Il F:. Karl August Böttiger (1760-1835), famoso archeologo ed amico di Goethe in gioventù, era già da undici anni membro della Loggia «La Mela Aurea» di Dresda quando narrò, il 22 marzo 1792, di una relazione tenuta da Goethe alla Accademia delle Scienze, sulla genealogia e sulla famiglia di Cagliostro. Böttiger riporta le parole usate dal relatore insigne:
«Quando nel 1787 mi trovavo a Palermo, tutti parlavano del conte Cagliostro dicendo che era oriundo palermitano, e che i suoi prossimi parenti vi si trovavano ancora in misere condizioni. A un ricevimento udii raccontare che un noto avvocato della città, su richiesta della Corte francese, aveva fatto una precisa indagine sulle condizioni di famiglia del famoso concittadino, e aveva mandato un memoriale a Parigi, dove appunto allora il celebre processo della collana della Regina era terminato coll'assoluzione di Cagliostro e la sua partenza per l'Inghilterra. La mia curiosità di conoscere quell'avvocato fu tosto appagata da uno dei gentili presenti, che il dí dopo già mi presentava al legale. Questi mi pose subito innanzi l'albero genealogico dell'avventuriero, e una copia del memoriale da lui inviato a Parigi per smascherare il signor Balsamo. Cagliostro era infatti il nome del suo nonno materno, e dei Cagliostro ce n'era tuttora a Messina. Suo padre era un commerciante che era fallito e, subito dopo, morto. Il giovane Balsamo aveva trascorso qualche tempo nel convento dei Fatebenefratelli, un ordine religioso dedicato alla cura dei malati negli ospedali, e lí egli aveva appreso quel poco di medicina empirica che sapeva. Fuggito dal convento, aveva imparato l'arte di imitare tutte le scritture, per cui era finito in prigione; fuggito a Roma aveva sposato la sua Serafina, la figlia di un sellaio e, grazie, ai guadagni di lei, aveva cominciato a spacciarsi per conte Pellegrino, anzi aveva spinto la sfrontatezza fino a tornare, sotto quel falso nome, a Palermo. Riconosciuto, era stato arrestato per la seconda volta; ma si era procurata la libertà sfruttando la bellezza della moglie: il di lei amante ufficiale, un giovane rozzo principe, aveva talmente maltrattato l'avvocato della parte avversaria che questi, atterrito, aveva chiesto lui stesso la liberazione dell'accusato. Lasciata nuovamente Palermo il nostro eroe, assunto il nome dell'avo Cagliostro, aveva percorso, com'è noto, tutta l'Europa.
Tutto questo io appresi da quel memoriale di cui l'avvocato aveva attinto i dati direttamente dalla madre e dalla sorella dell'avventuriero, tuttora viventi.
Espressi il vivo desiderio di conoscere quella famiglia. Non mi si nascose che era difficile: era povera gente che avrebbe molto diffidato della visita di uno straniero. Ma alla fine il segretario dell'avvocato si offerse di presentarmi come un Inglese di passaggio, molto ben informato sulla liberazione di Cagliostro dalla Bastiglia e del suo felice arrivo in Inghilterra. Lo stratagemma riuscì».
Poi Goethe - prosegue Böttiger - con quella sua arte inimitabile di narratore e di pittore di scene familiari, narrò il suo arrivo nella piccola dimora di quella povera famiglia. La sorella di Cagliostro stava lavando i piatti in cucina: vedendo lo straniero rialzò il grembiule, mostrando una gonna un poco meno lisa e consunta. Nella camera di soggiorno, che era anche la camera da letto, tutto era povero ma pulito. Nere immagini di santi pendevano alle pareti che un tempo dovevano essere state colorate. Lesedie di giunco portavano tracce di doratura. Una sola finestra illuminava la stanza; ad un'estremità sedeva la madre mezza sorda, all'estremità opposta una vecchia malata e letargica che la famiglia, pur così povera, manteneva per carità.
Goethe, che non parlava il dialetto siciliano, dovette far tradurre per la madre le notizie circostanziate del figlio. La sorella, una povera vedova con tre figli grandicelli, si lamentò che il fratello, che certo possedeva tesori, non le restituisse le tredici once d'oro che ella aveva speso per riscattargli la roba impegnata al momento della sua partenza da Palermo. Fu domandato a Goethe se non voleva attendere la festa di Santa Rosalia prima di lasciare la città e se fosse disposto a rimettere una lettera al fratello in Inghilterra; e la vecchia madre s'informò pure se era un eretico, ecc. Nel congedarsi, mentre tutti appaiono tristissimi, Goethe promette di tornare il giorno dopo a prendere la lettera. Torna infatti e riceve la lettera; inoltre la madre lo incarica pateticamente di far sapere al figlio che non ha più un mantello in buono stato per andare a messa.
Quel che Goethe non poté fare li per li a benefizio della buona donna lo fece poi dalla Germania, mandando una somma all'inglese Corf, negoziante a Palermo, che la consegnò alla famiglia Balsamo, senza indicare la provenienza.
Quella buona gente credè fermamente che i denari li mandasse il fratello e gli scrisse ringraziandolo. Goethe ci lesse quella lettera: una lettera commovente, e il dono era proprio giunto per Natale... Goethe disse di avere ancora una somma per quella povera famiglia, cui le ultime vicende di Cagliostro a Roma tolgono ormai ogni ulteriore speranza.
Qualcuno crede sia l'onorario mandato a Goethe dell'editore Unger per il suo «Grosscophta»: sarebbe strano davvero - concludeva Böttiger - che a conforto della vecchia madre e della sorella di Cagliostro fosse adibita la somma che rappresenta il compenso per una commedia che ne svela gli inganni e l'insigne sfrontatezza.