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Il Conducente di Asini (Quarta Parte) |
Le parole “che hai nascosto per coloro che ti temono” sottintendono la luce che Dio ha occultato, in questo mondo, per farne gioire i Giusti. La parafrasi: “Lo hai reso perfetto per chi spera in te” designano il paradiso superiore, così com'è scritto (Esodo XV,17): “Su questa salda dimora che ti sei preparata per te stesso”; ora, si ritrova la parola “paàltha” (che ti sei preparata) in entrambi (9) i versetti (Zohar I,46b).
Dice la Scrittura infine: “Alla vista dei figli degli uomini”. Queste parole sottintendono il paradiso inferiore, dove tutti i Giusti entreranno con le loro anime rivestite di abiti eterici simili ai corpi che possedevano in questo basso mondo. É questo il motivo per cui la Scrittura dice: “Alla vista dei figli degli uomini”, giacché nel paradiso inferiore le anime dei Giusti somigliano a uomini rivestiti dei propri corpi. In questo Paradiso i Giusti si fermano qualche tempo, volteggiano in aria, da qua involandosi s'immergono in fiumi profumati, da dove, poi, emergono e discendono in basso.
Essi (10) appaiono perfino agli uomini, in favore dei quali operano miracoli, simili a quelli degli Angeli celesti. Tale è il caso che tratteremo adesso. Vedremo la Luce della Lampada Santa; ma purtroppo non c'è concesso di contemplare e di apprendere più cose della sola “Saggezza”.
Rabbi Abba ha così aperto la sua Lezione (Giudici XIII,22): “Manoach disse alla moglie; moriremo certamente, perché abbiamo visto Dio”. Benché Manoach ignorasse l’essenza dell’essere (11) che gli era apparso, pensava tuttavia di aver visto l’essenza divina chiamata “Io” (12). Quindi concluse, poiché la Scrittura dice: (Esodo XXXIII,20): “Nessun uomo può vedermi e restare vivo”, certamente morremo, poiché abbiamo mirato l'essenza divina. Ora, aggiunse Rabbi Abba, noi siamo stati favoriti dalla luce celeste che ci ha accompagnato e che il Santo, benedetto egli sia, ci ha inviato per svelarci i misteri della ”Saggezza” (H'cmâ) (13).
Éléazar e Rabbi Abba, proseguendo il loro cammino, giunsero, al tramonto del sole, nei pressi di una montagna. Gli alberi, ai piedi di questo monte, facevano salire, all’unisono verso il cielo, i loro inni percepibili all’udito grazie al fruscio delle foglie, agitate dalla brezza serale. In quel momento, i due viaggiatori udirono una voce potente pronunciare queste parole: figli del Dio Santo, voi che discendete anche tra i mortali della terra, voi che siete le lampade celesti della scuola superiore, adunatevi nella vostra abituale dimora per gioire delle spiegazioni del maestro sulla dottrina. I viaggiatori furono assaliti da paura e arrestando i loro passi sedettero.
La voce celeste echeggiò di nuovo: Rocce (14) potenti e alte regioni (Zohar II,109b), sappiate che il Maestro la cui forma è a colori come quella della trama di una tappezzeria, sale sul suo trono. Salite dunque nel cielo e riunitevi. Contemporaneamente i viaggiatori udirono un altra voce forte e potente scaturire dai rami degli alberi e declamare queste parole della Scrittura (Salmi XXIX,5): “La voce del Signore schianta i cedri”. Rabbi Éléazar e Rabbi Abba si prosternarono, ma assaliti da una gran paura fuggirono precipitosamente da quel luogo senza ascoltare altre oltre.
Dopo aver lasciato questa montagna, continuarono il loro cammino fino a raggiungere Rabbi Yossé, figlio di Rabbi Shimon, figlio di Laqounia; qui trovarono lo stesso Rabbi Shimon, figlio di Yochaï. Provarono una gran gioia; e [7b] lo stesso Rabbi fu felice di vederli (15). Disse loro: sono certo che, durante il vostro viaggio, siete stati testimoni di miracoli e avete gioito alla vista di meraviglie celesti. Nel momento in cui eravate in cammino io dormivo, ma in sogno ho veduto, in vostra compagnia, Banaïas, figlio di Joïada. Lo ho visto consegnarvi, aiutato da un anziano, due corone per adornarvi. È certo che il Santo, benedetto il suo nome, vi accompagnava nella vostra strada. Del resto, anche se non avessi avuto questo sogno, avrei intuito quanto vi è successo dall’alterazione dei vostri volti. Rabbi Yossé rispose a Rabbi Shimon: le tue parole sono esatte, è noto, infatti, che un saggio vale più di un profeta (Talmud Baba Bathara, 12a). Rabbi Éléazar poggiò la testa sulle ginocchia di suo padre, e gli raccontò ciò che era accaduto.
Rabbi Shimon, profondamente turbato, iniziò a piangere ed esclamò: è scritto (Habacuc III,2): "Signore, ho sentito la tua voce ed ho avuto timore”. Queste parole furono pronunciate da Habacuc nel momento in cui, dopo aver sperimentato la morte, fu resuscitato da Eliseo. Per quale motivo, il profeta, si chiamava Habacuc? Proprio a causa delle parole di Eliseo, il quale disse alla Sunamita (II Re IV,16): “Entro un anno, in questa stessa stagione, tu abbraccerai un figlio”. Ora poiché “abbracciare” si dice in ebraico “habacuc” questo è il motivo per cui il nome del profeta è Habacuc. Esso era quindi il figlio della Sunamita, e se si chiama Habacuc, nome plurale, è perché esso fu abbracciato due volte: una prima volta da sua madre ed una seconda da Eliseo, com'è scritto (II Re IV,34): “Pose la bocca sulla sua bocca”.
Shimon continuò: ho trovato nel libro del Re Salomone il passaggio successiva: “Nel momento di morire furono tolti, al figlio della Sunamita, i settantadue nomi sacri di Dio. Questi nomi incisi su tutti gli uomini, si separano da essi nel momento del decesso, quindi i settantadue nomi sacri di Dio, incisi sul bambino (Habacuc) fin dal giorno in cui il padre lo procreò, s’involarono subito dopo la sua morte. Abbracciando il bambino morto, Eliseo li incise di nuovo sul suo corpo e questo lo resuscitò.
Le lettere che compongono questi nomi sacri, le quali hanno un valore ghematrico di duecentosedici, furono tutte incise dal soffio di Eliseo. É questo il motivo per cui lo si chiamò Habacuc, le cui lettere hanno, appunto, un valore ghematrico di duecentosedici. Questo è il motivo per cui il profeta Habacuc esclamò (Habacuc XXX,2): “Signore ho sentito la tua voce ed ho avuto timore”, vale a dire ho ascoltato ciò che devo provare in questo mondo ed ho tremato.
Volendo pregare per se stesso disse: “Signore, fate che l’opera di cui sono testimone si compia nel corso degli anni”, in altre parole durante la vita terrestre di chi è il principio dell’esistenza di tutte le generazioni, passate e future, e senza il quale non potrebbe esserci vita. Dopo aver recitato questo passaggio del libro di Salomone, Rabbi Shimon si mise a piangere dicendo: dopo quanto ho ascoltato, anch’io tremo, dinanzi al Santo, che sia benedetto.
Sollevò le mani sopra la propria testa ed esclamò: grande è la benevolenza celeste, verso di voi… guardare in faccia Rabbi Hammenuna, il Saggio, la fiamma della dottrina esoterica, quando io non sono stato giudicato degno di questo favore. Rabbi Shimon prosternandosi con la faccia a terra ebbe una visione: vide Rabbi Hammenouna, il Saggio il quale, valicando delle montagne, incedeva verso il palazzo del Re Messia per illuminarlo con le proprie luci. Rabbi Hammenuna, il Saggio, disse a Rabbi Shimon: maestro, in questo mondo tu sarai a fianco di istruttori della dottrina, seduto dinanzi al Santo, benedetto il suo nome. Da quel giorno Rabbi Shimon chiamò Rabbi Éléazar, suo figlio, e Rabbi Abba “Peniel”, in ragione delle parole della Scrittura (Genesi XXXII,31): “Giacobbe diede a quel luogo il nome di Peniel dicendo: ho visto Dio a faccia a faccia”.
(9) Una delle tredici regole ermeneutiche, chiamata äåù äøéæð. [Torna al Testo] (10) Le edizioni di Cremona e di Przemusl riportano ïîæìå invece di ïéðîæìå, apocope molto frequente nello Zohar. [Torna al Testo] (11) Con äéúãáò éàî, lo Zohar non intende dire: “quale era il peso dell’essere che gli era apparso”, ma “quale ne era l’essenza". [Torna al Testo] (12) L’edizione di Cremona riporta éðàã àæøã àììá àð÷åéãì àîç çåðî “Egli ha veduto l’immagine di colui il cui nome misterioso è rinchiuso nella parola Io”. [Torna al Testo] (13) Le edizioni di Amsterdam e Vilna riportano, a questo punto, àð÷ìåç äàáæ “Felice il nostro destino”. [Torna al Testo] (14) É cosi che sono indicati i santi nel Paradiso. Vedere anche Zohar II,109a e Tiqouné Zohar LIII. [Torna al Testo] (15) L’edizione di Cremona riporta ïåòîù éáø éãçå åãç. [Torna al Testo]
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