Eccellentissimo Signore

L'onore che V. E. mi fa colla sua di chiedermi intenzioni per la decantata Pietra Filosofale, come le prometto in altra mia, mi spigne a compiacerla, quantunque avessi determinato di non comunicar il segreto a chi si sia. Tanto piu' che conformando forsi V. E. il piu' liquido del suo alla traccia di questa, gli potra' servire di fanale per evitare gli scogli ne' quali senza dubbio V. E. scassinera' col lasciarsi portare senza maturita' a frutti d'una speranza vana per suggestione di qualche chimerico Alchimista. So' che vi sono molti, che avendo udito parlare della scienza de' sapienti (ecc.) o letto in qualche libro, gli effetti mirabili di quella, il minimo de' quali e' di far oro, ed argento in infinito, lasciandosi trasportare dal desio naturale dell'homo di esser ricco, si persuadono agevolmente della verita' di tai effetti, a tal segno che lasciano tutto per gir in traccia di questo Vello Amfrisio, prefiggendosi che per arrivarvi non si ha', che a' fabricar fornelli, abbruciar carboni, e fragnere vetri, lusingandosi con tal falso discorso che se altri vi e' pervenuto, eglino lo potranno conseguire, si' che per ogni mezo la tracciano colla lettura, col continuo lavoro, con iscaltrezza da stimati Alchimisti, ed avendo acquistato quattro Recipe chimici, li conservano con tanta cura, e leggono e rileggono ogni giorno con tanto piacere quanto ne ha un Ricco avaro nel numerare i suoi ori, ma pretendendo poi di metter in esecuzione i loro segreti, si trovano fuori di stato di apporvisi, o' per mancanza di commodita', o di danaro, difetto piu' ordinario di tali persone si' che per porvi rimedio, a'nno ricorso alla borsa altrui dappoi aver vuotata la propria, e per allettare e spiguere quelli che credono averla piena, ad aprirla loro tanto piu' liberamente, non permettono loro cosa minore, che di farli piu' ricchi che gli stessi Re, eglino che sono i piu' poveri e meschini del mondo, e per dominar meglio tai animi creduli, doppo aver esagerato tre, o' quattro delle loro operazioni, il minimo delle quali vale tesori, e che chiamano infallibili, ed esperimentare, doppo l'ennunciazione di qualche storia, che non manca mai in simil'occasione, protestano anche co' giuramenti, che doppo cio' faranno ben vedere cose maggiori, che non vogliono dire, perche' vogliono prima vedere, se sene da' loro motivo, allettando e lusingando cosi' gli occhi di questi creduli, ed empiendo il cuore di speranze si' sode, che s'immaginano di gia' di divenir Cresi, non badando che tai speranze ingannatrici li precipitano in uno stato deplorabile, se non si disingannano a' buon'ora con un dolore immortale, che rimarra' loro d'un'applicazione della quale invece di trarre il prefisso contento, non riportano, che miseria e confusione, non avendo altro di Creso, che le apparenze d'un giumento.

Doppo la mia partenza d'Italia ho incontrato varj di questi creduli, e molti ne ho' disabusati con preste operazioni, quantunque non abbi fatto commune il vero segreto. Incontrai sovra tutto prima di ritirarmi appo questa Maesta', la Regina Cristina di Svezia nella citta' di Amburgo, che preoccupata da tai desiderj, ha' voluto da me qualche istruzione, ma non ero portato dall'inclinazione, a' scoprirle il midollo, sendomi accontentato di dare il suco a' qualche operazione, per la quale, avendo speso grosso contante, si sazio' di farmi piu' oltre procedere. Trovai doppo questo Re molto inclinato a' tal ricerca, ed invero mi vi porto con sincerita' per rendergli comune la mia scienza. Avendolo disingannato di varie cose; che simili detti ingannatori posto gli avevano in capo per trarne danaro, in vece d'insegnargli a farne.

Stimo V. E. troppo prudente ed accorta per essersi mai lasciata illabirintare dalle ciarlatanerie di tai Calcanti, ma come il desio naturale. che V. E. ha' di sapere, potrebbe farla sdrucciolare nel galappio, facendo io riflesso alle ubbligazioni, che le ho, ho' voluto bene darlene 1'istruzione per mostrarle la strada che si deve tenere per non esser ingannato e di non lasciarsi preoccupare dalle false proposizioni di tai ingannatrici sirene, ma di fare le cose alla lieve, ma con fondamento, per riuscire nella giusta fatica. É ben vero che la supplico umilmente di tener celata questa mia in un ripostiglio piu' segreto del suo piu' caro scrigno, affinche' non cada in altra mano, che potrebbe rendere troppo usuale questo tesoro, che deve tenersi in pregio per la sua rarita'. Afferri bene V. E. ch'io gli discorrero' di tutto come si deve.

V. E. sa' che in ogni imitazione vi vuole la causa efficiente, e la materiale, perche' di niente non si puo' fare qualche cosa, si' che e' d'uopo, che vi sia qualche soggetto, che precede. Dio solo ha fatto per la creazione qualche cosa di niente, e doppo che ebbe creato il mondo, ha voluto che tutto fosse supposto ad una perenne mutazione. Quanto e', comprende tutti li corpi naturali, e' cio' e' la materia. Ogni corpo ha la sua forma sostanziale naturale, e partecipa della quattro prime qualita', ed oltre cio' che ha la sua consistenza alle qualita' secondarie. Questa forma da l'essenza al corpo, e da tal forma si distinguono gli spiriti da corpi naturali, gli uni dagli altri per le qualita', talmente che uno si chiama di temperamento caldo, l'altro freddo, l'altro umido, l'altro secco, l'altro temperato di queste qualita', cosi' la consistenza non da la forma, perche' bisogna distinguere l'uno dall'altro per le qualita' secondarie che sono molte, come durezza e mollezza: rarita' o spongosita'; gravita o leggerezza; aridita' o viscosita' ed altre affezioni corporali. Ora tai corpi non hanno avuto la forma, il temperamento, e la consistenza da se stessi; ma da qualche esteriore, cosi' non ponno perdere queste loro prime cose, se non per qualche causa efficiente che muova la materia per levarle la sua prima forma, temperamento, e consistenza e darlene altre che siano nuove. Cio' non solo de' corpi naturali, ma altresi' artificiali s'intende, a' quali vien mutata figura, perche' un chiavaro non potrebbe fare una chiave, ne' il ferro potrebbe da se' divenir chiave, e mutare la sua figura primiera senza il chiavaro, il ferro e la materia della chiave, e la maestria del chiavaro la causa efficiente, la materia che puo' mutar forma, od e' aliena cioe' lontana, o prossima. La prima e' quella che deve mutare molte forme prima di pervenire a quella che si desidera. La prossima e' quella che con poca mutazione piglia immantinente la forma che si vuole. La materia della quale si fa l'oro artificiale, non e' quella di cui si fa l'oro nelle miniere della terra, perche' e' impossibile; ma la materia prossima e' il mercurio volgare, e quello che e' ne' metalli cioe' nell'Argento, nello stagno, nel piombo, nel Rame e nel ferro, posciache' l'oro,

secondo la sua materia, non e' che mercurio puro, cotto in ultimo grado di concozione metallica; ed il Mercurio vulgare, non e' che un'oro puro, crudo ed indigesto; ed i metalli, quanto alla materia loro, non sono che mercurio impuro un poco piu' digerito nel vulgare, ma non tanto quanto l'oro. Percio' affinche' il mercurio volgare diventi oro, non gli manca che d'essere cotto, ed affinche' i metalli imperfetti si convertivo in oro, e' necessario, che si spoglino delle loro impurita' e sostanze esteriori della natura del mercurio, e che il loro mercurio che rimane, sia finito di cuocere. La causa efficiente e' quella che puo' cuocere, digerire, e tignere il mercurio volgare in oro, e che puo' nettare e purgare gli altri metalli dalle loro impurita', talmente che non vi rimanga, che la materia pura del loro mercurio, e di digerirli e tignerli. Con tutto quanto ha' tal virtu' fa l'oro, e per me per quanto riguarda l'argento massime che e' molto puro, e digesto ed assai simile alla natura dell'oro; ho sovente con cemento de' sali, ed altre cose che purgano e digeriscono estratto oro dall'argento. Quanto agli altri metalli e' difficile, anzi nel cimentare l'argento, le spese superano l'utile ed il guadagno per il calo e la fatica che richiede. Alcuni stimano che bisogna estrarre il mercurio de' metalli, e cuocerlo con calce d'oro, e con cio' dicono che l'estraente e in parte la causa efficiente coll'aiuto del fuoco: sovra di che stimo che se i Mercuri di metalli ponno essere estratti potranno essere piu' tosto cotti dalla calce dell'Oro, che il mercurio ordinario per la sua gran frigidita', umidita' ed indigestione, e che tal mezo particolare e' vero, ma l'artifizio di estrare i detti mercurj e', malagevolissimo e faticoso e di molti, che millantano di saperne l'estrazione, non ne vedo uno, che ne conseguisca l'intento: Vi e' un'altra causa efficiente e tracciata dagl'ingegnosi all'esempio de' sali che purgano, e digeriscono all'esempio de' sali e che chiamano pietra o polvere d'oro, che in un momento per progezione sul mercurio comune, lo digerisce e tigne in vero oro, e quanto a' metalli imperfetti li purga, digerisce e tigne in un momento. Io la chiamo Pietra Filosofale d'oro, posciache' come la pietra filosofale si squaglia e risolve in tutti li liquori, ne' quali vien posta, tal pietra o polve fa il simile e conio la prima purga, digerisce e disecca colla sua virtu' dissecutiva l'umidita' superflua d'ogni cosa; cosi' questa fa lo stesso verso 1' impurita' de' metalli coll'aiuto del fuoco, si' che non rimane che il mercurio puro di quelli, il quale collo stesso mezo digerisce e riduce alla sua qualita', come altresi' nel consumare l'umidita' superflua del mercurio comune, lo forma e fissa; e come ogni corpo, che si liquefa' in acqua; la tigne del suo colore, come il zafferano, cosi' questa tigne il mercurio comune, e quello de' metalli nel suo colore, e come ogni cosa cotta e' soda, cosi' i Mercurj, tanto comuni che de' metalli cotti in questa pietra, sono sodi. Ed il vocabolo di Alchimia denota che si deve fare una pietra filosofale squaglievole. La Pietra Filosofale d'oro dunque e' quella, che informa la materia, cioe' il mercurio comune, o' quello de' corpi imperfetti in vero oro. Come la natura non ha fatto questa pietra filosofale d'oro, e' d'uopo farla coll'arte, aiutando con questa la natura per estrarla dalle cose, nelle quali si trova naturalmente. Ed io stimo che si debba estrarre dall'oro, perche' ogni simile fa' il suo simile. Di piu' come l'oro non e' che un Mercurio piu' cotto e digesto, che il comune, e quello degli altri metalli, come questo lapis non e' altro che piu' cotto dell'oro: L'arte comincia dove la natura finisce, cioe' lo scopo della natura e' l'oro, ed in esso comincia l'arte per generare le tinture che sono nel lapis. Di piu' in ogni cosa vi e' la causa efficiente, ed il paziente non e' come la materia. Nelle generazioni de' metalli che constano d'umido e secco, proprio alla natura metallica, il mercurio e' l'umido, che patisce d'esser congelato ed e' freddo ed umido, ed il secco terrestre, e' quello che opera e congela l'umido. Ora i Mercurj de' metalli ed il comune sono tutti simili, e non sono differenti, che nelle qualita' ed accidenti, sendo gli uni, piu' o men cotti degli altri, e' sono materia comune di tutti li' metalli. Ma i loro secchi terrestri, che li congela sono diversi di specie tra essi, e bisogna estrarli per render puro il mercurio. Non niego pero' che per estrarre il lapis dall'oro non vi possono servire i Mercurj comuni e degli altri metalli ma' da chi depende la virtu', come causa efficiente e' l'oro, che e', come il maschio, ed il mercurio, come la femina. Ora questa lapis d'oro e' di due sorti per i due effetti, che fa', uno minore dell'altro; il minore ha solo la virtu' di digerire il mercurio, o quello de' corpi imperfetti (doppo che e' estratto), e l'argento e tignere i detti Mercurj in vero Oro, ma non ha la virtu' di separarne l'impuro delli quattro metalli imperfetti, e quanto non e' naturale de' loro mercurj. Questo lapis si chiama la medicina della seconda serie, perche' colla sola progezione di questa si separa da' corpi imperfetti, quanto non e' loro naturale, ed il rimanente vien dal lapis digerito e tinto collo stesso mezo, il che non fa' il primo lapis, che solamente digerisce, e tigne senza separazione alcuna. Per trasformare l'argento, ed i Mercurj comuni, ed estratti da' metalli si richiede, solamente il primo, perche' nel comune, ed estratti non vi e' altro di diverso, perche' tutto e' Mercurio, come l'argento e' quasi tutto mercurio, e se ha qualche impurita' vien levata facilmente dal suo semplice Amalgama, che passera' per una tela grossa, e che sara' lavato esattamente, e doppo cio' il detto argento, non deve piu' a ch'esser digerito, e tinto il che si fa' dal primo lapis squaglievole, per la sua progezione. E la materia di queste due lapis e' sempre la stessa, cioe' l'oro, e la sola differenza consiste, nella maggior o minor preparazione, ma la proprieta' e qualita' d'ambedue sono tali, che si concominano. Prima la natura di questo lapis deve essere della natura dell'oro, e cio' procede dalla proprieta' dell'oro, e questa proprieta' procede dalla forma ed essenza dell'oro e non della sua materia considerata al suo spirito, ne' dal suo temperamento, o' prime qualita' o seconde. Si' che si potrebbe trarre un lapis dal rame e dal ferro che sarebbe piu' rosso del lapis d'oro, e che dara' una tintura rossa citrina, ma tal tintura e' sofistica che non resiste alla pruova, si'.che la vera tintura si trae dall'oro e non si puo' fare dall'artifizio. Le altre qualita' di questo lapis s'acquistano coll'arte, cioe' per la seconda, che sia squaglievole come la vera, perche' dello squagliamento si fa' la mistione, altrimente sarebbe fatta. Ora tale squagliamento si acquista nell'oro, quando e' fatto lapis, perche' ogni lapis da' squagliamento. La terza qualita' che tale squagliamento sia sottile, come l'acqua affinche' penetri, e tal tennezza si aumenta per le reiterazioni di dissoluzioni come diro'. La quarta, ed una delle principali e' che questo lapis sia di qualita' calda, e secca, e di virtu' ignea a fine di far consumare l'umidita' de' mercurj, e consolidare la loro fluridezza, digerire e fissare la crudita' loro, come anche quella dell'argento. Tal qualita' non e' nell'oro, e pero' colla sua mistione non si muta, ned altera, ne' li trasmuta come fa il suo lapis attesoche' una delle regole della sua mistione e' che quello che opra, come questo lapis, sia di qualita' contraria al paziente, come i metalli, perche' con tal contrarieta', si fa un temperamento dal quale risulta una nuova spezie, e forma sostanziale, poiche' tal purita', o' lapis l'aumenta colla decozione continua, perche' ogni cosa decotta e' piu' calda, che la terra. La quinta qualita' e' la purita', e la trasparenza del lapis affinche' penetri meglio, e si acquista come si dira' piu' abasso. La sesta e' la fissazione del lapis, che non deve in modo alcuno svaporarsi, ma deve rimaner fermo, e stabile, e fisso nel fuoco senza svaporarli.

Molti fanno questi due lapis diversamente. Si deve per adesso accontentarsi di ridurre l'oro in natura di lapis fondibile; posciache' senza dubbio trasformera' l'argento in oro per progezione ed il Mercurio per concozione, siasi il comune o quello de' metalli imperfetti, posciache' il lapis comune, fatto squaglievole colle frequenti calcinazioni, e dissoluzioni ha' ben questa virtu' di fermare e congelare il mercurio comune in metallo per concozione, e cio' per la gran siccita', e tenuezza, che consuma col penetrare, l'umidita' indefinita del detto mercurio, il che ho' sperimentato io stesso.

Che se cio' riesce col lapis comune, tanto piu' si fara' con quello dell'oro per la gran similitudine dell'essenza, che ha col mercurio per esser usati d'una stessa radice, e che l'oro non e' che mercurio cotto, ed il mercurio comune oro crudo, nondimeno il lapis d'oro non si estrae facilmente, per la gran difficolta' ed industria, che si cerca a calcinarlo, perche' e' impossibile di ridurlo a' lapis, senza calcinarlo bene. Ora la calcinazione e' una reduzione col fuoco, d'un corpo sodo in polve sottile per la privazione della sua umidita', che teneva le parti in sodezza. E questa si fa col fuoco per differenza del solo tritamento col quale le parti del corpo soggetto ad esser triturato, ponno esser con tal trituramento poste in tenuissime parti; ma con cio' l'umidita' non e' levata, ned alterata: Egli e' ben vero che serve tal trituramento alla calcinazione per la maggior facilita', che il fuoco ha di operare sulle parti minute che grosse. La privazione dell'umidita' si fa' in due modi. Una deve intendersi quando tutta l'umidita' che pareva parte della sostanza del corpo, ne e' separata, come quando e' triturato e ridotto in cenere; ed in questa calcinazione ogni accidente squaglievole e visibile perisce, perche' nella cenere non si nota alcun accidente, o qualita' di legno. L'altra e' quando l'umidita' radicale non si distrugge punto, ma e' animata, ma' solo la qualita' umido e' alterata per la siccita' del fuoco, e l'umidita' convertita in siccita', ed in questa tutti li accidenti sensibili non si distruggono.

Posciache' i metalli calcinati ritornano col fuoco ardente in corpo, come prima, ed ho visto per esperienza, che dalle ceneri dello stagno volte in lapis, ne e' stato estratto mercurio col mercurio vulgare o comune. E la fiussibilita' de' metalli squagliati, o del mercurio estratto e' una qualita' ed accidente sensibile, che non si perde colla detta calcinazione; nella perfetta calcinazione, pero la calce non deve volgersi in Mercurio. L'oro, come ha' un'umidita' vischiosa unita colla sua siccita' terrestre non puol'essere calcinato dal fuoco solo come si puo' fare degli altri metalli. Ora per pervenire a' tal calcinazione si e' trovato un mezo, che e' di tritarlo e cio' col mercurio, perche' non si corrompe niente, e senza denso tal trituramento non si puo' fare agevolmente. Si piglia percio' Oro fino col quale si imischia mercurio comune, poi si aggiugne dodici volte piu' di mercurio si tritura minuto in un mortaro per lungo tempo, aggiungendovi aceto distillato per lavarlo bene, poi si passa con una tela densa e si continua a mettervi mercurio tanto che l'oro sia passato come in mercurio per sottigliar meglio le parti dell'oro.

Allora si pigliano tutti li mercurj, che si mettono in un alambico col suo cappello sulle ceneri calde, per 24 ore a fuoco lento, affinche' l'oro si purifichi col mercurio, poi si versa tutto in una pelle di camozza, se ne spreme il mercurio, e rimarra' un globicello nella pelle, che conterra' tutto il corpo, e tre parti di piu' di mercurj: ma se nel finire si spreme colla tela, si spreme tutto dalla pelle senza ricuocerlo, tutto potrebbe passare col mercurio. Si piglia il globo e si mette nel fondo di Lambicco col suo capello sul fornello di cenere a fuoco lento per due o tre ore, finche' il globo sia secco, si leva poi dal fornello, e se e' salita qualche parte di mercurio, si fa scendere con una penna; doppo che sara' scesa la massa si polverizza sottilmente e si rimetto tal polvere a cuocere adagio col suo mercurio estratto, poi si leva, si tritura, facendo cio' finche' la polvere sia sottilissima, e che non si tenghi piu' in corpo, o massa: la polve si mette in un fondo di Lambicco e si distilla a fuoco ardente tutto il mercurio, poi si leva cio' che e' al fondo, e se si trova massa si risolve col mercurio uscito, e si reiterano le operazioni finche' sia polve sottile che non si tenghi in massa. Si piglia poi la polve e si macina sottilmente sul marmo, e non nel mortaro, poi si setaccia in un setaccio finissimo e se vi rimane qualche parte grassa, si rimacina finche' passo' tutta, e cosi' si avra' la polve disposta ad essere calcinata col fuoco, il che si fa mettendo la polvere in una scatola di terra, o di vetro a' fuoco proprio di calcinazione per due giorni, doppo che si levara' la scatola, si aprira', e si levara' il piu' sottile con una penna, e si conservara' e si reiteri lo stesso, finche' si levi tutto colla detta penna.

Il lapis, che si fa' secondo gli antichi, e' altresi' un lapis ed una polve rossa, come questa, ma richiede un'anno di tempo per perfezionarsi.

L'oro congelato cosi' non sara' squagliabile, e percio' si deve fare cosi'. Si piglia questa calce, e si mette in un vaso di vetro, che abbia un collo lungo, e vi si getta sopra due volte piu' del nostro mercurio, s'ottura il buco del vaso con cera gommata, e si mette al bagno Maria per 24 ore, e si rovescia il dissoluto, si continua l'operazione, finche' il mestruo si colori, e poi si rincalcinano le feccie, e si dissolvano in un nuovo mestruo, e so rimane qualche cosa sara' una polve morta ed inutile. Si pigliano poi i mestrui, e si mettono in un lambicco col suo cappello, e si distilla a fuoco lento, ed al fondo rimane un lapis preziosissimo, di cui se ne mette un poco sovra una lama d'argento, e si roventa al fuoco, se si squaglia cosi' presto che la cera, senza fumare, ne' far rumore, e che si stendi per tutto, e ch'entri nella lama e la tinga in color d'oro, si fissi ed imischi con essa e non se ne separi mai e' assai, perche' e' il vero segno di perfezione; cio' pero' non succede cosi' presto e per arrivarvi si fa in due maniere; una e' di recalcinare il lapis a' fuoco lentissimo in una scatola di vetro e non di terra finche' abbia il detto segno. L'altra che si distilli al bagno Maria, finche' non si coaguli piu' al fuoco, ma che rimanga un'olio denso, e allora e' il vero oro potabile fatto senza mistione d'altra cosa, che si liquefara' in ogni liquore, e servira' molto alla sanita', e per la trasmutazione dell'argento in oro col far progezione del detto oro sull'argento, mettendovene in molte occasioni, finche' si conosci il peso della calce, che richiede un tal peso d'argento, per essere ben colorato. E per il Mercurio comune e de' metalli, se ne metteranno cento parti in un vaso piano di vetro col collo lungo, e vi si inetti sovra una parte del lapis, che si cuoceranno a' fuoco lento per otto giorni, aumentando in fine il fuoco fino all' ignizione inclusivamente, e si avra' una polve rossa che si squagliera' colla borace, e si avra' oro buono, e se si vuol fare progezione sul mercurio comune o' di metalli, come anche sull'argento. E come questo lapis si puol aumentare si mischia' con altrettanto di mercurio d'oro, e si mette in un'oro filosofico, turato con un turaccio di vetro per dodici giorni coll'aumentar del fuoco di tre' in tre' giorni, e gli ultimi tre giorni si fa fuoco d'ignizione e si avra' una polve simile alla prima, che fara' lo stesso effetto, e cosi' si puo' moltiplicar in infinito, col porvi il peso uguale del mercurio di sole e cuocendolo per dodici giorni. Ora per estrarre il mercurio dall'uno d'ogni altro metallo, bisogna incorporarlo con Mercurio comune, poi calcinarlo nel modo sudetto, ma non all'estremo, bastando che rimanga in polvere impalpabile, nella quale il loro mercurio sara' contenuto, all'ora si mette in aceto distillato al bagno Maria, e ne trarra' tutto il colore e la dolcezza della calce, si versa poi dolcemente e se ne mette di nuovo e quando ne avra' fatta tutta la dolcezza, e che non sara' piu' rosso, come prima sara' d'uopo filtrarlo e svaporarlo, e rimarra' al fondo un lapis bianco che si dissolvera' di nuovo e si fara' come prima per averlo piu' puro, il che e' il mercurio morto, il quale si vivifica cosi'. Si pigliano due dramma del detto lapis e s'incorporano sovra un marmo con una dramma di mercurio comune, e tutto poi si mette in un lambicco col suo capello, poi si secca, e fatto secco si rimacinera' sul marmo ed il mercurio avra' vivificato a se' tutto il mercurio che era morto nella detta polve, o lapis, e noti V. S. che la calce che sara' rimasta nel fondo del vaso, nel quale si sara' versato l'aceto distillato, dev'essere ricalcinato di nuovo a fuoco graduato in un vaso ben cimentato, finche' non si trova piu' che una terra inutile. Il fiore che salira' dall'oro, ed argento e' un mercurio puro, quando si purifica bene.

Sin adesso ho' parlato della materia, e non mi rimane che a' parlare della causa efficiente, la quale e' una forza e virtu', che e' in una sostanza o' sottile, colla quale muove la materia prossima in quest'arte che e' il mercurio per informarlo, e dargli una forma sostanziale d'oro, o' d'argento. L'oro non ha' tal virtu' attuale, ma in potenza, perche' deve depurarsi colla materia impura, colla quale e' sempre congiunta tal virtu', la quale essendo varia ne' corpi, le une impediscono gli effetti delle altre. Tal virtu' deve aversi col far' ajutare la natura dall'arte, quale consiste nel fuoco per esser quello che dissolve i corpi, e ci fa' conoscere le parti componenti: con che si viene alle operazioni sudette di estrarre coi modi sudetti, ed aiuto del fuoco il vero lapis. Questo e' l'unico ed il piu' perfetto mezo che sia mai stato trovato nel mondo, appruovato dagli antichi e piu' penetrativi filosofi, ed investigatori di questa scienza ed arte occulta. Vi sono altri mezi per fare questo lapis, e varie, altre operazioni bellissime: ma questo segreto che io gli scrivo e' il diamante tra altre pietre preziose di comunal valore. É questo ch'io adesso metto in esecuzione. Ma' come e' malagevole di far esattamente le calcinazioni, lo faccio adagio per riuscire. Sono altresi' occupato a fare altre operazioni mirabili, nelle quali questo Re' piglia piacere non ordinario, ed io non ne piglio meno, perche' oltre che le operazioni non mi costano niente, e che da queste imparo, come V. E. sa' che nella Chimica s' impara ogni giorno dalle operazioni, vi trovo un profitto grandissimo. Sono amato dal Re, stimato dai Grandi, riverito da' piccoli, e mi trovo in autorita', e quello che e' meglio, co' molti contanti in saccoccia. Se V. E. mi conosce capace di poterla ubbidire in cosa di maggior rilievo, la supplico umilmente degnarsi di non rattenersi d'impormi: vedra' V. E. dagli effetti, se veramente dico di cuore, che ambiro' in ogni luogo, tempo ed occasione di qualificarmi con umile rispetto del carattere glorioso di

Di V. E.

Copenage, li 9 agosto 1667.

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

 

Francesco Borri

Tra fornelli e Salamandre Amstelodamo 15.02.1662 Turino 22.08.1662 Amstelodamo 09.03.1665

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