ed i rumori cessano: il silenzio diviene assoluto e solenne. Dopo brevi parole del Venerabile l'esperto conduce il profano a compiere tre viaggi simbolici. (Il primo di essi a volte lo si fa eseguire nella sala dei passi perduti per comodità di spazio.) Il primo viaggio è quello dell'acqua. Il profano dall'occidente va all'oriente passando per il Nord e ritorna poi, passando per il Sud. Durante questo cammino il profano ode continui rumori e deve superare parecchie difficoltà. E' il viaggio delle prove fisiche. Egli inciampa ad ogni passo - ricordarsi che è sempre bendato - in oggetti posti dinnanzi ai suoi piedi; è costretto a piegarsi e a camminare in ginocchio per superare bassi passaggi; deve saltare ostacoli di cui ha cognizione solo col tatto; sale scale che gli sembrano lunghissime; cammina su tavole mobili che gli sfuggono sotto i piedi; ed altre prove che la fantasia dei fratelli avrà potuto immaginare per rendere più ardue le difficoltà. Ritornando per il sud all'oriente non ci sono più ostacoli da superare, ma si sente solo un vento ed un rumore come di pioggia. Condotto vicino al Secondo Sorvegliante questi gli pone il maglietto sul petto e gli dice a gran voce: "Chi va là?" L'esperto risponde: "E' un profano che chiede di essere ammesso tra i Massoni". replica ancora il Secondo Sorvegliante: "Come ha osato sperare ciò?" E l'esperto: "Perché è nato libero e di buoni costumi" - "Poiché è così, passi". Il profano allora, sempre bendato, è ricondotto all'Oriente e deve superare gli stessi ostacoli della prima volta; ma adesso un esperto lo guida e lo avverte di volta in volta aiutandolo a proseguire. Il viaggio riesce così meno faticoso: egli non ode più rumori assordanti ma solo tintinnar di spade. Poi è condotto dal Primo Sorvegliante con cui si scambia lo stesso dialogo che col Secondo. Indi il neofita compie il terzo viaggio, quello del fuoco, nel quale egli non incontra più ostacoli e non ode più rumori. Alla fine del viaggio, all'Oriente, gli si fa passare la mano leggermente sulla fiamma di una candela. Condotto dinnanzi al Fratello Venerabile si ripete il dialogo che ho già indicato. Il Venerabile allora lo avverte che per essere ammesso è necessario che egli giuri; e perché la sua buona fede non venga ingannata gli legge la formula del giuramento, lasciandolo poi libero di accettare o no. La formula originaria è questa: "Liberamente e spontaneamente, con pieno e profondo convincimento dell'anima, con assoluta ed irremovibile volontà, alla presenza del Grande Architetto dell'Universo, prometto e giuro di non palesare giammai i segreti delle Libera Massoneria, e di non fare conoscere ad alcuno quanto mi sarà svelato, sotto pena di aver tagliato la gola, strappato il cuore e la lingua, le viscere lacerate, fatto il mio corpo cadavere in pezzi, indi bruciato e ridotto in polvere, e questa sparsa per il vento per esecrata memoria ed eterna infamia. Prometto e giuro di prestare aiuto ed assistenza a tutti i fratelli liberi muratori sparsi per su tutta la superficie della terra, di consacrare tutta la mia esistenza al bene ed al progresso dell'umanità, di adempiere ed eseguire le leggi e disposizioni dell'Ordine, di mantenermi sempre onesto ed ossequiente alle leggi dello Stato per abbattere il vizio e propugnare la virtù, di non attentare all'onore delle famiglie dei miei fratelli e di non appartenere ad alcuna società che sia in urto ed in opposizione colla Libera Massoneria, sottoponendomi in difetto alla pene personali più gravi e più terribili." Se il profano accetta di giurare gli si fa bere dell'acqua prima dolce e poi amara, detta l'acqua dell'oblio. Poi lo si avverte che il suo giuramento dovrà essere firmato col sangue. E il alcune Logge effettivamente si pungeva un dito o un braccio del profano fino a far cadere qualche goccia di sangue sul foglio che poi avrebbe dovuto firmare. A questo punto i Fratelli che hanno da fare delle domande le fanno. Poi il profano è condotto fuori dal Tempio ed i fratelli deliberano definitivamente sulla sua ammissione. Riammesso il profano nel Tempio e posto in mezzo alle colonne, in un silenzio assoluto, i fratelli si coprono con un cappuccio o con una maschera e rivolgono le loro spade verso il petto del profano: il fratello esperto dirige verso il suo cuore la punta di un pugnale. Allora il Venerabile dice: "Maestro delle cerimonie, che chiedete per il profano?" ed avutane la risposta "la mezza luce", batte tre colpi del suo maglietto: al terzo viene tolta la benda. Il Tempio è in una mezza oscurità, il silenzio e l'immobilità dei fratelli, assoluti. Dopo qualche momento il Venerabile dice: "Profano, vedete le punte di quelle spade rivolte contro di Voi? esse simboleggiano la difesa che avrete da tutti i vostri fratelli, se rimarrete fedele al vostro giuramento; ma anche la loro solidarietà nel punirvi qualora vi mancaste. Acconsentite ancora a prestarlo e a firmarlo? I fratelli ed io vi lasciamo ancora la facoltà di ritirarvi". Avuta la risposta affermativa i fratelli ritirano le spade ed il profano viene condotto all'ara, dove presta il suo giuramento. egli sta col ginocchio sinistro a terra e la gamba destra a squadra; la mano destra distesa sulla squadra ed il compasso sovrapposti ad una Bibbia; nella sinistra un compasso con una punta rivolta al cuore. Dopo aver giurato il neofita viene condotto ancora tra le Colonne e il Venerabile chiede: "Fratello esperto, che domandate ancora?" e l'esperto risponde: "La piena luce". Il Venerabile batte tre colpi ed al terzo il Tempio si illumina completamente. Ricondotto all'ara il neofita viene fatto nuovamente inginocchiare. Il Venerabile poggia la spada fiammeggiante sulla testa dell'iniziando e pronuncia la formula di consacrazione: "A gloria del Grande Architetto dell'Universo, in nome della Mondiale Massoneria, sotto gli auspici del Grande Oriente di ….. t'inizio, nomino e proclamo fratello Apprendista Libero Muratore di questa R.·. L.·.. Batte poi col maglietto tre colpi sulla spada; prende per mano il neofita, lo aiuta ad alzarsi, lo abbraccia col triplice bacio e gli dice: "Tu sei mio Fratello". gli cinge poi un grembiule di pelle e gli consegna due paia di guanti bianchi, uno maschile e l'altro femminile. Il neofita viene quindi istruito e proclamato con le solite forme fratello Apprendista, membro effettivo di quella Officina nella quale è stato ricevuto. La cerimonia viene completata ordinariamente da un breve discorso del fratello Oratore il quale dà qualche ammaestramento massonico e porge il saluto della Loggia. Una batteria in onore del nuovo fratello viene spesso fatta eseguire dal Venerabile. Così si chiude la cerimonia di iniziazione al primo grado massonico. Prima di interpretare esotericamente la cerimonia di iniziazione mi siano consentite alcune osservazioni. Mi rivolgo specialmente a coloro che non hanno avuto una iniziazione o, quanto meno, una iniziazione completa, neanche nella forma ridotta dei rituali moderni. Immaginatevi chiusi, per un tempo abbastanza lungo, anche per delle ore, soli, nel più completo silenzio, in quel nero gabinetto di meditazione che vi ho descritto; con quei teschi, quell'orologio a polvere che vi segna il tempo che corre, con dinnanzi quelle tre domande che voi subito comprendete costituiscano il vostro esame per essere ammessi. Voi sentite che l'animo del profano si scuote e la mente medita, forse non tanto sulle domande o sul luogo in cui si trova o sugli oggetti che egli vede, bensì su se stesso. Inevitabilmente il profano si avvicina al suo essere spirituale; e sente per la prima volta, se mai lo aveva sentito prima, che c'è qualche cosa nella vita che non è pura materia; e nel chiuso di una celletta prova un desiderio di espandersi verso un infinito a cui forse non pensa ma che gli penetra nell'anima. E quando egli scriverà le risposte palpiterà di commozione dubitando che esse rispondano al pensiero di coloro che dovranno esaminarle. Quando il fratello esperto si presenta coperto del cappuccio e gli toglie i metalli e non prende il foglio delle risposte con le mani ma glielo fa appendere alla spada, e poi lo lascia nuovamente solo, la scena impressiona ancora il profano, la sua commozione aumenta e il ripiegarsi dell'animo su se stesso si accentua nell'attesa ansiosa di conoscere la propria sorte. L'entrata nel Tempio in mezzo a forti rumori non può non colpire l'immaginazione del profano, che non sa dove si trovi, non comprende il perché di quei fragori e ignora da che cosa provengano. Quando ad un tratto cessano e si fa silenzio, la voce misteriosa che gli parla penetra nel suo cuore e vi scolpisce detti che rimarranno incancellabili. I viaggi stancano più il fisico che il morale ma servono per porre il neofita in uno stato, che diremo morbido, di coscienza, e tale da renderlo pronto a percepire la verità, ad accogliere in sé ogni impressione esterna, ogni sentimento che gli si additi. La formula del giuramento non può non farlo meditare: egli sente che sta per legarsi a qualcosa di non comune, che esorbita dalle promesse e dagli impegni usuali. Toltagli la benda si ritrova in una semioscurità, contornata di maschere, minacciato da spade, punto da un pugnale. E il Ven.·. non parla subito, gli lascia il tempo di meditare, forse di tremare. A lui tutto sembra ostile in quel momento, minaccioso, avverso: forse non sa se debba fuggire da quel luogo pauroso, o se debba affrontare tutto pur di vincere. Il mistero lo prende e lo conquista: il mistero che è nelle cose più che nelle persone: nelle penombre, nelle spade, nel silenzio, negli addobbi del Tempio che solo intravede. E quando di fronte a lui, ma lontana, risuona pacata e lenta la voce di colui che presiede il profano, che è già neofita nel suo intimo, che ha superato le prove difficili, che ha l'animo aperto al bene, non può non voler confermare il suo giuramento. E, commosso, preso da un intimo senso di misticismo, trasportato in una atmosfera che prima ignorava, ripete frase per frase le parole del giuramento e se le scrive dentro il cuore e dentro il cervello. Entra in lui, inginocchiato dinnanzi ad un'Ara, il senso della religione, della spiritualità. La sua consacrazione gli appare come una vita nuova nella quale egli entri allora per la prima volta, come una trasformazione di se stesso, un ritrovar qualcosa che prima mancava. Divenuto Massone sente che l'Ordine non è una comune società, una organizzazione come tante nel mondo. Prova quasi uno sbalordimento per tutto ciò che ha visto, ma di più per ciò, che pensa, debba ancora vedere. Si sente trascinato verso un ignoto che non sa determinare ma che è sicuro che esista; e questo ignoto lo afferra in quel momento e non lo lascerà più per tutta la vita; mentre egli a poco a poco ne solleverà i veli e il mistero si risolverà nella conoscenza. Ma allora, penserete voi, tutta la cerimonia, tutto quell'apparato e quelle forme rituali sono fatti soltanto per impressionare? Questo è l'effetto, dirò, letterale della cerimonia. Dar la sensazione di qualcosa di alto, di superumano, sia pure, di strano è lo scopo immediato del rito di iniziazione. L'Ordine vuole che fin dal primo momento il Massone sappia che entra in una organizzazione che gli darà dolori nella vita sociale e gioie in quella spirituale.; che gli ordinerà di compire grandi sacrifici e di superare forti ostacoli, offrendogli come unico compenso il dolce nome di fratello ed il sorriso dei buoni. Vuole che il Massone sia tosto convinto che egli non è se non uno strumento per il bene, che non potrà raggiungere se non attraverso pericoli e sofferenze. Ma non inutile è la commozione che si induce nell'animo del neofita durante la cerimonia; perché se egli ritorna col suo pensiero a ciò che ha provato, a ciò che ha visto, non può non domandarsi: "Perché" Quando avrà risposto a questa domanda, solo allora, sarà Massone. Il perché dovrà trovarlo da solo, nessuno glielo potrà mai indicare; nessuno gli potrà dire il mistero della vita, che è chiuso in quel rito. Gli si potrà dire che cosa indichino i vari momenti del rito, ma la spiegazione vera, profonda, quella che gli può dare la sensazione del proprio io, quella la deve ritrovare da solo, dentro di sé. Egli ha già quasi tutto dinnanzi agli occhi; ritorni su se stesso, ripieghi su se stesso il suo animo, mediti entro se stesso sul rito, e troverà. Perché il simbolo dell'iniziazione è la storia della nostra esistenza, a cominciare dalla procreazione. La storia di ciò che precede e ciò che segue la vita appartiene al rito di iniziazione di un grado più alto. Così la Massoneria, cominciando fin dal primo grado, apre dinnanzi agli occhi dei fratelli il gran libro dell'Essere, e, pagina per pagina lo dispiega, si ché l'uomo di buona volontà, giunto al vertice della piramide, senta la sua comunione con l'Essere Supremo. Che potrò io fare in proposito per Voi? Dirvi in forma quanto più mi sarà possibile semplice, ciò che nel campo dell'umano si chiude nel rito dell'iniziazione. Vi additerò il mistero, vi porrò dinnanzi l'ignoto, voi potrete risolvere il mistero e leggere nell'ignoto. Da: www.grandeoriente.it |