INTRODUZIONE Quando la tremenda eruzione del Vesuvio del 79 d. C. distrusse completamente la fiorente città di Pompei, capolavori d’arte eccezionali rimasero sepolti nelle sue ruine. Ma la vasta duna di materia vulcanica, che profondamente seppellì case e abitanti, se occultò per molti secoli agli occhi dei posteri, tutta la magnificenza e le peculiari bellezze della splendida città pagana dell’epoca di Augusto, ha servito, nel tempo stesso, a conservare e a proteggere i segni e i monumenti di quella lontanissima vita, che, diversamente, sarebbero pervenuti a noi deturpati o alterati dal tempo. La materia vulcanica, seppellendo la città, ha fermato nella sua tomba immessi tesori archeologici e moltissime preziose vestigia di una civiltà pagana e lussuosa, durante la quale fiorirono la letteratura e la filosofia, le scienze e le arti. A mano a mano che la grande opera degli scavi prosegue, è dato a noi scoprire, a distanza di 20 secoli, sempre nuove e più interessanti bellezze, che ci permettono di ricostruire sempre più la vita dell’antica città pagana. Tra le più importanti scoperte è, senza dubbio, da annoverarsi una, che ha gettato una viva luce su alcune più essenziali pratiche di iniziazioni religiose, che venivano comprese sotto il nome di “Misteri" e che si ricollegano a tutte le altre cerimonie misteriche dell’antichità pagana egizia e greca. E facile comprendere l’importanza eccezionale della scoperta, la quale è venuta a confermare, ad illuminare e a perfezionare maggiormente le cognizioni che gli eruditi già avevano circa le pratiche dei Misteri in genere e dei Misteri Orfici in particolare, permettendo che gli studi intorno al ramo più essenziale e importante della paganità greco-romana ottenessero un impulso e uno sviluppo notevoli. La scoperta avvenne nel 1909, nel fondo Gargiulo, fuori Porta Ercolanense. Essa consiste in una serie di pitture ad encausto, che ricoprono interamente le pareti di una stanza lunga metri 7 e larga 5. Con tecnica perfetta e con mirabile senso di arte sono presentate 28 figure umane, che riproducono una serie di cerimonie mistiche inerenti al culto dionisiaco, e più specialmente una serie di iniziazioni graduali riguardanti i Misteri Orfici. La villa in cui si trova la stanza indicata è conosciuta con il nome di “Villa dei Misteri dionisiaci” , o “Villa Item”, dal nome di colui che eseguì gli scavi. Archeologicamente le pitture rimontano a poco prima della distruzione di Pompei. Esse costituiscono il più importante documento pittorico dell’età classica a noi pervenuto, sia per le dimensioni, perchè è la più grande pittura tramandataci dall’antichità, sia per lo stile d’impronta romana, e più ancora per l’argomento mistico che contiene e che ha attinenza col dramma sacro delle religioni misteriche ed in particolare dell’orfismo. Le religioni misteriche o misteriosofiche avevano un’etica superiore ed una escatologia che garantiva al fedele il premio delle buone azioni compiute nella vita e l’identificazione con il Dio del Mistero, fondatore mistico della religione stessa (Dionisio, Osiride, Mithra, ecc.). I partecipanti di queste religioni erano ammessi mediante una speciale iniziazione tenuta segreta ai profani. Le religioni misteriche svolgevano nell’interno dei templi, per i soli iniziati, delle cerimonie chiamate Misteri, che rappresentavano, nelle loro varie fasi, tutte le vicende della passione, morte e resurrezione del Dio del Mistero. Tali cerimonie consistevano in riti iniziatori tenuti occulti ai profani, nonché in rappresentazioni sacre in cui veniva presentato in simbolo, sotto la veste del Dramma, il mito attinente alla religione stessa. I simboli avevano per gli iniziati un significato segreto trascendentale e per conseguenza il contenuto del dramma, come le cerimonie attinenti ai riti e come la dottrina mistica che garantiva la salvazione dell’iniziato, non potevano essere divulgate, sotto pena anche di morte (1). I Misteri Orfici sono una derivazione di quelli di Dionisio; derivazione, però, che ne aveva sublimata la dottrina teologica e morale, riformando la parte rituale ed elevandone il significato filosofico-mistico con la dottrina delle rinascite e con quella dell’immortalità dell’anima. L’Orfismo fiorì in Grecia nel VI sec. a. C., periodo in cui la nazione soffrì dolorosi travagli sociali. Fondatore di questa importante dottrina - la più pura delle religioni misteriosofiche - fu Orfeo, il leggendario cantore di Tracia, patria di Dionisio Sabazio, il quale abolì, anzi condannò, l’antropofagia rituale dei primitivi Misteri dionisiaci. All’uomo vennero, nel rito sacrificale, sostituiti gli animali (cerbiatto, capretto, ecc.) e, in seguito, condannato anche il sacrificio di esseri viventi, il rito rimase modificato col sacrificio di profumi e di incensi. Le pitture della Villa dei Misteri di Pompei si connettono al mito di Dioniso-Zagreo, mito orfico, trasportato in Italia. Zagreus era il nome dato dagli Orfici a Dioniso. Secondo l’orfismo, Zagreus ò figlio di Zeus e di Persefone. Egli ha ricevuto dal padre lo scettro del mondo, ma i Titani, figli della Terra, potenze oscure, suscitati da Era, ne insidiano l’esistenza. E, mentre, ingenuo fanciullo, si trastulla nei campi con giuochi infantili, lo traggono in inganno con vari mezzi e soprattutto con uno specchio. E quando il fanciullo si guarda con meraviglia nello specchio, attratto dal luccicante bagliore, i Titani ne approfittato, lo afferrano, lo fanno a brandelli e lo divorano.
Athena riesce a salvare il cuore del fanciullo e lo porta a Zeus, il quale lo trangugia e dà origine a un nuovo Dioniso glorioso. I Titani per la loro empietà sono puniti da Zeus, il quale li incenerisce con la sua folgore possente. Dalle ceneri dei Titani nasce il genere umano. Tutto questo, che e un mito antropogonico, sta a rappresentare la differenziazione del principio divino nell’Universo e la emanazione delle essenze monadiche, le quali a poco a poco si rivestono di materia fino a formare l’anima umana rivestita di corpo denso: il corpo di carne. L’essere umano, quindi, secondo gli Orfici, ha in sé le due nature: quella titanica e quella dionisiaca. Ma l’anima umana con il rivestirsi di materia ha perduto il contatto con la sua controparte divina, lo spirito, Zagreus; e perciò la dottrina Orfica insegnava a liberare l’anima dall’elemento oscuro e materiale, titanico, prigione dolorosa ma necessaria, a farle riconoscere la sua natura divina e a ricongiungerla alla sua origine, allo spirito, a Zagreus, eliminando, ovvero limitando il ciclo incalcolabile delle rinascite, poiché dagli Orfici era ammessa, come si è detto, la legge della reincarnazione, per mezzo della quale l’ego si rinnova di età in età. Con questa disciplina veniva spezzato il ciclo della generazione o della rinascita; e l’anima, la Sposa, era ammessa al banchetto dell’immortalità, congiungendosi alla sua controparte divina, Zagreus, compiendo così il suo matrimonio sacro, espressione simbolica dell’unione col divino, usato dai mistici di tutti i tempi. Questa dottrina, che era segreta, si rendeva palese soltanto agli iniziati che di loro spontanea adesione si consacravano al culto. Essa diede forma, nell’antica Grecia, a delle cerimonie chiamate “Misteri” e delle rappresentazioni sacre che si svolgevano nell’interno dei templi. I Misteri vennero introdotti anche in Italia e la prova più chiara l’abbiamo nelle figurazioni pompeiane che stiamo per esaminare. Il popolo dell’antica Grecia ha vissuto, eroicamente e nobilmente, una esistenza trasfigurata nell’arte che ha riflesso il divino attraverso la bellezza. La Grecia ha glorificata la vita nei tre piani più espressivi della nostra sensibilità: fisico, passionale e mentale-intellettuale. Essa rifulse perciò per tre branche, che sono tre potenti irradiazioni di vita. Così, mentre con i giuochi olimpici diede impulso alla forza e alla bellezza armonica del corpo, con la tragedia indicò la catarsi dell’anima attraverso alla scuola del dolore e dell’amore, e col dramma sacro di Eleusi lanciò i suoi splendori di passione e di virtù, adorne di poesia, mentre i misteri più profondi dello spirito e gl’insegnamenti della sapienza divina venivano impartiti agli eletti e resi vivi con le immagini sublimi del dramma sacro. I misteri indicavano la via dell’anima verso la sua liberazione per il raggiungimento del supremo spirito generatore di tutto l’Universo. La tragedia greca, pero, non spiegava né l’origine della vita, né lo scopo della vita stessa. Essa in un bagliore di luci e d’intuito lasciava appena intravedere il senso intimo e divino della vita, le sue leggi e le sue conseguenze: la purificazione mediante il dolore, la redenzione dell’anima in virtù dell’amore. Ma l’arte greca doveva varcare questi confini: essa non era scopo a se stessa, ma si proponeva di glorificare l’anima umana e di indicarle la sua vera natura. In epoca remota, vennero perciò i Misteri ove il tragico conflitto fra le passioni e l’imperscrutabile enigma dell’esistenza era risoluto con la rappresentazione del dramma sacro e con le cerimonie intime e riservate che venivano compiute nell’interno dei templi, dove erano ammessi soltanto gl’iniziati. A questi s’insegnavano le cose divine con l’obbligo assoluto del giuramento e del silenzio. Poco si sa sull’origine dei Misteri. Gli storici greci affermano che la loro origine risale all’epoca di Cecrope, epoca in cui, secondo loro, avvenne la fondazione del culto di Eleusi. Con ciò si vorrebbe anche dimostrare che i Misteri abbiano avuto anche una origine egizia, essendo Cecrope, primo re e fondatore di Atene, proveniente dall’Egitto. Per quanto questa affermazione sia combattuta dagli ellenisti, i quali pretendono che la Grecia abbia tutto ricavato da se stessa, molti studi si sono compiuti sulla origine egizia dei Misteri Eleusini, specie dal Creuzer e dal Foucart, il quale ultimo ne ha dimostrata la evidente derivazione, paragonando i riti di Eleusi con quelli del Libro dei Morti. Non esiste in sostanza, secondo noi, una derivazione egizia dei Misteri Eleusini, ma si tratta delle stesse verità trascendentali che in Egitto venivano comunicate attraverso i Misteri di Iside e di Osiride, e in Grecia sotto la forma del dramma sacro di Eleusi e con la passione di Dioniso. Certo é che nulla proprio di preciso si sa delle cerimonie segrete, perchè ne era assolutamente vietata la divulgazione. Ecco la ragione per cui nessun accenno di esse si trova nei tragici greci e nell’arte della scultura. Se qualche cosa conosciamo, d’indole però esteriore, lo dobbiamo principalmente alle indiscrezioni di Plutarco e di Apuleio, che vi hanno preso parte, e ai primi Padri della Chiesa, che hanno cercato di metterne in ridicolo le dottrine, nelle loro polemiche contro il paganesimo. Le pitture pompeiane che siamo per illustrare tolgono il velo a quanto era nascosto, illuminando, come sprazzo di luce, l’affascinante poesia del dramma misterico da cui derivò poi - perfezionandosi - la tragedia greca. Esse svolgono appunto una rappresentazione sacra misterica, il Matrimonio sacro o Jerogamia, espressione simbolica dell’unione col divino.
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