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I. Le origini del Mondo secondo i Pitagorici e il Sepher Yetzirah
… Il settimo sistema appartiene alla teoria che ammette la creazione delle cose, ma afferma che le prime [cose] create furono i numeri. Per mezzo dei numeri, sono differenziate le sostanze e le particelle. La geometria e le figure sono basate su numeri, per cui tutte le cose create hanno necessariamente una forma di un certo tipo. Secondo questa teoria, l’aspetto dell’oggetto creato precede l’oggetto stesso, per cui è questa la sua materialità. Comunque, se questa teoria – possa Dio avere pietà di te! – suppone il potenziale, e non l’attuale, anteriorità dei numeri alle cose enumerate, dobbiamo di conseguenza accettare ciò come una teoria giusta ed irrefutabile. Noi sosteniamo che il numero, in potenza, abbia prefigurato l’oggetto numerato, che la forma abbia preceduto la cosa formata; la figura, la cosa figurata; la geometria, la forma geometrica; e la composizione, la cosa composta, tutte in potenza e non nell’attuale. Ma se questa teoria assume l’esistenza dell’attuale anteriorità dei numeri puri, delle composizioni isolate, e dei teoremi astratti, questa supposizione è inammissibile per due ragioni:
1 - La teoria implica che il Motore e le cose mosse furono unite da una terza entità: il moto; con l’agente formante e l’oggetto formato, si cita un altro oggetto: la forma; e insieme al Creatore e alla sua creatura, afferma necessariamente l’esistenza di un terzo elemento: la creazione e ciò è assurdo.
2 - É contraddittorio parlare di composizione astratta e puro teorema, dal momento che questi sono necessariamente basati da almeno due termini.
L’ottavo sistema appartiene alla teoria che accetta la creazione, ma ascrive le origini delle cose ai numeri e alle lettere. Questa teoria è dell’autore di questo libro. Infatti, egli attribuisce l’origine della creazione del Creatore a trentadue cose: i dieci numeri e le ventidue lettere. Egli non dice, comunque, che sono cose astratte ed isolate. Dice solo che Dio ha creato l’aria e ha stabilito in essa le trentadue cose. I numeri secondo lui, attraversano l’aria, che è composta da particelle distinte. Quando il flusso dell’aria segue queste linee dirette ed incurvate, produce le figure. Dopo aver esaminato questa teoria, troviamo questi punti corretti, ma hanno bisogno di essere completati dall’esposizione seguente. Lo stesso si applica alle lettere. Quando il loro Creatore le ha stabilite nell’aria, furono separate, e furono create figure di aspetto diverso e forme geometriche secondo la facoltà di ogni lettera isolata, due lettere combinate, o un insieme di più lettere.
I nostri rabbini affermano qualcosa di simile riguardo la scena del Monte Sinai nelle Scritture, poiché si dice: "E tutta la gente vide la voce", [Esodo XX, 15]. I rabbini chiesero come fosse possibile vedere i suoni? Spiegarono che il Saggio portò un fuoco potente e brillante giù dalla montagna, ed è detto: "Affinché l’Eterno discenda su di essa nel fuoco", [Esodo XIX, 18]. Poi Egli la circondò con una nube nera, "e la montagna bruciò con fuoco fino alla metà del cielo, con buio, nuvole, e spessa oscurità", [Deuteronomio IV, 11]. Questa oscurità è la nube nera, come è detto: "Egli fece dell'oscurità il suo posto segreto; il suo padiglione intorno a cui stavano le acque nere e le spesse nuvole dei cieli", [Salmi XLVIII, 12]. Così Egli creò la voce scintillante nel fuoco; la voce emanò dal fuoco e la sua forma apparve nella nuvola secondo l’impulso prodotto dal movimento della pronuncia nell’aria. La gente vide questa forma e capì che ciò era la scintilla che il fuoco aveva proiettato nell’aria nera circostante, come si disse: "E l’Eterno parlò su di voi dal centro del fuoco", [Deuteronomio IV, 12], e fu detto: "quando udirete la voce provenire dal cuore delle tenebre", [Deuteronomio V, 23]. Come esempio di ciò, notiamo che quando qualcuno parla in una giornata fredda, l’articolazione della voce taglia l’aria e produce forme che variano secondo linee diritte o incurvate secondo la corrente che il suono segue. Similarmente, l’autore asserisce che i numeri e le lettere sono le origini delle cose; egli le intende con l’aria, come abbiamo appena dimostrato […].
II. Sui nomi divini e le categorie aristoteliche
Sui Nomi Divini potete consultare anche l'ampia sezione dedicata:
"I Nomi Divini"
Cosa significano i dieci nomi di Dio elencati all’inizio e perché l’autore non si limita ad uno solo? I nomi di Dio, come quelli di tutti gli esseri, si riferiscono agli eventi attuali o presunti. Nel Ma’aseh Bereshit o Libro della Creazione,
Lo trovi nella sezione "Testi che fanno Testi"
Il "Ma'aseh Bereshit"
Dio è chiamato Élohïm, il nome dell’essenza. Egli non è chiamato Eterno [Adonai, Yud-vav-Yud] prima della creazione delle creature, perché per essere il Signore, deve essere il Padrone di qualcuno. I Saggi hanno detto: "Egli ha indicato un nome completo per un mondo completo", [Bereshit Rabba, XIII]. Egli è chiamato El Shaddai ["Dio Onnipotente", Genesi, XVII, 1] quando ordina la circoncisione di Abramo e dice: conti su di me chi aiuta e salva.
Definisce se stesso "Sono chi sono" [Ehyeh asher ehyeh, Esodo III, 14] quando fece i miracoli e le cose meravigliose come i fenomeni della creazione, le dieci piaghe e il resto. Egli è l’Uno che realizza ma non può essere realizzato. Chiama se stesso Yah [Yud-Hé] quando fece i miracoli straordinari sul Mar Rosso. Chiama se stesso Élohïm Hayyim ["Dio vivente"] quando rivelò la sua voce al popolo ed esso l'ascoltò senza morire, ma fu data la vita, per cui fu detto: "Per chi è qui di sola carne che ha ascoltato la voce del Dio vivente" [Deuteronomio, V, 26]. Chiamò se stesso Adonaï Çebaoth ["Eterno (o Signore) degli Eserciti"] quando furono narrati il pellegrinaggio del popolo e la riunione nel santuario, e fu detto: "E quest’uomo saliva ogni anno dalla sua città verso la fede e al sacrificio all’Eterno degli eserciti in Shiloh", [I Samuele I, 3]. É chiamato Alto e Senza Pegno [Ram v'Nisah] quando Isaia parla di Uzziah, re di Giuda: "Nell’anno in cui il re Uzziah morì io vedevo il Signore seduto su di un trono, alto ed elevato", [Isaia VI, 1]. Sul conto di Uzziyahu, ha detto: "Appena egli si fu fortificato, il suo cuore si insuperbì fino al punto di causare rovina: poiché aveva trasgredito contro il Signore suo Dio", [II Cronache XXVI, 16]. Chiamò se stesso Signore [Adone] quando annunciò che avrebbe innalzato il nobile tra la gente, per cui fu detto: "Per osservare il Signore, il Signore degli Eserciti non allontanarti da Gerusalemme", Isaia III, 1]. É spesso chiamato il Dio Eterno [Yud-Vav-Yud Élohïm] nei libri di Geremia e Ezechiele, non l’eterno degli Eserciti [Yud-Vav-Yud Tsvaot (Çebaoth)] perché le legioni di Israele sono state disperse e la Sua totalità è stata frammentata. Quando gli israeliti si raccolsero nel secondo tempio, chiamò se stesso l’eterno degli eserciti, e questo appellativo è sempre usato nelle profezie di Haggai, Zaccaria, e Malachia. Solo una volta si nominò Eterno Dio di Israele. Ciò è nel verso: "Lascia che lui la invii lontano dice l’Eterno Dio di Israele", [Malachia II, 16]. Questo appellativo può essere interpretato in senso generale e ristretto. Nel senso ristretto, la legge del divorzio può essere applicata ad un israeliano solo da un altro israeliano, e non da pagani. Se i pagani impongono il divorzio, questo è nullo. Nel senso generale del termine, si riferisce al possesso di Israele da parte del Signore. Tuttavia Israele non è stato cacciato ed esiliato, né il Signore l’ha abbandonato o ripudiato, ma lo considera Suo proprio. É stato chiamato "quello che cambia i tempi e le stagioni", [Daniele II, 21] quando Egli trasforma l’era della dominazione in quella della servitù. É stato definito "Colui che rimuove i re e incorona i re", [Daniele II, 21] quando detronizzò Sedecia e fece re Nabuccodonosor. Fu definito: "Colui che dà la saggezza al saggio", [Daniele II, 21] perché insegnò la saggezza a Daniele. É stato definito "Colui che rivela le cose profonde e segrete" [Daniele II, 22] poiché rivelò la natura della visione a Daniele. Finalmente, fu detto: "E Esdra benedisse il Signore, il grande Dio", [Nehemiah VIII, 6], per cui di Dio fu detto: "La Gloria di questa ultima casa sarà più grande della precedente", [Haggai II, 9].
I nomi degli angeli corrispondono in modo simile agli eventi che rappresentano i compiti che l’angelo deve portare a termine. Quando Dio inviò gli angeli da Abramo per annunciare le liete notizie, essi gli assomigliavano e furono perciò chiamati "Uomini" [Anashim, Genesi XVIII, 2]. Quando Dio inviò gli angeli a distruggere Sodoma, essi furono chiamati "Angeli" [Malachia, Genesi XIX, 1]. Quando Dio li inviò da Isaia per bruciarlo con il carbone ardente poiché aveva ignorato di mettere in guardia Israele, furono chiamati "Seraphïm", per cui fu detto: "Quindi uno dei Seraphïm volò su di me tenendo un carbone acceso nella sua mano… e la posò sulla mia bocca", [Isaia VI, 6-7]. Quando Ezechiele li vide nella forma di animali, furono chiamati "Hayyot" ["Creature" Ezechiele I, 5]. Gli angeli, che non tornarono indietro quando vennero, furono chiamati "Ophanïm", ["ruote" Ezechiele I, 15]. I più elevati fra loro sono stati chiamati "Cherubïm" [Ezechiele X, 1] perché ogni essere elevato fra gli uomini è chiamato "cherub", come è stato detto del re di Tiro: "Tu sei l'unto cherubino che copre, e io ti ho posto", [Ezechiele XXVIII, 14].
I nomi dei corpi celesti variano secondo le loro diverse caratteristiche. Quello con una luce splendente nel centro è chiamato "luminoso" [o "luminario"] come è detto: "Tutta la luce risplenda", [Ezechiele XXXII, 8], secondo la durata del Sole. La stella con un minore lucentezza è chiamata "Nogah" ["splendente"] a seguito di un nome scelto per la Luna, come è stato detto: "né con questa né con quella nessuna lucentezza la luna potrà darti luce", [Isaia LX, 19]. Nogah è anche il nome ebraico di Venere. Le stelle con una natura calda sono chiamate "Kesilim" ["costellazioni" e "Orione"], come è detto: "Per le stelle del paradiso e le costellazioni" [Isaia XIII, 10]. Questo si riferisce al nome di Orione, che è Kesil e i suoi fuochi. Le luminarie con una natura fredda sono chiamate Mazzaroth ["Pleiadi"], come è detto: "Potresti tu portare avanti Mazzaroth nelle sue stagioni?" [Giobbe XXXVIII, 32]. I diversi nomi per glorificare Israele come Giacobbe, Israele, e Jeshurun [Deuteronomio XXXII, 15]; e i suoi diversi nomi di biasimo come "M'shuva" ["ritorno alla colpa", Geremia III, 6], "B' gedah" ["traditore", Geremia III, 8], "Oholah" e "Oholibah" [Ezechiele XXIII, 4] corrispondono a particolari eventi. Questi nomi di angeli, luminari, e della nazione sono un’interpretazione delle caratteristiche attuali. I nomi del Creatore, comunque, sono solo delle indicazioni ed estrazioni [astrazioni] dei suoi poteri – possa Egli essere lodato ed esaltato!
L’autore del nostro libro intende dimostrarci come è realizzata l’esistenza degli esseri. Quando i saggi afferrarono questa conoscenza, scoprirono le dieci, e solo dieci, categorie che la ragione può usare per ordinare tutte le cose: sostanza, quantità, qualità, relazione, spazio, tempo, possesso, posizione, azione, e passività. Quando i saggi stabilirono con precisione queste dieci categorie, nessun concetto rimase non connesso ad esse tranne l’idea del Creatore, poiché Egli è sopra ogni intuizione e comprensione. Di conseguenza, il nostro autore ha enumerato queste dieci categorie all’inizio del suo libro a beneficio del resto della sua esposizione. Il nome Yah si riferisce alla sostanza [essenza] che l’autore traduce come Eterna, e la deriva dalla parola Hayyot [essere o creatura] e "hayu" ["essi sono stati"]. Questo nome si applica all’eternità, e Dio è il Creatore di tutte le sostanze. Il nome Eterno Çebaoth [Eterno degli Eserciti] corrisponde alle categorie di azione e passività. L’Eterno è attivo, come è detto: "Io sono l’Eterno che crea tutte le cose", [Isaia XLIV, 24]. Il passivo, che è grande in numero, è chiamato "legione" [moltitudine di armate]. Il nome Dio Vivente [Élohïm Hayyim] si riferisce a Élohïm come il Creatore della quantità, per cui la misura della vita (cioè l’età) è una misura quantitativa. Il nome El Shaddaï ["Dio Onnipotente"] si riferisce a Dio il Creatore della qualità, per cui il nome Shaddaï [Shin-Daleth-Yud] deriva da "dai" [Daleth-Yud, "sufficiente"] e "daim" [Daleth-Yud-Mem, "sufficientemente"]. Il nome Eloha Israele, Dio di Israele, si riferisce alla relazione. Il nome Lofty (!?) [Ram] si riferisce a Dio come Creatore di Dio stesso, mentre il nome Nisah ["elevato"] si riferisce alla categoria della posizione. Il nome Shokhen Ad ["residente in eternità"] indica il nome prima e dopo che Egli è; e finalmente, l’epiteto Qadosh Shmo ["Bendetto sia il Suo Nome"] si riferisce alla categoria del possesso e ai nobili attributi che consentono alla nostra intelligenza di raggiungere un’idea approssimata di Lui. Di conseguenza, i dieci nomi chiaramente si accoppiano alle dieci categorie, e secondo il nostro autore, non resta nulla che Dio non ha creato.
Dopo un profondo esame e un’analisi dettagliata, concludiamo che i Dieci Comandamenti appresi dai nostri padri davanti al Monte Sinai corrispondono alle stesse dieci categorie che abbracciano ogni regola. Il comandamento "Io sono l’Eterno" allude alla categoria dell’azione, poiché è detto: "Io sono l’Eterno che crea tutte le cose", [Isaia XLIV, 24]. Il comandamento "Non devi avere altri dei…" si riferisce alla sostanza, per cui aggiunge: "quello che è in cielo sopra o in terra sotto o quello che è nell’acqua sotto la terra." Il comandamento "Non pronuncerai (il nome del Signore invano) si riferisce alla qualità dal momento che molti giuramenti si applicano solo ai modi di essere. Il comandamento "Ricorda il giorno di Sabbath" si riferisce esplicitamente alla categoria del tempo. Il comandamento "Onora tuo padre e tua madre" è la relazione stessa. Il comandamento: "Non uccidere" indica la categoria della passività, poiché è detto: "a immagine di Dio Egli creò l’uomo" [Genesi IX, 6]. Il comandamento: "Non commettere adulterio" designa la categoria della posizione, poiché questo atto è una specie di posizione e contatto. Il comandamento: "Non rubare" corrisponde direttamente al possesso. Il comandamento: "Non commettere spergiuro" si riferisce alla quantità dal momento che la maggior parte delle false testimonianze si applicano alla misura. Finalmente, il comandamento: "Non desiderare le cose altrui" indica spazio e tutto ciò che corrisponde ad esso; per cui il Saggio aggiunge: "la casa del tuo vicino." Di conseguenza il decalogo comprende chiaramente tutte le nozioni nel mondo. Allo stesso modo, i 613 precetti devono di conseguenza essere contenuti nel decalogo senza eccezione.
Coordinando questi precetti che si accordano con i Dieci Comandamenti, ho scoperto che 80 precetti corrispondono al primo comandamento, 60 corrispondono al secondo comandamento, 48 corrispondono al terzo, 75 al quarto, 77 al quinto, 50 al sesto, 58 al settimo, 59 all’ottavo, 52 al nono, e 54 al decimo. Tutto questo ammonta a 613. Ci sono 620 lettere nel decalogo, delle quali 613 corrispondono ai 613 precetti. Le rimanenti sette lettere sono contenute nelle due parole rimanenti: "quello che è del tuo vicino", ma sono già incluse nelle parole immediatamente prima di esse: "né qualunque cosa" [Esodo XX, 17]. Sia benedetto il Saggio che mette così tante cose in così poche parole!
Le parole [dal Sepher Yetzirah] "Stabilì il suo universo con tre sepharim" indicano i tre modi di registrare tutte le cose. I saggi contano quattro aspetti: sostanza, parola, scrittura e pensiero. Per esempio, noi vediamo un uomo nella sostanza; o pronunciamo la parola: "uomo"; o scriviamo le lettere: UOMO; o rappresentiamo un’immagine dell’uomo con il pensiero. Ora perché il nostro autore elenca solo tre aspetti di una cosa? Le chiama "tre sepharim" ["tre libri"] o "tre scritti", e questi sono: scrittura, numero e parola. Quando ad esse è aggiunta la categoria della sostanza, queste comprendono i quattro aspetti. Sostanza e pensiero non variano. Visto secondo queste due categorie, l’oggetto dà la stessa impressione a tutti gli uomini. Gli altri due aspetti, scrittura e parola, variano, per cui noi vediamo molti differenti linguaggi e scritti. Comunque, le idee che a questi sottendono non sono diverse. […]