Giuseppe Garibaldi è stato anche massone. Anzi: fu addirittura eletto Gran Maestro nel 1864. La cosa pare dispiacere a molti, nonostante siano trascorsi duecento anni dalla sua nascita; e infatti non mancano le ricostruzioni caricaturali, pronte a far coincidere Massoneria e bestemmia.
Garibaldi - in questo teatrino evocato a scopo puramente retorico - figura spesso fra i protagonisti nel ruolo del grande antenato, del precursore di tutti i mangiapreti della penisola.
Garibaldi non amava la Chiesa “istituzione”, è vero, soprattutto nel momento in cui vestiva i panni della Chiesa “governo”: ma ci furono preti che misero a repentaglio la loro vita per salvarlo. Perché si parla così poco di loro? Forse perché credevano semplicemente che si potesse essere cattolici e italiani: come don Giovanni Verità.
Il Grande Oriente d’Italia ritiene che l’anniversario garibaldino sia il momento buono per far giustizia di tanti luoghi comuni: il Risorgimento come complotto massonico (e magari pure ebraico, perché no?); l’Italia unita come “dittatura” di pochi centri di potere laico imposta a milioni di poveri contadini. I quali, nel frattempo, grazie all’Italia unita, sono passati da sudditi a cittadini - certo, con gradualità e fatica: come dappertutto, del resto - e hanno potuto votare liberamente: per un grande partito cattolico, ad esempio.
Col Papa-Re sarebbe accaduto lo stesso? A giudicare dal tasso di democrazia che esiste nello Stato Vaticano, non si direbbe; e meno che mai, poi, se si considera la cultura - pervicacemente antiliberale e antimoderna - che ispira e guida ancora oggi movimenti quali i teo-com e i teo-dem. Che hanno il pieno diritto, nell’Italia unita - che il Grande Oriente ha contribuito a costruire con i suoi uomini migliori - di conservare le loro opinioni, di raccontarle dal pulpito e di scriverle sui giornali. Anche se la storia ha dato torto a loro e ragione a Garibaldi.
Ecco perché ci ostiniamo a celebrare la data del XX Settembre.