I Geroglifici Di FlameL [1]

Londra, 1624.

 

La Spiegazione delle Figure geroglifiche

Poste da me, Nicholas Flamel, notaio, nel Cimitero della Chiesa degli Innocenti, nel quarto Arco, entrando dal grande portale di St. Dennis Street, e prendendo la via lungo la destra.

 

L'introduzione

 

Anche se io, Nicholas Flamel, Notaio, e residente in Parigi, in questo anno mille e tre cento quaranta e nove, e dimorando nella mia casa nella strada dei Notai, presso la Cappella di St. James dei Martiri; anche se io, dico, ho imparato un poco di latino, per i pochi mezzi dei miei Genitori, che nonostante questo erano, per coloro che mi invidiano maggiormente, persone di provata onestà; ancora per Grazia di Dio, e l'intercessione dei beati Santi del Paradiso di entrambe i sessi, e principalmente di St. James di Galizia,

 (Anche se io) non ho voluto la comprensione del Libro dei Filosofi, in lui ho imparato i loro così nascosti segreti. E per questa ragione, non ci sarà un momento della mia vita in cui io ricorderò quest'alto bene, e, sulle mie ginocchia (se il luogo mi permetterà di farlo) o in altro modo, nel mio cuore e con tutta la mia affezione, non renderò grazie a questo Dio sommamente benigno, che non sopporta che i figli dei giusti elemosinino porta a porta, e non abbandona coloro che perdutamente credono alla sua benedizione.

Nel frattempo, dunque, a me, Nicholas Flamel, Notaio, dopo la morte dei miei Genitori, nel dedicarmi all'Arte della Scrittura, mediante redazione di Inventari, stesure di bilanci, e calcolo delle spese di Tutori e Pupilli, capitò tra le mani per la somma di due fiorini, un Libro dorato, molto antico e grande. Non era fatto di Carta, né di Pergamena, come gli altri Libri sono soliti essere, ma solo di delicate cortecce (come mi sembrò) di alberi giovani e teneri. La copertina era d'ottone, ben saldato, tutto inciso con lettere, o strane figure; e per la mia parte io credo potrebbero ben essere stati Caratteri Greci, o qualche simile antico linguaggio. Sono sicuro, non avrei potuto leggerlo, e so bene che non erano esse né lettere della lingua Latina né della Gallia, perché di esse noi comprendiamo un poco. E per quel che era al suo interno, le pagine di corteccia o buccia erano incise, e scritte, con tale mirabile diligenza, con una punta di Ferro, in chiare e delineate lettere Latine, colorate. Esso conteneva tre volte sette fogli, perché così erano contate nella parte alta dei fogli, e sempre ogni sette fogli ve n'era uno senza alcuna scrittura; ma, invece per questo, sopra il primo settimo foglio, era acquerellato un Bastone e Serpenti che si inghiottivano.

Nelle secondo settimo, una Croce ove era crocifisso un Serpente; e nel terzo settimo vi era dipinto il Deserto, o Distesa Desolata, nel mezzo del quale scorrevano acque da molte chiare fontane, e da cui si generava un gran numero di Serpenti, che correvano da una parte all'altra.

Sul primo dei fogli era scritto in grande Lettere Maiuscole d'Oro: Abramo L'Ebreo, Principe, Sacerdote, Levita, Astrologo, e Filosofo, alla Nazione degli Ebrei, per l'Ira di Dio disperso tra i Galli, manda Salute.

In seguito esso era riempito con grandi esecrazioni e maledizioni (con questa parola Maranatha, che vi era spesso ripetuta) contro ogni persona che avesse posato il suo sguardo su di esso se non fosse stato un Sacerdote o un Notaio.

 

Colui che mi vendette questo Libro non sapeva quale fosse il suo valore, non più di me quando lo acquistai; credevo fosse stato rubato o preso dal miserabile Ebreo; o trovato nascosto in qualche parte dell'antico luogo della sua dimora. All'interno del Libro, nel secondo foglio, egli confortava la sua Nazione, invitandola ad abbandonare i vizi, e sopra di tutti, l'Idolatria, attendendo con dolce pazienza l'arrivo del Messia, che avrebbe posto nel nulla tutti i Re della Terra, e regnato con la sua gente in eterna gloria. Senza dubbio si trattava di un uomo molto saggio e giudizioso. Nel terzo foglio, e in tutte le altre scritture che seguivano, per aiutare la sua nazione Prigioniera a pagare il tributo all'Imperatore Romano, e per fare altre cose, delle quali non parlerò, egli gli insegnava in parole comuni la trasmutazione dei Metalli; egli dipinse il Vaso lato per lato, e li avvisò dei colori e di tutto il resto, escluso il primo agente, del quale non pronunciava una sola parola; ma solo (com'egli dice) nel quarto e quinto foglio egli avrebbe raffigurato l'insieme, e lo raffigurò, infatti, con grande abilità e perizia: ma nonostante fosse bene ed intelligentemente raffigurato e dipinto, nessun uomo avrebbe potuto essere capace di comprenderlo senza essere stato esperto nella loro Cabala, che andava per tradizione, e senza aver studiato accuratamente i loro libri. Il quarto ed il quinto foglio, pertanto, erano senza scritture, e pieni di belle figure illuminate, o come se fossero illuminate, perché il lavoro era veramente squisito. Primo, egli dipinse un giovane uomo con le ali sulle sue spalle, che teneva in mano un bastone Caduceo, con intrecciati due Serpenti, con cui batteva un elmetto che gli copriva la testa.

 Egli sembrava, a mio umile avviso, essere il Dio Mercurio dei Pagani: contro di lui arrivava correndo e volando ad ali spiegate, un grande vecchio uomo, che aveva legata sulla testa una clessidra, e che nella sua mano reggeva una falce (o roncola) come la Morte, con la quale, in modo terribile e furioso, avrebbe tagliato via i piedi di Mercurio. Sull'altro lato del quarto foglio, egli dipinse un bel fiore sulla cima di una montagna altissima, scosso dal vento del Nord; esso aveva la parte inferiore blu, i fiori bianchi e rossi, le foglie che splendevano come oro fino: e, attorno, i Dragoni e Grifoni del Nord facevano i loro nidi e dimora.

Sul quinto foglio vi era una bellissima pianta di Rose, fiorita nel mezzo di un dolce Giardino, cresciuta dalla spaccatura di una Quercia; ai piedi di essa gorgogliava una fontana d'acque molto chiare, che correva via lungo fino ad un fosso, nonostante prima passasse attraverso le mani di un numero infinito di persone, che scavavano nella terra per cercarla; ma poiché erano ciechi, nessuno di loro la riconosceva, eccetto qua e là chi ne considerava il peso.

 

Sull'ultimo lato del quinto foglio, vi era un Re, con una grande Spada, che faceva uccidere in sua presenza da alcuni Soldati una moltitudine di Infanti, le cui Madri piangevano ai piedi degli impietosi Soldati; il sangue di questi Infanti veniva poi raccolto dai Soldati, e messo in un grande recipiente, all'interno del quale il Sole e la Luna venivano per bagnarsi. E poiché questa Storia intende rappresentare la parte principale della strage degli Innocenti perpetrata da Erode, e poiché in questo Libro ho imparato la più gran parte dell'Arte, questa è una delle ragioni per cui ho posto nel loro Cimitero, i Simboli Geroglifici di questa scienza segreta. E così potrete vedere quello che si trova nei primi cinque fogli. Non vi rappresenterò quel che era scritto in un Latino buono ed intelligibile, in tutti gli altri fogli scritti, o Dio mi punirebbe per questo; poiché commetterei una meschinità più grande di quella di chi (come ho detto) si augura che tutti gli uomini del Mondo abbiano una sola testa, che egli possa tagliar via con un sol colpo. Avendo con me, infatti, questo saggio libro, non ho fatto nient'altro di giorno e di notte che studiarlo, comprendendo molto bene tutte le operazioni che vi erano illustrate, ma il non sapere con che cosa la Materia dovesse cominciare, mi rendeva molto triste e sconsolato, e mi causava di esalare molti sospiri. Mia moglie Pernelle, che amo come me stesso, e che avrei successivamente sposato, era molto meravigliata da questo, e mi confortava e dolcemente mi chiedeva se potesse in qualche modo rendersi utile per risolvere i miei problemi. Non avrei potuto verosimilmente tenere a freno la mia lingua, e le dissi tutto, e mostrai a lei questo libro saggio; e lei, nello stesso istante in cui lo vide, ne fu grandemente impressionata come io stesso fui, e provò un estremo piacere dall'accarezzare le falde della copertina, gli intagli, le immagini e le raffigurazioni, malgrado comprendesse al riguardo poco quanto me; ancora fu un grande conforto per me parlarne con lei, e intrattenere me stesso, decidendo quello che avremmo fatto per avere l'interpretazione di esse. Alla fine, volli dipingere all'interno del mio Alloggio, nel modo in cui naturalmente mi fu possibile, tutte le figure ed i disegni del quarto e quinto foglio, che mostrai ai maggiori Eruditi di Parigi che, in ogni modo, non compresero più di me stesso: dunque dissi loro che quello che si trovavano davanti era il Libro che insegnava la Pietra dei Filosofi, ma la gran parte di loro si prendeva gioco di me e della Pietra benedetta, eccetto uno chiamato Maestro Anselmo, che era un laureato in Medicina, e studiava diligentemente nella sua Scienza. Egli aveva un gran desiderio di vedere il mio Libro, e non c'era niente al mondo che non avrebbe fatto per dargli un solo sguardo: ma io gli dissi sempre che non lo avevo; solo gli feci un'accurata descrizione del Metodo. Egli disse che il primo ritratto rappresentava il Tempo, che divora tutto; e che, secondo il numero dei sei fogli scritti, era richiesto lo spazio di sei anni, per perfezionare la Pietra; e quindi egli disse, che noi dobbiamo girare la clessidra e non vederlo più. E quando gli dissi che ciò non era raffigurato nei dipinti, ma serviva solo a mostrare ed insegnare il primo agente, (come era detto nel Libro), egli mi rispose che questa decozione per la durata di sei anni di spazio era, come infatti era, un secondo Agente; e certamente il primo Agente vi si trovava dipinto, sotto forma dell'acqua bianca e dirompente, che senza dubbio intendeva rappresentare l'Argento vivo, che non può essere fissato, né i suoi piedi tagliati, che è come dire, privarlo della sua volatilità, eccetto che per questa lunga decozione, nel più puro sangue dei giovani Infanti; perché in esso, essendo questo Argento Vivo stato unito con oro e Argento, veniva prima mutato con loro in una pianta come quella che era lì dipinta, e dopo, per corruzione, nei Serpenti; i quali Serpenti essendo allora completamente disidratati, e decotti al fuoco, si sarebbero ridotti in polvere d'oro, che sarebbe dovuta essere la Pietra. Questa era la causa alla quale, nello spazio di uno e venti anni, mi dedicai un migliaio di volte, ma mai con il sangue, che era meschino e malvagio: per questo trovai nel mio Libro che i Filosofi chiamano Sangue lo spirito minerale che si trova nei Metalli, principalmente nel Sole,nella Luna e in Mercurio, ad assemblare i quali, perciò, mi ero sempre impegnato; ancora queste interpretazioni per la maggior parte erano più sottili che vere. Non vedendo, in ogni caso, nelle mie opere, i segni a quel tempo scritti nel mio Libro, ricominciavo sempre da capo. Alla fine, avendo perso tutta la speranza di poter mai arrivare a comprendere queste figure, per mio ultimo rifugio, feci un voto a Dio e a san Giacomo di Galizia, per domandare l'interpretazione di loro a qualcuno dei Sacerdoti Ebrei in qualche Sinagoga Spagnola. Pertanto, con il consenso di Pernelle, partii portando con me l'Estratto delle Figure, avendo preso l'abito ed il bastone dei Pellegrini; nello stesso modo in cui mi potete vedere su questo Arco, nel Cimitero nel quale ho posto queste figure geroglifiche, dove ho anche raffigurato sul muro, su un lato e sull'altro, una Processione, nella quale sono rappresentati per ordine tutti i colori della Pietra, come essi vanno e vengono, con questa scrittura in francese: Una processione è molto gradita a Dio, se fatta in devozione.

Questo è come fosse l'inizio del Libro di Re Ercole, che contiene i colori della Pietra, intitolato Iris, o l'Arcobaleno, in questi termini, La processione dell'opera: è molto piacevole alla Natura: la quale ho posto lì espressamente per i grandi eruditi che dovrebbero comprendere l'Allusione. Nello stesso modo, io dico, mi sono messo in cammino; e tanto ho fatto che sono arrivato a Montjoy, e dopo a St. James, dove con grande devozione ho compiuto il mio voto. Fatto questo, a Leon, al mio ritorno, ho incontrato un mercante di Bologna, che mi ha fatto conoscere un medico, un Ebreo di Nascita, poi divenuto Cristiano, che dimorava nella già citata Leon, ed era molto abile nelle Scienze superne, ed era chiamato Maestro Canches. Non appena ebbi mostrato a lui le figure del mio Estratto, egli ne fu affascinato e con grande meraviglia e gioia, domandò a me senza posa se potessi dargli alcuna notizia circa il Libro dal quale esse erano tratte! Gli risposi in Latino (quando mi pose la domanda) che speravo di avere alcune buone notizie riguardo al Libro, se qualcuno avesse potuto decifrare per me questi Enigmi. In quello stesso istante, trasportato da grande Ardore e gioia, cominciò a decifrare per me l'inizio. Ma, per essere brevi, egli fu ben contento di conoscere la notizia di dove il Libro si potesse trovare, ed io, a mia volta, felice di sentirlo parlare in quel modo; e certamente egli aveva udito molti discorsi riguardo al Libro, ma, (come disse) come si trattasse di una cosa irrimediabilmente perduta; così proseguimmo il nostro viaggio, e da Leon passammo a Oviedo, e da lì a Sansom, dove prendemmo la via del mare per arrivare in Francia. Il nostro viaggio era stato abbastanza fortunato, e fino ad arrivare in questo Regno, egli aveva interpretato per me la gran parte delle mie figure, e perfino sui piccoli punti e puntini egli trovò grandi misteri, che mi sembravano meravigliosi; ma quando arrivammo ad Orleans, quest'uomo colto cadde estremamente malato, essendo afflitto da eccessi di vomito, che rimasero ancora con lui per quello che aveva sofferto in Mare, ed era in tale continua paura che io lo lasciassi, che non poteva immaginare niente a parte questo. E anche se io ero sempre al suo fianco, ancora egli incessantemente mi chiamava; ma, insomma, egli morì alla fine del settimo giorno della sua malattia, per le quale ragione io fui molto contristato; ancora, non appena potei, ottenni di farlo seppellire nella Chiesa della Santa Croce ad Orleans, dove lui ancora riposa: Dio abbia la sua anima, perché morì da buon Cristiano. E sicuramente, se io non sarò raggiunto prima dalla morte, darò alla Chiesa una qualche rendita, affinché molte Messe siano dette per la sua anima ogni giorno. Egli che avrebbe voluto assistere al mio arrivo e vedere la gioia di Pernelle; lasciamo che vegli su di noi dall'alto, in questa Città di Parigi, sopra la porta della Cappella di San Giacomo dei Martiri, vicino per un lato alla mia casa, dove siamo entrambe dipinti: io che rendo grazie ai piedi di San Giacomo di Galizia e Pernelle ai piedi di San Giovanni, a cui lei aveva così spesso chiesto aiuto. Così, fu per la grazia di Dio, e l'intercessione della felice e sacra Vergine, ed i benedetti Santi Giacomo e Giovanni, che io seppi tutto ciò che desideravo, che è come dire, Il primo Principio, ancora non la loro prima preparazione, che è la cosa più difficile sopra tutte le cose del mondo. Ma alla fine ebbi successo, dopo tre anni o giù di lì di molti errori, durante i quali non feci che studiare e lavorare, così come tu puoi vedermi sopra quest'Arco, dove ho posto le mie Processioni sui due Pilastri di esso, ai piedi di San Giacomo e San Giovanni, sempre pregando Dio, con il mio Rosario tra le mani, leggendo attentamente il Libro, e recitando le parole dei Filosofi; dopo aver tentato e provato le diverse operazioni, per come le figuravo per le parole del Libro. Finalmente, trovai quello che desideravo, che presto riconobbi per il forte profumo e odore. Avendo questo, facilmente potei compiere l'Opera, perché, conoscendo la preparazione del primo Agente, e poi seguendo le indicazioni del mio Libro alla lettera, non avrei potuto sbagliare anche se avessi voluto. Quindi la prima volta che feci la proiezione fu sopra Mercurio, quando mutai mezza libbra, o poco più, in puro Argento, meglio di quello della Miniera, come notai, e feci altri tentativi molte altre volte. Questo accadde un Lunedì, il 17 di Gennaio, a mezzogiorno circa, nella mia casa, alla presenza della sola Pernelle, nell'anno della riparazione dell'umanità, il 1382. E in seguito, sempre seguendo il mio Libro, parola per parola, feci la proiezione della Pietra Rossa su una simile quantità di Mercurio, alla presenza similmente della sola Pernelle, nella stessa casa, il ventesimo quinto giorno dell'Aprile seguente, lo stesso anno, attorno alle cinque di sera; che io trasmutai veramente in quasi altrettanto Oro, meglio ancora sicuramente dell'Oro comune, più tenero e malleabile. Posso dirlo con verità, lo feci per tre volte, con l'aiuto di Pernelle, che comprese tutto il procedimento bene quanto me, poiché mi aiutò nelle mie operazioni; e senza dubbio, se l'avesse dovuto intraprendere da sola, avrebbe raggiunto la fine e la perfezione proprio come io feci. Avevo, in effetti, ottenuto già abbastanza dopo la prima Opera, ma provai un piacere eccessivamente grande, e una gran beatitudine nel vedere e contemplare l'Ammirevole opera della Natura all'interno del Vaso. Per farvi capire, quindi, come lo feci per tre volte, dovrete vedere questo Arco, e se avrete l'abilità per riconoscerli, tre fornaci, che sono servite per le nostre operazioni. Avevo paura, per molto tempo, che Pernelle non potesse nascondere la ragione vera della sua estrema gioia, che io misuravo con la mia, e che si lasciasse sfuggire qualche parola con le sue amiche del grande tesoro che possedevamo; perché la gioia estrema porta via il comprendonio, come il grande dolore; ma la bontà del più grande Dio non mi aveva solo colmato della benedizione, di darmi una moglie casta e saggia, perché lei era, in più, non solo capace di ragione, ma anche di fare tutto quanto era ragionevole, e più discreta e segreta di quanto non siano le donne normali. Soprattutto, lei era eccezionalmente devota, e per questo, vendendola senza speranza di figli, ed ora ben colpita dagli anni, ella cominciò, come io feci, a pensare a Dio, e dedicare noi stessi alle opere di Misericordia. A quel tempo quando scrissi questo Commentario, nell'anno mille e quattrocento e tredici, alla fine dell'anno, dopo la morte della mia fedele compagna, che io piangerò per tutti i giorni della mia vita; lei ed io avevamo già fondato, e sostenuto con rendite, 14 Ospedali nella città di Parigi; e avevamo costruito dal nulla tre Cappelle, che avevamo arricchito con grandi doni e beni; 7 Chiese, con molte riparazioni ai loro Cimiteri, accanto a quella che abbiamo fatto a Bologne, che non è molto meno che quella che abbiamo fatto qui. Non parlerò del bene che noi due abbiamo fatto a persone particolarmente povere, principalmente a vedove e poveri orfani, i cui nomi, se li dicessi, e raccontassi cosa feci per loro, a dispetto di ciò, la mia ricompensa mi sarebbe data in questo Mondo, (Matteo 6,1-4 «Badate di non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere da loro ammirati; altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. Quando dunque tu fai l'elemosina, non metterti a suonare la tromba davanti a te, come fanno gl'ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per averne gloria presso gli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando dunque tu fai l'elemosina, non metterti a suonare la tromba davanti a te, come fanno gl'ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade, per averne gloria presso gli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Ma mentre fai l'elemosina, non sappia la tua sinistra quello che fa la tua destra, in modo che la tua elemosina rimanga nel segreto; e il Padre tuo che vede nel segreto te ne darà la ricompensa») e farei similmente dispiacere a quelle buone persone, che io prego Dio di benedire; e non lo farei per niente al Mondo. Per le Costruzioni, oltre a queste Chiese, Cimiteri e Ospedali in questa Città, risolsi me stesso, di provvedere a che fossero dipinte nel quarto arco del Cimitero degli Innocenti, come si entra dal grande portone di St. Dennis street, prendendo la via sul lato destro; è questo il più vero ed essenziale dei marchi dell'Arte, anche se sotto veli, e coperture Geroglifiche, in imitazione di quelle che sono nel dorato Libro di Abramo l'Ebreo. E tale Libro ben rappresenta due verità, a seconda della capacità e del comprendonio di coloro che lo leggono: Primo, i misteri del nostro futuro e dell'indubitabile Risurrezione, al giorno del Giudizio, e all'arrivo del buon Gesù (che possa avere misericordia di noi), una Storia che è ben si accorda con un Cimitero. E secondariamente, esso può significare per coloro che sono abili nella Filosofia della Natura, tutte le principali e necessarie operazioni dell'Opera. Queste figure Geroglifiche serviranno come due vie per giungere alla vita celeste: il primo e più aperto senso insegnando i sacri Misteri della nostra salvezza; (come mostrerò tra breve) l'altro insegnando ad ogni uomo che abbia in sé una piccola comprensione della Pietra, il modo lineare per lavorarla; che essendo perfetto per ognuno, lo scambio del male per il bene porta via dalla strada del peccato, (che è quella dell'avidità), rendendo l'uomo libero, gentile, pio, religioso, e timorato di Dio, privo della cattiveria di una volta, perché da questo momento in avanti sarà continuamente animato dalla grande grazia e misericordia che ha ottenuto da Dio, e con la profondità delle sue Divine e ammirevoli opere. Queste sono le ragioni che mi hanno portato a fissare queste forme in questo modo, ed in questo posto, che è un Cimitero, affinché ogni uomo possa ottenere questo bene inestimabile, e conquistare questo ricchissimo Vello d'oro; così egli potrà decidere tra sé e sé (come ho fatto io) di non custodire il talento donatogli da Dio sepolto sotto Terra (si riferisce qui alla Parabola dei Talenti narrata da Gesù in Matteo 25,14-29), comprando terre e possedimenti, che sono le vanità di questo mondo: ma piuttosto di lavorare caritatevolmente con il suo fratello, ricordando in ogni momento che ha appreso questo segreto tra le ossa dei morti (in cimitero), nel cui numero egli sarà presto trovato (ove egli si verrà a trovare tra breve); e che dopo questa vita egli renderà conto davanti ad un giudice giusto ed indubitabile, che censurerà perfino una parola pigra e vana. Lasciamo, quindi, che colui che avrà avendo ben pesato le mie parole, e ben conosciuto e compreso le mie figure, abbia prima avuto altrove la conoscenza dei primi inizi e Agenti, (perché certamente in queste Figure e Commentari egli non trova nessun passo o informazione al riguardo), perfetto, alla gloria di Dio, l'Opera di Ermes, ricordandosi in ogni momento della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana; e di tutte le altre Chiese, Cimiteri e Ospedali; e soprattutto la Chiesa degli Innocenti in questa Città (nel Cimitero della quale ho contemplato queste vere dimostrazioni); aprendo generosamente la sua borsa a coloro che sono segretamente persone oneste e povere, desolate, donne deboli, vedove e orfani abbandonati.

Così sia.

 

(1) Traduco questo documento parola per parola, senza ricercare esigenze stilistiche, al fine di mettere il lettore più a contatto con il testo originale. Tra parentesi in corsivo si trova qualche commento o esplicazione del testo.

 

 


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