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È ormai antica e consolidata tradizione (Quaderni di Simbologia Muratoria - n.1. Premesse) pensare alla Massoneria come ad una Scuola tesa, per prima cosa, alla "scoperta e alla realizzazione" di sé stessi, secondariamente alla "ricerca" di una via illuminativa da "realizzare" attraverso l'insegnamento esoterico tradizionale di cui essa è depositaria. Un patrimonio esoterico costituito di simboli, di miti e di un rituale, che vengono offerti come supporti alla interpretazione, alla meditazione ed alla "speculazione superiore" dei propri aderenti, per ottenere quella espansione di coscienza destinata a rendere "reali" i vari gradi di iniziazione "virtuale"; e quindi "raggiungere durante il tempo della nostra presenza nel mondo fisico la conoscenza diretta, l'esperienza del trascendente che è celato nel nostro profondo come in ogni particella del mondo che ci circonda".

Non sembra che tra i due termini che stiamo esaminando vi sia una differenza sostanziale e profonda, tanto che non ci riesce difficile avvicinarli ulteriormente, vale a dire, adoperando gli stessi elementi che abbiamo utilizzato per definire i contenuti della Qabalah, "mutatis mutandis", possiamo tentare di penetrare ed ampliare la precedente definizione della Massoneria:

  • Essa è una Scuola tesa alla ricerca di una via illuminativa che attraverso il simbolo, il mito ed il rito, attraverso, cioè, i "supporti" provenienti dall'insegnamento tradizionale, al pari della teosofia, sviluppa quell'intelligenza intuitiva che permette di comprendere e forse anche di immedesimarsi nella vita nascosta della realtà metafisica.

  • O che, al pari della mistica, ricerca una conoscenza sperimentale acquisita attraverso una esperienza diretta, vissuta, sentita, provata, ricevuta dentro sé stessi e che porta l'uomo alla conoscenza di sé e in sé dell'Essere, il che lo pone in contatto diretto con la realtà metafisica, con il trascendente che è in noi, come in ogni particella del mondo che ci circonda.

Sempre Gershom Scholem afferma che la "mistica", intesa come quel particolare orientamento del pensiero innanzi descritto, si manifesta ed è connessa con uno stadio ben definito della storia e della coscienza umana.

In particolare Egli distingue due periodi in cui non è possibile il manifestarsi della mistica, vale a dire:

  • Il primo periodo che corrisponde alla adolescenza dei popoli, al mondo del mito, nel quale in realtà non si è ancora aperto l'abisso tra l'umano ed il divino, giacché il mondo è popolato di dei "falsi e bugiardi".

  • Il secondo, invece, è quel periodo in cui la religione strappa l'uomo dal sogno dell'unità del mondo con la divinità e crea la separazione tra il finito ed il trascendente. Solo a questo punto si manifesta la mistica la quale prende coscienza dell'abisso e cerca di stabilire una nuova unità che in fondo è stata distrutta dalla stessa religione e che si incontrava nel mondo del mito.

Se ora trasliamo le considerazioni dello Scholem alla "Via Muratoria" possiamo, a nostro avviso, tranquillamente affermare che la ricerca di quell'esperienza di contatto con il trascendente o con la realtà metafisica, si manifesta decisamente in un determinato momento del cammino iniziatico ed è connesso con uno stadio ben definito della coscienza risvegliata e tesa all'integrazione:

  • Riteniamo infatti che in un primo momento (l'Apprendistato) è difficile scorgere l'abisso tra l'umano ed il divino, questo perché la coscienza "immediata" è ancora legata ad un "tutto" fisico; e fondamentalmente la vita, su un piano di mera "natura", ignora la separazione ed i piani diversi. Il "principio" Materia prevale sul "principio" Spirito: la Squadra è sovrapposta al Compasso.

  • Non conosce la mistica, in altre parole quel chiaro e deciso contatto - o ricerca di contatto - con il trascendente, neanche quello stadio creativo di fantasia ed immaginazione nel quale germoglia uno stato coscienziale animico particolare (Compagnonaggio), in cui al massimo si raggiunge una precisa coscienza della dualità dell'abisso, sopra il quale v'è la Legge infinita e sotto l'uomo determinato e finito. I due "principi" Spirito e Materia si equilibrano: la Squadra è incrociata al Compasso.

  • Solo in un terzo momento, (Maestria), in altre parole solo e quando si è sperimentato l'abisso, da esso si prendono le mosse per rendere possibile l'esperienza del contatto conoscitivo e trascendente. Infatti, avendo piena coscienza, accade che si cerca una via che superi l'esperienza dell’unità distrutta dalla molteplicità. Si cerca, inoltre, di ristabilire, nella sede adatta (o Spirito) l'originaria unità di tutte le cose. Il "principio" Spirito prevale sul "principio" Materia: il Compasso è "finalmente" sovrapposto alla Squadra.

Che cosa sia o come possa essere descritto questo rapporto con l'Unità, é il grande enigma, il "Segreto" intorno al quale si sono arrovellati sia gli autori che hanno scritto dell'esperienza, sia coloro che l'hanno effettivamente vissuta.

Siamo di fronte - come dice Scholem - ad "un sapere che per la sua essenza stessa è senz'altro inesprimibile". Inoltre questo sapere "si collega fin da principio con un sapere che osserva una condizione di segretezza anche per i modi del suo tramandarsi".

Questo sapere (Scholem dice "la mistica ebraica" noi possiamo dire "la Massoneria" lasciando inalterato il resto del periodo), questo sapere, dunque, "è una dottrina segreta in duplice senso (cosa che non vale affatto per qualsiasi dottrina che si sia presentata. nella storia della spiritualità), é una dottrina segreta in quanto tratta i più occulti e riposti obiettivi della vita umana, ma anche una dottrina segreta in quanto è limitata solo ad una determinata cerchia di adepti, nell'ambito dei quali viene tramandata."

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