MILINDAPAÑHA Mld:IV.7.7/8 - L'Arahat laico
(Dilemma 62) 7. “Venerabile Nagasena, la vostra gente afferma: “Chi ha ottenuto, come laico, lo stato di Arahat è possibile per lui una delle due condizioni, e nessun'altra – o entra nell'Ordine in quel giorno o muore, perché non può sopravvivere oltre quel giorno. Ora, Nagasena, se in quel giorno non potesse procurarsi un maestro o un precettore, o una scodella e delle vesti, si ammetterebbe da solo, essendo un Arahat, e vivrebbe oltre quel giorno, o apparirebbe subito un altro Arahat tramite il potere di Iddhi e lo ammetterebbe, o morirebbe?” “Non potrebbe, o re, anche se Arahat, ammettere se stesso. Perché chi si ammette da solo nell'Ordine è colpevole di furto. E non vivrebbe oltre quel giorno. Anche se arrivasse un altro Arahat o no, egli morirebbe lo stesso.” “Allora, Nagasena, con qualsiasi mezzo si ottenga la santa condizione dello stato di Arahat verrebbe perduta, perché si distrugge una vita.
8. É la condizione della laicità che è in colpa, o re. In tale colpevole condizione, ed a causa della debolezza della stessa condizione, il laico che, in quanto tale, ha ottenuto lo stato di Arahat deve o entrare in quel giorno nell'Ordine o morire. Non è colpa dello stato di Arahat, o re. É la laicità che è in colpa, in quanto non è abbastanza forte. Oppure come, o re, un povero, debole seguace di bassa nascita e di scarsa abilità, se venisse in possesso di un grande e potente regno, sarebbe incapace di sostenere la dignità – allo stesso modo se un laico ottiene lo stato di Arahat, allora sarebbe incapace di sostenere quella condizione. E tale è la ragione per cui egli deve, in quel giorno, o entrare nell'Ordine o morire.” “Molto bene, Nagasena! Così è ed io accetto le vostre parole.”
Qui finisce il dilemma sull'Arahat laico |