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La Tradizione Occidentale. Fin dalla più remota antichità si ritrovano testimonianze di quadrati enneadici, cioè di 9 segni o numeri o lettere occupanti 9 case divise in 3 per ciascun lato.

Tale rappresentazione era, in Mesopotamia, usuale come testimonianze archeologiche riferiscono, fin dal XX secolo avanti Cristo, ma ragionevoli ipotesi, spingono a supporre che tale disposizione sia stata ripresa dagli Egizi delle prime dinastie, per cui la datazione è di gran lunga anteriore.

  

A tale proposito sarà illuminate riproporre il brano della grande Enneade di Eliopolis riportata da Enel nella sua opera Les origines de la Genèse et l’enseignement des Temples de l’ancienne Egypte in nota a pag.1

Io sono Tem (che) creò il cielo, che fece uscire gli esseri dalla terra, che fa germogliare il seme di ciò che esisterà, che partorisce gli dei. Il Grande (Unico) Dio che si è autogenerato, maestro della vita, che dona la giovinezza all’enneade divina.

  

Ancora più probante, per la nostra ipotesi, è la traduzione ripresa dal testo: Le roi de la Théocratie pharaonique, di Schwaller de Lubicz, sempre a proposito dell’Enneade di Eliopolis:

"O grande Enneade di Neter che è in Eliopolis: Toum, Shou, Tefnout, Geb, Nout, Osiride, Iside, Seth, Nephtys che Toum mette al mondo per proiezione del suo cuore, come sua propria nascita, nel vostro nome di nove Archi nessuno tra di voi si separa da Toum".

Questi due testi anche se rappresentati con dei geroglifici, si sviluppano, comunque, come un centro (il Grande Unico Dio che da se si crea, Toum) attorno al quale si dispiegano delle coppie, due a due, distinte in maschio e femmina, attivo e passivo; in altre parole è una rappresentazione cosmogonica in chiave duale o binaria mitigata da un monismo relativo.

Il passaggio dall’iscrizione di tipo geroglifico o cuneiforme, alla figurazione in schema cifrata segue un percorso oscuro che quasi certamente non potremo mai illuminare, certo però è che tale disposizione era già presente nelle interpretazioni dei Pitagorici, dato che così ci è stata trasmessa da Teone di Smirne nel II secolo della nostra era.

Da dire che innegabilmente tale disposizione era il risultato di speculazioni della Scuola elaborate in epoche precedenti, quando cioè il segreto iniziatico ne limitava la divulgazione. La disposizione del quadrato Enneadico pitagorico, riproduce la Divina Tetractis e il 5 collocato nel suo cuore ne rappresenta il mediatore. Le due Enneadi, quella Egizia e quella Pitagorica, sono certamente differenti, ma è indubbio che è presente in entrambe un elemento che le collega in maniera inconfutabile, vale a dire il tentativo di codificazione del Cosmo tramite 9 segni; ma mentre quella egizia collocava intorno ad un Centro quattro coppie di divinità che tentava di ricondurre ad una Unità centrale, quella pitagorica, invece, situava due coppie (maschio e femmina) e due diagonali (maschio) con cui equilibrava le due perpendicolari (femmina) e tramite il 5, collocato nel suo cuore come mediatore armonico, non tentava di ricondurre il tutto all’Unità cosmica, che nel quadrato era rappresentata comunque dalla Sacra Tetractis, ma rapportava il tutto al Macrocosmo-Uomo il quale, per estensione analogica, rappresentava il Microcosmo.

Da tale punto il passaggio al quadrato magico conosciuto come quadrato di Saturno , la cui costante magica è 15, il passo è brevissimo e naturale.

La costante magica del quadrato Enneadico pitagorico, come evidenzia Teone di Smirne, era 10 il quale rappresentava la Sacra Tetractis, e il 5 collocato al suo centro, per analogia il Microcosmo. L’evoluzione logica del sistema di calcolo per addizione verso il sistema di calcolo per posizione, porterà alla considerazione naturale che il quadrato così rappresentato evidenzia elementi di scompenso di posizione, soltanto le diagonali e le perpendicolari rappresentano l’uomo nell’equilibrio del Macrocosmo (10 + 5), da qui il tentativo, probabilmente effettuato dagli arabi intorno all’anno 1000, di una rivisitazione del quadrato. Notizie storiche danno la conoscenza di un manoscritto arabo, datato XII secolo e attribuito a un matematico ebreo, certo IBN ESRA. In tale manoscritto è per la prima volta presentato all’attenzione degli studiosi il quadrato di lato 3, espresso in cifre, con costante magica 15.

Difficile affermare, comunque, se il quadrato così espresso, conservava i contenuti esoterici del quadrato Enneadico egizio o di quelli posteriori pitagorici.

Nella sua semplicità di costruzione, indipendentemente dai presupposti esoterico ermetici, il quadrato di lato 3, rappresentò, tuttavia, per lo sviluppo della cultura di calcolo araba, uno strumento veramente formidabile. Su tale quadrato, infatti, i matematici arabi implementarono un procedimento di moltiplicazione per quadrettatura che i popoli europei assorbirono solo alla fine del Medioevo e al quale diedero il nome di moltiplicazione per gelosia.

Tale quadrato, che apparirà in occidente in associazione analogica a Saturno, fu in uso, nella simbologia teologica araba come da’wa (invocazione); e completato secondo il sistema Abjad, un sistema di permutazione considerato segretissimo, in cui ogni lettera vi si trova assegnata non per il suo valore consueto ma per il valore numerico dell’attributo divino di cui è iniziale. La lettera Aif, per esempio che di solito vale 1, in questo sistema di permutazione vale 66, che è il nome di Allah.

Tale considerazione ha permesso ai maghi di confezionare un talismano, a forma di quadrato (magico) il cui valore è, appunto, 66 che rappresenta il nome santo di Allah calcolato secondo l’Abjad magrebino.

Prima del XII secolo tale quadrato, con costante magica 15, sembra comunque sconosciuto, anche se il Cazalas, nella sua opera: Le Carrès Magiques riporta la notizia di un manoscritto arabo del VIII secolo attribuito ad Apollonio di Tiana, ma tale notizia priva di riferimenti storici certi, non è stata successivamente confermata da altri autori.

Si potrebbe, comunque, avanzare l’ipotesi che tale quadrato fosse già conosciuto nel secolo IX, perché in un trattato matematico di TABIT BEN KORRAH vi è contenuta una breve disquisizione di ipotesi di costruzione, con chiari riferimenti al quadrato Enneadico pitagorico, ma il palindroma non è proposto graficamente.

In un testo alchemico-kabalista: l’Asch Mezareph, di difficile datazione e di ancor più difficile interpretazione, troviamo i quadrati magici, che Agrippa estrapolerà per la sua opera La Filosofia Occulta o Magia. Tali quadrati sono espressi in lettere ebraiche e sono collocati in un contesto descrittivo alchemico alquanto ermetico, il quale testimonia, comunque, al di là dell’informazione proposta, l’origine antichissima di questo strumento Tradizionale.

In Europa i quadrati apparvero in epoca relativamente tarda, solo alla fine del XIV secolo e grazie all’opera divulgativa di un grammatico-matematico bizantino, certo MASCOPOULOS, ma la loro diffusione fu comunque rapidissima, come testimonia la presenza di un palindroma di lato 5 in un manoscritto tedesco, segnalato dal CANTOR, nel XV secolo.

Nel 1400 la presenza dei quadrati nei vari testi, era limitata a presentazioni isolate, la loro iscrizione sempre in cifre arabe e finalizzata, sull’esempio arabo, ad un utilizzo pratico, vale a dire al tentativo di trovare nuovi sistemi di calcolo.

I computi che un ragazzo fa oggi agevolmente, esigevano un tempo l’opera di uno specialista e una operazione di pochi minuti richiedeva nel 1400 molti giorni di estenuante lavoro ma sopratutto una preparazione universitaria.

Il 1514, può essere a ragione indicato, per l’Europa, come l’anno del quadrato, l’anno in cui questo entra prepotentemente nella tradizione, ma sopratutto nella cultura magica. È di questo anno il celebre dipinto di ALBERT DURER Melanconia, dove appare un palindroma di lato 4. Il titolo stesso dell’opera e l’associazione analogia planetaria a Giove, testimonia per la prima volta, il tentativo, la proposta di una interpretazione ermetico-magica-astrologica.

Sparsi in diversi trattati, bisognerà attendere il 1533 per vederli riuniti in una sola opera, almeno tutti quelli che fino ad allora erano conosciuti. Nel testo La Filosofia Occulta, Agrippa riporta infatti sette quadrati, estrapolati dal testo Cabalista Asch Mezareph non sconosciuto all’autore, che associa analogicamente ai sette pianeti allora conosciuti (i cinque pianeti e i due luminari) e ai loro metalli in simpatia analogica. Nessuna descrizione è data, dal grande occultista, circa il loro metodo di costruzione o di utilizzo pratico, tanto meno ci informa di una loro finalità operativa (se mai ce ne fosse una). A differenza dei quadrati fino ad allora proposti in cifre arabe, l’Agrippa tenta un collegamento con le origini, li presenta anche in associazione con le lettere ebraiche, agganciandoli definitivamente (certamente non a torto) alla Tradizione Cabalista e per primo dotandoli di alcuni caratteri e figure misteriose (associazione tratto-lettera), che farà la disperazione dei ricercatori posteriori.

Nello stesso periodo dell’Agrippa, un altro grande occultista utilizzò i quadrati, PARACELSO; ma a differenza del primo, introduce, nei suoi scritti, un associazionismo rigido con le influenze planetarie e i relativi metalli, cristallizzandoli, in questo modo, in una forma-idea da cui non riusciranno più a liberarsi.

Con Paracelso si chiude un epoca, un modo di pensare, in cui l’aspetto esoterico va pian piano scemando a vantaggio dell’aspetto aritmetico.

Viene, così, a perdersi l’insegnamento delle origini, sopratutto a causa dell’ignoranza totale di alcuni autori, i quali li riproporranno nelle loro opere senza alcun commento, con il solo scopo evidente di rendere misteriosi i loro lavori.

Il 1544, vede imporsi prepotentemente, con lo STIFEL, l’elaborazione matematica dei quadrati, l’aspetto esoterico, ormai volutamente rifiutato sotto la spinta delle correnti benpensanti dell’epoca, lascia il posto al nuovo fermento che lievita nei ricercatori, la razionalità del numero, che spingerà ad ipotizzare ogni genere di quadrati, a recinti, a progressioni armoniche, a progressioni geometriche, a sovrapposizioni di più quadrati latini, cubi, torri, stelle... tutti superficialmente indicati come magici, per il solo fatto che le loro somme sono sempre identiche, per colonne, per righe, diagonali, per punte, per radici.

Dal 1544 fino al 1895 generazioni di matematici, scrissero interi trattati su questo argomento. FRENICLE De BESSY, uno dei più eminenti calcolatori che il secolo XVII abbia avuto in ordine dei quadrati, elabora nuove regole di costruzione, giungendo a sviluppare, per il quadrato di lato 4, di cui si conoscevano soltanto sedici disposizioni, ben ottocentottanta nuove collocazioni. Sull’onda di simili lavori matematici, dimentichi ormai dell’aspetto esoterico, i ricercatori si cimentarono nella ricerca di nuove leggi per la costruzione armonica dei palindromi, elaborando procedimenti costruttivi, in alcuni casi, tanto complicati, che a distanza di tempo rimangono ermetici ed indecifrabili.

In seguito, l’ardore per questi studi andò sensibilmente scemando sotto i colpi dei critici utilitaristici ben pensanti e i suoi fautori accusati di occuparsi di un gioco futile e infantile. In un epoca, come la nostra, dove la necessità impellente del divino è tanto violenta da sfociare in manifestazioni isteriche di gruppo, o in una nascita smisurata di associazioni con pretese etichette di esoterismo, non si può ancora ignorare il messaggio del quadrato, non si può procrastinare di decifrarlo, anche con il solo scopo di dare un nuovo impulso ad un tipo di ricerca di ordine esoterico da tempo lasciato in disparte.

Nel 1933 A. Aubry diceva a proposito dei quadrati magici: Quei benpensanti, che non vedono l’utilità di qualcosa, che nel suo immediato utilizzo, non dovrebbero dimenticare che l’importanza di una ricerca non dipende esclusivamente dal rendimento utilitaristico, nel significato stretto della parola, ma anche dal suo valore educativo e formativo per la nostra mente, e dalla sua attitudine a fornirgli gli alimenti che preservano la sua vitalità, abituandola a ricercare delle verità in ogni direzione, ma sopratutto, a fortificarla con alcune pratiche iniziatiche che gli sarebbero rimaste incomprensibili senza un aiuto occasionale, per metterle alla sua portata. Nell’immenso dominio dei numeri, la magia dei quadrati, non sarà che un oasi, visitata sopratutto da ricercatori isolati, ai quali però è spesso sufficiente una semplice mappa, una traccia di itinerario".

Cosa è un Quadrato Magico La Tradizione Occidentale La Tradizione Orientale