NON FARAI PER TE ALCUNA IMMAGINE
Il Dio degli Ebrei, ovviamente, estendeva il suo regno a cielo e terra, e non voleva avere dinanzi a sé altre divinità. Il suo popolo non doveva toccare idoli o tenere alcun tipo di immagini o raffigurazioni. "Io sono il Signore, tuo Dio, e non avrai altri dei fuori che me. Non farai per te alcuna immagine scolpita, né alcun tipo di rappresentazione di ciò che è nell'alto dei cieli o giù in terra, o di ciò che è nell'acqua, sotto la terra..." (Es., 20,2) Entro quali limiti questo ordine debba essere rispettato, costituisce una parte notevole delle discussioni rabbiniche e talmudiche; variano le opinioni sull'inclusione o meno, in quella volontà, dei bassorilievi e abbozzi e busti, poiché non sono la figura intera. Allo stesso modo differenziano le opinioni sull'estensione del comando divino alle immagini che servono per tappeti e tappezzerie, in quanto essi sono soltanto una parte del materiale in cui sono filati. Ciò premesso, possiamo dire che in generale, col propagarsi del movimento iconoclasta nella religione cristiana, il tabù sull'immagine venne tolto parzialmente dai rabbini. Tuttavia la scultura e la pittura furono arti decisamente scarse fra gli Ebrei. Soltanto durante le due o tre ultime generazioni, queste arti sono state accettate nel popolo eletto.
Con tutto ciò, non vi fu mai un'epoca in cui la Sinagoga fu completamente priva di figurazioni e forme dal significato erotico. Alcune di queste vi entrarono di nascosto, senza l'approvazione o la conoscenza del profeta. Venivano ammesse dal sacerdote come necessità richieste. Perchè egli trattava di religione pratica. Egli amministrava bisogni religiosi e tendenze. In un momento difficile, nella selva, lo stesso Aronne fece un vitello d'oro per far fronte al panico generale, di chi voleva un dio concreto. I figli di Aronne, spesso scesero a compromessi con i cerimoniali fallici o altre fedi, pur di tenere in ordine i credenti. Venne poi il profeta, che provvide a togliere gli idoli. All'entrata del tempio di re Salomone, ad ornamento del portico, vi erano due pilastri, detti "Jachin" (a destra) che significa "la stabilità, che Dio l'ha fermata" e "Boaz" (a sinistra), che significa "la fermezza, in lui è forza". I commentari tradizionali sostengono che questi pilastri sono il simbolo del principio generatore maschile. Nel Libro dei Re (I, 7, 36) si legge:" Sopra le tavole e sulle cornici scolpì dei cherubini, dei leoni, delle palme, secondo lo spazio di ciascuna, con fregi ornamentali all'intorno". A proposito dei cherubini ché sembra siano simboli di provenienza strettamente ebraica, oggi non conosciamo l'immagine esatta. La tradizione sostiene che erano un lingam ed un yoni nell'atto di unirsi. Una leggenda talmudica, racconta ché quando gli israeliti facevano il loro pellegrinaggio al tempio, nei giorni santi, il velo veniva alzato dinanzi all'arca e quando si mostravano i cherubini, si diceva loro "il vostro amore per Dio è come questo amore del maschio per la femmina." Ci sono oggi molte immagini nella Sinagoga ché servono quali ornamenti per vari oggetti sacri del culto. L'arca contenente la pergamena, è fatta di solito in legno intagliato, ornata con figure di leone dalla bocca aperta e con la lingua pendula. Chi conosce il simbolismo erotico, riconoscerà nella bocca aperta il simbolo dello yoni, e nella lingua quello del lingam. Gli ornamenti comprendono spesso un serpente di bronzo o di legno, che tiene in bocca la punta della coda, a forma di ovale. La giustificazione di questo simbolo si trova in un passo biblico secondo il quale, in occasione di un flagello, Mosé pose l'immagine di un serpente sopra l'entrata al tabernacolo, così che ogni persona colpita potesse "guardare il serpente e vivere". La stessa arca, che contiene la Legge, come l'arca presso tutti i popoli è simbolo del principio femminile della generazione. Ogni mattina, ad eccezione del sabbath e dei giorni santi, l'Ebreo prega nel suo filatterio. E mentre avvolge le strisce di pelle intorno al braccio ed alla mano sinistra, forma un anello intorno al dito medio. Così facendo, ripete frasi della Bibbia e dice: "E io ti ho promesso a me nella verità...e io ti ho promesso a me con giustizia." Per quanto astratte siano le parole, l'anello ché egli forma attorno al dito è simbolo dell'anello di matrimonio, dell'unione tra Dio e l'uomo. Come tutti i cerimoniali anulari, esso indica ciò ché dovrà seguire. Rivolgendosi alla sposa durante la cerimonia di nozze, lo sposo ebreo dice: "Con questo anello tu sei santificata presso di me secondo la Legge di Mosel e di Israele". Le parole vengono pronunciate dallo sposo sotto un baldacchino, di solito fuori all'aperto. La stoffa del baldacchino è simbolo del soffitto e dei quattro pali ai quali esso è attaccato, le quattro pareti. È un vestigio simbolico della stanza in cui lo sposo e la sposa erano condotti nei tempi antichi dopo la cerimonia nuziale, per compiervi il primo amplesso. Nel frattempo, gli ospiti radunati, celebravano l'evento in altre parti della casa in attesa del risultato. Poiché se appariva ché la sposa non era vergine, lo sposo poteva rifiutarsi di accettarla o poteva richiedere un compenso adeguato. Talvolta, la famiglia della sposa e dello sposo avevano i loro rappresentanti o testimoni nella stanza più interna. Un simile uso persiste ancora tra i contadini slavi. La coppia nuziale viene condotta alla stanza da letto e lasciata sola per qualche tempo. Più tardi, la madre della sposa entra nella stanza e toglie il lenzuolo dal letto nuziale, dispiegandolo dinanzi a tutti gli ospiti come prova della verginità della figlia. Un simbolismo ancora più erotico, si può trovare in ciò ché viene letto, studiato e cantato nella sinagoga. Le scritture abbondano di espressioni amorose e sessuali. La stessa relazione tra Israele e JHVH viene rappresentata come un rapporto tra una moglie, spesso abbastanza infedele, ed il marito. L'allegoria matrimoniale è stata proposta e portata all'apice massimo dai profeti: da Osea (ché per primo se ne servì) fino ad Ezechiele. In Osea l'allegoria è rappresentata dapprima sensibilmente, con la narrazione di un fatto concreto (il profeta che sposa Gomer), poi viene sviluppata con simboli paragoni, ecc. Osea diceva che quando il Signore gli parlava, egli gli diceva: "Và e prenditi una donna di cattivi costumi e dei figli di prostituzione, giacché il paese si prostituirà abbandonando il Signore" (Osea 192). E anche si sente dire dal Signore: "Contendete con la vostra madre, contendete, perchè essa non è Mia moglie, Io non sono suo marito: allontani i suoi atti di prostituzione dalla sua faccia, e i suoi atti di adulterio di fra le sue mammelle. Se no la spoglierò in maniera che resti ignuda, la presenterò com'era nel giorno della sua nascita, la renderò simile a deserto, come terra arida e la farò morire di sete." (Osea 2, 4-5). Quando il popolo eletto decise di essere buono e fedele verso il suo Dio, questo rapporto venne nuovamente descritto in termini amorosi. L'atteggiamento ideale di Israele, verso il suo Dio, e di Dio per il suo popolo, è stato rappresentato nel più grande poema amoroso di tutti i tempi, il Cantico dei Cantici. Esso viene letto nella Sinagoga assieme ad altri libri della Bibbia e nelle case, dopo l'allegra cerimonia del "seder". Esso abbonda di espressioni amorose, anzi l'esuberanza amorosa in questo libro è fin troppo evidente. Lo studente talmudico, che intraprende la strada del misticismo, lo terrà come la parte preferita delle Scritture. Colui che sta per negarsi l'amore fisico ed ogni pensiero sul piacere e sul sesso, si prepara già uno sbocco emotivo nel vasto mare dell'amore per il Creatore. Il Cabalista non aveva limiti nella sua concezione antropomorfica del divino. Egli arrivò persino al punto di affermare ché il trasgressore, con il suo fallo, provoca un processo di mestruazione nella Divina Presenza così che il Santissimo non può unirsi all'anima. Il venerdì notte, molti Ebrei ancora cantano la canzone del Sabbath, che è una dedica alla festa del Signore. La celebrazione del Sabbath viene descritta come una festa di nozze avente quali personaggi principali lo sposo e la sposa. Il Sabbath è la sposa e Israele lo sposo. Dopo aver descritto la magnificenza della festa, lo splendore dei personaggi ed i particolari del matrimonio, il canto racconta come il marito abbraccia la sposa, e "le dà piacere con sfregamento continuo". Ciò significa che Israele si unisce amorosamente al Sabbath, e ciò le piace immensamente. E coloro che disturbano questo amore, vengono portati alla distruzione. La terminologia molto suggestiva, viene razionalizzata e limitata da spiegazioni, ma nessuna parola potrà nascondere il grande amore che sempre continua a sbocciare nella Sinagoga
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L'immagine utilizzata per questa sezione è del Maestro Franco Gracco |