La tecnica si trova descritta in:

 

Ezechiele I,4

Guardavo (osservavo), ed ecco un vento di tempesta che veniva da settentrione, una grande nuvola, un fuoco che si sprigionava…

 

Questo passo di Ezechiele, chiosato ed interpretato in modi e maniere diverse, è lo scrigno che custodisce la Bittul ha Yesch.

In esso sono riportate tutte le istruzioni operative e le tre fasi della tecnica.

É bene ricordare, facendo eco al Kaplan, che lo Zohar insegna che il vento, la nuvola e il fuoco sono le tre barriere che il cabalista deve varcare per entrare nel regno della divinità. Una volta superate accade quanto Abulafia ha descritto e abbiamo ricordato in precedenza: Il cabalista perviene ad una condizione in cui cessa di essere un semplice cabalista per divenire un profeta. Allora egli conosce Dio non più perché una luce lo illumina dall’esterno, non per via mentale, ma perché il suo spirito lo abbandona, si unisce a Dio e forma un tutt’uno con Lui e lo conosce per identità.

Lo strumento operativo è quindi contenuto nel termine Guardavo.

  • La prima fase della tecnica è contenuta nella locuzione Ruach vento di Tempesta.

  • La seconda nelle parole Una grande Nuvola.

  • La terza nei lemmi Fuoco che si sprigionava.

Vaerè, Osservare ecco la chiave, l’uovo di Colombo… Ezechiele ce lo grida Vaerè dice… forse sembrerà incredibilmente semplice ma questo è tutto… La tecnica della Bittul ha Yesch e la conseguente reintegrazione dell’essere… inizia e si esaurisce in questa non azione, Vaerè.

Vi sembra troppo semplice? Bhe! Provate….

Il termine Vaerè (Guardavo) non è ovviamente riconducibile all’azione fisica del guardare, ma piuttosto ad una condizione particolare di costante vigile attenzione di quanto avviene, come appunto raccomanda Abulafia e Nacmanide, nella nostra testa.

Osservare, sia nella dimensione interiore, sia in quella esteriore, vuol dire nella Tradizione Cabalista (e non solo questa), percepire, prendere coscienza di..., avere consapevolezza di...

Ecco che il termine Osservavo ci introduce nei dettami di una Meditazione consistente nell'osservare… osservare senza fare altro, in altre parole senza creare consapevolmente ulteriori pensieri.

É indispensabile essere pura osservazione, pura attenzione.

Si deve percepire, vedere, sentire ogni nostro contenuto psichico senza valutare, giudicare, senza condannare, senza esprimere giudizi su ciò che si osserva; il che equivale a dire, osservare il pensiero involontario-subconscio senza alimentarlo con pensieri volontari aggiuntivi.

Questa condizione non è certamente cosa nuova, anzi e un requisito noto a tutte le accademie e a tutti i maestri, essa è chiamata Visione vigile.

  • É descritta nel Siphra de-Tzeniutha al capitolo secondo come Vista preveggente di chi non si addormenta mai e sorveglia senza sosta.

 

Il testo letterale del Siphra de-Tzeniutha si trova in questa stessa sezione

Siphra de-Tzeniutha

 

  • Nell’Idra de-Maschanah come gli occhi di Jechidha che espletano l’indagine di tutto, in alto e in basso.

 

Il testo dell’Idra de-Maschanah si trova tradotto in questa stessa sezione

Idra de-Maschanah

 

  • In Geremia XXXII, 19 è indicata come gli occhi sempre aperti.

  • Al capitolo nono dell’Idra Rabba Qadisha (Maggiore Santa Assemblea), è simboleggiata come occhi che non hanno palpebre ne sopracciglia.

 

Il testo dell’Idra Rabba Qadisha si trova tradotto in questa stessa sezione

Idra Rabba Qadisha

 

  • Nell’Idra Zuta Qadischa (Minore Santa Assemblea) è presentata come i due occhi in uno, eguali, sempre vigili e mai dormienti.

 

Il testo dell’Idra Zuta Qadischa si trova tradotto in questa stessa sezione

Idra Zuta Qadischa

 

É ovvio che per conseguire durevolmente questa posizione di vigile osservazione, occorre comprendere adeguatamente il funzionamento dei processi mentali, la loro natura e il loro reale comportamento.

Questo primo congetturato ci innesta in maniera naturale nel contenuto della locuzione: Vento di tempesta.

Il termine vento, come ha fatto acutamente osservare il Kaplan ha un doppio significato poiché la parola ebraica Ruach significa certamente vento, ma anche spirito.

Pertanto si può anche leggere Ezechiele in questa maniera: vide uno spirito tempestoso. Questo spirito tempestoso è connesso alla prima fase… fase in cui la coscienza, con un movimento centripeto, tende a ritirarsi verso un centro di stabilità, prendendo consapevolezza dei caotici baluginii presenti nella mente, in altri termini la consapevolezza della tempestosità del nostro pensato.

La rappresentazione del vento di tempesta, come raffigurazione della irrequietezza mentale, è stata abbondantemente impiegata dai mistici di tutti i paesi e di tutte le religioni, nel 1459 se ne fece uso persino nel testo Le nozze chimiche di Cristian Rosencrutz, e a proposito del viaggio nel secondo giorno così riporta: Appena mi girai per guardare, vidi venirmi incontro un vento così forte che mi avrebbe facilmente fatto cadere, mentre se non guardavo non mi accorgevo di niente.

Per attuare questa prima fase è necessaria non una passività irrazionale, ma maggiore vigilanza, maggiore volizione, maggiore equilibrio e maggiore centralità coscienziale

É questa la prima barriera che il cabalista deve superare. Distacco dal pensato, ritorno al centro.

In questa prima fase, la Bittul ha Yesch è una tecnica psicologica e neanche tanto inedita considerato che, anche se con diverse finalità, fu adottata nella scuola di Psicosintesi di Roberto Assaggioli… va da se che come ogni tecnica esige impegno e tensione. Poi, con l'esercizio, la lunga applicazione e la consapevolezza del praticato, la tecnica si trasforma in attitudine o stato coscienziale; si muta, in altre parole, in una modalità di essere naturale.

 

 

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