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Il Conducente di Asini (Parte Seconda) |
La parola "lontano" indica il punto superiore che si trova nel suo palazzo. Ecco perché è scritto "Voi osserverete", esso è rinchiuso in schamor (osservare). Le parole "porterete rispetto al mio Santuario" (Levitico XIX,30) indicano il punto che al centro e che fa paura più di tutto il resto, giacché chi infrangerà questo comandamento è passibile di morte, come lo dice il versetto (Esodo XXXI,14):" Chi lo violerà sarà messo a morte". Chi lo viola? Quello che entra nel cerchio e il quadrato, là dove risiede il punto, e lo insudicia. Quello è passibile di morte. Ecco perché è detto: "Voi rispetterete". Questo punto si chiama Aïn (IO), è su di lui che riposa quanto è stato nascosto in alto e non è svelato, cioè Dio, e tutto è uno. Rabbi Éleazar e Rabbi Abba, ascoltate queste parole, abbracciarono lo sconosciuto dicendo: Un uomo così versato nella dottrina esoterica, come te, non deve camminare dietro di noi, ma davanti.
Dicci chi sei. “Non chiedetemi chi io sia, ma piuttosto, io e voi, insieme andiamo e occupiamoci della dottrina mistica, per illuminare il nostro cammino”. Gli chiesero allora: “Chi ti ha obbligato a viaggiare così, a dorso di un asino”. Rispose loro: “Lo Yud fece la guerra contro due lettere, la Kapf e la Samech affinché si attaccassero a me. La Kaph non volle unirsi là, dove non poteva sussistere un solo istante senza la sua assistenza. La Samech non volle lasciare il suo posto per sostenere quelli che cancellano; giacché senza la Samech non possono mantenersi.
Lo Yud venne allora presso di me da solo; mi abbracciò, mi accarezzò, si commosse per me e disse: Figlio mio, cosa fare per te? Ecco, io vado a riempirmi di quantità di bene e di lettere nascoste superiori e preziose; dopo ritornerò da te e ti assisterò e ti donerò il possesso di due lettere superiori, di valore più in alto di quelle che sono partite, vale a dire Yesch (bene) formato dallo Yud e dalla Shin superiori, che costituiranno per te tesori colmi di ogni bene. Ecco perché, figlio mio, và e sali su un asino”. È per questa ragione che viaggio così.
Rabbi Éléazar e Rabbi Abba si misero a ridere e a piangere poi dissero: “Và sali a cavallo, noi ti seguiremo a dorso dell’asino”. Replicò: “Ma non vi ho appena detto che è un ordine del Re che io agisca così, almeno fino a quando non giungerà chi salirà su di un asino?” Replicarono: “Però non ci hai ancora detto quale è il tuo nome, né il luogo dove risiedi”. Rispose: “Il paese dove abito, è bello ed è dentro di me (sic); è una torre che si libra nell’aria, possente e imponente. Essa ha per abitatori, il Santo, benedetto il suo nome, e un povero. Questa è la mia residenza ma l’ho lasciata e vado a d’orso d’asino”. Rabbi Abba e Rabbi Éléazar lo valutarono e le sue parole parvero dolci come la manna e il cielo. Aggiunsero: “Se ci dici il nome di tuo padre, baceremo la polvere dei tuoi piedi”. “Perché?” replicò “Non è mia abitudine millantare gloria dalla mia conoscenza.
Mio padre dimora nel grande mare, è un grande pesce che lo attraversa da un capo all’altro. È grande e venerando, ingoia tutti gli altri pesci, poi li restituisce vivi colmi di tutti i beni del mondo. Grazie al suo potere solca il mare in un baleno. Esso mi ha fatto uscire ‘come freccia da un arco di un eroe’ e mi ha nascosto nel posto che vi ho detto. Quanto a lui, è ritornato presso di esso e si è nascosto nel mare”.
Rabbi Éléazar ponderò le sue parole, poi esclamò: “Tu sei il figlio della Lampada Santa, sei il figlio di Rab Hammenuna il Saggio (1). Riflettendo sulle parole dello sconosciuto Rabbi Éléazar proclamò: “Sei tu che sei il figlio della Lampada santa non noi, sei tu il figlio di Rab Hammenuna non noi, sei tu il figlio di chi è la Luce della Legge non noi, eppure noi ti camminiamo davanti”. Piansero, l’abbracciarono e continuarono il loro cammino. Gli chiesero: “Piaccia a te di farci conoscere il tuo nome”.
Rispose loro: “Banaïas figlio di Joïada”; questo versetto è già stato correttamente spiegato, ma racchiude anche un significato anagogico dei più eminenti. Indicando che Banaïas era figlio di Joïada, la Scrittura vuole istruirci sul fatto che il nome influisce sulla vita dell’uomo. Questo è maturato dai grandi misteri della Saggezza (H’ocmâ). Il verso continua: “Figlio di un uomo vivente”, che vuol dire: Figlio del Giusto vivente da ogni eternità (Zohar I,164a). Prosegue, poi: “Maestro di prodezze”, vale a dire Maestro di tutte le opere e di tutte le armate celesti; giacché tutte le schiere del cielo sono segnate (2) dalle lettere che costituiscono il nome divino “Hashemh Çebaoth” (úåàáö äåäé). “Maestro di prodezze”, vuol dire: il Maestro dell’angelo chiamato “Miqabçéél”.
É l’albero più potente e magnifico. Da dove proviene, e da quale grado scaturisce? Il versetto lo dice subito dopo: da Qabçéél, grado superiore e inaccessibile (3) che (Isaia LXIV,3): [6b] “Occhio non ha visto, eccetto voi o Dio”, e dove è concentrala tutta la luce celeste.
È questo il palazzo in cui è rinchiusa quest’essenza divina che fa vivere ed esistere tutti i mondi e tutte le armate celesti.
“Uccise i due leoni di Moab”. Queste parole significano che ha fatto esistere il primo ed il secondo tempio di Gerusalemme; ma, dopo essersi ritirato, anche la luce celeste che li illuminava, fece altrettanto. È lui che, se è consentito esprimerci in questa maniera, colpì e distrusse i templi sconvolgendo, così, il trono sacro, proprio com'è scritto (Ezechiele I,1): “Ed io sono fra i deportati”, per confermare che quest’essenza divina, chiamata “Io”, è in esilio.
Per quale motivo la Scrittura riporta: “Vicino al Fiume C’ebar?” Perché esso è il fiume celeste che diffondeva la luce. Dal giorno in cui l’essenza divina chiamata “Io” fu in esilio, le acque di questo fiume, prosciugandosi (Zohar I,85a, 149a, e 149b; Zohar II,82b), non la propagarono più, come, al contrario, facevano in precedenza. A questo corso d'acqua fanno allusione le parole della Scrittura (Giobbe XIV,11): “Potranno prosciugarsi e disseccarsi i fiumi”. Le due espressioni “prosciugarsi” e “disseccarsi” indicano il primo e il secondo tempio di Gerusalemme. [Segue nella pagina successiva]
(1) Perché il nome Hammenuna, contiene “nouna” che in ebraico vuol dire “pesce”. [Torna al Testo] (2) L’edizione di Sulzbach riporta íéùø invece di úéà. Consultare Zohar II,232a e III,296a. [Torna al Testo] (3) Le edizioni di Francoforte Amsterdam e Brody riportano äàîéúñ äàìò àðøê. [Torna al Testo]
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