| Platone - I misteri eleusini Alla parte intitolata a Platone lo Schuré dedica un più breve giro di pagine, ed è, dal suo punto di vista, perfettamente logico: l'iniziazione, il misterismo greco, hanno, infatti, già avuto ampia trattazione sotto i nomi di Orfeo e di Pitagora, e d'altra parte non si può riconoscere in Platone un riformatore ed un iniziatore, del tipo di quelli che l'Autore ci ha finora messo dinanzi.
Si noti subito che, nell'economia della storia religiosa dello Schuré, Platone non può avere il posto, che egli occupa, invece, nella storia del pensiero filosofico. Per lo Schuré, infatti, Platone non è in sostanza che un discepolo, un volgarizzatore, pur genialissimo, del pitagorismo, la cui importanza sta soprattutto nel rappresentare il tramonto del genio spirituale ed esoterico dei Greci, così come Orfeo ne rappresenta l'aurora e Pitagora lo splendente meriggio. Ma al fascino religioso e poetico dell'opera platonica non ci si può facilmente sottrarre, così anche Schuré gli assegna un posto fra gli otto «Grandi Iniziati» dell'umanità. Ed invero la vita stessa di Platone si riaccosta a quella dei sommi, sui quali ci siamo finora intrattenuti.
La nascita in Atene, la giovinezza studiosa ma brillante, le prime fortune del giovane sulla via dell'arte poetica, i suoi rapporti culturali con Socrate e l'intuizione di una più alta sapienza, cui vale la pena di dedicare la vita, sono i primi passi della formazione intima platoniana. Dinanzi ai suoi amici, riuniti ad un ultimo convito, il filosofo sceglie la sua via: sacrificherà il passato e l'avvenire di poeta e di tragico, seguirà Socrate, maestro di pensiero e di verità. I giovani compagni lo guardano con incredulo stupore, ma la decisione è fermamente, inesorabilmente presa: i rotoli di papiro di tutte le opere poetiche di Platone si accartocciano tra le fiamme; muore un poeta e un grande poeta, a giudicare dall'unico verso che ci sia rimasto, appassionato come un verso di Saffo, scintillante di luce come una notte stellata sul mare delle Cicladi:
«Vorrei essere il cielo per essere, tutt'occhi, e guardarti»
Muore un poeta, dicevamo, ma nasce uno dei più grandi eroi del pensiero umano. Ben presto il maestro, il mite e inoffensivo Socrate, è chiamato dagli Dei a toccare i fastigi del martirio e della morte; e la impressione di quella tragica scena suprema rimarrà incancellabile nella mente di Platone, che scriverà tutte le sue opere nel nome di Socrate, elevandogli cosi un monumento più duraturo del bronzo, per dirla con il Poeta latino.
Ascoltiamo per un istante Schuré:
«La serena immagine di Socrate, che moriva per la verità è passava l'ultima ora a discorrere dell'immortalità dell'anima coi suoi discepoli, s'impresse nel cuore di Platone come il più bello degli spettacoli e il più santo dei misteri: fu questa la sua prima, la sua grande iniziazione».
Dopo la morte di Socrate, è giunto per Platone il momento di completare il suo sapere, risalendo alle fonti. Anch'egli compie così il suo viaggio di formazione o di conoscenza, ascoltando gli insegnamenti dei filosofi dell'Asia Minore, iniziandosi in Egitto ai misteri di Iside, cercando nella Magna Grecia l'insegnamento originario dei pitagorici. Torna fïnalmente ad Atene e qui, fondata l'Accademia, inizia la sua opera poderosa ed eterna.
Nulla vi è di più facile che rintracciare fra i volumi di Platone, dice Schuré, le diverse parti della dottrina esoterica: nel «Fedro» la teoria dell'Idee, che corrispondono ai numeri sacri di Pitagora; nel «Timeo» la cosmogonia esoterica; nel «Convito» e nel «Fedone» la dottrina dell'anima. Ma è Platone come fondatore dell'Idealismo, come scopritore della «categoria dell'Ideale», che merita il sommo elogio e il posto fra i «Grandi Iniziati»:
«L'Idealismo è l'affermazione ardita della verità divina, fatta dall'anima, che s'interroga nella solitudine e giudica delle realtà celesti dalle sue facoltà intime e dalle sue voci interiori. L'iniziazione è la penetrazione di queste stesse verità per mezzo dell'esperienza dell'anima, della visione diretta dello spirito, della resurrezione interiore; nel suo grado supremo è il giungere dell'anima a comunicare col mondo divino. L'ideale è una morale, una poesia, una filosofia; l'iniziazione è una visione, un'azione, una presenza sublime della Verità. L'ideale è il sogno e il desiderio della patria divina; l'iniziazione, tempio degli eletti, ne è il chiaro ricordo ed anche il possesso. Costruendo la categoria dell'ideale, l'iniziato Platone, creò dunque un rifugio, aprì la via di salvezza a milioni d'anime, che non possono giungere in questa vita all'iniziazione diretta, ma aspirano dolorosamente alla verità. Platone fece, quindi, della filosofia il vestibolo d'un santuario futuro, chiamandovi tutti gli uomini di buona volontà. L'idealismo dei suoi numerosi figli, pagani o cristiani, ci appare come la sala d'aspetto della grande iniziazione. Questo ci spiega la straordinaria popolarità e la forza radiosa delle idee platoniche, forza che risiede nel loro fondo esoterico».
L'ultimo capitolo di questa parte dedicata a Platone è dall'Autore riservato ai Misteri Eleusini sacri a Demetra e Proserpina, che furono - fra tutti i culti misterici - i più venerati e seguiti nell'antichità greca e latina. Cerere-Demetra, venerata dal popolo come terra madre e dea dell'agricoltura, è per gl'iniziati di Eleusi la luce celeste (madre delle anime) e l'intelligenza divina (madre degli dei cosmogonici): qui sta il profondo valore di questi Misteri, ove si insegnava la grande dottrina esoterica dell'Egitto, sotto le vesti di una mitologia plastica e meravigliosa.
Seguiamo ancora una volta il cammino dell'aspirante all'iniziazione:
Dopo un esame preliminare che ne accertava le doti morali, egli egli era introdotto nel sacro recinto del tempio. Seguivano molti giorni di sacre cerimonie, istruzioni, preghiere, digiuni e abluzioni. Veniva, quindi, una nelle cerimonie cruciali: la rappresentazione drammatica, nel bosco sacro del tempio, del mito di Celere e Proserpina. Vera e propria rappresentazione, in cui si ricostruiva tutta la vicenda del mito: Cerere che lascia la figlia Proserpina intenta a tessere, sul mitico velo, le immagini della divina teogonia; Proserpina che, giunta a disegnare il volto di Eros, non sa resistere alla tentazione di conoscerlo e, contro l'istruzione della madre, lo invoca; l'apparire del Dio tentatore; Proserpina, che coglie il narciso, fiore della seduzione; la terra che si apre per lasciare la via al rapito Plutone; la giovane dea trascinata nelle regioni dell’Averno.
Mitico racconto, abbiamo già detto, in cui era adombrata la vicenda dell'anima e che aveva, quindi, per il novizio, il valore di una mistica rivelazione. Erano questi i così detti «Piccoli Misteri». I «Grandi Misteri», non si celebravano che ogni cinque anni e duravano ben nove giorni, in un seguito di feste simboliche, alcune delle quali pubbliche e popolari, come la processione con cui si portava da Atene ad Eleusi la statua di Dioniso, coronato di mirti, simbolo dello spirito divino rigeneratore delle anime.
Le cerimonie più propriamente iniziatiche cominciavano, però, l'ottavo giorno, dopo la processione dianzi accennata. I mysti, o novizi, entravano nel tempio e di qui nell'oscurità del labirinto sotterraneo: nelle tenebre risuonavano voci e balenavano luci misteriose, e, finalmente, nella cripta centrale, le volute di un fumo denso - e diremo, con termine moderno, narcotizzante - in mezzo a cui si muovevano forme orribili ed irreali, che sbarravano la via. Solo i più forti potevano vincere l'orrore e passar la barriera, per entrare in altra funerea sala, ove sedeva Plutone, il dio degli Inferi coli Proserpina soggiogata. Qui, ancora una volta, culto e rappresentazione si fondevano: una voce annunziava il ritorno di Bacco; Proserpina balzava in piedi invocando la madre Cerere, mentre i novizi quasi letificati, transumanati, muovevano verso l'uscita, in preda a una mistica esaltazione. E li attendevano il gran sacerdote, che alfine li conduceva nel tempio e leggeva loro una segreta spiegazione dei simboli e dei miti:
«Gli iniziati imparavano che la divina Proserpina, da loro veduta in mezzo ai terrori ed ai supplizi dell'inferno, era l'immagine dell'anima umana, avvinta alla materia in questa vita e abbandonata nell'altra a chimere, a tormenti anche più grandi, se è vissuta schiava delle passioni. La sua vita terrestre è una espressione e una prova di esistenza precedenti. Ma l'anima può purificarsi, può ricordarsi e presentire, con lo sforzo simultaneo dell'intuizione, della ragione e della volontà, e partecipare prima del tempo alle ampie verità di cui deve impadronirsi pienamente e interamente nello sconfinato al di là. Allora soltanto Proserpina ritornerà la pura, la luminosa, la vergine ineffabile dispensatrice d'amore e di gioia. Quanto a sua madre Cerere, essa era, nei misteri, il simbolo dell'intelligenza divina e del principio intellettuale dell'uomo, che l'anima deve trovare per raggiungere la perfezione».
L'iniziazione eleusina era così compiuta, il mysto era anche qui iniziato e veggente, anche qui un uomo rigenerato dalla mistica partecipazione ai misteri di Dio.
Edoardo Schuré La dottrina esoterica di Edoardo Schuré I Grandi Iniziati Rama (Il Ciclo Ariano) Krishna (L'India e l'Iniziazione Braminica) Ermete (I Misteri d'Egitto) Mosé (La missione d'Israele) Orfeo (I Misteri Dionisiaci) Pitagora (I Misteri di Delfo) Platone (I Misteri Eleusini) Gesù (La missione di Cristo) Conclusione |