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Capitolo Quarto Doppie. Giacché, dopo la causa della vita, fu emanata la causa della morte. Il raddoppiamento indica la generazione della causa della vita, mentre la causa della morte è la pronuncia tenue. Alcuni sostengono, invece, che la causa della vita sia la silenziosità, quanto è silente e tenue, mentre causa della morte sarebbe il rafforzamento, la sonorità, il raddoppiamento e la pronuncia. Tra le doppie e le semplici vi è una differenza, benché si trovi, a proposito delle semplici, la contrapposizione tra vista e cecità, e altre simili, non si tratta tuttavia di lettere doppie ma semplici, giacché ciò che causa la cecità non è infatti una ragione autonoma, ma la mancanza della vista. Per le lettere doppie, avviene invece che, dopo la causa della vita, venga emanata quella della morte: il bene emana dalla profondità del bene, e il male emana dalla profondità del male: questo è il senso dell'espressione: il bene dal bene e il male dal male. E se obietti: Come può derivare il fuoco dall'acqua? Bisogna dire so che ciò deriva dalle dieci Sephiroth, le quali sono essenze interne, tanto profonde nei recessi della sapienza da essere radice dell'unificazione, in loro stesse, del bene e del male: cominciano a germogliare, come l'albero, i cui inizi non appaiono sinché non siano spuntati. Le lettere non si comportano però in tal modo, giacché sono come i rami dell'albero. Le doppie sono il frutto delle dieci Sephiroth, le quali rappresentano il principio materno; tre triadi, e una che è con tutte: per questo si dice che sono dieci.
Doppie. Giacché nel loro inizio vi sono le une e le altre. Tenero. Vi è una tenerezza che è per il bene, e una che è per il male. Duro. Vi è una durezza che è per il bene, e una che è per il male; e così per ogni attributo. Vi è un bene che è per il male, e un male che è per il bene. Per questo è detto: sono doppie per l'alternanza, giacché la medesima causa, che è buona, viene mutata per compiere male, come avviene per i malvagi, che rovesciano l'attributo della misericordia in crudeltà, o per i giusti, che rovesciano l'attributo del rigore in quello di misericordia, in corrispondenza delle sette doppie interne e delle ramificazioni che da esse dipendono, come i sette giorni, i sette anni e i sette settennati. Estremità (qesawot). Da «tagliare» (qasah); tutte vanno di sei in sei. Invero, è scritto: In sei angustie ti salverà (Giobb. 5. 19). Non dice «da sei» ma in sei; sono le angustie che opprimono gli altri, ma saranno per te un diletto, giacché la settima, che equilibra, è la seconda lettera del Nome. Il suo fondamento è infatti alef, e nell'alef il Nome si eleva. È il Nome interiore, nel quale il Nome si eleva e di cui diciamo: «E il tuo Nome terribile». Tale alef è infatti la norma, poiché rappresenta il ritorno, che è con alef, he. Per questo viene contata come una lettera, come se fosse alef. Il sigillo dell'alef, da ogni parte, è l'inizio e la fine. L'alef mediana del Nome è però come l'anima superiore: se non vi fossero gli spiriti, i corpi non starebbero ritti; se, però, tutto fosse spirito, non si chiamerebbe «Nome». Allo stesso modo la he non cambia, ma viene elevata ed è chiamata Nome completo, che non vacilla, come disse rabbi 'Aqiva: Il tuo Nome non vacilla: verso qualsiasi lato, non è un vacillare; tutti si volgono a oriente per pregare.
Santo. Preparazione del ritorno, che è nel proprio luogo. Estremità in alto. Clemenza, principio della parola incoronata. Basso. Fondamento del mondo. Oriente. Bellezza. Occidente. Eternità. Meridione. Fasto. Settentrione. Regno. Le estremità, secondo l'ordine del versetto: A te, o Signore, si addice la grandezza, la potenza... (I Cron. 29. 11).
Il santuario. È il ritorno, con la sua preparazione. Egli regge. Come l'anima superiore, che regge tutto. Le scolpì. Finché le cose non sono passate all'azione, non ha detto «le scolpì». Gli astri nel mondo. Gli astri superni, che sono come un campo, nel quale vengono seminate le stelle: i loro frutti sono gli astri visibili. Sette sette. Tutto è per gruppi di sette. Sette da sette, entro sette, giacché le sette doppie racchiudono tutto e tutto di tutto. Astri benefici e astri malefici, e così sino all'effondersi, da essi, dei dodici domini. I giorni nell'anno. I giorni chiamati «porte» sono quaranta. In tal modo furono tutte le cose.
Due pietre. Sono le lettere, come è scritto: Le pietre sante (Lam. 4. 1). In esse, nelle cavità incise nelle sette doppie, furono incisi i sei firmamenti. Doppie. Giacché ognuna si sdoppiò in due, per arrecare beneficio e per nuocere. L'attributo del bene è grande, giacché è la base di tutto e la base della causa emanata, sebbene gli attributi rimanessero all'interno e non fossero ancora usciti alla luce. Da li si divisero, giacché in un unico attributo sono fissate numerose forze. Come quando un uomo malvagio guarda in quell'attributo, che arreca beneficio e nuoce, giacché il beneficio è per lui nocumento. Si può paragonare a colui che mangia un cibo, che gli giova in un'occasione e gli nuoce in un'altra, sebbene il suo sapore non sia mutato. Doppie. Volto entro volto, forza entro forza. Le cose che costituiscono l'attributo del rigore sono entro l'attributo della misericordia, come la fiamma è legata al tizzone; come si comportano nel rigore cattivo, così fanno in quello positivo. Quando in un uomo non vi è l'attributo buono, le cose che costituiscono il rigore si separano, per giudicarlo in grandi giudizi; il malvagio non si unisce infatti all'attributo del bene, cosicché questo possa riversarsi su di esso. Per tale motivo, la luce si separa dalle forze del rigore, al fine di non arrecare beneficio ai malvagi. Tenero contro duro. Vi sono clemenze che vengono concesse nella tranquillità e nelle benedizioni, e altre che si effondono nelle ristrettezze e nelle durezze. Lo stesso avviene per forte contro debole, e per ciascuna di queste nozioni, relative al bene e al male. Morte. Vi è una morte che è clemenza, affinché chi la patisce sia onorato nel mondo a venire e non subisca il governo dell'attributo dell'afflizione, che è destinato a diffondersi: egli viene assorbito dall'attributo della pace, come è scritto: Sì, a causa del male, il giusto scompare, entra nella pace (Is. 57. 2), e anche: Preziosa è agli occhi del Signore la morte dei suoi santi (Sal. 116. 15). Guerra. Vi è una guerra che è per il bene di colui che la combatte: in essa non vi è morte né dolore. Tale fu la guerra di Davide con Golia, senza danno, ma con vantaggio. Stoltezza. È l'ignoranza, espressa dalla radice sakal, scritta con samek, che è la permutazione di haśkel, «intelligenza», giacché, a forza di concentrarsi su ciò che l'uomo non capisce, si ritorna all'ignoranza. Allo stesso modo, la sapienza diviene ignoranza per chi 1'approfondisca al di là della propria comprensione. Povertà. Quando non rimane, di tutta la propria ricchezza, neppure quanto è necessario per sopravvivere. Vi è una povertà che è per il bene. Succede a chi sarebbe destinato a morire, e la povertà lo redime, come se fosse morto. È possibile che la perdita giunga per il compimento di un precetto, affinché il danno sia valutato per lui un bene. Sterilità. Se non seminerà, il suo campo non si seccherà. Grazia. Da entro la grazia. Quando non si procede nell'attributo dal quale viene conferita, la grazia si muta in un altro attributo, che è brutto. Come avviene per il ricco, che non concede i propri averi per la carità: alla fine, rimane senza beni. Servitù. Giacché l'attributo proviene dal rigore: le parti iniziali degli attributi sembrano molte, ma non sono, al principio, che una. Così, ve ne sono molte sino ai sette firmamenti. Le doppie sono spirituali, superne, fissate tra la vita e la pace: sono tutte affidate al dominio dell'anima superiore, ma non sono fissate. Esse sono simboleggiate dalle sette aperture della testa.
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