Eccellentissimo Signore

Eccomi di nuovo con questa a' dare spasso , per quanto m'imagino a' V. E. colla continuazione del discorso di quel Signore Danese, del quale gia' le scrissi in altra mia lungo ragionamento, circa l'esistenza di certe creature Elementari, come da quella V. E. avra' visto. Ho' tardato tanto perche' ho' tardato d'abboccarmi con esso, quantunque egli lo desiderasse in sommo e che ne sollecitasse li mezi : ma' miei soffiamenti mi tenevano talmente occupato che non ho' avuto tempo per dare qualche ora a' simili trattenimenti, finche arrabbiato un giorno per lo scoppio di qualche vaso di liquor prezioso, che avevo quasi ridotto a' perfezione, e cio' per aver dato fuoco quasi in eccesso, godei che giustamente mi venne a' trovare, che servi' per dar sollievo all'affanno che mi rodeva il cuore.

Egli m'accosto' : - Embe' (mi diss'egli) per quale specie de' popoli invisibili ha' V. S. maggior inclinazione, per le Salamandre, Gnomidi, Ondini o Silfidi ? -

- Non ho ancora (risposi) risoluto il matrimonio, e se lo volessi, amerei meglio con le Gnomidi che con altre, affinche per amore mi facessero riuscire la pietra Filosofale. -

- E perche' non si risolve ? (ripiglio') -

- A' parlare ingenuamente, Signore (gli dissi) non posso mutar pensiero, ne' l'immaginatione : questa mi rappresenta sempre questi Elementarj come tanti griffagni del diavolo.

- Oh Dio (esclamo' egli) non chiudi di grazia l'adito alla verita', sia piu' docile. Ma no', lo dispenso d'esserlo perche' si offende la verita' con prepararle strada.

Essa sa abbattere le porte di ferro ed entrare ovunque vuole a' malgrado della resistenza della menzogna. E che puo' V. S. opporle ? Forsi che Dio non ha potuto creare tali sostanze elementari ? -

- Non ho' squitinato (gli dissi) se vi e' qualche impossibilita' nella stessa cosa. Se un elemento solo puo' somministrare sangue, carne d ossa, se vi puol'essere un temperamento senza mescolazione, ed azione senza contrarieta' ; ma supposto che Dio l'abbia potuto fare, che pruova soda evvi che l'abbia potuto fare ?-

- Vuol V. S. esserne convinto all'istante (ripiglio' egli) senza tante maniere ? me ne vado a far venire i Silfi di Cardano, e V. S. sentira' dalla loro bocca cio' che sono e quanto gliene ho' detto. -

- No' no', di grazia Signore (eclamai) differischi la supplico questa sorte di pruova, finche sij persuaso che costoro non sono nemici di Dio, posciache fin'a' questo vorrei piu'ttosto morire che far questo torto alla mia coscienza di......-

- Ecco l'ignoranza e la devozione falsa di questi tempi ! (interruppe egli) Perche' non si scancella dal Calendario de' Santi il maggiore degli Anacoreti ? perche' non si abbracciano le sue statue ? É peccato che si gettino al vento le sue ceneri, come quelle di chi vien accusato d'aver comercio col Demonio. Non ha' egli esorcizzato i Silfi, e non li ha' egli trattati come uomini ? Che ha' V. S. a' dire a' questo Signor scrupoloso ? Il Silfo che discorre della sua natura a' quel Patriarca, a' suo parere, e' egli un griffagno del Diavolo ? É egli con uno spirito folletto che quell'uomo incomparabile ebbe conferenza nel Vangelo ? ed accusarallo V. S. d'avere profanato que' Sagri Misterj parlandone con una fantasima nemica dell'Altissimo ? Atanasio e Gerolamo sono dunque indegni della gran fama che a'nno fra i di lei Dottori, d'avere scritto con tant' Eloquenza ‘elogio d'un uomo che trattava tanto umanamente co' diavoli : Se pigliavano quel Silfo pe'r un diavolo, bisognava o' celarne l'accidente, o' levare la predicazione in ispirito, o' quell'apostrofe si' patetica che fa il piu' zelante anacoreta, ma piu' credulo di V. S. alla citta' di Alessandria ; se l'a'nno pigliato per una creatura che aveva parte, come assicurava, nella redenzione come noi ; e se tal' apparizione, a loro parere, e' una grazia straordinaria che Dio faceva al Santo di cui scrivono la vita, perche' voler essere piu' sapiente d' Atanasio e Gerolamo, e piu' santo d'Antonio Eremita ? che avrebbe V.S. detto ad Antonio, se V. S. fosse stato nel numero de' dieci mila solitarj a' quali narro' la conversazione avuta col Silfo ? Piu' savio ed illuminato di tutti quegli Angeli Terrestri V. S. avrebbe rimostrato al Santo Abbate che tal conversazione non era che una semplice illusione, ed avrebbe dissuaso il suo discepolo Atanasio di far sapere a' tutta la terra una storia si' poco conforme alla religione, all Filosofia ed al suo buon senso. Non e' egli vero ?-

- Egli e' vero (gli dissi) che sarei stato di parere o' di non parlarne, o' di dirne di piu'.-

- Atanasio e Gerolamo (ripiglio' egli) non potevano dirne di piu', perche' non ne sapevano di piu', e quando avrebbero saputo tutto, il che non puo' essere se non si e' nel numero di noi altri, non avrebbero divulgato temerariamente li segreti della sapienza.-

- Ma perche', replicai) non propose questo Silfo a' Sant'Antonio quanto V. S. mi propone adesso ?

- Che (diss' egli ridendo) il matrimonio ? Ah ! sarebbe stato a proposito ?

- Egli e' vero (ripigliai) che apparentemente il buon vecchio non avrebbe accettato il partito, e l'offerta. -

- Non certo (diss' egli) perche' sarebbe stato tentar Dio di maritarsi in quell'eta' e domandargli prole.

- Come ? (ripigliai) si marita dunque con le Silfidi per aver prole ?

- Perche' dunque (disse egli) e' farsi, che e' mai lecito maritarsi per altro fine ?

- Non istimavo (risposi ) che si pretendeva da queste descendenza, e credevo che tutto terminasse ad immortalare le Silfidi.

- Ah ! V. S. aveva torto (segui' egli), la carita' de' Filosofi fa ch'eglino si propongono l'immortalita' delle Silfidi : ma la natura fa ch'eglino desiderano di vederle feconde ; V. S. vedra' nell'aere, quando vorra', queste famiglie filosofiche. Oh mondo felice se non vi fossero che queste famiglie, e se non vi fossero figli d'iniquita' !

- Ma che chiama V. S. (interruppi) figli d'iniquita' e del peccato ?.

- Sono (continuo' egli) tutti i figli che nascono per la strada ordinaria ; concepiti per la volonta' della carne e non di Dio, figli d'Ira e di maledizione, ed in una parola figli d'Uomo e di Donna. V. S. desia d'interrompermi, vedo bene quanto mi vorrebbe dire. Si, sappia che non fu mai la volonta' del Signore che l'uomo e la donna avessero figli nel modo che a'nno. Il disegno era piu' nobile. E se Adamo non avesse disubbidito all'ordine che aveva di non toccar' Eva, e che si fosse accontentato del rimanente de' frutti del Paradiso terrestre, di tutte le bellezze delle Elementari, il mondo non sarebbe pieno di uomini imperfetti, che ponno passare per mostri a' rispetto de' figli de' Filosofi.

- Come (gli dissi) V. S. crede per quanto vedo che il fallo d'Adamo e' ben altro che d'aver mangiato un melo ?

- Non lo crede (ripiglio') perche' la scrittura dice altrimenti ; anzi detesto quelli che non vogliono credere alla Scrittura Sagra. Ma gli parlo in senso d'alcuni che non pigliano la storia del melo letteralmente. Dicono che la lingua santa suole metaforizzare per allontanare da noi le idee poco oneste d'un' azione cagionatrice delle sfortune del genere umano. Cosi' quando Salomone diceva che voleva salire sulla Palma, e come frutti ci dicono che aveva tutt'altro appetito che di magnar dattoli. La lingua degli Angeli tutta pura e casta, non ha termini per ispiegare ed esprimere quanto nomina melo o dattolo. Ma questi cifrano tai figure quando vedono che il gusto e la bocca d'Eva non sono gastigati, che partorisce ne' dolori, vogliono che il gusto non sia reo, e stimano di scoprire il primo peccato per la cura che pigliarono i primi peccatori di celare con foglie certi luoghi del corpo, e conchiudono che l'uomo non doveva moltiplicarsi per questa strada. Se cio' fosse vero, cosi' come e' falso, Adamo non doveva generare che uomini suoi pari, od Eroi o' Giganti.

-E che espediente vi era (interruppi) per queste generazioni mirabili ?

- Non toccare (replico') che le creature elementari. E cosi' non sarebbero nati che Eroi, e l'Universo sarebbe stato popolato di persone forti. Si puo' congetturare la differenza che vi era tra il mondo innocente ed il colpevole d'oggidi' per i figli nati cosi' alcune fiate.

- si sono dunque visti (di questi figli degli elementi ? Ed un dottore che mi cito', vi e' qualche tempo, San Agostino, San Gerolamo e san Gregorio Nazianzeno, si e' dunque ingannato, credendo che non potesse nascer prole dall'amore degli Spiriti colle Donne, o' dal comercio che ponno aver certi uomini co' certi demonj che chiamava Ifialti, incubi e succubi.

- Lattanzio ha' ragionato meglio, e Tomaso d'Aquino ha risoluto sodamente che non solamente tai comercj potevano esser fecondi, ma che i figlj che ne nascono sono d'una natura piu' generosa, ed eroica. V. S. leggera' a suo piacere i fati generosi di que' uomini potenti e famosi che asserisce il Legislatore Mose' che sono nati cosi'. Noi ne abbiamo la storia al vigesimo terzo Capitolo de' Numeri. Fratanto giudichi come sarebbe il mondo se tutti gli suoi abitanti rassomigliassero, per esempio, a Zoroastre.

- Zoroastre (gli dissi) che vien detto esser l'Autore della Negromanzia ?

- Egli stesso (disse egli) di cui gl'ignoranti a'nno scritto questa calunnia, egli aveva l'onore d'esser figlio di Oromasi Salamandro e di Vesta moglie di Noe'. Visse dodici secoli il piu' Savio Monarca del mondo, e poi fu' rapito da Oromasi suo Padre ne' la Regione delle Salamandre.

- Io non dubito (gli dissi) che Zoroastre non sij nel fuoco con Oromasi, ma' non vorrei fare l'oltraggio che v. S. fa a' Noe'.

- L'oltraggio non e' si' grande come V S. crede (mi replico'). Tutti que' Patriarchi si recavano a grand'onore d'essere i padri putativi de' figli che gli Elementarij volevano avere dalle loro donne.

- Certo (ripigliai) non sarebbero di quell'umore nella nostra Italia. Gli uomini sono troppo gelosi delle loro mogli, che di lasciarsi fare loro le corna dal Diavolo.

- Ben bene (continuo' egli) ritorniamo a Oromasi. Questo fu amato da Vesta moglie di Noe'. Questa, sendo morta fu' il genio tutelare di Roma, ed il fuoco sagro ch'essa voleva che le Vergini conservassero con tanta cura, era in onore di Oromasi Salmandro suo Amante. Oltre Zoroastre nacque dall'amore loro una figlia di rara belta' e d'una sapienza estrema, chiamata Numa, ch'essa amava di far ergere un tempio a' Vesta sua madre, dove si terrebbe il fuoco segreto in onore di Oromasi suo Padre. Ecco la verita' della favola, narrata da' Poeti e Storici Romani della Ninfa Egeria.

Guiglielmo Postello, il meno ignorante di tutti quegli che a'nno studiato la Gabala ne' libri communi, ha' saputo che Vesta era moglie di Noe' ; ma' non ha' saputo che Egeria fosse il buon Genio della moglie di Noe'. Si sa da questi libri che Egeria fu concetta sull'acqua mentre Noe' vagava sulle onde vendicatrici che inondavano l ‘Universo ; le Donne erano allora ridotte al poco numero che si salvarono nell'Arca Gabalistica, che questo secondo Padre del Mondo fece fabricare. Questo pover'uomo temendo di vedere il castigo spaventevole con che venivano puniti i falli cagionati dal peccato di Adamo, fatto accorto dall'esempio di questo acconsenti' che Vesta sua moglie si dasse ad Oromasi Prencipe delle sostanze ignee, e persuase ad i suoi tre figli di cedere le loro tre mogli a' Principi degli altri tre elementi. L'universo fra poco fu' ripopolato d'uomini eroici, si' sapienti, si' belli e si' mirabili, che la posterita', abbacinata dalla loro virtu' , li ha' pigliati per tante divinita'. Uno de' figli di Noe', rubelle al conseglio del Padre, non pote' resistere agli allettamenti di sua moglie ; ma' come il peccato d'Adamo aveva annegrito tutte le anime de' suoi discendenti, la poca compiacenza che Cam ebbe per le Silfidi anneri' tutta la sua posterita'. Da cio' nasce, dicono i gabalisti, la nerezza degli Etiopi e di tutti que' popoli diformi, a' quali viene commandato d'abitare sotto la zona torrida per castigo dell'ardore profano del Padre loro.

- In verita' (gli dissi) ecco ghiribizzi molto singolari, e la di lei Gabala serve mirabilmente per iscifrare l'antichita'.

- Ho' detto(replico' egli) che cio' viene asseriti da alcuni, che volendo forsi penetrare troppo avanti, s'impazziscono, ma' per me sto attaccato alla scrittura, ne' presto fede a cose simili. Egli e' ben vero che in molte cose la Gabala serve, e mi creda che nelle cose profane (toltene le sagre) senz'essa la storia, la favola e la natura sono cose oscure ed inintelligibili.

- Perche' dunque (diss'io) adduce tra questi ghiribizzi le cose sacre ?

- Lo faccio (replico' egli) affinche' V. S. Sappia tutto quanto si dice de' Gabalisti, e che poi rigetti quanto si deve rigettare, e non s'appigli che a quanto non offende la scrittura sagra, perche' questa si deve evitare di offendere per non incorrere nella taccia di profano. Questi che a'nno voluto penetrare piu' avanti, dicono bene cose di ugual rilievo. Dicono che l'ingiuria che fece Cam a suo Padre non fu tale, come si spiega litteralmente. Ma' che uscito Noe' dall'Arca, e vedendo che Vesta sua moglie non faceva che divenir piu' bella col comercio col suo Oromasi, rivenne passionato per essa. Cam, temendo che suo Padre non ripopolasse la terra di persone si' nere che li suoi Etiopi, piglio' il suo tempo, che il buon Vecchio era pieno di vino, e lo castro' senza misericordia. V. S. ride ?

- Io rido del zelo indiscreto di Cam (gli dissi)

- É d'uopo piuttosto ammirare l'onesta' di Oromasi, che la gelosia non impedi' di aver compassione del suo Rivale. Insegno' a suo figlio Zoroastro, chiamato altrimente Jafel, il nome divino che esprime la sua fecondita' eterna. Jafel pronuncio' sei fiate, alternativamente con suo fratello, indietreggiando verso il Patriarca, il nome insegnatogli, e restituirono al buon vecchio le parti recise. Questa storia mal' intesa ha' fatto dire a' Greci che il piu' vecchio de' Dij era stato castrato da uno de' suoi figli, ma' quegli che l'asseriscono cosi' tengono la cosa vera per nel modo narrato. Donde (se fosse vero) si potrebbe vedere quanto la morale de' popoli ignei sia piu' umana della nostra, e piu' di quella degli altri Elementarij ; pecche' la gelosia di questi altri e' piu' crudele, come ce lo dimostra Paracelso in un caso che narra, e che e' stato visto da tutta la citta' di Stranffemberg. Un Filosofo, con cui era entrata in comercio d'immortalita' una Ninfa, fu assai inonesta per amare una femina, come pranzava colla nuova Amata ed altri amici, si vidde nell'aria la piu' bella coscia del mondo : l'amante invisibile volle bene farla vedere agli amici del suo infedele, affinche' giudicassero del torto che aveva di preferirle una femina. Doppo che la ninfa sdegnata lo fece morire nello stesso momento.

- Ah signore (esclamai) Cio' potrebbe bene frastornarmi da queste amanti cotanto delicate..

- Confesso (replico' egli) che la loro delicatezza e' un poco violenta. Ma se si sono viste tra le femine alcune amanti irate far morire i loro spergiuri amanti, non bisogna stupirsi che queste amanti si' belle e fedeli si trasportino, quando vengono tradite, massime che elleno non esigono dagli uomini che d'astenersi dalle femine, i cui difetti non sono loro tolerabili, e ch'elleno ci permettono d'amarne, tra esse, quante ne vogliamo. Elleno antepongono l'interesse e l'immortalita' delle loro compagne alla sodisfazione particolare, ed elleno godono che i Savij dijno alla loro repubblica tanti figli quanto ne ponno dare.

- Ma infine (ripigliai) donde procede che ci sono tanti pochi esempi di quanto mi dice.

- Ve ne e' un gran numero (siegui' egli) ma' non vi si fa riflesso, o non vi si presta fede, od infine si spiegano male per mancanza du conoscerne i principi. Si attribuisce al Demonio quanto si deve attribuire agli Elementarj. Un Gnomicello si fa amare dalla famosa Maddalena della Croce, Abbadessa di un monastero di Cordova in Ispagna, Ella lo rende felice e l'accontenta fin dall'eta' di dodici anni, e continuano il loro comercio per trent'anni. Un direttore ignorante persuade Maddalena che il suo amante e' un folletto, e la costringe a chiedere assoluzione da Papa Paolo III. Frattanto e' impossibile che fosse un Demonio, pecche' tutta l'Europa ha saputo e Cassiodoro Renio ha' voluto mandar'alla posterita' il miracolo che si faceva ogni giorno a favore della zitella, il che non sarebbe successo se il suo comercio col gnomo fosse stato diabolico, come se lo prefiggeva il Venerabil Direttore. Questo Dottore avrebbe detto con ardire, se non m'inganno, che il Silfo che s'immortalava colla giovane Gertrude, monaca nel Monastrero di Nazzaretto nella diocesi di Colonia era qualche diavolo.

- Certo (gli dissi) e cosi' lo credo.

- Ah ! (siegui' egli ridendo) Se cio' e' il Diavolo, non e' guari infelice di poter aver un comercio di amore con una zitella di tredici anni, e scriverle i viglietti pieni di espressioni amorose che le furono trovati. Creda V. S. che il diavolo ha' nella regione della morte occupazioni piu' tristi ; ma e' cosi' che si chiudono volontariamente gli occhi. Si trova, per esempio, in Tito Livio che Romolo era figlio di Marte, i giudiziosi dicono esser una favola : i teologi che era figlio del Diavolo incubo ed i Spassosi che la Signora Silvia avea perduto li suoi guanti verginali,e che ne volle pagliare la vergogna , dicendo che un Dio gliele aveva rubbati Ma i Cabalisti dicono che questo Marte era un Salamandro, che, innamorato di Silvia la fece madre del gran Romolo, quell'eroe, che doppo aver fondata la sua famosa Citta', fu rapito da suo Padre in un carro infiammato, come fu' Zoroastre da Oromasi.. Un altro Salamandro fu' Padre di Servio Tullio ; Tito Livio dice che fu' il Dio del Fuoco, ingannato per la rassomiglianza ; e gli ignoranti a'nno fatto lo stesso giudizio, come del Padre di Romolo. Il famoso Ercole, e l'invincibile -Alessandro erano figlij del maggiore de' Silfi : gli Storici che lo ignoravano a'nno detto che Giove era loro Padre ; eglino dicevano la verita', posciache' come V. S, ha' udito, sendosi questi Elementarij erti in tante Divinita', gli Storici, che li credevano tali, chiamavano figli delli Dij tutti quelli che ne nascevano. Tal fu' Platone, Apollonio Tianeo, Ercole, Achille, Serpedone , il Pio Enea ed il famoso Melchisedec ; posciache sa chi fu il Padre di Melchisedec ?

- No (gli risposi).

- Il Padre di Melchisedec (ripiglio' egli) era un Silfo, e questo Re di Salem fu' concetto nell'arca dalla moglie di Sem. Il modo di sacrificare di questo Pontefice, era lo stesso che insegno' Egeria sua Cugina a' Numa, come altresi' l'adorazione di una divinita' sovrana senza imagini ne' statue ; per lo che divenuti li Romani Idolatri qualche tempo doppo, abbruciarono i libri di Numa, dettati da Egeria. Il primo Dio de' Romani era il vero Dio, il loro sacrifizio era il vero, eglino offrivano pane e vino al sommo monarca del Mondo, ma' tutto indi si perverti'. Dio non lascio' pero' in ricognizione del primo culto di dare a' questa citta' l'Impero dell'Universo. Lo stesso sacrifizio che Melchisedec.......

- La supplico Signore (interruppi) lasciamo li' Melchisedec, il Silfo che lo genero', Egeria sua Cugina ed il sacrifizio del pane e del vino. Queste pruove mi sembrano un poco vecchie : e V. S. mi obbligherebbe bene di dirmene di piu' fresche e nuove, perche' ho udito dire a' un dottore, a chi fu' chiesto ch' erano divenuti i compagni di quella spezie di Satiro che appariva a Sant'Antonio e che V. S. ha' nominato Silfo, che tutt' ora sono morti. Cosi' gli Elementarij potrebbero bene esser periti, giacche' V. S. li confessa mortali, e che non se ne ha' nuova alcuna.

- D'onde ha' pigliato questo Dottore (replico' egli gravemente) che gli elementi sono deserti, e che tutti que' popoli sono annichiliti ? Se volesse leggere un poco le storie, e non attribuire al Demonio, come fanno le Donnicciuole, quando supera la chimerica Teorica che si fa della natura, trovarebbe in ogni tempo e luogo pruove di quanto ho' detto. Che direbbe questi Dottore della storia autentica arrivata poco fa in Ispagna ? Una bella silfide si fece amare da uno Spagnuolo, visse con esso lui tre anni e poi mori'. Dirassi che fosse un Diavolo ? La bella risposta puuuh ! Secondo qual fisica puo' il Diavolo organizzare un corpo di Donna, concepire, partorire ed allattare ? Che pruova essi nella Scrittura, del potere che sono costretti i Teologi di dare al Demonio in tal' occasione ? E qual ragione verisimile puo' dar loro fievole fisica ? Del Rio gesuita narra molti di questi casi, e senza imbrogliarsi di ragioni fisiche conchiude che questi Silfidi erano Demonij ; cosi' i piu' gran Dottori non fanno bene spesso piu' delle Donnicciuole. Impari V.S. ad esser umile, ed a non dare, come fanno i Savij, a' Demoni alcun potere della natura, da che la pietra fatale li ha' rinchiusi nelle cloache abissali. Impari da' Filosofi a cercar sempre le cause naturali in ogni cosa straordinaria ; e quando queste mancano ricorri a' Dio ed a' suoi Angeli, e mai a' demoni, che non possono piu' niente che soffrire, Altrimente V. S. attribuira' al Diavolo l'onore delle opre piu' mirabili della natura. Quando gli si direbbe ad esempio che Apollonio Tianeo fu' concetto senza operazione d'uomo, e che un Salamandro scese per immortalarsi con sua Madre, V. S. direbbe che questo sarebbe un Demonio, e V. S. Darebbe la gloria al Diavolo della generazione d'uno de' maggiori uomini che siano usciti da' nostri matrimoni filosofici.

- Ma signore, (interruppi) questo Apollonio e' reputato tra noi per un grande stregone, ed e' quanto si dice di bene d'esso.

- Ecco (ripiglio') uno de' piu' mirabili effetti dell'ignoranza e della cattiva educazione. Perche' si odono dalla nodrice vane parole de' Stregoni, tutto lo straordinario non puol avere che il diavolo per autore. I maggiori dottori faccino quanto vogliono, non saranno creduti, se non parlano come le nodrici. Apollonio non e' nato d'uomo, intende il linguaggio degli uccelli, e' visto in uno stesso giorno in varij luoghi del mondo, sparisce alla presenza di Domiziano che vuol maltrattarlo, resuscita una fanciulla per virtu' onomantica ; dice un Efeso in una ragugnanza di tutta l'Asia, che nella stessa ora vien' ucciso a Roma il Tiranno. Si tratta di far giudizio di quest'uomo, la nodrice dice che era uno Stregone, S. Gerolamo e S Giustino martire dicono che non e' che un Gran Filosofo. Gerolamo, Giustino ed i nostri Gabalisti saranno ghiribizzosi, ed una donnicciuola avra' la vittoria. Ah ! che l'ignorante perisca nella sua ignoranza, ma' si salvi V. S. dal naufragio. Quando V. S. leggera' che il famoso Merlino nacque senza operazione d'uomo, d'una monaca, figlia del Re' della Gran Bretagna, e che egli prediceva il futuro piu' chiaramente di Tiresia, non dica col popolo che fosse figlio d'un Demonio incubo, perche' non e' vero, ne' profetizzo per arte diabolica, perche' il Demonio e' la piu' ignorante di tutte le creature. Dica co' Savij che la Principessa Inglese fu' consolata nella sua solitudine da un Silfo che aveva compassione d'essa, che piglio' cura di darle spasso, che seppe piacerle, e che Merlino loro figlio fu' aglievato dal Silfo in ogni scienza, ed imparo' da esso a' fare tutte le cose mirabili narrate dalla Storia d'Inghilterra. Non faccia, di grazia, l'oltraggio a' Conti di Cleve di dire che il Diavolo e' Padre loro, ed abbia meglior opinione del Silfo, che, dice la storia che ando' a Cleve sovra una nave miracolosa tirata da un Cigno che vi era attaccato con una catena d'argento ; questo Silfo doppo aver avuto varij figli dalla erede di Cleve riparti' un giorno di mezo di' a' vista di tutto il mondo sovra la sua nave aerea ; e che ha' egli fatto a' Dottori d'ergerlo in Demonio ? Dara' V. S. a' Conti di Poitiers della Casa di Lusignan di Francia una generazione diabolica ? Che dira' V. S. Della loro famosa Madre ?

- Stimo, Signore (interruppi) che V. S : mi vuol raccontare la favola di Melussina ?

- Ah ! se V. S. (ripiglio' egli) vuol negarmi la storia di Melussina, gli cedo tutto ; ma' se lo niega, bisognera' metter nel fuoco di libri di Paracelso, che sostiene in cinque o sei luoghi differenti non esservi cosa piu' certa che questa Melussina era una Ninfa e bisognera' far mentire gli Storici di Francia, che dicono che doppo la sua morte, o, per dir meglio, dopo che sparve agli occhi del Marito, non ha' mai mancato, ogni fiata che i suoi discendenti erano minacciati di qualche disgrazia, o' che qualche Re' di Francia doveva morire straordinariamente, di comparire in abito lugubre sulla gran torre del Castello di Lusignano ch'essa aveva fatto edificare. V. S. avrebbe, e sarebbe in discordia co' tutti li discendenti di questa Ninfa, o' che sono parenti di questa famiglia, se si ostina a' dir che fosse il Diavolo.

- Pensa V. S. (gli dissi) che questi Signori amino piu' tosto esser originarij da' Silfi ?

- Certo, (replico' egli) se sapesser quanto dico a V. S. , e si recarebbero a' grand'onore tali nascite straordinarie. Non e' egli piu' glorioso per que' sgnori di descendere da queste Creature si' perfette, savie e potenti, che da qualche spirito impuro o' da qualche infame Asmodeo.

- Signore (gli dissi) i Teologi non asseriranno mai che il Diavolo sia Padre di tutti questi uomini, che nascono senza che si sappia chi li mette al mondo. Eglino sanno che il Diavolo e' uno spirito, e che cosa non puo' generare.

- Gregorio di Nizza (ripiglio' egli) non dice questo, posciache' tiene che i Diavoli si moltiplicano tra essi, come gli uomini.

- -Non siamo del suo parere (riplicai) ma' succede (dicono i nostri dottori) che......

- -Ah ! non dica (interruppe egli) quanto dicono, altrimenti V. S. direbbe com' essi una sporchezza abominevole. É cosa Stupenda come a'nno tutti abbracciato questa lordura, e come a'nno pigliato piacere di mettere delle scudelette in imboscate per profittare dell'oziosa bestialita' de' solitarj, e metterne prontamente al mondo questi uomini miracolosi, di cui denegrano e deturpano la memoria illustre con un'origine si' turpe e sporca.

Chiamano eglino cio' un filosofare ? E ella cosa degna di dire, che Dio abia questa compiacenza per i Demoni, di favorire queste abominazioni, di concedere loro la grazia della fecondita', refutata a' tali Santoni, e di ricompensare queste sporchezze col creare per questi embrioni d'iniquita', animi piu' eroici che per quegli, che sono stati formati nella castita' d'un matrimonio legittimo ? É ella cosa degna della Religione di dire, come fanno i Teologi che il demonio puo' con tale abominevole artifizio ingravidare una Vergine , mentre dorme senz'intaccare la sua verginita' ? Il che e' tanto assurdo quanto e' la storia di Tomaso D'Aquino (d'altrove autore sodo, e che sapeva un poco di Gabala) che dice nel suo sesto quodlibet d'una fanciulla corcata con suo Padre a' chi fa succedere un simil caso a quello che dicono alcuni falsi Rabini, che avvenne alla figlia di Gieremia, alla quale fanno concepire il Gran Cabalista Benfiracco coll'entrare nel bagno doppo il Profeta. Giurerei che tale impertinenza e' stata inventata da qualche........

- Se osassi Signore (interruppi) far pausa alla di lei esclamazione, confesserei per aquetarla, che sarebbe bene che i Teologi avessero trovato qualche soluzione che offendesse meno gli orecchi puri come li suoi. O dovevano niegare totalmente i fatti de' quali si tratta.

- Buon mezo (ripiglio' egli) eh ! che mezo e' questo di niegare cose verissime ? Si metti V. S. nella vece di un Teologo, e supponga che il Beato Danuzero venga da V. S. come all'oracolo della sua Religione per iscuoprire la sua coscienza e gli dica : Signore io vengo d'Ultra montes. Ho' uno scrupolo che mi stimola la coscienza. Vi e' in una montagna d'Italia una Ninfa che tiene cola' la sua Corte : Mille Ninfe la servono, quasi tanto belle ch'essa : molti uomini belli, sapienti ed onesti vanno cola' da tutta la terra abitabile ; eglino amano queste Ninfe, e ne sono amati ; vi menano la vita piu' dolce e tranquilla del mondo ; a'nno bellissima prole da quelle che amano ; adorano Dio vivente ; non nuocono ad alcuno e sperano l'immortalita'. Spasseggiavo un giorno in questa montagna ; piacqui alla Ninfa Regina, si rende visibile, mi mostra la sua bella Corte. I savij, che s'accorgono che questa mi ama mi rispettano come loro Principe, mi esortano a corrispondere a' sospiri ed alla belta' della Ninfa ; ella mi dice il suo martirio, e non lascia in oblio cosa veruna per muovermi, e mi rimostra infine che morira' se non la voglio amare, e che se io l'amo mi sara' tenuta della sua immortalita'. I ragionamenti di que' Savj a'nno convinto il mio animo e le bellezze della Ninfa a'nno guadagnato il mio cuore : io l'amo e ne ho' figli di grande speranza, ma nel mezo della mia felicita' son' alle volte intorbidato dalla rimembranza che la Chiesa Romana non appruovi farsi tutto questo. Vengo dunque da V. S. per sapere chi e' questa Ninfa, questi Savj, questi figli, ed in che stato sia la mia coscienza. che risponderebbe dunque V. S. al signor Danuzero ?

- Gli direi (risposi) con rispetto al Signor Danuzero, V. S. e' un poco pazzo, o' la sua visione e' un' incantesimo ; i suoi figli e la sua Amata sono Demoni ; i Savj sono pazzi e la sua coscienza e' ulcerata.

- Con tal risposta (ripiglio' egli con un sospiro) V. S. potrebbe meritare la beretta dottorale, ma non gia' ‘essere ricevuto fra' noi. Ecco la disposizione in che sono tutti li Dottori d'oggidi'. Un povero Silfo non oserebbe mostrarsi senz'essere creduto un folletto ; una Ninfa non puol' applicarsi a divenir immortale senza passare per una fantasima impura, ed un Salamandro non osa apparire di paura d'essere pigliato per un Diavolo, e le fiamme pure che lo compongono per un fuoco d'inferno, che lo concomita per tutte. Per quanto faccio per mostrare che non sono nemici di Dio, non ponno ottenere che non siano reputati rubelli a quel Dio che adorano piu' religiosamente di quegli che li fuggono.

- In verita' Signore(gli dissi) V. S. crede che siano Elementarj molto divoti ?

- Divotissimi (rispose egli) e zelantissimi per la divinita' : Li discorsi eccellentissimi che ci fanno dell'essenza divina e le loro orazioni, ci edificano molto.

- Anno eglino (gli dissi) altresi' Orazioni ; desiarei bene di vederne una.

- Egli e' agevole a soddisfarla (ripiglio') ed a' fine di non riferirne una che possa parer sospetta, veda quella che riferisce Porfirio, che il Salamandro che rispondeva nel Tempio di Delfi volle ben insegnare a' Pagani. Ella contiene una Teologia sublime, e vedra' da quella che non mancava da quelle Creature, che il mondo non adorasse il vero Dio.

- Io l'ho' letta (risposi) e l'ho' udita parafrasare da un Predicatore che provava con cio' che il Diavolo, oltre gli altri vizj che ha'., soprattutto e' un grand'Ipocrita.

- Embe' (ripiglio' egli) non tema che io le domandi, ma almeno non si stupisca per l'avvenire se non vede tanti esempi quanto ne vorrebbe della loro allianza cogli uomini. Oh Dio ! dov'e' la femina chi li Dottori non abbiano corrotto l'imaginazione ? che non guardi con orrore questo comercio, e che non tremasse all'aspetto di un Silfo ? Dov'e' l'uomo che non fugge di vederle, se si vanta d'essere uomo dabbene ? Si trova dunque che rarissimamente un uomo onorato, che voglia la loro famigliarita' ? Ed evvi solamente la gente dissoluta, avara, ambiziosa od ingannatrice che cerchi quell'onore ? che non avranno pero' mai (Viva Dio) : perche' il trimor di Dio e' il principio della Sapienza.

- Che divengono dunque (gli dissi) tutti questi popoli volanti ora che le persone da bene sono preoccupate contr'esse ? Ah ! il braccio di Dio non e' accorciato, ed il Demonio non trae tutto il vantaggio che sperava dall'ignoranza e dall'errore che ha' sparso a pregiudizio loro ; posciache' oltre che i Filosofi, che sono in gran numero, vi rimediano quanto ponno col rinunziare le Donne, dio ha' permesso ad essi di servirsi di tutti gli artefizj innocenti che potranno trovare per conversare cogli uomini senza loro saputa.

- E che mi dice V. S. ? (esclami)

- Gli dico la verita' (siegui' egli) Crede V. S. che un cane, una scimia ed un orso possino aver prole da una Donna ?

- No (risposi) ne' un cane, ne scimia ned orso ; questo e' impossibile senza dubbio ; contro lanatura, contro la ragione ed il buon senso.

- Molto bene (diss' egli) ma' i Re' de' Goti non sono eglino nati d'un' orso e d'una Principessa Svezzese ?

- Egli e' vero (ripigliai) la storia lo dice.

- Ed i Pegusei, ed i Sionesi delle Indie (replico' egli) non sono eglino nati d'un cane e d'una Donna ?

- Ho' letto ancora questo (gli dissi).

- E quella Donna Portughese (continuo' egli) che esposta in un'isola deserta, ebbe prole da uno scimmiotto ?

- I teologi (gli dissi) rispondono a cio', che pigliano il diavolo in figura di tai bestie....

- V. S. m'addurra' ancora (interruppe egli) le immaginazioni sporche di questi Autori. Comprenda una fiata per sempre che vedendo Silfi che sono pigliati per Demonj quando appariscono in forma umana, per isminuire l'avversione che si ha' d'essi, pigliano la figura di tai animali, e s'aggiustano cosi' alla fievolezza ghiribizzosa delle Donne, che avrebbero orrore di un bel Silfo, e che non ne a'nno tanto per un cane, un'orso e per un scimiotto. Potrei dirvi varie storiette de' cani di Bologna con certe zitelle del mondo ; ma' voglio darvi contezza d'un maggior segreto. Sappia che tale vi e', chi si stima figlio d'un uomo, che e' figlio d'un Silfo. Tale crede di essere con sua moglie, che senza pensarvi immortala una Ninfa. Tal donna pensa abbracciar suo Marito, che tiene tra' le braccia un Salamandro e tal fanciulla giurarebbe nello svegliarsi che e' Vergine, che ha' avuto dormendo un' onore che non sa. Cosi' il Demonio e gl'Ignoranti vengano delusi ugualmente.

- Come ! Il Demonio (gli dissi) non saprebbe egli risvegliare questa fanciulla addormentata per impedire al Salamandro d'immortalarsi ?

- Lo potrebbe (ripiglio' egli) se li Savj non vi mettessero ordine, ma noi insegnamo a' que' popoli di vincigliar'il Demonio ad opporsi a' loro sforzi. Non gli diss'io che que' popoli si stimano fortunati, quando vogliamo insegnar loro la nostra Gabala. Senza il nostro aiuto, il Diavolo, gran nemico loro, recarebbe loro gran disturbo, e stentarebbero ad immortalarsi senza saputa delle fanciulle.

- Non posso (replicai) ammirare assai l'ignoranza profonda nella quale siamo immersi. Si crede che le potenze aeree aiutano ale fiate gli amanti a' conseguir l'intento, ma' la cosa va' al contrario, pecche' elleno a'nno d'uopo che gli uomini le servano nei loro amori.

- V. S. ha' indovinato (disse egli) Il Savio da' soccorso a' quei poveri popoli, troppo fievoli senza tal aiuto pe resistere a' Diavoli. Cosi' quando a'nno imparato a' pronunciare Gabalisticamente il nome di Dio, tutte le potenze delle tenebre fuggono, ed i Silfi godono tranquillamente quanto amano. Cosi' fu imortalato quell'ingegnoso Silfo che piglio' la figura dell'amante di una Signora di Siviglia, la cui Storia e' nota. La giovane Spagnuola era bella, ma tanto crudele quanto bella. Un cavagliere Castigliano che l'amava inutilmente, risolvette di partire una mattina senza dir niente, e d'andar a' viaggiare finche' fosse risanato della sua passione inutile. Trovando un Silfo questa bella a' suo grado, piglio' questo tempo ed armandosi di quanto uno de' nostri gli insegno' per difendersi dagli aguati che gli avrebbe potuto suscitar il Diavolo invidioso della sua buona fortuna, va a vedere la Dama sotto forma dell'amante lontano, si lagna , sospira, vien ributtato. Spigne, sollecita, persevera, dopo alcuni mesi fa breccia, si fa amare, persuade, e vien' infine accontentato. Nasce dal'amor loro un figlio, la cui nascita viene celata a' parenti colla destrezza dell'amante aereo. L'amore continua, si ha' una seconda gravidanza, fra tanto il Cavagliere riavutosi per l'assenza dell'amore, ritorna a Siviglia, ed impaziente di rivedere la sua inumana, corre a' dirgli che e' infine in stato di non piacerle piu', e che va' ad annunciarle che non la ama piu'. Si prefigga di grazia l'aggechimento della zitella, la sua risposta, i suoi pianti, i suoi rimbrocci e tutto il loro Dialogo. Essa gli sostiene che l'ha' accontentato, ed egli lo niega ; che il loro figlio commune e' in tal luogo, e che egli e' il padre d'una ch'essa aveva nel grembo ; ed eli s'ostina a niegare . Ella si desola, si svelle i capelli ; i parenti corono a' queste grida ; l'Amante disperata continua a' lagnarsi ed ad invettivare ; verifica che il gentiluomo era assente da due anni ; si cerca il primo figlio, si trova, ed il secondo nacque a' suo tempo.

- E l'amante aereo (interruppi) che faceva egli fra' tanto ?

-Vedo bene (rispose egli ) che V. S. trova strano che abbia abbandonato la sua Amante al rigore de' Parenti od al furore degl' Inquisitori, ma' aveva una ragione di duolersi d'essa. Ella non era assai devota, poiche' quando questi si sono immortalati s'oppongono gravemente, e vivono santamente per non perdere il diritto che acquistano al possesso del sommo bene. Cosi' vogliono che la persona amata, viva con un innocenza esemplare, come si vede nel celebre Caso d'un signore di Baviera. Egli era inconsolabile della morte di sua moglie, che amava con passione. Una Silfide fu' consigliata da' nostri Savj di pigliare la figura umana, essa lo fece, e si presento' al giovane afflitto dicendo che Dio l'aveva risuscitata per consolarlo della sua estrema afflizione. Eglino vissero assieme molti anni, ed ebbero fanciulli bellissimi. Ma' il giovane non era assai uomo da bene per ritenere la Savia Silfide. Egli giurava e diceva parole inoneste. Essa l'ammoni' spesso ; ma' vedendo inutili le sue ammonizioni, disparve un giorno, e non gli lascio' che le vesti, col pentimento di non aver voluto sieguire i suoi Savj Consegli. Cosi' V. S. vede, che i Silfi a'nno alle fiate ragione di sparire, e V. S. vede che il Diavolo non puol' impedire, non piu' che i ghiribizzi fantastici de' Teologi, che gli Elementarj non s' apponghino con esito alla loro immortalita', quando sono soccorsi da' nostri Savj.

- Ma di grazia, Signore (ripigliai) Tiene V. S. per vero che il Demonio sia tanto nemico a' questi subornatori di zitelle ?

- Nemico mortale (diss' egli) sovra tutto degli Ondini , Silfi e Salamandre. Poscia che per i Gnomi, non li odia tanto perche', come credo, spaventati li Gnomi dagli urli spaventevoli de' Demoni che odono nel centro della terra, vogliono piu' tosto rimanere mortali, che arrischiare d'essere tormentati cosi', se acquistassero l'immortalita'. Da cio' procede che i Gnomi ed i Demonni loro vicini a'nno gran comercio, questi persuadono a' Gnomi, amici naturalmente dell'uomo, essere un rendergli servizi di rilievo e liberarlo d'un gran pericolo di ubbligarlo a' rinunziare la sua immortalita'. S'impegnano percio' di somministrare all'uomo, a' chi possono persuadere tal rinunzia, tutto il danaro che domanda, di frastornare i pericoli che potrebbero minacciare la sua vita fin'a' certo tempo, od altra condizione che piace a' chi fa questo patto infame ; cosi' il Diavolo, il furbo che e', col mezo de' Gnomi cerca di mortalare l'anima dell'uomo e sottrarla alla vita eterna.

- Come signore (esclamai) questi patti di cui riferiscono i Demonografi tanti esempj, non si fanno dunque col Diavolo.

- No certo (ripiglio' egli) Il Principe del mondo non e' egli stato scacciato fuori ? Non e' egli chiuso ? Non e' egli legato ? Non e' egli la terra maledetta e dannata che e' rimasto al fondo dell'opra del supremo ed Archetipo distillatore ? Puol' egli salire nella regione di luce e spargervi le sue tenebre concentrate. Ah ! Egli non puo' cosa veruna contro l'uomo. Non puo' che ispirare a' Gnomi suoi vicini di venir' a' fare tai proposizioni a' quegli tra gli uomini che teme di piu' che siano salvati, sperando di far morire l'anima col loro corpo.

- Si che (io aggiunsi) secondo V. S. quest' anime muorono ?

- Io non l'asserisco ; ma' alcuni dicono che muorono, e cosi' se cio' fosse, non sarebbero dannati.

- Se questo fosse (ripigliai) sarebbero dunque puniti lievemente d'aver fatto un crime, d un fallo coranto enorme, di rinunziare al Battesimo ed alla morte del Signore.

- Se cio' fosse vero (ripiglio' egli) chiamerebbe V. S. esser puniti lievemente di rientrare negli abissi oscuri del niente. Io la stimerei maggior pena che d'esser dannato. É una grazia grande il non consumarli col fuoco che li abbrucera'. Il niente e' un maggior male dell'Inferno. Questo e' quanto predicano i Savj e' Gnomi quando li ragunano per far loro capire il torto che si fanno di preferire la morte all'immortalita' ed il niente alla speranza della beata eternita', che ponno possedere col mezo degli uomini senz'esigere da essi alcuna rinunzia colpevole. Alcuni ci credono e li maritiamo alla femina.

- Vangelizzano dunque loro Signori a' popoli sotterranei ? (gli dissi)

- Certo, noi siamo i loro Dottori, come anche degli altri. E com'eglino sono piu' sottili che il commune degli uomini, sono piu' docili e piu' capaci di disciplina, ed odono le verita' sagre con gran rispetto.

- In effetto (dissi ridendo) dev'esser bello di vedere un Cabalista sul Pergamo a' predicare a' que' Popoli.

- Lo faro' quando piacera' a V. S. (mi rispose ) e predicaro' loro alla meza notte.

- Alla meza notte ! (esclamai) ho' udito esser l'hora del Sabbato, sia Sinagoga, o Tregenda degli Stregoni.

Il Conte si pose a' ridere.

- V. S. mi fa ricordare di tutte le pazzie che riferiscono i Demonografi sovra questa chimerica ragunanza , o' Sabbato. Vorrei bene che V. S. lo credesse altresi'.

- Ah ! per le favole (ripigliai) della Sinagoga l'assicuro che non ne credo una.

- V. S : fa bene (diss' egli) pecche' il Diavolo non ha' il potere di burlarsi cosi' del genere umano, ne' di far patti cogli uomini, e meno ancora di farsi adorare, come si persuadono gl'inquisitori. Quanto ha' dato luogo a' questi rumori popolari, e' che i Savj ragunano gli abitanti degli Elementi per predicar loro i misteri e la morale ; e come alle volte qualche Gnomo riviene dasl suo errore, capisce gli orrori del niente ed acconsente d ‘ esser immortalato, gli si da' moglie, le nozze si celebrano con allegrezza, e sono queste le danze ed i gridi d'allegrezza che Aristotele dice che s'udivano in certe isole dove pero' non si vedeva alcuno. Orfeo fu' il primo che convoco' questi popoli sotterranei, ed alla sua prima predica, Sabbasio il piu' vecchio de' Gnomi fu' immortalato, e da Sabbasio ha' il nome questa ragunanza, al quale a'nno i Savij diretta la parola, Finche' ha' vissuto, come si vede negl'inni di Orfeo. Gl' Ignoranti a'nno confuso la cosa, ed a'nno pigliato luogo di fare sovra di cio' mille favole, e di infamare una ragunanza che non si convoca che a' gloria del sommo essere.

- Non mi sarei mai prefisso (gli dissi) che questa fosse una ragunanza di devozione.

- Fra' tanto ella e' bene (replico') e buona, e Cabalista ; il che non si crede. Ma tale e' l'acciecamento del mondo. Ponno i Savj fare quanto vogliono, un Frate guadagna sovra la verita', e vien creduto piu' ad un capuccio che a' propri occhi. Vi e' stata in Francia una pruova notabile di questa credulita' popolare. Il famoso Nedecchia Gabalista si pose in capo sotto il Regno di Pipino di convincere il mondo che gli elementi erano abitati da' detti popoli. Il mezo che trovo' fu' di consigliare a' Silfi di mostrarsi a tutti nell'area. Si vedevano queste creature in forma umana, ora ordinate in battaglia, andare in buon ordine, od armate, od accampate sotto superbi padiglioni ; ora su navi aeree d'una mirabile struttura la cui flotta volante veleggiava a' grado de' Zefiri. Il secolo ignorante non s'appose a discorrere sulla natura di tai spettacoli meravigliosi. Il popolo crede' subito che fossero stregoni, apponderati dell'aere per eccitarvi tempeste, e gragnuolare la messe.

I Teologi e Giuristi furono del parere del popolo, e gl' Imperadori lo credettero altresi', e questa chimera ando' si' avanti che Carlo Magno e Luigi il Buono imposero pene gravi a' questi supposti Tiranni dell' aere, come si puo' vedere nel capitolo I° delle Capitolari di que' due Imperadori.

Vedendo i Silfi che il Popolo, i Pedanti e le Teste Coronate erano contro essi, per far prendere la cattiva opinione della flotta loro innocente, risorsero di rapire uomini d'ogni parte, di far vedere le loro belle femine, la loro Republica, governo e pulizia, e poi riporli a terra in varj luoghi del mondo ; e cosi' fecero. I popoli che vedevano scendere questi uomini, correvansi d' ogni parte, e preoccupati che fossero Stregoni staccati da' loro compagni per andar'a' gettar veleno ne' frutti e fonti, secondo il furor ispirato da tali immaginazioni, strascinavano quei innocenti al supplizio ; e ne fecero perire molti coll'acqua e col fuoco. Un giorno tra' gli altri si videro a' Lione scendere da queste navi aeree tre uomini ed una donna . Tutta la citta' si raguna, sgrida, ed esclama che sono Maghi mandati da Grimoaldo Duca di Benevento nemico di Carlo Magno, per dissipare la messe de' Francia. Non ostante che questi quattro dichino che sono del paese, che sono stati rapiti da uomini miracolosi che a'nno loro fatto vedere meraviglie inaudite, e li a'nno pregati di riferirle.

Il popolo ostinato non ode le loro difese, ed andava a' gettarli nel fuoco, quando Agobardo Vescovo di Leone, che aveva acquistato grand'Autorita' mentr' era frate in quella citta', pronunzio' dopo aver udito l'accusa del Popolo e la difesa degli Accusati, che ambedue erano false. Che tai uomini non erano scesi dall'aere, e che quanto eglino dicevano che avevano visto era impossibile.

Il popolo presto' maggior fede ad Agobardo che ai proprj occhi, s'aqueto', libero' i quattro ambasciatori de' Silfi, e riceve' con istupore il libro d'Agobardo fatto sovra cio', e cosi' la testimonianza di quattro fu' resa vana.

Fra' tanto, come vennero sottratti al supplizio, furono liberi di raccontare quanto avevano veduto, il, che non fu' senza frutto, poiche' si ricorda bene che il secolo di Carlo Magno fu' pieno d'uomini Eroici, il che denota che la Donna che era stata appo i Silfi, trovo' credito appo le Dame di quel tempo, e che cosi' molti Silfi s'immortalarono. Molte Silfidi divennero altresi' immortali per il racconto fatto dalli tre uomini della loro belta', il che fece applicare gli uomini un poco alla Filososfia, e da cio' sono venute tutte le storie delle Fate, che si trovano nelle leggende amorose del ssecolo di Carlo Magno e de' sieguenti. Tutte quelle Fate non erano che Silfidi e Ninfe, e quelle storie ponno dare idea dello Stato al quale vogliono una fiata i Savj ridurre il mondo. Que' uomini eroici, quegli amori di Ninfe, que' viaggi al Paradiso terrestre, que' palazzi e boschi incantati, non e' che un'idea piccola della vita de' Savj, e di quanto fara' il mondo quando vi regnera' la sapienza. Non vi si vedranno che Eroj ; i minimi dei nostri figli saranno come Zoroastre, Apollonio, Melchisedec, e la maggior parte sarebbero tanto perfetti, come i figli che Adamo avrebbe avuto d' Eva se non avesse peccato.

- Ma piano Signore (interruppi) non mi ha V. S. detto che Adamo ed Eva non dovevano aver figli, che Adamo non doveva amare che Silfidi ed Eva che Silfi o Salamandri ?

- Egli e' vero (ripiglio' egli) non dovevano avere figlj per lo mezo che ne ebbero.

- La di lei Gabala (continuai) da' qualche invenzione all'uomo ed alla Donna di far figli altrimente che col metodo ordinario ?

- Certo ( ripiglio' egli)

- Eh di grazia (sieguii) Signore la supplico di dirmelo.

- Embe' (rispose egli) voglio far vendetta de' popoli Elementari con non sodisfare la sua curiosita' per adesso. Fra tanto pensi lei a deliberarmi con qual spezie di sostanza di sostanze Elementarie vorra' far parte della sua immortalita' ; ed io vado a studiare per far discorso questa notte a' Gnomi.

Vorrei ben esservi, e vederne alcuni de' piu' sapienti (gli dissi)

- Embe' verso la meza notte la verro' a pigliare (replico' egli).

Veramente un'ora prima della meza notte mi venne a' pigliare, e mi condusse in una caverna dove convoco' molti Gnomi, a' quali predico' con lungo discorso l'eccellenza dell'uomo affine di spegnerli a' cercare l'alleanza. Spiego' quanto disse Averroe e poi Aristotele dell'intelletto e del sommo bene. Non ho' mai udito un discorso piu' belo e sodo. Io fra' tanto temevo all'affetto di costoro e tremavo, imaginandomi sempre che sotto quelle apparenze umane vi era nascosta la natura diabolica. Non lasciai pero' doppo il discorso di parlare col principale, il quale m'insegno' molti segreti della natura, massime chimici. Lasciai poi il Signore, e doppo non l'ho' piu' veduto pecche' io fui costretto di partire con questo Re' per Cristianestatte, ed al ritorno trovai ch'egli si era imbarcato per la Francia : Vivo in impazienza grande di sapere tutte le demenze Gabalistiche e sovra tutto il modo di aver l'impero sovra questi Elementarj , che se l'avro' puo' star certa, che subito la communichero' a V. E.. Fra tanto mi spiego' sovra queste bagattelle , che non a'nno fatto impressione alcuna nella mia persona, pecche' tutte queste cose le stimo false e tutte queste apparizioni son diaboliche ed infernali. Chi crede altrimenti e' pazzo, fatuo e demente, e chi le rigetta, detesta ed abbomina sara' Santo, prudente ed uomo da bene. Cosi' credo che fara' V. E. . Non vorrei che l ‘Inquisizione mia persecutrice si formalizzasse di quanto scrivo in questa lettera che potrebbe offendere in altro modo la scrittura Sagra, quanto la puol' offendere, mi dichiaro che il mio cuore e' di abominarlo e detestarlo, facendo professione di esser suo Cristiano, col qual carattere prego Dio di farmi vivere e morire, congiuntamente con quello

D. V. E.

Da Coppenaga li' 11 Luglio 1666

Umilissimo, ed Ubb.mo Serv.re

Francesco Borri

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