| Dal Quaternario al Binario e dal Binario al Ternario Occorre dunque che l'uomo operi, nel suo spirito, la riduzione razionale del quaternario al binario e del binario al ternario. E la sua evoluzione deve condurlo poi della sottomissione alla natura, al conflitto con la natura, poi all'accordo con la natura; e ciò grazie ad un principio superiore. Nella sua infanzia, l'uomo è retto dall'istinto e dominato dai quattro elementi fisici; adulto, si pone di fronte alla natura per liberarsene e per dominarla. La sua volontà si trova in conflitto col corso delle cose, i dati empirici contraddicono le concezioni razionali, le soddisfazioni sensibili sono inconciliabili con l'ideale. Dopo avere oscillato tra le leggi della ragione e queste della natura, l'uomo riconosce che ragione e natura hanno delle pretese legittime, che è impossibile ed assurdo distruggere una a profitto dell'altra, e che esse oppongono, tuttavia, al pensiero ed all'azione delle esigenze insormontabili. Di là un antagonismo irriducibile che è tuttavia necessario risolvere. L'antinomia speculativa e pratica si trova istituita.
Nel campo speculativo, la storia della filosofia, e nel campo pratico, la filosofia della storia, costituiscono IL consolidamento dell'antinomia e la sua soluzione progressiva. Dato che ogni antinomia speculativa si riduce al rapporto dell'assoluto e del relativo, ed ogni antinomia pratica si compendia nel conflitto degli scopi individuali e degli scopi universali. In virtù della sua portata universale, l'antinomia riveste delle forme varie secondo le condizioni particolari che mettono l'uomo alle sue prese. Ciò spiega la diversità di atteggiamento dei filosofi di fronte all'antinomia speculativa e la differenza di condotta adottata da ogni uomo in presenza dell'antinomia pratica. Adattarsi alla contraddizione nei suoi ragionamenti e nei suoi atti, affermare uno dei termini dell'opposizione e negare l'altro, ignorare l'antinomia e confondere i termini opposti, e infine accordare allo scetticismo speculativo l'opportunismo pratico, sono le vie Più comunemente adottate. Tenersi a delle soluzioni di questo genere significa ignorare il problema fin quando non è urgente risolverlo, e abbandonarsi al destino quando occorrerà rispondere alla Sfinge.
I pensatori della scuola tedesca, al contrario, hanno cercato di conciliare l'assoluto ed il relativo nel pensiero, e cogliere il rapporto che unisce il trascendente e l'immanente. Ed è al ternario che hanno approdato per la maggior parte. Ma il ternario che si ottiene, dipende dal modo in cui il binario primordiale è costituito. - Ora Fichte, Hégel e Strada hanno preso per base un'opposizione come contraddittorio. È là un fraintendimento che rende il problema insolubile, e che riconduce semplicemente al punto di partenza. Difatti, un termine negativo non sostituisce niente di esistente al termine positivo, lo sopprime semplicemente; ritornare poi all'affermazione equivale a tornare al punto di partenza. Così Fichte e Hégel hanno tratto dai contraddittori una sintesi, dove il secondo termine non è una pura negazione, ma contiene qualche cosa di positivo e di eterogeneo al primo; ed è grazie a questa eterogeneità dissimulata sotto la negazione che l'antinomia si risolve.
Strada ha postulato risolutamente che la negazione è sempre derivata e relativa all'affermazione, mentre la sola affermazione può essere primitiva ed assoluta, La negazione applicata all'assoluto, quindi non l'annulla, ma fa emergere un'affermazione mescolata di negazione che costituisce il relativo. Strada attribuisce allora un valore assoluto al termine positivo ed un valore relativo al termine opposto come ugualmente positivo. Sostituisce, quindi, alla contrarietà dei termini il rapporto dell'assoluto al relativo. Ora, questo è supporre quanto è in questione. Difatti l'antinomia risulta da questi due termini, tutti due positivi, aspiranti uno e l'altro ad un valore assoluto: essa non consiste, come sostiene Strada, nella contraddizione costituita da un solo termine e con la sua negazione pura e semplice.
Schelling riconobbe l'eterogeneità dei termini che costituiscono l'opposizione primordiale, ossia l'eterogeneità dell'essere e del sapere. Ma volle ridurre questo binario all'unità semplice ed egli assorbì, così, il relativo nell'assoluto, l'immanente nel trascendente. Al contrario, Schopenhauer e Hartmann hanno affermato la distinzione dell'immanente e del trascendente, ma rinunciando a conciliarli.
Wronski ha perfezionato la elaborazione di Schelling neutralizzando l'eterogeneità dell'essere con un principio immanente di omogeneità, la cui la natura fa presentire l'elemento pragmatico che Schopenhauer chiamerà “Volontà”. Il relativo appare allora non come un'alterazione dell'assoluto, ma come la sua "immagine". La triade di Wronski è particolarmente degna di nota, perché presenta l'opposizione dovuta all'eterogeneità dell'essere e del sapere ed il rapporto del potere all'atto come implicantesi reciprocamente: spiega così l'opposizione con la contingenza e la contingenza con l'opposizione; mostra d'altra parte l'unità dei tre termini come costituenti, al tempo stesso, il principio e la conseguenza dell'opposizione e del rapporto. E da questa costituzione triadica, che racchiude in germe una tetrade, si deduce in maniera naturale, lo sviluppo ciclico da lui chiamato “Legge di Creazione”.
Una tale soluzione rimane, però, puramente speculativa. Ora, come dice Wronski, l'antinomia non è inerente solamente alla ragione umana, ma alla natura stessa dell'uomo nel suo stato attuale. Non è la ragione che si trova in contraddizione con se stessa; è l'elemento essere, il principio di esistenza dell'uomo che si rifiuta di oggettivare le concezioni assolute del suo sapere. L'accordo che la ragione può stabilire tra le idee dell'assoluto e l'idea del relativo non è sufficiente a risolvere il conflitto esistente tra i bisogni relativi dell'essere umano e le sue ispirazioni verso l'assoluto. L'antinomia regna nella vita pratica: da una parte si impone la soddisfazione dell'individuo, dell'altra si impone il suo adattamento ad un ideale universale; da una parte una impossibile felicità basata sull'egoismo, dall'altra l'illusione di un sacrificio rimunerato. La soluzione pratica dell'antinomia non può essere che preparata con il perfezionamento morale. E come la luce del Verbo è stato l'atto trascendente che ha rivelato l'assoluto alla conoscenza dell'uomo, così un nuovo atto trascendente sarà necessario per dare al suo essere un accesso all’assoluto.
Nel suo desiderio inesauribile di scoprire il principio speculativo e pratico che libererà dal giogo dell'antinomia, l'uomo cerca, senza tregua, a intuirne la natura con la sua immaginazione ed a rievocarlo nelle sue aspirazioni. Questo ideale inaccessibile fa scaturire le opere più sublimi dell'arte; l'intuizione anticipa così con le sue soluzioni estetiche quelle speculative e pratiche. L'ideale influisce sull'uomo come un principio teologico che stabilisce l'armonia tra la natura e la ragione e le dispone l'una e l'altra all'unione finale e perfetta.
Il progresso dell'uomo consiste nel preparare la sua partecipazione all'atto trascendente che realizzerà questa unione. Ed il progresso è segnato da un raggruppamento sintetico dei problemi particolari che derivano dell'antinomia fondamentale. In attesa che la soluzione concreta sia possibile, il più alto grado di sintesi realizzabile consiste nel ricondurre l'antinomia alle funzioni essenziali che collegano ed oppongono l'uomo ed il mondo, cioè alla conoscenza, all'appetizione ed alla facoltà che costituisce il loro accordo.
Di là, tre tipi di soluzioni: speculative, pratiche, estetiche.
Una soluzione speculativa pretende dimostrare come la ragione umana deve concepire la sintesi della realtà. Se l'enigma di Edipo è esatto, l'adattamento reciproco della realtà e del pensiero deve ottenersi con un ternario che risolve un binario generato da un quaternario. È il problema metafisico.
Una soluzione pratica pretende indicare all'uomo la mete che deve inseguire per compiere il suo destino e determinare le azioni intermedie che consentono di giungervi. Se l'enigma di Edipo è esatto, l'uomo oscillerà inizialmente tra quattro tendenze, subirà poi l'antagonismo di due principi, e la soluzione si otterrà solamente conciliandoli con un terzo. È il problema morale.
Una soluzione estetica pretende orientare l'ideale dell'uomo verso lo scopo trascendente che rimane irrappresentabile. Se l'enigma di Edipo è esatto, alla rappresentazione di un universo fondato sul quaternario succederà il bilanciamento dei due principi opposti: individualità e universalità. Attendendo la soluzione definitiva che risulterà dalla loro unione equilibrata, l'armonia estetica tende a conciliarli facendo predominare l'uno o l'altro. A queste due opposte tendenze rispondono i due miti che andiamo esaminando: l'Edipo di Sofocle e la Tetralogia di Wagner.
Il mito di Edipo è l'espressione estetica del problema antinomico di un'epoca in cui solo gli iniziati potevano avere consapevolezza. Oggigiorno l'antinomia è manifesta all'uomo più ignorante; esso è sollecitato senza tregua da due influenze opposte: materialismo e spiritualismo, egoismo ed altruismo, ateismo e religione. Nel mezzo di questa crisi attuale la cui la soluzione è appena intravista dal punto di vista filosofico e rimane ancora completamente velata dal punto di vista sociale, un genio comparabile a Sofocle, esprime con un “capo d'opera” la soluzione intuitivamente percepita dal cuore umano. L'opera intera di Wagner è il riassunto di questa intuizione superiore che anticipa sull'era prossima e che, grazie ai sublimi accordi della musica, fornisce una visione confortante del trionfo futuro dell'umanità rigenerata dal sacrificio.
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