IL VANGELO DI CAGLIOSTRO
Clementino Vannetti
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Il soggiorno
di Cagliostro a Rovereto ispirò a Clementino Vannetti quel
curioso libretto, scritto nel latino della vulgata,intitolato
Liber memorialis de Caleostro quum esset Roboreti,
parodia dei Vangeli e perciò detto anche il "Vangelo di
Cagliostro", che a molti contemporanei parve opera sconveniente
e profanatrice.
Cap.I
Sine odio et amore. (Infra cap. XV)
1. Nell’ottavo anno del regno di Giuseppe Imperatore
(1), Cagliostro venne a Rovereto, e vi dimorò qualche tempo. Chi scrive, stando sulla finestra di casa sua, lo vide passare nella via; e la moglie di Cagliostro era con lui. Potevano essere le sette della sera. E tutta la gente congetturava su di lui.
2. E alcuni dicevano che era un mago, altri che era l’Anticristo; e tutti facevano molta discussione tra loro. Egli si rideva di essi, dicendo: “Chi io sia io stesso lo ignoro. Ma certo è che sono colui che guarisce i malati, illumina i dubbiosi, largisce il denaro ai poveri. Sono state scritte intorno alla mia persona e ai fatti della mia vita molte sciocchezze e menzogne, perocchè nessuno conosce la verità. Ma è necessario che io muoia, e allora, dopo la mia morte, ciò che è stato da me compiuto a tutti sarà cognito dalle memorie scritte che lascerò”
(2).
3. E come fu venuta la notte, molte persone si riunivano attorno a lui e lo interrogavano su una gran quantità di cose. E anche, al mattino, egli riceveva malati e dava loro consulti. Ma tutti avevano molta paura di lui.
4. Durante la notte alcuni della città, ch’erano per natura curiosi, andavano a trovarlo ed egli parlava loro apertamente delle opere sue. Questi erano Battista fratello di Nicola, Eligio e gli altri. Ed essi, una sera, lo condussero nel luogo che frequentavano abitualmente: un’osteria dove vi erano finestre con inferriate; ed egli se ne fuggì di lì esclamando che quella era una Bastiglia, e rifiutò di trattenervisi. Continuò dunque ad abitare nell’albergo.
Cap II
1. E dopo qualche giorno, cercò di affittare una casa per abitarvi; si mise in giro alla ricerca di una che ben gli convenisse. E visitò quella di Festo ma non potè mettersi d’accordo con lui sul prezzo! Venne dunque presso gli Ecari, e poiché la loro casa gli piacque, tornò indietro per parlarne con sua moglie; ed essi si intesero a tal riguardo. Ed erano ancora all’albergo.
2. Qui, appena levato il sole, egli incominciava a ricevere la gente e a curare i malati. E venne a lui un tale assai facoltoso e vecchio che soffriva di litiasi renale, ciò che viene detto di calcoli. Egli esclamava: “Signore, se tu il puoi, vieni in mio aiuto!”. Ed egli disse: “Tu sei vecchio, il tuo male è cronico, e cerchi rimedio? Nondimeno torna domani e ti preparerò una medicina”. E il medico, che aveva curato fino allora questo malato, essendo presente fra la gente, sentiva tutto ciò e meditava attentamente fra sé e sé. E quando essi furono usciti, volle a tutti testimoniare che Cagliostro aveva ben parlato, e rendergli omaggio secondo i principii della sua arte.
3. E così, si sparse la voce fra il popolo che egli era un profeta, che non riceveva denaro né regali da nessuno, ma che non faceva alcuna distinzione tra il povero e il ricco, conquistandosi i cuori per la sua opera benefica. Ed era affluenza da lui, e ognuno riportava ricette e denaro per le medicine. Ma v’erano anche molti che scrollavano la testa, e si rifiutavano di credere fino a che non avessero veduto risultati precisi
Cap. III
1. Ma dopo ciò avvenne che colui il quale soffriva di calcoli, avendo preso la medicina ordinata da Cagliostro, facesse una grande quantità di orina pressoché marciosa, e incominciasse a stare meglio. E i medici erano assai stupiti che un pizzico di polvere avesse potuto così operare; onde si diedero a scartabellare i loro libri per cercarvi una spiegazione
2. ora Cagliostro venne di nuovo a casa Festo e vi abitò. Subito dopo una povera donna dei dintorni di Verona, la quale soffriva per un cancro al seno, gli fu condotta tremante e tutta in lacrime. E avendo convocato i medici, Cagliostro disse loro: “Giudicate”. Essi, avendo esaminato la donna, unanimemente dissero che solo una operazione poteva salvarla, e ciò non era anche una cosa certa. Cagliostro rispose: “Io non tolgo niente a nessuno; non sono venuto a mutilare gli uomini con l’acciaio”. E immantinente fece un impiastro e ordinò alla malata: “Prendi un asciugatorio e attaccati questo impiastro”. Ella gli rispose: “Signore, io non ne ho”. Allora la moglie di Cagliostro andò in un’altra stanza e tornò poco dopo con un asciugatorio ben pulito e nuovo, e lo diede alla donna che fece come le aveva ordinato Cagliostro. Ed ella poi gli disse: “Signor mio, quanto tempo dovrò restare in questa città perché tu mi curi ed io guarisca?”. Cagliostro le rispose: “Alcuni giorni”. E la donna esclamò: “Come potrò io rimanervi se non ho denari?” E Cagliostro stizzito le disse: “Va’ a mangiare e bevi che io pagherò per te l’albergatore”. E la donna se ne partì da loro tutta gioiosa e sollecita.
3. Di poi, Cagliostro, avendo fatto venire presso di sé quell’oste, trattò con lui senza discutere, affinché la donna albergasse e non un soldo le chiedesse. E per ogni dove da ognuno furono dette grandi lodi di lui, e si diceva che dal Cielo era venuto un soccorso. E l’indomani, i medici andarono a visitare la donna, e avendola trovata lieta all’albergo, furon tutti pieni di meraviglia.
Cap IV
1. E Cagliostro, parlando col medico che aveva curato quell’uomo dai calcoli, gli disse: “Fa’ ciò che è necessario perché il tuo malato ti paghi con ogni larghezza; quanto a me farò lo stesso perché per altri dieci anni ancora la morte non venga a prenderlo, ed io vincerò l’universo
(3). Ma non dico che vivrà vent’anni”. E il malato seppe di questo discorso, e ben sicuro che gli restavano ancora dieci anni di vita, ne fu profondamente riconfortato.
2. E vi era un alto funzionario, addetto all’officio delle finanze, che si era incontrato con Cagliostro in lontani paesi e lo aveva ben conosciuto. Ora lo vedeva tutti i giorni, e s’incaricava di molte cose per lui; e molto ne andava superbo e si gloriava di essere nella sua intimità. Di conseguenza certuni lo fermavano e lo interrogavano in segreto dicendo: “Possiamo sapere la verità da te giacché tu sei un suo intimo?”. “Domandate pure, egli rispondeva; che volete sapere?”. Ed essi: “Dicci se è vero che Cagliostro ha cenato con Gesù Cristo Signor Nostro alle nozze di Cana, e se anch’egli ha bevuto l’acqua cambiata in vino, come molti raccontano”. Egli rispose loro e disse: “Non credo, tuttavia egli è nato molti secoli fa; ma non dite niente a nessuno”. Ed essi si ridevano di lui.
3. E vi era inoltre una gran disparità di opinioni fra molti in rapporto alla sua religione: alcuni dicevano che era maomettano, altri che era ebreo. E allora Cagliostro disse a quei litigiosi: “Perché siete dubbiosi e turbate la vostra mente? Tanto l’una che l’altra di queste sette lascia una traccia indelebile. Venite meco e saprete”. E gli uni dopo gli altri se ne andavano senza rispondere.
4. Altri credevano che egli resuscitasse i morti, e li facesse parlare e sedere a tavola con i vivi. E venivano anche dei forestieri che si provavano, parlando con lui, di coglierlo in fallo e smascherarlo. Ma finivano col restare ammirati di lui per la saggezza della sua parola, e si partivano dicendo che egli non era uomo da essere abbindolato.
Cap. V
1. Intanto mentre tali fatti accadevano a Rovereto, si riceverono lettere da Milano nelle quali si annunziava che Cagliostro era anche in questa città. E tutti davano in grandi esclamazioni e si domandavano come mai ciò potesse essere possibile. E molti affermavano che l’uno o l’altro doveva essere un falso personaggio, e qualcuno anche diceva di detestarli entrambi. E nessuno poté nulla comprendere fino a che il mistero non fu rivelato.
2. Ora quegli che era a Rovereto continuava giorno e notte con lena, senza mai stancarsi a curare i malati, trattando tutti con gentilezza e promettendo loro la guarigione entro quindici giorni, e a chi dubitava dell’efficacia dei suoi rimedi, egli rispondeva confidenzialmente, dicendo: “Io vi perdono poiché voi non mi conoscete”. E sua moglie parimenti aggiungeva: “Mio marito tutti guarisce eccetto coloro che sono morti”.
3. Ella non lasciava entrare nella sua camera nessuno, nemmeno la serva e la cameriera. E adoperava per la sua acconciatura un preparato detto “le cinque gocce”. Questo preparato era molto conosciuto in Inghilterra, poiché Cagliostro, che lo aveva inventato, col ricavato della vendita, aveva dotato le due figlie di un ufficiale. Mischiandolo con buona acqua profumata e cospargendone la pelle del viso, questa si rendeva bianca come il latte e soffusa allo stesso tempo di uno splendore di rubino.
4. Essendo ritornato Cagliostro in casa di Battista, fratello di Nicola, egli discuteva coi medici dicendo loro: “Ogni malattia proviene dall’una o dall’altra di queste due cause: o dal condensamento della linfa o dalla corruzione degli umori del nostro corpo”
(4). Ed egli non riconosceva altro principio alle malattie.
5. E diceva anche: “I palloni, questi globi volanti
(5) che sono stati inventati da un uomo audace, chi riuscirà mai a dirigerli? Sappiate dunque che essi non potranno mai essere diretti dove si vorrà se non si toglierà loro la forma sferica; e nessuno pensa a fare ciò”. Ora egli parlava in italiano e in francese, e talora anche in una lingua tra questi due idiomi
(6).
6. E vi era una gran potenza nelle sue parole. E alcune donne che gli erano assai affezionate e sempre gli parlavano delle loro malattie, lo supplicavano, lo scongiuravano di mai partire da Rovereto. Imperocchè tutti ignoravano quanto tempo ancora egli volesse restare fra noi. Ora, vi era nella città una fanciulla lunatica che urlava con la schiuma alle labbra e i denti stretti, e che si gettava furiosa su coloro che l’avvicinavano. Si voleva condurla a lui, e non potevano. Allora egli stesso venne a lei per cacciare dal suo corpo lo spirito di quella malattia: e mai fino a quel giorno egli aveva così operato con gli altri. E certuni dei più grossi nobili credevano in lui e ritenevano tutte le sue parole con cura.
Cap. VI
1. E tutti i giorni una grande folla assediava la porta di Festo cercando di Cagliostro, e dalle città, dai villaggi, da tutta la regione, gli si menavano malati su carri, calessi, lettighe, a tal punto che la piazza era gremita e la moltitudine che faceva pressa si schiacciava davanti la casa. Ed Ernesto, il quale era il decano dei medici della città, vedendo tanta esaltazione dell’opinione pubblica, ricorse ai magistrati affinché si proibisse per l’avvenire a Cagliostro di curare gl’infermi, dicendo che, secondo la legge in uso, non era permesso di curare se non a quelli laureati dai dottori che l’Imperatore aveva incaricato di esaminare il sapere dei medici, e che colui il quale non osserva la legge è avversario dell’Imperatore e conseguentemente colpevole.
2. Ed essendosi riuniti i magistrati, gli proibirono di dar prescrizione ai malati, e lo minacciarono. Ma egli volle loro resistere e protestare dicendo: “Io non ho mai fatto ordinazione di sorta ad alcun malato se non in presenza e con l’approvazione del suo medico. E coloro ai quali io ho ordinato qualche cosa, voi sapete che vanno migliorando. Inoltre, io non ho mai dato un rimedio senza prima avvertire quale sarebbe stata l’opera sua. Ed ecco io non ho mai invitato né invito alcuno a venire a me, ma quando la gente viene a me spontaneamente, perché non dovrò rispondere? E tutti possono testimoniare che fino a oggi io non ho mai nulla chiesto a nessuno e niente accettato né dal più grande né dal più piccolo, ma che invece sono venuto in aiuto ai poveri fornendo a essi ciò che lor bisognava per la cura dei loro mali”.
3. E la voce del popolo si alzava per lui e rumoreggiava nell’Assemblea. I magistrati allora, ciò udendo, stimarono miglior cosa fare a lui grazia, e lo lasciarono curare gli infermi. Ma Cagliostro, assai indignato, desiderando sottrarsi alla loro giurisdizione, risolse di passare di là dal fiume Adige, nel borgo di Lagarino che chiamasi la Villa
(7).
4. E quivi le autorità lo ricevettero con gioia; e avendo voluto fare un festino in suo onore, egli vi si oppose. Ed era di Domenica, dopo il meriggio, verso le tre ore. E un certo Giuseppe, padre di Giuseppe il sacerdote, che soffriva di febbri violente, cercava di entrare nella casa dov’era Cagliostro; e un giovane uomo, in nome della moglie di uno dei capi del luogo, ottenne che ciò a lui fosse permesso. E il nome di questo giovane era Clementino. E Giuseppe fu ricevuto segretamente col suo figliuolo.
Cap.VII
1. Ora, nella casa di Gaspare, magistrato cittadino, riuniti erano nobili uomini e donne, e Cagliostro stava in piedi in mezzo a essi e parlava; fuori, nel vestibolo, vi era una gran folla. Egli, avendo preso per le braccia l’uomo che da molti anni soffriva per le febbre e le vertigini, lo condusse insieme col suo figlio in una camera, dove lo fece sedere, poiché si accorse che molto vacillava su le sue gambe. E come ebbe riconosciuto la malattia, così rispose a coloro che lo interrogavano: “Sono i vermi che lo fanno soffrire, ciò posso assicurarvi, e nessuno finora lo aveva capito”. Ma essi si meravigliavano e tacevano. E volgendosi allora verso Giuseppe, Cagliostro disse: “Fatti coraggio, io ti guarirò entro otto giorni. Abbi solamente fiducia in Dio e in me, e fa’ ciò che io ti prescrivo”. E il malato affermò che era cristiano e non dissimulò la sua credenza.
2. Dopo ciò, tutti congedati, Cagliostro, ritornò nella città ove vi era un giovane soldato della guardia, che alcuni giorni addietro egli aveva curato di una malattia, e che ora cominciava a star meglio, come pure quella fanciulla lunatica che sembrava a poco a poco si calmasse; vi erano molti che rendevano testimonianza in se stessi della sua opera di carità, e che lo benedicevano.
Cap. VIII
1. E tutti si meravigliavano a causa del giovane soldato, poiché in breve egli era alzato dal letto dove da cinque mesi vi restava immobile e come morto per un tumore alla gamba e dolori articolari. E l’origine della sua malattia era quella peste che dall’intemperanza degli uomini fu importata dall’altra parte della terra in punizione dell’opera della carne. E Cagliostro, vedendo il numero enorme di persone che venivano a lui ogni giorno per curarsi di questa malattia, si turbava in sé e diceva: “A mala pena tanti mali di tal genere ho trovato a Parigi e a Bisanzio. Guai a voi, poiché la vostra lussuria è discesa su voi e i vostri figli”. E citava un proverbio col quale si afferma che le piccole città sono più pervertite delle grandi dai piaceri del mondo e che ne muoiono.
2. In quanto a lui, si nutriva parcamente, non si coricava mai nel suo letto, ma dormiva su una poltrona appoggiato a un cuscino. E avvenne che, essendogli portati i malati anche da un ospedale, egli non volle riceverli, e disse: “Io so bene che qualunque sia la prescrizione che lor farò, non la osserveranno e misconoscerebbero le mie parole. Perocché coloro che hanno potere su loro, non li lasceranno liberi. E i miei mezzi non mi permettono di far fronte a tutti i bisogni e di ritirarli dall’ospedale. Perciò andate e riconduceteli: essi hanno i loro medici e i loro chirurghi; questi consultino”.
3. E uno dei medici della città, piccolo e vivace, l’assisteva di continuo e prendeva nota delle formule dei suoi purgativi. Ma vi erano anche alcuni medici che lo ascoltavano con fiducia. E quelli che egli sapeva suoi nemici, e che sparlavano di lui nelle piazze ed incitavano il popolo contro di lui, egli non li perseguitava con la sua collera ma diceva: “Nessuno può fare del bene senza far sorgere invidia. In ogni luogo ove io sono stato, molto ho sofferto dalla parte degli uomini; e non volli mai far male a chicchessia; al contrario volli aiutare ognuno. Questa è infatti la carità che assimila l’uomo a Dio: rendere il bene per il male, e sottrarre il nostro genere umano alle sue tribolazioni”. E poi raccontava lungamente che in Francia, in Inghilterra, in Russia, egli aveva avuto molto a soffrire per far del bene agli altri, e che a tutti aveva sempre perdonato.
4. Ed era una mattina, assai di buon’ora, e la moglie di un capitano di Milano, donna bella e di grande garbatezza, che aveva una raccomandazione di Battista, fratello di Nicola, desiderava vedere Cagliostro, imperocché ella aveva sentito dire e aveva letto di lui gran qualità di cose, cioè che guariva tutti e che non vi era uomo simile a lui sopra tutta la terra. Battista dunque la ricevé e la condusse a Cagliostro che accolse l’uno e l’altra con amabilità; e come fu venuto il tempo della loro partenza, Battista disse a Cagliostro: “Se io ti ho qualche volta infastidito, oggi ho pagato il mio debito”. E Cagliostro ciò riconobbe e li congedò.
Cap.IX
1. Quando la sera fu venuta, gli fu domandato se era vero, come correva voce ovunque, che egli, in virtù d’una pozione, rendesse la giovinezza agli uomini. Ed egli rispose negando tal fatto. “Niente v’è di comune tra la mia persona e il sapiente personaggio delle favole della figlia del re di Colchide”. E raccontò ciò che aveva fatto per una nobil signora, la quale dalla natura d’invecchiare era resa pericolosamente folle; egli finse di darle una pozione che doveva, secondo quel che le annunciò, largire la giovinezza eterna, e la suggestione la guarì. E le altre donne s’attristavano a queste parole, poiché quella bevanda, come speravano, non esisteva e non ringiovaniva i vecchi. E gli uomini perciò le canzonavano. E Cagliostro disse: “Anche certuni mascherantesi miei servi inventano molte cose sul conto mio; guardatevi dalle loro menzogne, perocché simil gente non può essere considerata in alcun modo nella dritta via della verità”.
2. E una donna che apparteneva alla nobiltà della città, nascondendo il suo proprio nome, gli mandò a dire: “Signore, una dama ha qualcosa da dirvi: venite nella tal villa dove ella vi riceverà con tutto onore e rimetterà dodici monete d’oro in ricompensa”. La collera allora s’impadronì di Cagliostro. “ Questa donna, disse, non conosce me né i miei ammaestramenti. Essa non vedrà mai la mia faccia fino a che la benda che copre i suoi occhi non sarà caduta!”
3. E si cercava anche di osservarlo per vedere se andava la Domenica alla messa con sua moglie e i suoi domestici, e se si comunicava. E nessuno poteva saper ciò con sicurezza: alcuni lo affermavano, altri lo negavano. Pertanto, allorché congedava la folla dei suoi malati dopo l’udienza cotidiana, egli tendeva un braccio e faceva il segno della croce. E quando quel soldato che era stato allettato per cinque mesi, guarito e riconoscente, era venuto a gettarsi ai suoi ginocchi, Cagliostro gli disse: “Perché vuoi me ringraziare? Va’ in chiesa quando il prete dice la messa, e confessati dicendo che Dio t’ha guarito della tua malattia”. Onde per queste parole, molti dicevano: “Veramente costui non solo è cristiano ma anche cattolico”. Alcuni tuttavia rispondevano: “Non è vero, ma egli vuole che ognuno attesti il proprio fervore secondo la tradizione e la legge dei suoi padri al fine di non essere causa di scandalo nel popolo, e di ottenere che le autorità non intervengano contro di lui”. Altri invece, competenti in medicina, negavano la guarigione del soldato, e denigravano Cagliostro per i suoi medicamenti, e dissuadevano la gente di prenderli, traendo in campo ragioni dalla lunga esperienza della loro arte.
4. Or dunque, Cagliostro alla maggior parte degli infermi ordinava un certo decotto la cui formula risale a Ippocrate, poiché, secondo quel che egli diceva, non v’era nessun altro rimedio così sano ed efficace. Coloro che lo biasimavano, esclamavano al contrario: “Le stesse cose non a tutti convengono”. E aggiungevano: “Nessuno di coloro ch’egli ha curato è guarito. Dove sono le sue promesse? Non affermava egli che in pochi giorni avrebbe reso sano ogni infermo? Giuseppe padre di Giuseppe il sacerdote, al quale aveva egli predetto che al termine di tre giorni evacuerebbe i vermi, si è scoperto che non ha niente evacuato; e non è forse sempre malato?”. E nessuno poteva loro rispondere, se non con un solo argomento, che cioè quest’uomo non cessava di far elemosine. Intanto, ogni giorno, venivano non pochi uomini da tutta Italia, e le donne più ragguardevoli; e anche molti dalla parte di Settentrione per vederlo, e per consultarlo ne arrivavano fin dalle montagne della Germania e dalle rive del Mediterraneo, tutti cercando la consolazione nella loro credulità.
Cap. X
1. Ora, un giorno Cagliostro era assistito insieme con Battista, fratello di Nicola e un altro, e parlava; e incominciò a narrare le insidie che gli avevano teso a Londra e come un giorno, difendendosi da sé in una sua causa davanti i giudici e i primati del popolo contro un calunniatore, esclamasse d’un tratto a gran voce: “Com’è vero che c’è Iddio, quegli fra noi due che dice il falso, muoia all’istante!”. E la mano di Dio s’abbattè sul suo accusatore, il quale cadde all’indietro, morto. Battista, essendosi rivolto verso il suo amico, gli disse: “Usciamo, poiché quest’uomo oggi ci riceve troppo familiarmente”
(8). Ed essi uscirono.
2. Ora coloro che erano nella città, vedendo la folla che accorreva dalle lontane contrade, si meravigliavano. E alcuni per ciò appunto cercavano di andare a lui mossi dalla paura che i forestieri potessero rimproverargli della loro indifferenza, così dicendo: “Come? Noi veniamo da lontano per vederlo, e voi che lo avete in casa non ve ne curate e vi vergognate di rendere omaggio alla sua virtù!”. Altri che temevano l’altrui giudizio, s’opponevano con tutta possa a questa opinione. E dicevano: “Chi è dunque quest’uomo? Donde viene? Non sappiamo. Come mai la sua fama s’è sparsa per ogni dove? È proprio vero che egli guarisca tutti i malati secondo le sue promesse? Nent’affatto. Allora? Egli viaggia per il mondo, distribuisce oro, dice cose profonde e oscure. Chi dunque così non è apprezzato? Ch’egli dunque guarisca pubblicamente qualcuno spacciato dai medici, e noi gli crederemo”. E alcuni altri rispondevano: “Ma è certissimo che egli possiede un rimedio efficacissimo per scacciare le febbri periodiche, e che qui molti sono stati da lui guariti”. E poiché i primi mettevano in dubbio che la salute, in tal modo ristabilita, lo fosse definitivamente e sicuramente, di nuovo le discussioni ricominciavano. Ma già Cagliostro non curava alcun abitante della città di Rovereto e della regione all’intorno; ma continuò solamente a curare i forestieri, e quelli che venivano da molto lontano.
3. Intanto si sparse la voce che il Prefetto e i magistrati gli avessero interdetto nuovamente di spacciarsi per medico. Egli però affermava esservi un’altra ragione dicendo che questa città era maledetta, e perché i letterati
(9) del luogo lo avevano diffamato gratuitamente. “Per la qual cosa, diceva, non farò più agire il mio potere a vantaggio vostri, e andrò lontano da qui a rendere i genitori ai loro figli, a strappare per i loro genitori i figli dagli artigli della morte e dalle caverne delle tenebre. Mi ricoprirà allora la gloria delle sue vesti splendenti; le madri mi coroneranno di rose; le spose ungeranno i miei capelli di aromi; tutti, vecchi e giovani, innalzeranno un cantico in mio onore al suono delle trombe e al rullo dei tamburi. Laggiù, l’invidia non distilla il suo veleno e l’incredulità non h amai piantato le sue radici”.
4. Quei di Rovereto dunque pensarono che in breve egli partirebbe dalla loro città: e molti ne erano lieti, perché dicevano che egli fosse causa di turbamento nella città, poiché sapeva leggere sulla faccia di chiunque con lui parlasse i segreti dei suoi intimi vizi. Cagliostro era appunto fisionomista e metoposcopista. E ai malati che ritornavano senza miglioramento alcuno, egli diceva: “Che volete che vi faccia? Il rimedio per voi si trova nell’altra estremità del mondo; e chi mi darà le ali del vento per portarvelo?”. E chiusa la porta, allontanava da sé la gente, e scriveva in arabo e in francese, e si riposava.
Cap.XI
1. Per altro, non passava giorno senza che non avvenisse un accorrere di nuovi malati, i quali abbandonavano le loro città desiderosi esser visitati da lui. E quelli che non potevano venire, mandavano i loro medici per avere il consulto dalla sua bocca. E venne anche una fanciulla, figlia di un certo Pompeo che era stato giudice a Rovereto: essa cadeva a terra riversa di sovente, si feriva nelle sue crisi e faceva schiuma dalla bocca: il nome suo era Elisabetta. Egli le ordinò di prendere dell’emetico e la congedò. Ed ordinò la stessa cosa ad altre gentildonne isteriche, che venivano dalla Germania per suggerimento di una certa cameriera sua amica. Poiché questa donna aveva raccontato alla sua padrona le opere di Cagliostro quando trovavasi a Strasburgo; come suo fratello, al quale i medici volevano tagliare le braccia per la cancrena, egli aveva subito guarito, e come una donna partoriente, che si voleva operare del taglio cesareo, (essendo morente), fu salvata insieme col neonato dopo aver preso un suo elisir. Per questi e per molti altri atti meritorii, gli Strasburghesi fecero incidere il suo ritratto con sotto alcuni versi in lingua francese in testimonianza della sua virtù
(10).
2. Ora, un giorno in cui una principessa tedesca, straordinariamente bella e virtuosa, era venuta a vederlo, Cagliostro quando ella si accomiatò, volle donarle una copia di quel ritratto ch’era stato fatto a Strasburgo, e le disse: “Ecco qua! Così io sarò sempre e dappertutto con voi”. Ed egli non aveva mai fatto ciò a nessuno. In quel giorno, dunque, la folla mormorava, e diceva: “Ci si raccontano grandi cose da lui fatte in lontani paesi, dove noi non eravamo, e che noi non abbiamo vedute coi nostri occhi. Che faccia dunque qui qualche meraviglia, ma egli non lo può”. E dicevano questo, sapendo che Cagliostro aveva dato a un certo medico sordo, una pozione energica, e che gli aveva soffiato fortemente negli orecchi, promettendogli che al termine di sei giorni essi s’aprirebbero per intender chiaramente un tal soffio; ma i sei giorni erano passati, e il medico non udiva ancor niente, e doveva intendere i discorsi degli altri dai gesti. Quanto a quel vecchio malato di calcoli, che i suoi amici volevano obbligare ad andare a cavallo per le strade della città al fine di mostrarsi e testimoniare alla gente della sua guarigione da Cagliostro operata, rispose loro dicendo: “Andatevene, voi vi burlate di me; io sono più malato di prima e se avessi avuto un simile trattamento nel tempo passato, certo già riposerei da un pezzo presso i miei padri”. Ed altri dicevano la stessa cosa e incominciavano a disprezzare le prescrizioni di Cagliostro. Altri al contrario andavano spargendo che i medici e i farmacisti, per invidia lo tradivano e falsificavano le sue ricette, ne somministravano altre affinché non si potesse mai conoscere che egli era nel vero.
3. Ma aumentava sempre più la gente che diceva: “Le parole menzognere son dette per trovar scuse alle sue sciocchezze. E questa donna che è con lui, non è la sua moglie (essa era romana e il suo nome era Serafina), ma è semplicemente una aiutante delle sue ciurmerie che al dì di festa non va a comunicarsi per poter restare in casa a guardia dei suoi meravigliosi gioielli, che ha sempre paura le siano rubati. Ed egli anche non mai s’avvicina alla santa tavola, poiché l’anima sua non può trovare la pace nel pensiero di Dio, e dice d’averne ottenuto dispensa dal principe dei sacerdoti. Guai a colui che non crede e antepone le opere del secolo a quelle del cielo! Oggi egli ha cacciato il suo servo buono e zelante, che era con lui da quindici anni, perché aveva accettato danaro dai visitatori. Ma che non teme di nulla: poiché lontano da qui andrà ad attendere il suo vecchio padrone, e questi lo riprenderà al suo servizio”. E simili maldicenze erano divulgate dalla gente, e generavano grandi dissensi.
4. Ora un giorno Cagliostro, spinto dal sentimento di fratellanza, andò a pranzo in casa di un tale che si riteneva appartenere alla Società dei Liberi Muratori; e la sua moglie lo accompagnava. Anche Cagliostro era uno dei capi di questa Società, e il Maestro del sodalizio detto degli Illuminati; e v’erano alcuni discepoli che volevano essere ammessi e pur seguire la medesima strada di lui. Fra questi un signore delle vicinanze domandava di essere iniziato, e aveva versato una somma di 300 monete d’oro, e giorno a notte s’intratteneva con Cagliostro; ed era anche con lui un altro fratello venuto dalle rive del mare. Cagliostro però diceva che se non si era in tre non si poteva ricevere un neofita. Essi scrissero dunque a un certo discepolo che abitava assai lontano da Rovereto, per pregarlo di venire al più presto; ed egli partì senza indugio. Intanto gli altri, tutti ripieni di zelo, vegliavano e aspettavano. E numerosi pensieri i loro cuori agitavano; essi erano come quelli che erano stati toccati dal tirso, o facevano sonare i cembali sul monte Dindimo
(11). Quando quel fratello fu arrivato, Cagliostro, scelto anche un altro discepolo, lo ricevette neofita (apprendista) e, avendolo istruiti diligentemente intorno agli elementi della loro filosofia, lo iniziò alle Eleuterie, (feste della libertà), e lo riconobbe per fratello e gli fece conoscere i segreti della loro Comunione che si estendeva dai deserti della Scizia al fiume di Etiopia. E si ammannì, in casa dello stesso Cagliostro, una sontuosa cena e vi preser parte. E vi eran molti lumi nella sala. Essendo essi ancora a tavola a notte inoltrata, vi era nella gente una gran curiosità, e molti cercarono di gettare un’occhiata per le porte o per le finestre e penetrare i loro misteri. E poi alcuni raccontarono che avevano veduto una cosa, altri un’altra: del sangue che bevevano, di torce incrociate, di spade snudate; e così riempivasi la testa del popolo di ogni sorta di favole
(12).
5. Cagliostro passava per affigliato dei riti Egizii e alle Tesmoforie dei Misteri della Gran Madre di Eleusi. Quella notte, quando egli con gli altri si levò di tavola, il neofita restò insieme con essi, e l’altro iniziato, ch’era venuto di lontano, se ne partì rapidamente per il suo paese. Ma il servo ch’egli aveva cacciato e che alloggiava in una stalla, disse fra sé: “Che non sia più in me la pace di Dio se io non farò le stesse meraviglie come il mio padrone”. E cominciò col vendere cerotti e misture; ma ciò egli faceva di nascosto per paura del suo padrone. Frattanto Cagliostro non andava in nessun luogo occupandosi solamente di Festo che era giunto malato da Trento e che egli curava.
Cap. XII
1. E un giorno Cagliostro domandò a un tale se volesse anch’egli essere affigliato a coloro che son detti gli Illuminati. E colui rifiutò dicendo che preferiva restare in queste semitenebre, dove non si vedeva quasi niente, che divenire completamente cieco dinanzi a tanta luce. E diceva altre ragioni piene di sale. Alcuni ascoltando queste conversazioni, dicevano fra loro: “Egli appartiene certamente alla Confraternita dei Frammassoni (ossia Liberi Muratori), e forse da essi è inviato per il mondo con l’incarico di guarire i malati; e le sue liberalità provengono dai loro tesori, poiché dicono che essi hanno per primo precetto di fare il bene a tutti”. Ma altri ribattevano: “Se veramente essi fossero animati da una tal carità, non manderebbero costui ma un altro che non lusingasse gli uomini con una vana fede”. Ed altri dicevano ancora: “Questo scaltro uomo fa certo delle elemosine e mai non riceve compensi dalla moltitudine, ma aspetta di tanto in tanto un riccone col quale poter guadagnare cento volte di più. Quando arriva in una città, vi resta fino a tanto che è incensato dall’opinione pubblica; di poi, allorché l’effetto dei suoi medicamenti a lunga scadenza viene a mancare, e si è rivelata la vanità delle sue promesse, egli se ne va e passa così di città in città, e le sue sporcherie non fanno mai termine. E questo è il suo metodo e la sua massima ambizione per essere considerato come un istrumento della grande potenza che viene dal Cielo; e così attraversa mari e terre e si atteggia a medico universale. Ma, se egli realmente liberasse gli uomini da tutti i mali, forse che i governatori e i principi della terra non l’avrebbero diggià forzato a restare tra i loro ministri nei lor palazzi?”.
2. Ma molti, i più giusti, si opponevano a un tal parlare. E anche irritavansi contro colui che prendeva nota di queste parole, poiché pensavano ch’egli le scriverebbe beffeggiandoli. E colui che scriveva non lo denigrava ma raccontava fedelmente ciò che accadeva a Rovereto, di ciò rendendo testimonianza con un semplice racconto. E questo racconto fu fatto secondo l’uso degli orientali, come ognuno può accertarsene nei testi greci che i latini hanno tradotto parola per parola.
3. E avvenne che un sacerdote, essendo andato da Cagliostro, gli dicesse: “Io ho questa e quest’altra malattia; indicami ciò che debbo fare per guarire”. E Cagliostro glielo disse. Ma di nuovo quel sacerdote gli disse : “Dimmi anche i rimedii per i mali avvenire”. Cagliostro allora rispose, dicendo: “Se io venissi a confessarti i miei peccati, tu mi rimanderesti con l’assoluzione. Ma se io ti chiedessi di assolvermi anche quelli futuri, mi assolveresti?”. Ed egli: “No!” E Cagliostro allora: “Ed io farò lo stesso con te!”.
4. Ed ecco che una nobil donna, venuta da Trento, e che era sorda, lo pregò di renderle l’udito. E suo marito era insieme con lei e ascoltava. E Cagliostro disse a questa donna: “Osserva questa prescrizione e ti curerò. Ed essa è che, se migliorerai, dovrai pubblicare nei fogli che ogni settimana escono nel tuo paese (13), come io ti ho guarita. Ma se al contrario la tua infermità non ti abbandonerà, fa’ pure conoscere a tutti i viventi, nei fogli medesimi, che io sono un Agirta
(14)”.
Cap. XIII
1. Ora vi era un uomo che copriva un’alta carica, il quale era furioso contro Cagliostro, e nelle vie e sulle piazze sparlava di lui; e quest’uomo volle far parlare il giovane che scriveva queste cose dicendogli: “Che te ne sembra di Cagliostro?”. Il giovane rispose: “Non sta a me giudicare un uomo sul quale ci sono tanti giudizi quanti sono gli uomini, e quando non ve ne sono neanche due che la pensino egualmente”. Quegli disse: “Anche tu tentenni o sciocco? Solo i ciechi e gli stolti credono che quest’uomo faccia del bene al prossimo suo; ma io ho detto e dico che fa invece il male a ogni essere vivente, dalla sua nascita alla morte. Infatti per le sue chiacchiere, da tutte le regioni che sono sotto la volta del cielo, arrivano con grandi spese e grandi fatiche molti viaggiatori per ottenere da lui la salute, ma ritornano delusi alle loro case due volte più malati di prima. Egli al contrario mangia e beve, e si ride di essi nel suo cuore, e gli basta essere in qualche modo incensato dagli uomini”. Come ebbe detto ciò, salutò quel giovane e si allontanò.
2. E quel giovane venne in un luogo dove era un farmacista istruito, esperto e giustissimo, e gli domandò ciò che pensava di Cagliostro. Il farmacista senza ira e senza villanie gli raccontò come più volte avesse tentato di scandagliare la scienza di Cagliostro, ma che questi sempre, similmente a un pesce che scappa dalle mani di un pescatore, era sfuggito all’amo. E aggiungeva: “Per quanto io potessi guadagnare molto denaro fabbricando i medicamenti che egli ordina non volli ed ho rimandato i malati mosso da spirito di carità verso di essi”. E compassionava coloro che vantavano Cagliostro come un grande naturalista e un grande chimico.
3. Vi erano appunto alcuni che così pensavano e confutavano valorosamente ciò correva tra la gente su i misteri Massonici celebrati da lui una notte coi suoi discepoli. Essi dicevano che Cagliostro aveva rivelato certi arcani delle scienze fisiche e chimiche; e il popolo credette che egli li avesse iniziati con cerimonie permesse. È un uomo dabbene istruito di tutta la sapienza d’Europa e d’Asia, e che detesta anche i ciarlatani. E, a queste parole, molti ridevano proferendo il vecchi proverbio: “il vasaio non è amico del vasaio”. Ma aggiungevano i primi: “Al principio della sua permanenza in questa città non voleva egli scommettere una grossa somma che, dopo un determinato tempo, i malati gli zoppi e i fratturati si fossero alzati e avessero camminato senza traccia dei loro difetti? E quale ciarlatano fu mai così imprudente? Egli è certo il loro maestro”.
4. E mentre così si parlava tra la gente, Cagliostro era a casa con Battista, fratello di Nicola, ed Eligio, nobil uomo di Vicenza, e, dato il loro senno, si dilettavano per lo meno del suo ingegno. Ed egli parlava assai e con grandezza, portando se stesso per testimonio, e un giorno così raccontò: “Nella città di Pietro detto il Grande
(15) uno dei ministri della regina dei Russi aveva un fratello che aveva perduto la ragione e si credeva più grande dell’Altissimo. E nessuno poteva resistere alla violenza del suo furore, e gridava con gran voce, e minacciava tutta la terra, e bestemmiava il nome del Signore. Era guardato a vista. E quel ministro mi supplicava di guarirlo. Quando io entrai nella sua camera, montò subito su tutte le furie, e guardandomi con ferocia e torcendo le braccia (poiché era legato con catene), sembrava volesse gettarsi su me. E urlava: “Che sia precipitato nel più profondo degli abissi colui che osa così presentarsi in cospetto del gran Dio, di colui che domina su tutti gli Dei e li caccia da sé”. ma io padroneggiando ogni emozione, mi avvicinai a lui con tutta sicurezza e gli dissi: “Vorrai tacere dunque, spirito mentitore? E forse non mi conosci? Non sai che io sono il Dio di tutti gli dei, quegli che si chiama Marte: non vedi questo braccio in cui vi è tutta la forza per operare dal sommo dei cieli fino alle profondità della terra? Io ero venuto a te per avere pietà e farti del bene; e così tu mi ricevi, senza considerare che io ho il potere di reintegrarti ma anche di annientarti?” e gli diedi un formidabile schiaffo che lo fece tosto cadere in terra riverso. Dopo che i suoi guardiani lo ebbero rialzato e che apparve alquanto ammansito, io ordinai che mi fossero portate delle vivande e mi misi a mangiare proibendogli di toccarle. Quindi, vedendolo umiliato, gli dissi: “La sua salvezza è nell’umiltà, o essere sprovvisto di qualsiasi al mio cospetto; avvicinati e mangia”. E allorché egli ebbe un poco mangiato, insieme andammo in carrozza fuori della città su le rive della Neva, dove i guardiani avevano preparato per mio ordine una barca e si erano poi seduti sull’argine. In questa barca montammo e demmo piglio ai remi. Allora, volendo gettarlo nel fiume affinché il terrore lo portasse alla guarigione (vi erano delle persone appostate per accorrere in suo soccorso), lo afferrai con impeto; egli mi si attaccò a sua volta con le braccia al collo, e cademmo ambedue in acqua. Ed egli cercava di trarmi nel fondo ed io, sopra di li, lo spingevo sotto; e liberatomi dopo non lieve lotta, giunsi alla riva nuotando; lui fu tirato fuori dai guardiani e di poi messo in una lettiga. E quando noi fummo ritornati a casa, e cambiati, egli mi disse: “In verità io ho riconosciuto che tu sei Marte e che non vi è forza eguale alla tua; perciò io ti sarò sottomesso in tutte le cose”. Io gli risposi, dicendo: “Né tu sei un rivale dell’Eterno, né io sono il Dio Marte, ma un uomo come te. Tu hai in te il demone dell’orgoglio, e ciò ti rende folle; ed io sono venuto a strapparti questo spirito malvagio, e se tu vuoi essermi sottomesso in tutte le cose, tu agirai come gli altri uomini.” E da quel momento incominciò a farsi curare, e così ritornò in sé colui che stava per morire pazzo”.
Cap. XIV
1. Un altro giorno, nel medesimo luogo, Cagliostro raccontava: “Un vecchio vescovo si era ammalato e mi fece chiamare. Quando ebbi appreso da lui di che soffriva, gli dissi: “se voi non convivrete con una vergine, certamente morirete, e se coabiterete sarà lei che si prenderà il male mentre voi sarete salvo.” La cosa gli parve grave ed immorale. E fece venire a sé i suoi familiari e i giurisperiti e si consultò con essi sul da farsi. Essi, dopo una grande discussione, conclusero all’unanimità che egli dovesse convivere, poiché dissero che egli non lo faceva per concupiscenza, ma per salvarsi e con lui tutto il suo gregge. Ed egli fece così e guarì. Allora si ammalò la fanciulla ma io la risanai”. Alcuni di quelli che ascoltavano queste cose se ne andavano dicendo: “Perché quest’uomo non rinuncia alle sue scatole di polvere e non vende le sue ciarle? ch’egli vada sulle piazze a raccontare agli sfaccendati le sue storie! O, se vuole in vero imporsi agli uomini come un Elima o un Mambre
(16), ch’egli se ne stia nelle grandi città dove molti vivono voluttuosamente standosene all’ombra dell’insipienza. Il popolo minuto, invece, lavora e non è cieco”. Ma altri dicevano che nella storia del vescovo egli non aveva raccontato così, ma che questi s’era rifiutato di seguire il suo consiglio dicendo: “Le leggi del Signore sono più preziose della vita”.
2. E dopo ciò fu pubblicato un editto dell’Imperatore, che proibiva a Cagliostro di curare alcuno e di non dar responsi ai consultatori. E molti applaudivano a questo editto e dicevano: “Viva il Re nostro signore, che è stato oggi clemente con noi! Poiché, vedete, gli infermi visitati da Cagliostro, tutti van peggio”. E Cagliostro per tema obbediva alla legge, e rimandava i malati senza risposta. E vi fu un tale che fece un epigramma mostrando che il nome di Cagliostro, alla rovescia, rivelava ch’egli era un falso cristo sforzantesi invano di assurgere nella vera gloria del Signore. Ma questo epigramma fu giudicato una cattiveria assurda dalle persone assennate, da non dirsi neanche come motto.
3. Or la moglie di Cagliostro venne una mattina in una chiesa con un cappellano, e assistè alla messa in ginocchio, con devozione. E, inoltre, un altro prete, uomo dabbene, conversava spesso con lei del Regno di Dio e della Santa Chiesa, fuor della quale non v’è salvezza; e le dava a leggere gli Atti degli Apostoli e i libri dei Profeti. Ed egli tutto si allietava par la fede e le buone parole di questa donna. Poiché, nel fervore del suo spirito, essa s’irritava contro il male prodotto dai pseudo-filosofi che erano sorti in Francia e che combattevano contro le teorie dominanti, meditando sulle sacre scritture. E inoltre diceva
(17): “Ecco che noi abbiamo compiuto qui il nostro compito guarendo tutti i malati, ed ora l’anima mia desidera ardentemente di andare in altre città, perché non vi sia luogo dove la carità nostra non si manifesti ai figli di Adamo”. E anche altre cose ella diceva conforme ai sentimenti del suo marito. E il servo, ch’era stato congedato e che vendeva le pomate, si reputava che fosse d’accordo col padrone in questa commedia, e che rimettesse il denaro della vendita. Per la qual cosa alcuni di quelli che avevano creduto in Cagliostro, s’indignarono che il figlio di un cocchiere li avesse ingannati e si fosse burlato delle loro speranze (poiché correva questa voce sul suo conto, ed alcuni dicevano che fosse figlio di un pittore, altri che fosse nato da nobile schiatta e regalmente allevato in Arabia ma che rifuggiva gli onori e si celava ai curiosi). E a coloro che in ogni modo intendevano far valere la sua celebrità oltre i mari e i monti, molti rispondevano: “Se non vi fosse stato a Parigi l’affare della Collana, noi non lo conosceremmo nemmeno di nome. La sua fama ha origine da una squallida prigione, e la sua grandezza dai ferri che ha trascinato”.
Cap. XV
1. E poco tempo prima che gli fosse vietato l’esercizio della medicina, Cagliostro voleva vendere ad un farmacista un certo suo rimedio specifico contro l’epilessia, ed aveva convenuto un prezzo molto elevato, dicendo che aveva bisogno di riposarsi dagli affanni, dalle sofferenze, e dalle persecuzioni che aveva patito a Parigi in carcere. Ma alcuni lo dissuasero ritenendo ch’egli disponesse una rete per prendere numerose nuove vittime. E venne un gobbo a lui supplicando: “Signore, tu che dici di guarire tutti i mali, levami questo peso”. Cagliostro lo fissò profondamente e rispose: “Metti sulla tua gobba una lastra di ferro di quattro libbre, e ogni giorno per sei ore, coricati sopra di essa e il nono giorno non sorgerà che la tua gobba non sia scomparsa”. Vi era là presente un medico, e Cagliostro così favellando tentennava la testa verso di lui e sorrideva.
2. Ma dopo l’interdizione dell’Imperatore, egli non si occupò più che di ricevere i suoi amici e di magnificare le ricchezze del suo sapere. Così diceva loro: “Se qualcuno ha avuto la sifilide e non è ancora ben guarito, io la riconduco allo stato acuto senza fargliela riprendere con un nuovo contatto, e subito dopo lo guarisco radicalmente
(18). Andate dunque e divertitevi, se non è per le vostre anime che voi temete, ma sol per i corpi. E mentre gli altri medici curano la sifilide col mercurio, io non voglio trattare un veleno con un altro veleno per paura che, cacciando la prima malattia, questo trattamento non ne determini col tempo un’altra più grave”. Ora coloro che avevano analizzato e provato i suoi unguenti, affermavano che egli aveva detto il falso e che in ognuno di essi entrava il mercurio.
3. Anche si vantava Cagliostro dicendo che qualunque calcolo di qualsiasi durezza e grossezza, che si fosse formato nella vescica, egli avrebbe saputo far disciogliere nell’urina con un suo rimedio. E uno di coloro che lo ascoltavano allora chiese: “Come mai codesto rimedio può essere così potente da disciogliere un grosso calcolo senza nuocere gli organi per dove passa e senza discioglierli?”. Cagliostro gli rispose: “Questo è il mio segreto, e lo nascondo ai profani”. Inoltre egli vantava le virtù di un certo suo antidoto dicendo: “Io ho più di una volta preso del veleno alla presenza di miei intimi amici in dosi tali da produrre una sincope o quasi la morte, e già essi mi piangevano quando, preso il mio antidoto, tosto mi ristabilii”. E poi aggiungeva: “Udite ciò che accadde a S. Pietroburgo. Il medico dell’Imperatore di Russia che mi odiava perché io avevo dimostrato la sua ignoranza, venne in casa mia gridando: “Esci e vieni a batterti con me”. Io gli risposi: “Se vuoi venire a provocarmi come Cagliostro, io chiamo tutti i miei servitori
(19), ed essi vi getteranno dalla finestra; se voi invece mi provocate come medico, io vi darò soddisfazione da medico”. Spaventato, egli rispose: “è il medico che io provoco” (Infatti io avevo ai miei ordini molti servitori). Allora gli dissi: “Ebbene noi non ci batteremo alla spada, ma prenderemo le armi dei medici. Voi inghiottirete due pillole di arsenico; quanto a me, prenderò il veleno che voi mi somministrerete, qualunque esso sia. Quello di noi due che morirà, sarà considerato come un porco”. (Così Cagliostro chiamava coloro che disprezzava). E certi tali riportarono queste parole all’Imperatrice, la quale mi fece chiamare. E allorché io le comparvi dinanzi le dissi con tutta fermezza: “Voglia permettermi vostra maestà di parlarle sinceramente: sappiate che il vostro medico, benché lo abbiate fatto capitano, è un porco”. Allora ella mi consigliò di non disputarmi con un indegno di me; e da quel momento ella lo allontanò dalla sua presenza”.
4. Inoltre Cagliostro parlava abbondantemente degli arcani alchemici, e come egli tramutasse i metalli, e come liquefacesse l’oro, come il mercurio, e nuovamente li rendesse allo stato solido. E un giorno presente Battista, fratello di Nicola, ed altri, disse: “Mentre ero in Svizzera, a Berna, (gli abitanti gli avevano dato la cittadinanza, come spesso con gioia si vantava), un giorno così presi a dire alla gente del paese: Oh Svizzeri, nel considerare le vostre montagne ricoperte dai ghiacci eterni, io spesso ho pensato alla grande quantità d’oro, d’argento e di cristallo di rocca che si nasconde nelle loro viscere. Se voi vorrete permettermi di far uso per dieci anni delle vostre entrate, io scioglierò il ghiaccio e quelli trarrò fuori, a mio rischio e pericolo. Essi mi risposero: “No, non vogliamo che voi perdiate in questa impresa tempo e denaro”. Ed uno degli astanti gli domandò: “Come fareste voi a sciogliere il ghiaccio?”. Cagliostro rispose: “Con dell’aceto
(20)”. Battista rispose a colui che aveva fatto la domanda “Come Annibale fece per le Alpi per arrivare in Italia”. E volgendosi nuovamente a Cagliostro, soggiunse: “Signore, scusatemi se emetto un dubbio. Forse che gli svizzeri temerono che per il brusco disciogliersi dei ghiacci venissero a discendere le acque e a essere allagate le loro città?”. Dopo un momento di silenzio, Cagliostro rispose: Vi sono parecchi laghi in Svizzera: si sarebbe potuto condurre in essi tutta la massa dell’acque”.
5. Per dilettare coloro che lo ascoltavano, egli passava ad altri soggetti di conversazione e diceva: “Avevo bisogno di una donnetta che non fosse né una cortigiana né una vergine, e che neppure fosse maritata, (poiché un medico si trova alle prese con ogni sorta di circostanze), avendo incontrato una bella e giovane donna, le dissi: “Ascoltatemi, io posso farvi guadagnare molto denaro se siete vergine”. Ella mi rispose: “Lo sono infatti, signore. Ditemi che cosa volete da me”. Allora le dissi: “Se è così, vi saluto, perché io non cerco una vergine, ma una donna che abbia conosciuto un uomo”. A queste mie parole, ella arrossì e disse: “Vogliate perdonarmi, Signore, io vi ho mentito; poiché io ho conosciuto un giovane: procuratemi perciò, ve ne prego, questa posizione vantaggiosa. Ed io la contentai”. E tutti gli ascoltatori ridevano di questa storia.
6. E ricevendo molte lettere, spesso le leggeva in silenzio e quindi esclamava: “Che sento? Il Signore Iddio colpisce i miei nemici e innalza i miei amici”. E partecipava subitamente il contenuto alla sua moglie, la quale, coi capelli sciolti per le spalle, andava di qua e di là per la casa riempiendola della sua voce gioiosa. Il suo cuore difatti era vivo come una fiamma, e le sue parole sgorgavano come un flutto dalle sue labbra. La sua beltà, nella sua giovinezza, aveva oscurato quella delle altre donne.
7. Ecco dunque le cose che noi abbiamo creduto degne d’essere riportate a proposito di Cagliostro. Chi le scrisse non ha mai parlato con lui. Egli ha scritto ciò che gli è stato riferito, senza odio né amore, nulla togliendo nulla aggiungendo, ma sforzandosi solamente di conservare alla storia tutto ciò che si diceva nella sua città di quest’uomo celebre, lasciando agli altri la cura di giudicare. Qualcuno ha rimproverato il giovane autore, dicendo: “Non profanate voi l’Evangelo scrivendo in tal maniera?”. Ma egli rispose: “Nient’affatto, poiché io non abuso di ciò che è stato detto da Dio e dal Suo Figliolo Nostro Signore; io non ho ritagliato le sante Scritture, non sfiguro i testi dei Dogma, per i quali sono pronto a sacrificarmi: ma mi servo del linguaggio corrente e resto me stesso. Qualsiasi maniera di narrazione nella quale, si tratti di cose profane o sacre; la differenza sta nell’argomento; così è che con le medesime pietre si può costruire una casa come un tempio, e col medesimo oro una coppa o un calice. E gli stessi Evangelisti poi non scrivono alla stessa maniera di Dio, di Simon Mago e di Teodato?”. E l’altro gli rispose: “Perché non ve n’è un altro più adatto di questo per esporre brevemente ad espressamente qualsiasi fatto, e perché tal modo più conveniva a quel che si pensava; imperocché molte persone dicevano: è l’asino rivestito della pelle del leone. Ma affinché voi vi persuadiate che questo genere non è speciale degli Evangelisti, leggete Esopo tradotto in latino dal greco, e ciò che dello stesso Esopo ha scritto Planude il Bizantino, il quale serviva il Signore della Chiesa dei Santi”
(21). Alle quali cose l’altro disse “Come sono pochi coloro che giudicano secondo verità!”. E se ne andò.
Cap. XVI
1. Ora Cagliostro passando di nuovo l’Adige andò dai capi di quel luogo e dopo aver dato consulti a molti sui loro mali (erano là accorsi per non trasgredire all’interdetto dell’Imperatore), gli disse a tutti addio, e, tornato a Rovereto, e fatti rapidamente i bagagli, due giorni dopo partì alla volta di Trento con la sua moglie, l’11 delle Calende di Novembre secondo il Calendario romano
(22), quarantasei giorni dal suo arrivo. Era di giovedì, verso le 9 ore. E mentre egli saliva nella vettura, andò a lui il servitore che aveva cacciato, per augurargli il buon viaggio; ma Cagliostro lo respinse con la mano dicendo: “Vattene, cattivo servitore!”. E volgendosi verso coloro che gli erano d’attorno, così parlò di sé: “Dite ai Roveretani che perdonano al loro servitore se poco li ha soddisfatti; in verità egli vi ha messo tutto il suo buon volere, e il suo cuore non ha mai usato furberie dinnanzi a essi”. E mentre continuava a parlare sonò la trombetta della partenza, si mossero i cavalli e la carrozza sparì ai loro occhi.
2. Cagliostro aveva una fisionomia assai piacevole; di statura mezzana, aveva la testa grossa, molta pinguedine. Ad onta della sua grassezza, camminava, volteggiava con agilità. Aveva un bel colorito, i capelli neri, gli occhi profondi e splendenti. Quando parlava con la sua voce simpatica, levando gli occhi dal cielo e gestendo con vivacità, egli era simile a chi è invaso dal divino affiato. I suoi abiti erano puliti, senza lusso, e la sua conversazione gradevolissima. E dopo che egli fu partito un poeta pubblicò su lui uno scritto descrivendolo mentre iniziava dei Muratori alle sue dottrine, secondo l’opinione del popolo. Si sparse la voce che egli era stato ricevuto a Trento con grande onore. Ma gli uomini di buon senso e leali che erano a Rovereto, parlando fra loro di ciò che era accaduto, e riflettendovi sopra, alla fine dicevano: “Vi sono molte cose ambigue e molte contraddizioni; quest’uomo è un vero enigma, di lui non è lecito dare un giudizio finché la sua morte non avrà rivelato chi egli sia”.
1 É il 24 settembre 1787. Giuseppe II diventò sovrano ereditario dell'Austria nel 1780 dopo la morte di sua madre.
2 Se Cagliostro ha lasciato delle opere scritte sono o in qualche archivio segreto, o sono state bruciate. O forse bisogna leggere queste parole così: i miei atti, i risultati della mia vita faranno comprendere chi sono stato.
3 “Et Ego vincam universum”. Il senso esatto della frase di Cagliostro tradotto così dall’autore doveva essere: "Poiché io ho l'universo ai miei comandi; tutto mi appartiene".
4 Come la nascita e la morte sono i due termini della vita, la concentrazione e la diffusione sono le due azioni estreme della forza vitale; è il Solve e Coagula degli alchimisti.
5 Le mongolfiere
6 Provenzale, piemontese, o una lingua franca dell'oriente.
7 Villafranca
8 Questo uomo si burla di noi; non rispetta il nostro buonsenso; abusa della nostra credulità
9 Giornalisti locali
10 «De l’ami des humains reconnaissez les traits, Tous ses jours sont marques par de nouveaux bienfaits, Il prolonge la vie, il secourt l’indigence, La Plaisir d’etre utile est seul sa recompense.» (“Riconoscete i tratti di un amico degli uomini,/Tutti i suoi giorni sono segnati da nuovi benefici,/Egli prolunga la vita, soccorre l’indigenza,/Il piacere d’essere utile è la sua unica ricompensa.”)
11 I Misteri di Cibele si celebravano sul monte Dindimo in Frigia.
12 Vi era un’attiva campagna contro i simboli massonici e contro Cagliostro, e per lui si concluse a Roma con l’ arresto.
13 Rivista o giornale.
14 Agurtes in greco significa mago ciarlatano, o anche prete mendicante di Cibele.
15 San Pietroburgo
16 Elima o Bar Jesu, mago ebraico, avversario di San Paolo a Pafo. (Atti degli Apostoli, XIII:8); Mambre, (o più esattamente Tambre) nome citato dal parafraste Ben Ouziel ed anche da Plinio (Storia Naturale XXX:I), come uno dei due maghi egiziani che lottò con Aronne (Esodo, VII:12).
17 Il testo qui è anfibologico. Si può anche tradurre: Cagliostro diceva... ecc...
18 A quell’epoca sifilide (lue) e blennoragia (gonorea) erano confuse, e oggi si sa che esiste un metodo per il trattamento della blennoragia cronica.
19 I servitori di Cagliostro non erano solamente dentro casa, ma anche all'esterno.
20 Aceto può significare sia acido, sia mordente, per un uomo che parlava spesso di alchimia.
21 Massimo Planude, detto il grande Planude, monaco greco del XIV secolo vissuto a Costantinopoli, ha scritto varie opere tra cui una biografia di Esopo ed una versione in prosa delle sue Favole.
22 11 Novembre 1787. |