La maestria nella Libera Muratòria operativa


 

La Libera Muratòria - lo indicherebbe lo stesso nome, in mancanza d'una sua storia - deriva dalle corporazioni professionali che praticavano l'arte di costruire. Nell'organizzazione economica del medioevo, subordinata interamente al doppio principio dell'associazione e del privilegio, i metodi di lavoro, l'impiego degli utensili, in una parola l'applicazione delle conoscenze necessarie all'esercizio di ogni mestiere, erano considerati come il patrimonio del gruppo professionale. Erano dei segreti che si trasmettevano sotto la garanzia d'un giuramento col quale si assumeva contemporaneamente l'obbligo d'osservare i regolamenti della corporazione e di conservare il silenzio sulle sue cose. Dopo un periodo di apprendistato, il nuovo venuto era dichiarato idoneo ad esercitare il mestiere; prendeva posto tra i Compagni (Knap, Geselle, Fellow). Si dava il titolo di Maestro (Magister, Meister, Meester, Master) al Compagno che aveva altri operai ai suoi ordini o che apriva una Officina (1) per suo conto.

 

I diritti rispettivi dei Maestri e dei Compagni differiscono secondo i tempi, le località ed i mestieri. All'origine, il Maestro era, come abbiamo visto l'equivalente di quello che oggi, nel linguaggio industriale, intendiamo col termine di padrone. A poco a poco, nella maggior parte dei paesi, la maestria mirò a diventare un privilegio. Per acquistarla, occorse dar serie prove d'istruzione e d'abilità nel mestiere; il suo conseguimento fu inoltre sottomesso a condizioni pecuniarie alquanto onerose; il numero dei suoi titolari fu limitato; talvolta anche, come in alcuni mestieri brussellesi del XVIII sec., essa cercò di rendersi ereditaria (2). Tuttavia, la distinzione degli Apprendisti, dei Compagni e dei Maestri, non fu mai spinta sino a fare di questi tre gradi altrettante associazioni distinte, ufficialmente organizzate nel seno della corporazione.

Inoltre bisogna far osservare che, mentre la distinzione del Compagno e dell'Apprendista è fondamentale ed universale, quella del Compagno e del Maestro è lungi dall'essere generale. In numerose corporazioni, l'Apprendista, dopo aver fatto il suo tempo e provata la sua capacità, era direttamente investito della Maestria. Il giuramento che vincolava l'individuo alla corporazione era prestato, seguendo l'uso dei differenti paesi, tanto dall'Apprendista, quanto dal Compagno al suo uscire dall'apprendistato, che dal Maestro, al suo entrare in funzione.

Accanto all'organizzazione di mestiere - o meglio rappresentando uno degli aspetti di questa organizzazione, i suoi lati caritatevoli e mutualisti - c'era la Fratellanza (Fraternitas, Brudershaft, Broederscap, Brotherhood o Fellowship, Confrérie o Compagnonnage).

Essa era di solito presieduta da un Maestro; ma Compagni e Maestri vi si trovavano più o meno su un piano d'uguaglianza. D'altra parte - è importante notare questo - essa poteva ricevere, almeno come membri onorari, dei personaggi estranei alla professione. La carta concessa nel 1260 dal vescovo di Bâle agli scalpellini (3) di questa città contiene la seguente clausola: «Le stesse condizioni sono applicabili a coloro che non appartengono al mestiere e che desiderano entrare nella Fratellanza».

Più tardi, in alcuni paesi, in Germania, in Belgio in Francia soprattutto, i Maestri finirono per ritirarsi da queste Fratellanze che, nelle mani dei Compagni, divennero delle associazioni di resistenza e di mutuo soccorso. Da esse ebbero origine particolarmente i Compagnonnages (4)  francesi che finirono col costituirsi fuori dall'organizzazione ufficiale del mestiere e che, frequentemente messe negl'imbarazzi dall'autorità, tuttavia sopravvissero alle corporazioni operaie, per non scomparire che ai giorni nostri, o meglio per fondersi nelle Leghe sindacali operaie.

Accadde altrimenti nell'interno delle isole britanniche dove i Maestri, come i Compagni ed anche gli Apprendisti, rimasero membri delle Fratellanze. É in queste Fratellanze, piuttosto che nelle Officine propriamente dette, che bisogna cercare gli antecedenti della Muratòria speculativa, come vedremo più in là, a proposito della Brotherhood stabilita nella Compagnia dei Muratòri di Londra. Questa distinzione, sulla quale forse non si è abbastanza insistito fino ad ora, non ha nulla che contraddica l'origine professionale della Libera Muratòria moderna.

La Fratellanza, in fatti, anche quando si associava dei Compagni onorari, non era costituita che per quel che si riferiva al mestiere o piuttosto nell'interesse esclusivo dei suoi membri; essa costituiva spesso il legame tra Officine della stessa professione.

Le corporazioni che si ricollegano all'arte di edificare non fanno eccezione a queste regole generali. Esse presentano tuttavia alcuni caratteri propri che è opportuno ricordare. Sembra dunque che a somiglianza d'altri mestieri nell'alto medioevo, gli operai costruttori - muratòri, scalpellini, scultori - abbiano in principio formato tra di loro delle associazioni libere e volontarie, spesso dirette da monaci architetti, in ogni caso cementate da un legame religioso; in una parola delle vere confraternite. La Libera Muratòria ha sempre conservato alcuni aspetti di queste origini. Tuttavia questi gruppi, secolarizzandosi, non mancarono di reclamare delle franchigie ufficiali che implicavano nello stesso tempo l'autonomia ed il monopolio. Così furono costituite le corporazioni locali di muratòri e di scalpellini.

Oltre queste gilde permanenti, stabilite nelle principali città, si formarono, sulle stesse basi, dei gruppi temporanei di operai raccolti alla scopo di costruire grandi edifici religiosi e civili. Questi variavano necessariamente d'importanza e di durata, secondo le esigenze della costruzione. I loro operai dovevano essere in grado di spostarsi rapidamente, con la probabilità di trovare altrove le stesse occupazioni e gli stessi vantaggi. D'onde la necessità di certi simboli che dovevano servir loro come passaporto professionale e di cui dovevano conservare gelosamente il segreto.

Inoltre, l'arte di costruire, soprattutto dopo l'introduzione dello stile gotico, richiedeva delle conoscenze estese e complesse. Infatti, le leggi della geometria, la scienza dei numeri, i canoni della scultura e dell'architettura, che rientrano nella categoria delle arti dette liberali, esigevano una lunga istruzione tecnica, nelle stesso tempo che si prestavano a molti ravvicinamenti mistici secondo il gusto del tempo.

É così che furono costituite nel XIII sec, le prime Logge (Hutten) di scalpellini o Steinmetzen che presero il nome di Liberi Muratòri (5). Le troviamo successivamente stabilite a Colonia, Wurzburgo, Strasburgo, Ratisbona, Hildesheim, etc. Esse comprendevano degli Apprendisti, dei Compagni e dei Maestri. Dopo aver compiuto il suo tempo, l'Apprendista diventava Compagno, prestava il giuramento d'uso e riceveva comunicazione delle parole di passo e dei segni di riconoscimento. Doveva allora, se voleva passare Maestro intraprendere un viaggio di parecchi anni, durante il quale utilizzava le parole ed i segni della corporazione per farsi riconoscere dai gruppi similari stabiliti nelle varie località del paese ed anche all'estero. Al ritorno, poteva diventar membro della Fratellanza. Ma, per ottenere la Maestria, doveva presentare un capolavoro (Probestuck o Meisterstück) e solo se la prova era soddisfacente riceveva l'eventuale diritto di far lavorare degli operai sotto i suoi ordini. É chiaro che solo una parte dei Compagni giungeva alla Maestria; gli altri restavano dei semplici giornalieri.

Una organizzazione analoga si trova in Francia, nei Paesi Bassi e nella Gran Bretagna.

In Francia, se bisogna giudicare dai documenti, le corporazioni di mestiere non noverarono dapprima che due stadi; Apprendisti e Compagni, o Apprendisti e Maestri (6). Tuttavia, nel XVI sec., gli statuti degli scalpellini di Montpellier (1544) stabilivano l'esistenza di tre gradi.

 L'Apprendista, dopo aver servito per tre anni, doveva ancora servire altri tre anni come Compagno; se allora aveva dimostrato, con l'esibizione d'un capolavoro, che conosceva il suo mestiere, era ricevuto Maestro.

In Belgio - almeno ad Anversa, a Gand, a Bruges, a Bruxell - i mestieri che si riferivano all'arte di costruire, muratòri, scalpellini, scultori, conciatetti, carpentieri, mirarono ad aggrupparsi insieme in una corporazione locale od Ambacht, che era posta sotto l'invocazione dei Vier Gecroonde o Gekroonde, i Quattro Coronati, dai leggendari scultori del martirologio romano (7). Essi si suddividevano in Apprendisti (Leerknappen), Compagni (Gesellen o Knappen) e Maestri. La distinzione dei Compagni e dei Maestri non era ovunque asseverata. Ad Anversa ed a Gand, non si fa menzione nei documenti ufficiali che di Apprendisti e di Maestri (8).

Il giuramento di fedeltà e di discrezione era prestato dai Maestri. Non v'è alcun indizio, né alcuna probabilità che i segreti della corporazione abbiano avuto altro oggetto che i procedimenti della costruzione. Ecco, del resto, il testo del giuramento imposto, presso i Vier Gekroonde di Gand, all'Apprendista che dopo aver compiuto il suo tempo ed eseguito il suo capolavoro (proefstuck), era ammesso tra i Maestri.

«Giuro di essere d'ora in poi un buono, onesto e leale Maestro del Libero Mestiere dei Muratòri e Scalpellini di questa città;  di difendere e sancire i diritti, libertà e privilegi di detto mestiere - di osservarli e di farli osservare; - di proteggerli e di contribuire alla loro protezione; - di non lavorare mai, né di lasciar lavorare gli altri al di sotto del prezzo stabilito, - di conservare il segreto su tutte le faccende del mestiere; - di difendere la fede cattolica e d'osservare le sue regole; - d'obbedire al nostro Sovrano, in quanto Conte (o Contessa) di Fiandra; - di concorrere alla difesa dei suoi diritti; - infine di fare tutto quello che può attendersi da un buono, onesto e leale Maestro Muratore (o Scalpellino) del suddetto Mestiere. - Così mi aiutino Dio ed i Santi» (9).

Questo testo può essere preso come il tipo del giuramento che segnava ovunque l'ammissione nella gilda del mestiere. Vi si noterà la parte riguardante il rispetto dell'autorità civile e religiosa. Non era altrimenti presso i Liberi Muratòri tedeschi. Se è vero che certi regolamenti abbiano proibito di abbandonarsi in Loggia a discussioni religiose o politiche, ciò è perché il lavoro ne avrebbe sofferto, e non per rispetto alla libertà di coscienza. Le caricature religiose, che si trovano fra le sculture delle nostre cattedrali, non rappresentano affatto, come si è preteso, una rivendicazione del libero esame od anche una testimonianza di tolleranza, ma semplicemente degli episodi di rivalità tra il clero secolare e gli ordini monastici.

Sono le stesse usanze che ritroviamo in Inghilterra ed in Scozia.

La Scozia possiede ancor oggi un certo numero di Logge che datano dal XVI sec. ed anche dal XV sec., per esempio la Loggia di Santa Maria, a Edimburgo, che data dal 1475 e che possiede dei verbali che risalgono al 1599. La Loggia di Kilwinning si dichiara ancora più antica. Si posseggono i verbali delle Logge di Glasgow dopo il 1620, Scoon e Perth (1658), Aberdeen (1670), Melrose (1674), Dunblane (1675), Dumfries (1687). Infine, i regolamenti generali della Libera Muratòria scozzese, decretati nel 1598-1599, i Schaw Statutes, sono giunti fino a noi ed hanno permesso al F:. Murray Lyon di scrivere, a proposito della Loggia di Edimburgo, una magistrale storia della Libera Muratòria in Scozia.

 

Il testo degli “Statuti Schaw”, (nelle due versioni, quella del 1598 e del 1599) può essere consultato nella sezione: "Le nostre Origini, la nostra Storia..."

Gli Statuti Schaw

 

Ne risulta nettamente che là Maestro e Compagno (Fellowcraft ) erano termini equivalenti. L'Apprendista non poteva essere ricevuto Maestro se non dopo aver dato prove di memoria e di talento; in certe località, era l'autorità municipale che rilasciava il certificato d'idoneità. Questa promozione alla maestria era una cerimonia molto semplice; doveva esser fatta alla presenza di sei Maestri e due Apprendisti registrati (Enterea apprentices). Quanto all'ammissione dell'Apprendista, essa era ancora più semplice; dopo la prestazione del suo giuramento, gli si comunicava la parola di passo, che sembra essere stata il solo segreto dell'istituzione. Alla fine del XVII sec., era tollerato che un membro potesse individualmente creare dei Muratòri mediante il semplice adempimento di queste due formalità. Tuttavia si esigeva di solito che questa comunicazione fosse autorizzata o ratificata dalla Loggia.

In Inghilterra, le prime Logge (Logges, Luges, Loygies, Lodgys, Lodges) sembrano essersi formate dopo la conquista normanna del XI sec. tra gli scalpellini ed i muratòri chiamati a costruire le cattedrali di York, Canterbury. Salisbury, etc. Tuttavia è solo nelle città importanti che i Muratòri sembrano essersi costituiti allo stato di gilde o di compagnie permanenti.

A Londra, si crede di poter far risalire al 1220 il «Santo Mestiere e la Compagnia dei Muratòri» (the Holy Craft and Fellowship of Masons) che, alla fine del secolo seguente (1376), s'intitolerà anche «la Compagnia dei Liberi Muratòri», per riprendere, nella seconda metà del XVIII sec. (1656), la denominazione che questa corporazione porta ancora oggi: «La Venerabile (Worshipful) Compagnia dei Muratòri» (10).

Rovistando negli archivi di questa associazione quasi sette volte centenaria, il F:. Couder ha recentemente scoperto un libro di conti che risale al 1620 e che getta una luce curiosa, come vedremo più innanzi, sull'oggetto delle nostre ricerche (11).

Si sono anche pubblicati, in questi ultimi anni, i verbali d'un certo numero di Logge inglesi che avevano conservato gli antichi usi all'inizio del XVIII sec.: Alnwick (1701), York (1705), Swalwell, etc.

Possiamo trarne le seguenti conclusioni:

I Muratòri inglesi comprendevano, sopra gli Apprendisti, i Compagni o i Maestri. Anche qui questi due vecchi termini erano pressappoco sinonimi, salvo che il qualificativo di Compagno aveva una portata più generica (12). Le Logge d'Inghilterra non avevano autorità centrale, ma i principi generali della loro organizzazione erano pressappoco ovunque gli stessi, come ci si può convincere con la lettura delle diverse costituzioni manoscritte che ci hanno trasmesse. L'Apprendista doveva essere libero e senza tare fisiche. Egli s'impegnava generalmente a quattordici anni, - previo il consenso dei genitori - con un Compagno che doveva inscriverlo entro l'anno sui registri della Loggia. Questa iscrizione si faceva con una certa solennità. Quando aveva prestato il giuramento richiesto, con la mano sulla Bibbia, gli si comunicava «la parola del Muratore» e gli si facevano conoscere i regolamenti come anche le leggende del mestiere (13).

L'apprendistato durava sette anni. Se allora il suo Maestro riconosceva buono il suo lavoro, o se aveva subìto con successo certe prove tecniche, l'Apprendista era ricevuto nella Compagnia (Fellowship).

Diveniva libero d'esercitare il suo mestiere come voleva; in fine era atto a coprire il posto di Maestro, vale a dire a fare delle offerte di lavori ed a prendere dei Compagni sotto i suoi ordini.

Queste promozioni successive implicavano forse un certo cerimoniale e particolarmente la comunicazione solenne di nuovi segreti? Quelli che si pronunciano per la negativa mettono in evidenza che le Charges (Injonctions od Ordonnances = Ordini o statuti) delle vecchie Costituzioni, si rivolgono indistintamente agli Apprendisti, ai Compagni ed ai Maestri; che, d'altronde, i verbali delle antiche Logge inglesi, a York, Alnwick, Scarborough, etc., non parlano che di una sola cerimonia, quella nella quale l'Apprendista era «fatto giurare ed ammesso»; infine, che non si trova in alcuna parte la menzione di riunioni dalle quali gli Apprendisti od i Compagni fossero stati esclusi; che si esigeva al contrario, in alcune Logge, la presenza degli Apprendisti alla promozione dei Compagni o dei Maestri. Coloro che sostengono l'esistenza di due gradi a quest'epoca si richiamano più alla logica che ai documenti; insistono sull'importanza che doveva rivestire, nella carriera di un Muratore, la sua ammissione ai privilegi del compagnonnage. Fanno rilevare soprattutto che, se i Compagni non possedevano certi segreti propri al loro grado, nulla avrebbe impedito ad un Apprendista, in possesso delle parole di passo definitive, di svignarsela prima dello spirare del suo termine, per presentarsi altrove come Compagno.

Noi dobbiamo constatare che in nessuna parte vi è traccia di più d'un giuramento: quello prestato dall'Apprendista. Era questo impegno che faceva il Muratore. Veramente, esso pensava a tutte le indiscrezioni che l'Apprendista avrebbe potuto commettere nelle diverse fasi della sua carriera professionale; quindi sarebbe stato superfluo il rinnovarlo (14).

Comunque, dal punto di vista del problema che qui ci interessa, se può esserci dubbio sull'esistenza di una doppia iniziazione (alcuni documenti sembrano distinguere fra le letture fatte agli Apprendisti e le letture fatte ai Compagni), nessuno può seriamente sostenere l'esistenza d'una terza iniziazione per uso della Maestria nelle antiche Logge operative.

Bisogna anche notare che tutto il cerimoniale era ivi esclusivamente professionale. Il simbolismo non vi esibiva nulla di filosofico e nemmeno di mistico, fuori delle vecchie leggende che erano prese alla lettera e che non appaiono aver mai tollerato una doppia interpretazione. La Riforma, pure favorendo l'emancipazione delle coscienze e terminando col secolarizzare le gilde, mantenne per i Muratòri l'obbligo di rispettare la religione ufficiale. Le Charges del XVII sec. continuano a prescrivere d'essere fedeli a Dio ed alla  «Santa Chiesa». Non v'è di cambiato che la denominazione e la dottrina della Holy Church. Il manoscritto, detto della Gran Loggia (1665-1670), ingiunge, ai Fratelli di non professare «né errore, né eresia». Persino nei Rituali in uso nel XVIII sec. tra le Logge operative, si spiega che le tre luci rappresentano le tre persone della Trinità e che le due colonne simboleggiano e la forza e la stabilità della Chiesa in tutte le età (15).

 

 


 

1. - Il testo ha il termine atelier, che è stato tradotto con Officina, conservando il vocabolo tradizionale muratòrio, sinonimo di Loggia. Oggi, il luogo chiuso, dove «è vietato l'ingresso a chi non è addetto ai lavori» per la costruzione d'un edificio, d'una nave, ecc. è chiamato cantiere; tuttavia l'antico termine latino, con il quale si indicava  il luogo in cui si fa qualsiasi mestiere manuale, è proprio Officina, e con questo senso conserva nelle nostre Logge l'originale impronta della tradizione italica.

2. - G. Des Marez, L'organisation du travail à Bruxelles au XV° siècle, Bruxelles, 1904, cap. II, § 3.

3. - Il testo francese ha tailleurs de pierre, che molti traducono con tagliapietra, se non addirittura con tagliatori di pietra; preferiamo il nostro vocabolo scalpellino.

4. - Questo termine è intraducibile, non essendoci stato, in Italia, un organismo simile od affine alle società operaie francesi cui facevano capo i Compagni del mestiere. Sulla loro organizzazione, l'opera ancora insuperata è quella di A. Perdiguier, Le livre du Compagnonnage. Paris, 1841, 2 voll. in 12°. - Il nostro vocabolo compagnia è quello che maggiormente s'approssima alla voce francese, ma non rende il senso ed il contenuto del compagnonnage.

5. - S'è voluto scorgere nel termine Francs-Maçons un'allusione tecnica all'utilizzazione della pierre franche (varietà di pietra che si taglia agevolmente): Maçons de franche père - Freestone Masons. Ciò che confuta questa interpretazione, è il fatto che l'epiteto franc si trova attribuito agli operai d'altre professioni. Presso gli scalpellini fiamminghi, lo trova unito al titolo di Compagno e di Maestro: Vrije Meester, Vrije Gesel. In Inghilterra, l'Apprendista che passava Compagno era dichiarato: Free of the Craft; nei Paesi Bassi: Gevrijd in Ambacht, letteralmente «affrancato nel mestiere». In realtà, franc, nel linguaggio del tempo, significa privilegialo: colui la cui libertà è garantita da una franchigia.

6. - Il Livre des Métiers, pubblicato dal preposto di Parigi, Boileau, nel XIII sec.

7. - Goblet D'Alviella, The Quatuor Coronati in Belgium, nell'Ars Quater Coronatorum. Londra, 1100%, vol. XIII. - Tradotto nel Bulletin du Suprème Conseil de Belgique, Bruxelles, 1901.

8. - Minard-Van-Hoorebeke, Beschrijvingen van de Gilden en Neringen der stad Gent, Gand, 1877, t. I, p. 223.- 19

9. - Ibid. L'assenza in questo testo di ogni menzione relativa ai Maestri conciatetti e carpentieri che tuttavia facevano parte dei Quattro Coronati fin dal principio del XVI sec., sembra indicare che questa formula è anteriore alla riunione dei quattro mestieri nella stessa Ambach, sotto Carlo V.

10. - i. e.: Worshipful Fellowship of Masons.

11. - E. Conder Jument, The Holy Craft and Fellowshhip of Masons. Londra, 1895.

12. - I vecchi statuti riprodotti nelle Costituzioni del 1723 dicono formalmente che: «operai eviteranno di darsi dei nomi ingiuriosi; soltanto quelli di Fratello o di Compagno (Brother or Fellow)»

13. - Nelle Logge inglesi esisteva da tempo immemorabile l'usanza di leggere agli Apprendisti, durante la loro ammissione, la leggenda dell'Ordine, come pure gli statuti ed i regolamenti del mestiere. Esse si servivano per questo scopo di vecchi manoscritti chiamati «Libri delle Costituzioni» di cui una ventina sono stati conservati sino ai nostri giorni. Essi vanno dalla fine del XIV sec. alla fondazione della Grande Loggia di Londra (Cfr. la memoria del F L. Lartigue, La Légende du Métier nel Bulletin du Suprème Conseil de Belgique, 1905, pp. 47 e sgg.

14. - Il manoscritto detto di Sloane (dei primi del XVIII sec. o fine del XVII sec.) ci dà il testo di questo giuramento, che è interessante comparare con quello del giuramento da prestarsi dai Maestri presso la Vier Gekroonde di Gand: «La parola del Muratore, e tutto quel che vi si riferisce, lo conserverete segreto; giammai lo metterete per iscritto direttamente o indirettamente. Tutto quello che noi od i vostri visitatori (sorveglianti, attenders) vi ingiungeranno di conservare segreto, lo terrete rispetto ad uomo, donna, fanciullo, bastone o pietra; non lo rivelerete che ad un Fratello od in una Loggia di Liberi Muratòri ed osserverete fedelmente gli statuti della nostra Costituzione. Tutto questo, voi promettete e giurate fedelmente di conservare ed osservare senza equivoco, né riserva mentale, direttamente od indirettamente. Così vi aiutino Dio ed il contenuto di questo libro».

15. - Cfr. The Great Mystery of Free Masons discovered, ap. Gould, t. VI, p. 479.