Capitolo VI

 

Sebbene altri fisici esigano il dovuto, ancora i Fratelli curano gratis, non avendo il denaro in conto alcuno.

 

Leggiamo nella storia che grandi uomini, Re e Principi, tennero al loro servizio celebri e dotti fisici, non solo in cambio di un salario annuale considerevole, ma conferendo loro gran favori ed onori. Eristrato scoprì il male di Antioco, essendo ciò l’amore per la suocera, dal quale lo guarì, ricevendone cento talenti dal figlio Tolomeo. Democido guarì Policrate il tiranno per due talenti d’oro, ed ebbe poi una ricca catena e due calici d’oro per aver curato Dario. Giacobbe Cotterio, fisico di Luigi II Re di Francia ricevette cinquantamila corone l’anno quale suo pagamento, mentre Taddeo il fiorentino ebbe cinquanta corone al giorno per andar su e giù a curar malati. Le ricompense ed i guadagni indotti dalla fisica hanno convinto molti studiosi ad applicarvi tutto il proprio tempo e sforzi, più per amor di profitto che per la salute del vicino ed il bene della collettività. Considerando a quante infermità siam soggetti, troveremo la fisica essere più necessaria del cibo e del vestire, e quindi gli abili fisici vengono ricercati, che possano amministrar medicina con giudizio; ma nessuno impiegherà sforzi, tempo e danaro in ciò per il quale non avrà raccolto: Chi sarà servo altrui senza salario? Forse che l’avvocato patrocinerà senza profitto? Né esiste legge o ingiunzione ad obbligar il dottore a curare per nulla in cambio. Sarebbe, in effetti, rigido e duro l’obbligar alcuno a dar via ciò che giustamente gli appartiene. Menecrate il Siracusano nulla ebbe per i suoi dolori salvo scomodar le divinità, dalle quali ebbe l’attenzione di Giove medesimo, che fu peggio che l’aver ottenuto attenzioni a lui più proporzionate. I Fratelli son così lontani dal ricevere una ricompensa che ne disprezzano il pensiero medesimo, così lontani dalla vanagloria del successo, che mai si vedranno tale favore riconosciuto. Non hanno medicine diverse pei poveri o pei ricchi, ambedue parimenti rispettando; essi eseguono visite frequenti, portando conforto agli afflitti e la condizione dei poveri alleviando. Il lavoro è la propria ricompensa, il dolore alleviato divien ricchezza, mentre topi ed altri parassiti non posson diminuirne l’ammontare, né draghi o bestie selvatiche la fontana esaurire o avvelenare. Celio, nel suo libro 16, cap. 10 ci narra di Filo, un fisico, scopritore di certe Medicine ch’egli disse mani degli dei, ma il grande titolo non era che pretesto per gli occhi e le orecchie degli spettatori, che prometteva più di ciò che dava e deluse più di aiutare, medicine belle all’esterno, ma corrotte e marce internamente.  Ma i Fratelli, pur avendo le più efficaci medicine al mondo, si peritano più di nasconder le virtù che di farne esposizione. Forse le loro polveri saranno cinabro, o semplice cosa, ma di effetto superiore a ciò che ci si aspetti. Essi hanno Falaia e l’Asa di Basilio, la Nepente, che sconfigge le pene d’Omero e Trismegisto, il linimento d’oro, la fontana di Giove Ammone, calda di notte, fredda a mezzogiorno, tiepida all’alba ed al tramonto. Perché essi condannano i lor guadagni e redditi, né sono attratti da onori o preferenze, considerazioni accademiche e successi, ma vivono e lavorano in silenzio. Non è questa una rara società di uomini, ingiuriosi di alcuno, ma alla ricerca del bene e della felicità per tutti, dando ad ognuno ciò che gli compete? Questi Fratelli non adorano il sole che sorge, non son parassiti che si adattano agli ordini dei grandi, che mascherano parole ed azioni nella menzogna. Dicono che la statua di Diana, costruita ad arte, adattasse le proprie fattezze per mostrar approvazione al pellegrino che le offrisse doni, aggrottandosi e minacciosamente disapprovando coloro che arrivassero a mani vuote; così è il mondo intero, per tutto ciò soggetto al dominio dell’oro. Ma questa polvere della terra non ha, per loro, valore alcuno, perché queste cose sono basse ai loro occhi, cose che gli altri grandemente adorano. Preferibbero scoprir un mistero di natura piuttosto che una miniera, avendo stima dell’oro solo se questo può essere utilizzato per continuar i loro studi. Ed essi sognano l’era di Salomone, quando a Gerusalemme l’oro era più comune di tegole sui tetti e l’argento più delle pietre nelle strade, perché in tali tempi il suo uso era sconosciuto e gli uomini si accontentavano di ciò che la Natura potesse offrir loro, vivendo serenamente sotto il governo del padre di famiglia, senza arrosti, lussuria, orgoglio e, men che meno guerre.